ELETTRICA, ENERGIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ELETTRICA, ENERGIA

Angelo Camplani-Gianfranco Castelli

(XIII, p. 637; App. II, I, p. 825; III, I, p. 518, IV, I, p. 656)

Per l'e.e. il periodo che va dal 1973 ai nostri giorni è stato pieno di contraddizioni e incertezze, le cui ombre si proiettano nel futuro. In quanto ''bene'', essa ha continuato a godere del favore degli utilizzatori: cittadini, industrie, servizi; contemporaneamente però si è assistito, nelle società più evolute, a un progressivo rifiuto della sua produzione. Questa contraddizione fra le decisioni individuali quotidiane, che implicano un uso senza riserve dell'e.e., e le scelte collettive per la costruzione di nuove centrali o di altre parti dell'infrastruttura elettrica, che si scontrano con rifiuti e opposizioni, è un primo fattore caratterizzante la fase d'incertezza che si è aperta nel 1973 e che sembra destinata a durare.

La domanda di energia elettrica. − Sul versante degli impieghi la domanda mondiale di e.e. è aumentata fra il 1973 e il 1990 del 90%, a fronte di un aumento della popolazione del 42%, del reddito del 64%, dell'energia nel complesso del 43% (tab. 1). Anche nell'area dei paesi industrializzati (OCSE) l'aumento, più contenuto, è stato del 64% rispetto a un 14% della popolazione, a un 54% della ricchezza e a un 15% dell'energia. Di conseguenza è aumentata dappertutto l'e.e. consumata per abitante, nonché la sua ''penetrazione'', ossia la quota di energia consumata sotto forma elettrica. Anche le quantità richieste dal sistema economico per produrre un'unità di reddito, in altre parole i kWh per dollaro, per ECU, per lira, che misurano il fabbisogno di e.e. per la produzione di beni e servizi e per puro consumo, sono in crescita.

Infatti l'e.e. ha continuato a diffondersi capillarmente in ogni forma di attività nei diversi paesi, contribuendo a migliorare sistemi e condizioni di vita, ad aumentare sicurezza, igiene e sanità, a moltiplicare le potenzialità produttive, a sviluppare tecnologie, ad alleggerire il lavoro manuale e domestico, a facilitare l'accesso alle più diverse forme di divertimento, cultura, informazione. Grazie alla sua flessibilità, divisibilità, pulizia, facilità d'uso, ecc., l'e.e. è essenziale per i bisogni primari, quali la forza motrice e l'illuminazione, presenti nel mondo industrializzato come in quello in via di sviluppo, ed è indispensabile per esigenze emergenti poste dal continuo progredire sociale. ''Energia intelligente'', l'e.e. alimenta e catalizza i nuovi sviluppi dell'era postindustriale. La sua onnipresenza nelle quantità richieste, in ogni momento e pressoché in ogni luogo, è peraltro caratteristica dei paesi avanzati. In gran parte del mondo, invece, essa è ancora disponibile in quantità insufficiente, quando non assente, come nel caso di vaste zone rurali.

Per soddisfare l'intero spettro di esigenze, da quelle primarie per conseguire diffuse condizioni di vita accettabili, fino a quelle nuove e più sofisticate (i personal computer oggi, l'informatizzazione della società e della casa domani, la robotizzazione, ecc.) di chi ha già raggiunto un benessere elevato, la dinamica mondiale della domanda elettrica del domani dovrebbe rimanere positiva. È quanto si prefigura per l'orizzonte 2000 (tab. 1), con una differenziazione fra l'andamento mondiale (+ 35%) nel periodo 1990-2000 e la più moderata espansione nei paesi avanzati (OCSE: + 21%). È in questi ultimi che ci si attende si manifesti prima un'attenuazione dello sviluppo elettrico, che è passato da un tasso annuo medio superiore al 7% negli anni Sessanta al 3÷4% nel decennio a cavallo del 1980 e si proietta in un 2% attorno al 2000.

Nel periodo in esame e nelle aree più avanzate l'e.e., oltre a rendersi necessaria per contribuire a migliorare la qualità della vita e dell'ambiente, è anche divenuta un fattore di equilibrio sociale e di ordine pubblico. Infatti il rischio e la potenziale dannosità della sua mancanza, in particolare nei tessuti urbani più articolati, sono cresciuti fino a essere condizionanti.

Questo salto di qualità, dovuto alla diffusione e all'ubiquità in ogni applicazione dell'e.e., è avvenuto inavvertitamente, per manifestarsi poi in forma drammatica in occasione dei grandi blackouts di New York (9 novembre 1965; 13 luglio 1977), della Francia (9 dicembre 1978), della Svezia (27 dicembre 1983). Il disservizio di New York del 1977 non è più stato, come quello del 1965, un evento ''unico'', con effetti che hanno riguardato un imprevisto boom demografico, ma un fatto che ha innescato fenomeni di disgregazione sociale favoriti dal buio: disordini, furti, rapine, razzie, incendi dolosi. In Francia la concomitante ondata di freddo intenso ha reso penosa la prolungata fermata di una miriade di motori e apparecchiature, anche secondarie, alimentate dalla rete elettrica. A Stoccolma un contesto sociale avanzato ha dovuto confrontarsi con una rete di trasporti pubblici paralizzata e con impianti di trattamento dei rifiuti liquidi in crisi, con le relative gravi implicazioni sanitarie.

Recentemente eventi meteorologici eccezionali hanno messo in crisi alcuni sistemi elettrici, come nel caso della rete occidentale del Nord America, danneggiata e messa fuori servizio il 13 marzo 1989 da una tempesta geomagnetica di tale intensit'a da dar luogo a fenomeni di aurora boreale a latitudini molto basse; l'attuale fase di grande attivit'a del ciclo solare potrebbe comportare il ripetersi di questi fenomeni negli anni Novanta. Purtroppo anche eventi umani, quali l'ecoterrorismo, hanno colpito queste infrastrutture. In Italia il 10 settembre 1990 l'abbattimento di un tratto dell'elettrodotto più importante con la Francia, vitale per il servizio, ha condotto a tagli nella fornitura a industrie ad alta intensit'a di energia elettrica.

Misure appropriate per rendere le infrastrutture elettriche meno vulnerabili a eventi eccezionali vengono ormai adottate caso per caso nei paesi più avanzati. In Italia l'autosufficienza del sistema elettrico, oggi dipendente dall'estero, e una più razionale distribuzione dei centri di produzione sul territorio ristabilir'a una situazione fisiologica.

In sintesi, i fattori distintivi dello sviluppo dell'e.e. sia attualmente che per il prossimo futuro, sono i seguenti:

a) il permanere di una dinamica sostenuta nei paesi in via di sviluppo e sensibile, anche se in attenuazione, nei paesi più industrializzati; un riflesso, quest'ultimo, del peso decrescente dei bisogni primari a vantaggio di quelli più evoluti che richiedono quantità unitarie inferiori ma di qualità più elevata;

b) una forte incertezza sulla sua evoluzione quantitativa derivante essenzialmente dagli interrogativi sullo sviluppo economico, che permane di gran lunga il determinante principale della domanda elettrica; incertezze notevoli riguardano anche gli altri determinanti: i prezzi delle varie fonti e forme energetiche e l'entità del progresso tecnologico specificamente orientato all'uso elettrico più efficiente;

c) l'affermarsi di una sua specifica funzione nel garantire l'equilibrio sociale e l'ordine pubblico;

d) la diffusione, nei paesi più avanzati, di un'attitudine psicologica che considera scontata la disponibilità dell'e.e., come l'aria e l'acqua, e che rimuove la necessità della sua produzione.

Le fonti energetiche per la produzione di energia elettrica. − L'utilizzazione elettrica delle fonti energetiche. − Nel periodo 1973-90, l'offerta di e.e. ha subito modifiche radicali. Il fattore più importante alla base di una vera e propria ristrutturazione industriale delle centrali elettriche è stato il prezzo reale del petrolio, le cui vicende (quadruplicazione nel 1973; ulteriore raddoppio nel 1979-80; controshock nel gennaio 1986, con crollo a livelli tipici del periodo 1973-79; crisi del Golfo − invasione del Kuwait da parte dell''Irāq del 2 agosto 1990 − con un'impennata temporanea dei prezzi) hanno reso antieconomica e industrialmente non interessante la produzione elettrica da derivati del petrolio (in grande prevalenza olio combustibile, petrolio grezzo, gasolio). Le centrali alimentate con olio combustibile, che nel mondo avanzato per tutti gli anni Sessanta avevano sottratto spazio alle centrali a carbone e contrastato, con un'accesa competizione, l'affermazione delle centrali nucleari, si sono trovate, con la prima crisi del petrolio 1973, obsolete da un giorno all'altro. Molte aziende elettriche sono state costrette alla loro radiazione anticipata o, dove e quando possibile, alla loro conversione a carbone.

Nucleare, carbone (anche importato, ossia gravato da pesanti oneri di trasporto e maneggio) nonché risorse idrauliche residue e geotermiche, hanno acquisito nella produzione elettrica notevoli margini competitivi, rispetto a quelli del petrolio e derivati, per tutto il periodo 1973-85. La competitività dei relativi mezzi di produzione si è affermata quasi dappertutto, seppur in presenza di alcuni fattori penalizzanti, sia indotti dalle crisi petrolifere (l'elevato costo del denaro che ha reso più difficile il finanziamento dei forti investimenti delle centrali non a olio, tutte a maggior intensità di capitale; il trascinamento al rialzo dei prezzi degli altri combustibili) sia di altra origine (innanzitutto l'aumento dei costi unitari d'investimento delle centrali nucleari, per ragioni di sicurezza, ma anche i costi elevati dell'energia idroelettrica e di quella geotermica prodotta in nuovi impianti).

L'ampiezza della ristrutturazione elettrica nell'arco 1973-90 risulta dalla dinamica del contributo percentuale dei vari tipi di produzione al totale mondiale (tab. 2). L'incidenza percentuale della produzione elettrica da petrolio e derivati è scesa dal 25% nel 1973 al 12% del 1990 ed è diminuita anche in assoluto. Essa è stata più che compensata da quella del nucleare che è salita dal 3 al 17%. Pressoché stazionarie le incidenze percentuali delle produzioni con altre fonti (gas naturale dal 12 al 14%; idraulica e geotermica dal 19 al 21%; carbone e altri solidi 39%); queste ultime produzioni si sono quindi sviluppate a ritmi molto vicini a quelli dell'espansione del mercato elettrico che in 17 anni è stata del 90% (circa il 4% all'anno in media).

La reazione dell'industria elettrica è stata diversa da paese a paese sia qualitativamente che in profondità, per il fallimento dei tentativi a carattere internazionale dei paesi compratori di petrolio tesi a riequilibrare il peso del monopolio internazionale OPEC (Organizzazione di Paesi Esportatori di Petrolio), che aveva imposto la moltiplicazione dei prezzi di questa materia prima. Sono peraltro rilevabili elementi comuni ai paesi dei grandi aggregati macroeconomici (OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dei paesi a economia di mercato; PVS, Paesi in Via di Sviluppo; CPE, Paesi a Economia Pianificata, fino al 1989).

La diversificazione dal petrolio dell'industria elettrica dei paesi OCSE è stata rapida e incisiva; la produzione da petrolio e derivati si è dimezzata in 15 anni, mentre nucleare e carbone, e poi le fonti rinnovabili (essenzialmente idraulica e geotermica) hanno coperto sia l'espansione della domanda che la flessione della produzione di petrolio.

Nell'area composita dei paesi in via di sviluppo, a parte i paesi OPEC, solo i cosiddetti paesi emergenti, ossia la frangia più ricca e industrialmente avanzata, hanno avuto le risorse economiche e la determinazione imprenditoriale per una risposta attiva nella scia dei paesi a economia di mercato. I paesi a medio reddito hanno invece subito passivamente le crisi del petrolio, stretti dai vincoli del debito estero, esploso anche in conseguenza degli alti prezzi dell'energia. In particolare è diventata scarsissima la risorsa capitale, tanto da portare anche alla sospensione di grandi opere già iniziate (per es. idroelettriche) e a insufficiente offerta di e. elettrica. Nei paesi poveri e poverissimi, infine, anche la conversione del petrolio in e.e., l'unica attuabile dappertutto con tecnologie semplificate e taglie piccole, è diventata molto più difficile.

Nei paesi cosiddetti a economia centralizzata, la notevole disponibilità interna di materie prime energetiche ha diminuito la pressione alla diversificazione dal petrolio nella produzione elettrica, diversificazione che, nonostante la sua convenienza, ha avuto avvio lento e incerto data l'assenza di quei meccanismi di mercato che in altre aree hanno portato a decisioni radicali e tempestive.

Nelle opzioni di diversificazione le cifre di produzione sottolineano, come si è detto, il contributo del nucleare. È questo solo un aspetto della realtà in quanto l'industria costruttrice degli impianti nucleari ha visto l'involuzione da un mercato in pieno sviluppo a una situazione di crisi latente. Il nucleare, avviato ben prima del 1973, principalmente negli USA e nel Regno Unito, si è poi sviluppato negli anni Settanta in Germania federale, Francia, Giappone, per citare solo i maggiori nell'area occidentale. A partire dal 1974 negli USA, e successivamente in Europa, ha però subito un rallentamento crescente dovuto alla scarsa dinamica del mercato elettrico, al peso degli oneri di capitale e al rovesciamento dell'opinione pubblica dall'accettazione all'opposizione, specie dopo l'incidente di Three Mile Island (USA) del 1979 e la catastrofe di £Cernobyl (Ucraina) del 1986.

Per il futuro le proiezioni della domanda di e.e., pur con le ampie incertezze connesse, pongono il problema dell'allestimento di un numero considerevole di mezzi di produzione.

In ambito mondiale le proiezioni di domanda energetica (ed elettrica) dell'OCSE (IEA-OCSE, Global energy: the changing outlook, 1992) scontano una crescita dei valori pro capite (tab. 1), risultato netto fra la spinta derivante dallo sviluppo produttivo atteso e da un migliore e più diffuso benessere e quella, di segno contrario, dovuta al risparmio energetico e all'uso più razionale dell'e. elettrica. La dinamica della produzione elettrica, coerente con quest'ipotesi e con la crescente penetrazione dell'e.e. nel mercato dell'energia, indica che nel periodo 1990-2000 sar'a necessario allestire annualmente una potenza in nuove centrali superiore a quella messa in servizio annualmente nel periodo 1973-90. Uno sforzo d'investimento considerevole, che conserverà al settore elettrico il peso del passato sull'occupazione diretta e indiretta, sui mercati finanziari, sulla pianificazione territoriale. In poche cifre, senza contare le sostituzioni, per coprire solo l'incremento presumibilmente richiesto di 4200 miliardi di kWh occorreranno 900 centrali ''equivalenti'' da 1000 MW ciascuna, previste per la produzione continuativa di base, per quella di regolazione e per la riserva (l'attuale potenza elettrica mondiale è di 2600 centrali equivalenti da 1000 MW). Naturalmente le potenze saranno più frazionate.

Prospettive d'impiego. − Anche in futuro l'impiego delle fonti energetiche primarie per la produzione di e.e. risulterà nelle diverse aree del mondo funzione di fattori locali, quali la disponibilità o meno di risorse energetiche indigene, l'accettazione da parte dell'opinione pubblica dell'energia nucleare, la maggiore o minore sensibilità ai problemi ambientali (in particolare nei paesi in via di sviluppo), la consistenza della rete elettrica interconnessa. La compatibilità ambientale delle centrali elettriche tenderà a divenire un fattore d'importanza crescente, se non determinante, nella scelta delle fonti da utilizzare.

A livello mondiale la probabile evoluzione nei prossimi due-tre decenni nell'impiego delle fonti energetiche primarie può essere sintetizzata come segue:

a) la produzione idroelettrica, pur continuando ad aumentare in valore assoluto, darà un contributo percentuale via via minore; i nuovi apporti saranno complessivamente molto modesti nei paesi industrializzati, nei quali la maggior parte delle risorse viene già utilizzata, mentre apporti notevoli si potranno avere in alcuni paesi dell'America latina e dell'Africa;

b) continuerà nei paesi industrializzati il declino dell'uso dell'olio combustibile e degli idrocarburi liquidi in genere per ragioni economiche e di sicurezza di approvvigionamento; crescerà invece l'uso di questi combustibili nei paesi in via di sviluppo, a motivo dei minori investimenti necessari e delle limitate taglie unitarie richieste per le centrali;

c) i combustibili solidi (carbone e lignite) continueranno a essere impiegati, in particolare nei paesi produttori, per motivi economici e di diversificazione delle fonti; il carbone dovrebbe anche negli anni a venire rappresentare la fonte più importante per la produzione di e.e.: un limite al suo impiego potrebbe però derivare da eventuali accordi internazionali che limitassero le emissioni di anidride carbonica per rallentare l'incremento della sua concentrazione nell'atmosfera in rapporto alle preoccupazioni per l'effetto serra;

d) il gas naturale, a differenza di quanto si riteneva fino a qualche tempo fa, dovrebbe vedere incrementare in maniera consistente il proprio ruolo per la produzione di e.e.; l'incremento che le riserve accertate di gas naturale hanno avuto negli ultimi dieci anni, l'impiego del ciclo combinato (turbina a gas e in cascata generatore di vapore), l'estensione della rete dei metanodotti e dei trasporti via mare, in forma di gas naturale liquefatto, le caratteristiche meno inquinanti, rispetto al carbone e all'olio combustibile, sono tutti elementi che fanno prevedere un maggior ruolo di questo combustibile;

e) lo sviluppo dell'energia nucleare dipenderà essenzialmente dalle politiche energetiche delle singole nazioni; l'energia nucleare costituirà pertanto, in paesi come la Francia, il Giappone o il Belgio, una fonte energetica importante anche negli anni a venire, per le sue caratteristiche di economicità e di alternativa ai combustibili fossili; al contrario, in paesi come l'Italia o l'Austria, che hanno di fatto fermato lo sviluppo delle centrali nucleari, il futuro di questa fonte di energia appare quanto meno dubbio. Un rilancio dell'energia nucleare, anche in questi ultimi paesi, potrebbe derivare dal fatto che le centrali nucleari non contribuiscono in alcun modo all'inquinamento chimico dell'atmosfera e all'effetto serra;

f) la fonte geotermica, la cui utilizzazione è in fase di espansione in diversi paesi del mondo grazie al crescente impegno dedicato alla ricerca, non potrà dare che un contributo molto modesto in termini percentuali; da rilevare che durante gli anni Ottanta non si sono avuti progressi di rilievo nello sfruttamento del calore degli strati profondi della crosta terrestre, che potrebbe invece mettere a disposizione quantità molto ingenti di energia, per cui, tenuto conto delle grosse difficoltà tecnologiche ancora da superare, è del tutto prematuro pronunciarsi al riguardo;

g) l'energia della radiazione solare, se da una parte presenta caratteristiche non positive quali la bassa densità energetica, la discontinuità e l'aleatorietà, dall'altra raggiunge il pianeta in quantità tali da poter soddisfare tutti i fabbisogni di energia con un impegno di territorio, molto elevato in valore assoluto, ma modesto in termini percentuali sul piano globale; l'impegno del territorio a questi livelli è peraltro un fattore critico nelle aree europee e dell'Asia orientale, ad alta densità di popolazione. Si tratta quindi di una fonte importante che in teoria potrebbe essere in grado di assicurare nel futuro più lontano il soddisfacimento dell'intero fabbisogno di energia dell'umanità, anche in assenza di altri combustibili. Purtroppo, nonostante i notevoli progressi conseguiti, soprattutto in campo fotovoltaico, il costo di produzione dell'e.e. dalla fonte solare è ancora notevolmente superiore a quello dell'energia ottenibile con i mezzi tradizionali; pertanto l'apporto che l'utilizzazione della radiazione solare potrà dare al soddisfacimento della domanda di e.e. sarà, almeno in questo ultimo decennio del secolo, molto modesto, anche se crescente nel tempo, e si concentrerà su applicazioni di tipo particolare, quali l'alimentazione di case sparse e di piccoli centri isolati dalla rete elettrica; h) l'energia eolica è stata oggetto, durante gli anni Ottanta, di molti programmi di sviluppo, in particolare in alcune zone del mondo, quali la California e la Danimarca, grazie anche agli incentivi statali. Nel mondo sono installati (fine 1990) circa 22.000 generatori eolici collegati alla rete elettrica con una potenza complessiva di oltre 2000 MW. Nonostante i notevoli progressi conseguiti, l'e.e. prodotta dalla fonte eolica presenta tuttora costi alquanto elevati, oltre che un grande impegno di territorio. Comunque tra le nuove fonti rinnovabili la fonte eolica è oggi, nelle zone anemologicamente più favorite, la meno lontana dalla competitività economica. È presumibile pertanto un incremento della sua utilizzazione in tali zone, importante in valore assoluto, ma molto modesto in termini percentuali se riferito alla domanda complessiva di e.e.;

i) l'energia del mare (energia delle maree, delle onde e delle correnti marine) non presenta oggi prospettive di applicazioni industrialmente significative, a causa degli elevati costi, delle difficoltà tecnologiche e anche, in taluni casi, dell'impatto ambientale degli impianti;

l) nonostante i notevoli programmi di ricerca dei paesi industrializzati, il traguardo dell'utilizzazione del processo di fusione nucleare per la produzione di e.e. appare ancora molto lontano; non è ancora stata ottenuta una reazione di fusione controllata ed esotermica, e appare pertanto poco attendibile prevedere i tempi di sviluppo di questa fonte; molti esperti indicano nel periodo 2020-30 l'entrata in funzione dei primi impianti dimostrativi basati sulla fusione nucleare.

Energia elettrica e ambiente. − L'ambientalizzazione delle centrali elettriche, ossia la loro strutturazione e gestione con lo scopo di ridurre sostanzialmente l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, il rumore, l'impatto sul territorio, è un indirizzo che ha acquisito priorità molto elevata nel mondo avanzato (paesi OCSE). La crescente sensibilità per i problemi dell'ambiente, che si è acuita per l'intensificazione generale dell'inquinamento e per il verificarsi di gravi disastri provocati dalle attività umane, ha infatti spinto a collegare in questi paesi le politiche agricole e industriali del settore civile con quelle ambientali, e ad allargarne il respiro oltre le frontiere, dato il rilievo internazionale e globale di molti problemi ambientali. Naturalmente, le preoccupazioni ambientali riguardano quasi tutte le attività umane, come dimostrano gli esempi dell'inquinamento da idrazina delle falde potabili del Nord Italia (principali indiziati i rifiuti industriali) e i fenomeni di proliferazione delle alghe dell'Adriatico (rifiuti fognari e agricoltura). Negli ultimi anni al centro delle preoccupazioni ambientali si sono posti i problemi delle piogge acide, del buco di ozono, dell'effetto serra, della deforestazione; inoltre si sono manifestate emergenze per l'inquinamento dell'atmosfera delle aree urbane, per i rifiuti, per l'eutrofizzazione e per incidenti industriali.

Limitandoci alla dimensione elettrica dei problemi ambientali, essa riguarda, se si prescinde dal rischio, essenzialmente la combustione e quindi la produzione termoelettrica. Infatti nella fase di utilizzazione l'e.e. è ''pulita'' e la sua sostituzione nell'impiego finale ad altre forme energetiche (essenzialmente combustibili) ha definitivamente risolto il problema dell'inquinamento atmosferico negli ambienti chiusi (stabilimenti, edifici) e ha mitigato e potrà mitigare il problema dell'aria delle città (metropolitane, riscaldamento e condizionamento elettrico, veicoli elettrici, ecc.). Sempre in fase di utilizzazione l'elettricità è agente essenziale degli impianti di trattamento dei rifiuti e contribuisce quindi alla ''pulizia ambientale''. In quanto alle produzioni di e.e. diverse da quella termoelettrica, esse o sono esenti da inquinamento (idroelettrico) o producono rifiuti tecnicamente ed economicamente controllabili (nucleare), che richiedono peraltro strutture istituzionali adeguate.

Per i problemi d'inquinamento posti dalla combustione nelle centrali termoelettriche, va premesso che sono state destinate da tempo risorse notevoli e molta attenzione per la loro soluzione. Negli anni Sessanta le misure sono state finalizzate a rendere minimo il contributo all'inquinamento dell'aria al suolo nelle aree circostanti: camini molto alti per agevolare la dispersione dei fumi, depolverizzatori per la rimozione pressoché totale delle polveri e reti di misura al suolo per la sorveglianza e, in caso di condizioni meteorologiche avverse, per avviare azioni correttive sui combustibili e/o sui livelli di produzione. Recentemente le misure ambientali si sono estese al contenimento delle emissioni di particolari inquinanti dell'atmosfera, prima di tutto ossidi di zolfo e di azoto, con l'obiettivo di ridurne i contributi di origine artificiale, e con la speranza di contrastare anche effetti presunti quali le malattie, di origine tuttora incerta, delle foreste e dei boschi nell'Europa centro settentrionale e nel Nord America (piogge acide).

Pertanto si sta generalizzando nelle centrali dei paesi più industrializzati l'adozione di desolforatori (desox) e di misure di denitrificazione sia nella fase della combustione (bruciatori a bassa emissione di composti di azoto) sia dei fumi (riduzione catalitica selettiva) con tecnologie innovative (denox). L'incisività di queste misure è molto elevata, in quanto esse riducono i livelli di emissione di inquinanti a un decimo.

L'impegno richiesto si valuta già dagli ampi spazi occupati dai nuovi sistemi nell'area della centrale termoelettrica. In termini di oneri di capitale l'ambientalizzazione desox-denox comporta incrementi che si collocano, per le centrali di maggiore taglia dove l'effetto scala è più favorevole, attorno a un 30%. Il costo reale di produzione del kWh, che per decenni ha avuto un andamento di fondo decrescente, per effetto del progresso tecnologico e della progressiva concentrazione della produzione in grandi centrali, sta pertanto subendo un'inversione di tendenza. Essa è già visibile, per es., in Germania occidentale (paese leader con il Giappone nell'ambientalizzazione delle centrali). Costi dell'e.e. più elevati sono peraltro sostanzialmente accettabili in queste aree dove sono maggiori la sensibilit'a ambientale, i livelli di reddito dei cittadini e il peso internazionale dell'industria.

In Europa (e negli altri paesi avanzati) la normativa ambientale sta diventando progressivamente più stringente, ma con tempi e modalità differenziati: al settore elettrico si chiede di adottare fra i primi le tecnologie antiinquinamento; date le forme ancora piuttosto deboli di coordinamento internazionale, gli squilibri sono marcatissimi, con riflessi distorsivi nelle competitività relative, che preoccupano in rapporto alla pur auspicabile liberalizzazione dei mercati. È proprio per questo che tutti i paesi dell'Europa comunitaria si stanno allineando con quelli più impegnati e stanno operando con crescente coerenza.

Nel pieno sviluppo dello sforzo oggi in corso nell'industria elettrica per la depurazione spinta dei fumi si è inserito il problema dell'effetto serra, che mette in forse i forti investimenti di ambientalizzazione già decisi. Il problema riguarda l'aumento della temperatura media della terra nel lungo termine (tre-quattro decenni), che potrebbe derivare dai gas di origine antropica presenti nell'atmosfera (principalmente anidride carbonica, ma anche metano, clorofluorocarburi, ossido nitroso) e i possibili danni (riduzione delle terre emerse per parziale fusione delle calotte polari, modifica delle precipitazioni e alterazione delle aree fertili e desertiche, ecc.).

A livello politico, dato che il collegamento clima-anidride carbonica (e altri gas) è lontano dall'essere chiarito, si pone l'esigenza d'intensificare la ricerca meteorologica, per una migliore comprensione dei fenomeni in gioco. Inoltre le strategie d'intervento (di cui si sente la necessità dato che anche i loro effetti sarebbero molto differiti), non potendosi concentrare sulle cause, ignote o solo ipotizzate, vanno concepite a largo raggio per contenere i nuovi fattori inquinanti. Limitandosi ai fattori di origine energetica dovuti alla combustione posti in relazione all'effetto serra, oggi le possibili strategie riguardano il nucleare sicuro e il risparmio energetico. L'industria elettrica potrà contribuire largamente alla prima strategia e fornire un valido supporto alla seconda. Peraltro in tutti i casi la precondizione è l'adozione di incisive e coraggiose iniziative politiche, con un respiro internazionale e globale, sia in rapporto al nucleare e al risparmio energetico, sia in rapporto alle misure che non riguardano il settore energetico, quali la riforestazione e l'eliminazione dei clorofluorocarburi.

Utilizzazione razionale dell'energia elettrica. − Nel periodo, successivo al 1973, di energia di prezzo elevato e di approvvigionamento insicuro, i paesi avanzati (OCSE) , oltre a condurre azioni incisive sull'offerta di energia, hanno contenuto lo sviluppo della domanda energetica complessiva (risparmio energetico). Pertanto fra il 1973 e il 1990 l'energia complessiva richiesta per unità di reddito è diminuita del 25% circa (tab. 1).

La rapida introduzione delle tecnologie elettriche è stata uno dei fattori più importanti che, con la ristrutturazione industriale e l'impiego più efficiente dei combustibili, ha permesso di conseguire questo risultato (che si confronta con un incremento del 4% per il complesso dei paesi non appartenenti all'area OCSE).

Per es., il settore metallurgico ha visto il diffondersi dei processi elettrotermici per l'acciaio e per gli altri metalli a scapito dei processi tradizionali. Nuove tecnologie elettriche basate sull'elettronica, l'automazione, la robotica hanno migliorato la produttività del lavoro e i rendimenti delle trasformazioni energetiche. A titolo di esempio si ricorda che la sostituzione, nell'industria europea dell'auto, dell'isola produttiva robotizzata alla classica linea di montaggio, ha permesso un aumento della produttività del lavoro dell'80% e di quella dell'energia del 15-20% (grazie a una diminuzione nel consumo diretto dei combustibili), anche se ha fatto aumentare i consumi di elettricità per auto prodotta del 5%. L'incremento dei consumi elettrici specifici è un fenomeno generalizzato in quanto la penetrazione elettrica nel campo energetico ha spesso più che compensato i guadagni di efficienza delle tecnologie e d'impiego razionale dell'energia. Nel complesso, anche per effetto di una diversa struttura produttiva, che è evoluta verso produzioni e prodotti a minor intensità elettrica, l'e.e. per unità di reddito è aumentata, sull'intero periodo e nell'area OCSE, di solo il 7%. L'impulso all'impiego efficiente dell'e.e., in risposta alle condizioni di mercato (il prezzo reale medio dell'e.e. è aumentato fra il 1978 e il 1985 del 15%, per poi subire un'analoga flessione) e alle politiche governative di stimolo (tasse elevate in Danimarca, tariffe progressive per puro consumo in Italia e in Giappone, programmi d'informazione, incentivi, standard di efficienza, azioni mirate di ricerca applicata in quasi tutti i paesi occidentali), ha dato significativi guadagni se si tiene conto che l'e.e., forma energetica di costo elevato, era già impiegata con efficacia. Così il rendimento d'uso è migliorato del 20% per i frigoriferi, del 10% sia per l'illuminazione sia per il condizionamento nel commercio, del 5% per i motori industriali.

Per il futuro le politiche d'impiego più razionale dell'e.e. dovranno tenere in conto che i guadagni di efficienza più facili ed economicamente più remunerativi sono stati già conseguiti, mentre continuerà l'allargamento del mercato elettrico per la diffusione delle applicazioni esistenti e l'affermazione di nuove che vengono sviluppate con obiettivi di maggior produttività o di migliore benessere. Le azioni dovranno in primo luogo concentrarsi sul conseguimento delle residue possibilità tecnico-economiche di uso più razionale dell'e.e.: il campo dell'illuminazione è fra quelli più interessanti, ma anche l'impiantistica elettrica nelle case e negli edifici e quella nell'industria hanno un buon potenziale di risparmio. Inoltre indirizzi politici realisticamente selezionati potranno svolgere un ruolo importante, specie se adottati in campo internazionale. La cogenerazione industriale (e per i paesi dal clima molto freddo, il teleriscaldamento con reti di calore) è una strada che andrà percorsa fin dove e quando conveniente: per es. un limite sarà costituito dalle tendenze di fondo del mercato che si muovono nel senso di ridurre i fabbisogni di calore di processo, dati anche gli scarsi sinergismi che le relative tecnologie hanno con l'automazione e l'informatizzazione. Un'altra strada possibile è scoraggiare gli impieghi elettrotermici nel campo domestico (acqua calda sanitaria e riscaldamento ambienti) a vantaggio del gas, anche in rapporto all'espansione delle reti di quest'ultimo. Una tale misura sembra infatti coerente con un guadagno di efficienza energetica ed è stata adottata in Italia. La cautela è comunque d'obbligo in questo settore: per es. standard elevati di efficienza degli elettrodomestici potrebbero penalizzare il relativo settore industriale e finir per incidere sullo sviluppo del reddito, senza far conseguire riduzioni di consumi elettrici commisurate.

L'importanza dell'impiego più efficiente dell'e.e., anche per i riflessi ambientali, ha comunque portato i paesi più avanzati a esaminare possibili evoluzioni di riferimento, che, associate a misure economiche, tecnologiche e comportamentali o di altra natura, diventano obiettivi riassumibili in termini di dinamica relativa dell'e.e. rispetto al reddito. In passato lo sviluppo della domanda elettrica è stato strettamente interconnesso allo sviluppo economico e questa interconnessione dovrebbe mantenersi anche in futuro. Peraltro si prevede che la dinamica elettrica relativa rallenter'a (v. fig.) alla fine del secolo in quanto l'allargamento del mercato di questa forma energetica dovrebbe venir più che compensato dalle nuove tecnologie elettriche sempre più efficienti e da un sistema economico che, grazie a un impegno mirato, riuscir'a a impiegare l'e.e. in modo più razionale. Le differenze geografiche nel rapporto domanda di e.e./reddito (intensit'a elettrica) sono peraltro rilevanti; in particolare l'Italia ha fatto e fa registrare un valore d'intensità inferiore a quelli dei paesi con cui si confronta, un risultato, questo, dell'efficienza produttiva e della parsimonia nei puri consumi, oltre che del clima più mite.

Gli esercizi previsivi nazionali scontano (meno che in Italia, date le condizioni di partenza sopra accennate) una flessione moderata dell'intensità elettrica, per cui nel 2000 dovrebbe occorrere meno e.e. di oggi per produrre un dollaro, uno yen, un marco, una sterlina. Ciò presuppone peraltro il successo di misure difficili, da perseguire quindi con determinazione politica unita alla flessibilità necessaria per rispettare i limiti imposti dall'uso efficiente di altre risorse (di lavoro, di capitale, di altre forme energetiche).

Evoluzione tecnologica nella produzione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica. − Produzione. − Negli anni Ottanta l'evoluzione tecnologica maggiore si è avuta nella produzione dalla fonte nucleare, dai combustibili fossili e dalle fonti eolica e solare. In campo nucleare la gran parte (oltre il 75%) delle centrali nucleari (419 in esercizio nel mondo nel 1991) è equipaggiata con reattori moderati e raffreddati con acqua naturale, nelle versioni ad acqua in pressione e ad acqua bollente. Un numero modesto di centrali in esercizio è equipaggiato con reattori moderati a grafite e raffreddati con anidride carbonica (reattore ormai da tempo non più sviluppato, sia nella sua versione originale, sia in quella avanzata), con reattori moderati e raffreddati con acqua pesante (soprattutto in Canada) e con reattori moderati a grafite e raffreddati ad acqua naturale bollente (esclusivamente nell'ex-URSS). È facile prevedere che nel medio termine la quasi totalità delle nuove centrali sarà equipaggiata con reattori ad acqua naturale, soprattutto del tipo ad acqua in pressione.

Nel decennio 1980-90 gran parte delle attività di ricerca e sviluppo è stata dedicata al miglioramento dell'affidabilità e della sicurezza degli impianti. Purtroppo si sono avuti due incidenti, il primo della massima gravità, l'altro catastrofico. Il primo, nel 1979, a Three Mile Island (USA), pur portando alla fusione parziale del combustibile nucleare del reattore ad acqua in pressione, non ha avuto conseguenza alcuna sul personale di esercizio e sulla popolazione, in quanto i prodotti radioattivi liberati dal combustibile sono stati trattenuti dal contenitore dell'impianto e non vi è stata praticamente emissione di radioattività all'esterno. Il secondo, avvenuto nel 1986 nella centrale di Černobyl nell'Ucraina, ha avuto luogo in un reattore moderato a grafite e raffreddato ad acqua naturale bollente; una serie di errori umani, uniti alle caratteristiche dinamiche e all'ingegneria di questo tipo di reattore, ha portato alla fusione del nocciolo e, in assenza di un contenitore totale dell'impianto, all'emissione all'esterno di un'elevata quantità di sostanze radioattive, che ha provocato alcune decine di morti, esposizioni gravi della popolazione circostante, l'evacuazione di vaste zone attorno alla centrale e una nube radioattiva che si è diffusa sull'Europa, con esposizioni molto modeste ma con conseguenze psicologiche fortissime. L'incidente di Three Mile Island ha portato a una revisione molto accurata delle norme e procedure di sicurezza, che dovrebbero evitare l'occorrere di incidenti analoghi; minori invece, nel mondo occidentale, gli insegnamenti industriali da trarre da Černobyl, in quanto l'incidente è avvenuto in un reattore dalle caratteristiche completamente diverse da quelle dei reattori occidentali.

Per le centrali nucleari di tecnologia russa (sia tipo Černobyl, sia ad acqua in pressione, specie di prima generazione) installate nell'Europa orientale e nella Comunità degli Stati Indipendenti (ex URSS) è emersa una preoccupante situazione di scarsa sicurezza, accertata dall'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) dopo la caduta del muro di Berlino e che dovrebbe essere corretta tempestivamente. Alcune centrali (nella Germania orientale, ma anche nel CSI) sono state fermate; per altre sono in corso radicali lavori di modifica con la collaborazione politica, finanziaria e tecnologica dell'Europa occidentale (in particolare della CEE); per altre ancora le misure correttive e le modalità della loro attuazione sono all'esame.

Anche in futuro buona parte del lavoro di ricerca sarà rivolta all'ulteriore miglioramento dell'affidabilità e della sicurezza degli impianti. Per quanto riguarda i reattori ad acqua, convivono due tendenze principali: la prima, sviluppata soprattutto in Giappone, sta portando alla realizzazione di reattori ad acqua in pressione e ad acqua bollente, caratterizzati da prestazioni, e in particolare da rendimenti, più elevati; la seconda, in atto in diversi paesi del mondo, mira allo sviluppo di reattori di potenza unitaria non elevata (dell'ordine dei 600 MW e anche meno), con prestazioni meno spinte, con un comportamento dinamico più lento, equipaggiati con sistemi di sicurezza di tipo passivo.

In merito agli sviluppi a lungo termine, il reattore a neutroni veloci raffreddato con metalli liquidi continua a essere ritenuto il reattore del futuro, in quanto, grazie a un fattore di conversione superiore a uno, consentirebbe di utilizzare il contenuto energetico dell'uranio naturale in maniera pressoché integrale, contro circa poco più dell'1% consentito dai reattori oggi industrialmente maturi. Tuttavia la notevole disponibilità attuale di uranio naturale a prezzi non elevati, unitamente a una domanda di uranio naturale su scala mondiale che nei prossimi decenni sarà molto inferiore alle previsioni di qualche anno fa, hanno spostato in là nel tempo la data in cui i reattori veloci potranno risultare necessari ed economicamente competitivi.

Nel 1986 è entrata in funzione in Francia, grazie a un'iniziativa congiunta franco-italo-tedesca, la prima centrale equipaggiata con un reattore di questo tipo (la centrale Superphénix di Creys Malville da 1200 MW). Non è stato ancora deciso il passo successivo dato che un'eventuale affermazione industriale dei reattori veloci al sodio si situa oggi non prima del 2020.

L'evoluzione degli impianti termoelettrici a combustibili fossili è stata e sarà condizionata dalla necessità di limitare per quanto possibile l'emissione di inquinanti. Sono stati così sviluppati, e troveranno presumibilmente larga diffusione, gli impianti a ciclo combinato alimentati a gas naturale, costituiti da turbine a gas, i cui gas di scarico ad alta temperatura vengono utilizzati per produrre vapore da inviare in turbine a vapore; è così possibile ottenere rendimenti d'impianto notevolmente elevati, anche superiori al 50% (i valori tipici per le centrali a vapore convenzionali sono del 39-40%). Si riduce anche parecchio la quantità di inquinanti prodotta per kWh generato, sia per l'impiego del gas naturale, sia per il rendimento elevato.

Per l'impiego del carbone, che rimane il combustibile fossile disponibile in quantità di gran lunga superiore agli altri combustibili, sono state sviluppate tecnologie innovative che consentono la rimozione dei prodotti inquinanti in caldaia o prima della combustione; a questo riguardo sono da ricordare le caldaie a letto fluido, del tipo atmosferico o a pressione, che consentono la rimozione di gran parte dell'anidride solforosa e che sono caratterizzate da una minor produzione di ossidi di azoto, e lo sviluppo di impianti di gassificazione del carbone, che trasformano il carbone in una miscela di gas combustibili, praticamente esenti da inquinanti. Le caldaie a letto fluido stanno già trovando le prime applicazioni di tipo industriale, mentre gli impianti di gassificazione del carbone sono tuttora allo stadio di prototipo industriale. Sono da ricordare anche le tecnologie che, attraverso processi di tipo fisico, consentono di ridurre il materiale inerte (ceneri) e lo zolfo inorganico contenuti nel carbone e l'adozione sempre più frequente di bruciatori caratterizzati da una produzione molto più limitata di ossidi di azoto. Da rilevare anche che nel decennio Ottanta progressi sostanziali sono stati ottenuti nel miglioramento dell'affidabilità degli impianti che depurano i fumi dall'anidride solforosa e dagli ossidi di azoto in essi contenuti.

Un cenno merita infine lo sbocco industriale per le ceneri di carbone che vengono impiegate in sostituzione della pozzolana e di sabbia e ghiaia nell'edilizia e nei lavori stradali, riducendo così l'impatto ambientale dell'estrazione da cave e letti dei fiumi (nel 1990 circa 1/5 della pozzolana è stata sostituita in Italia da ceneri).

Per quanto riguarda le taglie delle unità a vapore, la tendenza verso unità di potenza via via crescente con caratteristiche del vapore sempre più spinte si è fermata da diversi anni. È presente peraltro una tendenza opposta, per l'adozione di taglie piccole o medie, dell'ordine di 100-300 MW, al fine di superare le opposizioni locali all'installazione di nuove centrali di grande potenza. Si rinuncia così ai benefici dell'effetto scala, resi più significativi dalle misure di protezione ambientale che hanno la maggior efficacia tecnicoeconomica nei grandi impianti.

Per le turbine a gas, si tende all'impiego di temperature sempre più elevate, per poter incrementare in maniera sensibile il rendimento delle macchine; questa tendenza è resa possibile dalla disponibilità di materiali metallici e ceramici, in grado di resistere alle sollecitazioni meccaniche alle alte temperature.

La produzione termoelettrica dalla fonte solare è ancora nella fase di sperimentazione. Praticamente abbandonato il tipo di centrale solare a torre centrale, dopo le esperienze negative dei primi prototipi negli Stati Uniti, Italia, Francia, Spagna e Giappone con potenze da 1 a 10 MW, attualmente il tipo di centrale solare considerato è quello a cilindro-parabole con integrazione a gas naturale nei periodi di assenza o insufficienza d'insolazione. Di questo tipo sono gli impianti realizzati o in costruzione in California, con potenze fino a 80 MW, grazie anche agli incentivi previsti in quello stato. In una situazione di prezzi non elevati dei combustibili fossili, appare molto dubbia la possibilità che questi impianti raggiungano la competitività economica.

Notevoli progressi sono stati ottenuti in campo fotovoltaico (v. anche fotovoltaica, cella, in questa Appendice), sia per quanto riguarda i materiali delle celle (silicio monocristallino, policristallino e amorfo; arseniuro di gallio, diseleniuro di rame e di indio, ecc.), sia per quanto si riferisce a rendimenti e affidabilità dei moduli fotovoltaici; sono state inoltre conseguite drastiche riduzioni nel costo dei moduli. Le applicazioni fotovoltaiche, un tempo limitate agli usi spaziali per motivi di costo, si vanno pertanto progressivamente estendendo e risultano economicamente competitive per la produzione di e.e. in quelle situazioni in cui i metodi tradizionali risulterebbero particolarmente costosi (case e villaggi isolati, piccole isole). La produzione mondiale di moduli fotovoltaici, raddoppiata nel triennio 1988-91, è stata nel 1991 dell'ordine di 70 MW ed è destinata, con l'estendersi delle applicazioni, ad aumentare in maniera considerevole. Per lo sviluppo di generatori eolici affidabili e di costo contenuto (v. anche eolica, energia, in questa Appendice), le tendenze seguite sono state essenzialmente due; la prima ha riguardato lo sviluppo di grandi aerogeneratori (con diametri del rotore da 50 a 100 m) in grado di sviluppare potenze fino a 5 MW; i prototipi di queste macchine hanno spesso dato luogo a rotture e a guasti, a causa principalmente delle sollecitazioni gravose e complesse che il vento esercita sulle grandi strutture rotanti; la seconda ha riguardato aerogeneratori di potenza piccola-media (da 50 kW a 300÷400 kW); in questo caso risultati soddisfacenti si sono alternati a risultati deludenti; la naturale selezione tra costruttori più o meno qualificati ha portato allo sviluppo di alcuni aerogeneratori di media taglia caratterizzati da una buona affidabilità.

La tendenza nei prossimi anni appare più orientata verso le macchine di dimensioni medie (dell'ordine di alcune centinaia di kW) con le quali si confida di ottenere, nelle località con caratteristiche anemologiche molto favorevoli, in aggiunta a una buona affidabilità, anche prestazioni economiche non molto lontane da quelle ottenibili dagli impianti tradizionali.

Trasmissione. - La tendenza verso l'impiego di tensioni sempre più elevate per la rete di trasmissione dell'e.e. anche in aree densamente popolate e con centri di produzione distribuiti, come quella europea, non si è sviluppata nel passato decennio, a motivo soprattutto dell'evoluzione della domanda di e.e. che è risultata alquanto inferiore alle previsioni elaborate prima del 1973. L'adozione di livelli di tensione superiori a 420 kV rimane pertanto confinata ai paesi (Brasile, ex URSS, Canada) caratterizzati da grandi distanze tra grossi centri di produzione e centri di consumo. Per quanto riguarda l'Europa occidentale, la scelta di un livello di tensione superiore (750÷1000 kV) appare rimandata al 21° secolo.

Nelle aree più industrializzate (Nord America, Europa occidentale, Giappone) la rete d'interconnessione è stata notevolmente rafforzata; in taluni casi, in aggiunta alla tradizionale funzione di soccorso in caso di guasti, la rete viene anche utilizzata per trasferire grossi quantitativi di energia da paesi con eccedenza di potenza a paesi che ne sono carenti (tipico esempio è l'importazione dalla Francia in Italia di quantitativi ingenti di e. e.).

Un'importante evoluzione, che è comune agli impianti di produzione, di tramissione e di distribuzione, è data dal crescente e sempre più esteso grado di automazione, che è stato reso possibile dai progressi dell'elettronica e dall'impiego sempre più generalizzato dei microprocessori per il controllo, la regolazione e la protezione degli impianti. L'automazione ha consentito in molti paesi industrializzati sia non indifferenti vantaggi economici, sia soprattutto un miglioramento considerevole della qualità del servizio e una gestione ottimale degli impianti.

Distribuzione. - Per il futuro, è nel settore della distribuzione e dei rapporti con l'utenza che l'automazione giocherà il ruolo più importante; con il prevedibile decrescere dei costi degli apparati elettronici e con l'introduzione delle soluzioni innovative che ne deriveranno, l'automazione consentirà sviluppi radicali nei rapporti esercente elettrico-utente e, grazie all'utilizzo della rete di distribuzione dell'e.e. per l'invio di segnali, consentirà un rapporto continuo di assistenza tecnica, d'informazione reciproca e di politica tariffaria, e favorir'a una gamma di servizi e di agevolazioni oggi impensabili.

Tecnologie avanzate. − Il settore elettrico è caratterizzato da un'elevata multidisciplinarietà, in quanto la costruzione e l'esercizio dei suoi impianti coinvolgono la gran parte dei diversi rami dell'ingegneria e della scienza; a motivo di tale multidisciplinarietà il settore elettrico ha potuto usufruire non solo degli sviluppi tecnologici resi possibili originariamente dai programmi di ricerca delle imprese elettriche, ma anche, attraverso un lavoro di adeguamento alle esigenze e alle caratteristiche degli impianti elettrici, dei progressi e delle innovazioni sviluppati in altri settori industriali o in altre branche scientifiche, quali per es. l'elettronica, l'informatica, la diagnostica industriale, la scienza dei nuovi materiali, la chimica, la metallurgia, l'intelligenza artificiale e così via.

Di conseguenza l'evoluzione recente degli impianti elettrici è stata spesso caratterizzata dall'utilizzazione di tecnologie avanzate e di innovazioni, in buona parte sviluppate in settori industriali diversi da quello elettrico. A questo riguardo si può ricordare a titolo di esempio:

a) l'impiego delle tecniche innovative e della strumentazione avanzata che rendono possibile una valutazione abbastanza attendibile della vita residua dei componenti degli impianti; le crescenti difficoltà per l'acquisizione di nuovi siti per le centrali e l'elevato costo specifico dei nuovi impianti di produzione rendono sempre più conveniente il prolungamento della vita degli impianti, specie termoelettrici e nucleari, grazie alla sostituzione di quei componenti, che, essendo i più sollecitati, presentano una vita residua molto limitata;

b) le crescenti applicazioni della diagnostica industriale che, utilizzando l'emissione acustica, l'analisi delle vibrazioni, ecc., consente di tenere sotto controllo il comportamento di un componente o di un sistema di impianto, di prevenire il verificarsi di guasti e, in caso di guasto incipiente, d'identificarlo e localizzarlo;

c) l'impiego sempre più diffuso di strumentazione di tipo avanzato basata su tecnologie innovative, quali, per es., il laser, le fibre ottiche, l'olografia, gli ultrasuoni, le microonde; con questa strumentazione è possibile ottenere misure di tipo e di caratteristiche non conseguibili con le tecniche tradizionali acquisendo una conoscenza molto più approfondita di numerosi fenomeni con conseguenti benefici per la progettazione e l'esercizio degli impianti: basti qui citare, tra le numerosissime applicazioni, l'impiego di tecniche laser per il rilevamento a distanza degli inquinanti nel pennacchio dei fumi uscenti da una ciminiera, per misure di spostamenti e vibrazioni di grandi manufatti quali le dighe e le ciminiere; l'impiego di tecniche acustiche per la telemisura della direzione e dell'intensità del vento in quota o per il telerilevamento della temperatura atmosferica in quota; lo sviluppo di sensori in grado di operare in ambiente ostile per radiazioni, temperature e pressioni elevate, ecc.;

d) l'impiego di nuovi materiali, che consente un miglioramento dell'affidabilità degli impianti o prestazioni in loro mancanza non realizzabili; si possono ricordare i nuovi acciai per alte temperature per surriscaldatori e risurriscaldatori di caldaie, le superleghe per palette di turbine a gas con temperature del gas superiori a 1300°C, i materiali ceramici per rivestimenti protettivi per accrescere la resistenza alla corrosione, all'erosione e alle alte temperature, i materiali magnetici amorfi che consentiranno di ridurre di 3÷4 volte le perdite nel ferro dei trasformatori, le fibre ottiche per le reti di telecomunicazione, i materiali compositi, derivati dall'industria aeronautica, che uniscono doti di elevata resistenza meccanica e di notevole leggerezza, i geotessili e le geomembrane, che trovano importanti applicazioni come dreni e come impermeabilizzanti in alcuni grandi manufatti, quali le dighe in terra; prospettive d'impiego meno certe e più lontane nel tempo, ma non per questo meno importanti, almeno allo stato potenziale, hanno i materiali ceramici, che diventano superconduttori a temperature superiori a quelle dell'azoto liquido;

e) le applicazioni dell'intelligenza artificiale, e in particolare i sistemi esperti e la robotica; nel settore elettrico la robotica ha trovato le prime applicazioni nelle centrali nucleari e si sta estendendo ad altri settori, per es. con la realizzazione di robot in grado di effettuare operazioni di manutenzione in tensione di elettrodotti in servizio o di procedere a riparazioni di pale di turbine idrauliche; i sistemi esperti trovano ormai applicazioni sempre più numerose presso le industrie elettriche, in quanto possono consentire, anche a un operatore non particolarmente esperto, di risolvere problemi complessi in modo più rapido e più affidabile, come i problemi di diagnostica industriale, di gestione degli allarmi, di pianificazione della produzione, di gestione della rete, di ripresa del servizio dopo un disservizio; le applicazioni potenziali dei sistemi esperti sono molto numerose e importanti, ed è quindi facile prevedere per il futuro una notevole espansione dell'impegno dedicato dalle società elettriche allo sviluppo di questi sistemi;

f) le applicazioni dei supercalcolatori; l'uso dei calcolatori vettoriali e paralleli consente di studiare in profondità fenomeni molto complessi mediante modelli matematici ampi e sofisticati che richiederebbero nei calcolatori di tipo sequenziale tempi di macchina inaccettabili (per es. la dispersione atmosferica di inquinanti a grande distanza e su terreno accidentato, lo studio del comportamento di grandi strutture, quali le dighe, in caso di eventi sismici, problemi di neutronica tridimensionale, ecc.).

Gli sviluppi in Italia. − Dal 1973 al 1991 la domanda di e.e. è aumentata in Italia da 137 a 241 miliardi di kWh (tab. 3), a un tasso annuo medio del 3,2%, che si confronta con quello del Prodotto Interno Lordo (PIL) sullo stesso periodo del 2,8%. Nel periodo è stato elevato l'incremento medio dei consumi del terziario (+6,2%) e del domestico (+4,3%), mentre il settore industriale, che ha subito una fortissima ristrutturazione, in particolare nelle industrie di base, è aumentato solo del 2,1%.

Sotto il profilo dell'offerta l'industria elettrica italiana (composta dall'ENEL − ente pubblico economico dal 6 dicembre 1962 all'11 luglio 1992 e società per azioni da questa data − che copre circa l'85% della produzione e il 90% dell'utenza, e da municipalizzate, autoproduttori e imprese minori) è stata sempre in grado di soddisfare alla domanda con costi e prezzi decrescenti (su base pluriennale) e con qualit'a adeguata alle crescenti esigenze di un'utenza progressivamente più sofisticata. Questo risultato è stato peraltro conseguito in condizioni diverse di sicurezza del servizio in quattro sottoperiodi dell'arco 1974-91:

a) 1974-78, durante il quale l'Italia è stata autosufficiente sul piano della capacità produttiva; la prevalenza della produzione termoelettrica da olio combustibile ha peraltro reso conveniente l'acquisto di kWh disponibili sull'interconnessione internazionale a costi inferiori;

b) 1979-81, durante il quale si sono verificati deficit di capacità di produzione dovuti a difficoltà nelle nuove localizzazioni e ai ritardi nelle costruzioni di nuove centrali; l'affidabilità del servizio è stata assicurata acquistando sulla rete europea kWh con garanzia di potenza e, data la scarsità di riserva, da un piano di emergenza a livello nazionale che prevedeva possibilità di distacchi a scacchiera dell'utenza civile e azioni sull'utenza interrompibile, quando i livelli di rischio superavano soglie prefissate;

c) 1982-85, durante il quale, con la ricostituzione del margine di riserva, la qualità del servizio è stata garantita dalla capacità nazionale; peraltro i kWh esteri di origine nucleare a buon mercato hanno sostituito in misura estesa la produzione nazionale, ancor troppo dipendente da petrolio e derivati;

d) 1986-91, durante il quale il crollo del prezzo internazionale del petrolio e il suo attestamento su livelli relativamente bassi ha elevato la competitività dei kWh nazionali ai valori europei. Quasi contemporaneamente l'incidente nucleare di Černobyl in Ucraina ha portato alla moratoria nucleare e a forti ritardi nella costruzione dei nuovi impianti d'altro tipo. L'Italia, con il ripresentarsi di squilibri fra disponibilità e fabbisogni, è ridiventata un forte compratore di kWh garantiti, con conseguenti rischi di alimentazione. La scarsità di riserva ha reso necessario nell'autunno 1988 tagli di potenza interrompibile di oltre 1000 MW; il 10 maggio 1989, a seguito della fulminazione di un elettrodotto internazionale, si è innescato un disservizio generalizzato e l'Italia si è staccata, per la prima volta nel dopoguerra, dal parallelo europeo. Per evitare il collasso dell'intera rete si è resa necessaria, tramite un piano di alleggerimento automatico, la disalimentazione di 5500 MW (ossia di un quinto del carico nazionale) che ha avuto durata limitata grazie al rientro nel parallelo europeo in circa dieci minuti. L'evento ha confermato i rischi dell'eccessiva dipendenza del sistema elettrico italiano dall'estero.

In tutto il periodo notevoli difficoltà hanno caratterizzato sia l'opera di diversificazione dal petrolio del settore elettrico che quella dell'approntamento di nuova potenza per far fronte agli incrementi di domanda e alla dismissione degli impianti più vecchi e obsoleti. Al successo del piano di conversione a carbone delle centrali a olio predisposte (circa 8000 MW) e al potenziamento della capacit'a produttiva idroelettrica e geotermoelettrica nei limiti delle residue possibilità, ha fatto riscontro la cancellazione, per motivi politici, dell'energia nucleare: 2000 MW di Trino Vercellese in fase di costruzione iniziale; 2000 MW di Montalto di Castro pressoché completati (programmati in esercizio per i primissimi anni Novanta); la fermata dei 1400 MW di Trino 1 e Caorso.

Per contrastare il deteriorarsi della situazione dell'offerta di e.e. dovuta ai ritardi nell'allestimento delle nuove centrali è stato preparato e deciso a livello nazionale un piano di emergenza centrato: su interventi di rapida realizzazione che riguardano impianti combinati; su potenziamenti delle centrali mediante turbine a gas; su interventi di prolungamento della loro vita; su acquisti di e.e. con garanzia di potenza dall'estero. Il programma è stato strutturato in modo da migliorare radicalmente la compatibilità ambientale del parco termoelettrico (nuovo ed esistente) e da elevarne l'efficienza produttiva. Con queste misure, con lo sblocco delle autorizzazioni per la costruzione delle centrali elettriche, che si è concretizzato nel 1991 grazie a procedure più funzionali, e con l'entrata in servizio di oltre 3000 MW nel 1992 la situazione è, anche in prospettiva, rientrata nella normalità.

La programmazione elettrica dell'Italia non si limita all'emergenza ma persegue le linee strategiche di ristrutturazione ottimale del parco di produzione, dell'ambientalizzazione delle centrali, d'indipendenza strutturale del sistema elettrico e, sul versante della domanda di e.e., di una sua gestione efficiente. Inoltre, anche in vista del mercato unico europeo, il paese ha recentemente introdotto nel settore della produzione di e.e. un maggior grado di liberalizzazione assicurando a operatori economici diversi dall'ENEL una remunerazione interessante per tutti i kWh resi disponibili per il servizio pubblico, purché vengano utilizzate fonti e tecnologie di interesse generale, in rapporto alla critica dipendenza del settore energetico dall'importazione di combustibili fossili. Nell'ipotesi di dover soddisfare una domanda di e.e. che si sviluppi nel prossimo decennio (1990-2000) al 3,0% all'anno sar'a necessaria una potenza disponibile ENEL di 54.000 MW nel 1995 e di 65.000 MW nel 2000 a fronte dei 43.000 MW del 1990. Inoltre il contributo degli altri operatori economici potr'a passare dai 5.000 MW attuali a 8.000 circa nel 2000. Quest'ultima capacit'a di produzione sar'a, salvo la quota idroelettrica e con combustibili residui, alimentata da gas naturale. Il parco dell'ENEL verr'a invece sviluppato in modo che la produzione termoelettrica sia ripartita nel modo più equilibrato possibile fra i tre combustibili: carbone, olio e gas. È infatti essenziale per il paese mantenere una quota significativa di carbone, sia per ragioni di sicurezza di approvvigionamento che per mantenere sotto controllo il costo dell'input produttivo elettrico. Qualitativamente importante la sperimentazione industriale, che include la combustione a letto fluido (2 × 150 MW), la gassificazione del carbone, la gassificazione dell'orimulsion (un bitume naturale venezuelano ampiamente disponibile), le miscele acqua-carbone e due centrali eoliche da 10 MW. Infine la sperimentazione sui grandi prototipi solari riguarda una centrale a pannelli fotovoltaici da 3 MW.

Il potenziamento del sistema di trasporto è commisurato sul programma di nuove centrali ed è centrato sull'espansione della rete a 420 kV, sul suo rinforzo alle frontiere e sulla sua estensione alle grandi isole; quello della rete di distribuzione prevede un forte progresso delle soluzioni con cavi interrati, nelle zone ad alta densità abitativa, e con conduttori isolati, nelle altre zone abitate.

L'Italia, anche se si presenta con un sistema elettrico ancora vulnerabile, per la forte dipendenza dagli idrocarburi, resta saldamente integrata nell'interconnessione europea e potrebbe proiettarsi verso l'Est e verso il bacino del Mediterraneo.

Da una maggiore integrazione elettrica comunitaria dovrebbero derivare benefici generalizzati, purché essa venga effettuata razionalmente, e cioè: a) con politiche energetiche e ambientali unitarie che tendano a colmare gli squilibri esistenti fra paesi; b) con un mercato ampio e ben regolato per gli appalti e le commesse elettriche unito a un'unica normalizzazione tecnica delle apparecchiature (solo per fare un esempio, il cittadino europeo potrebbe finalmente disporre di un unico tipo di presa e di spina); c) con parità di condizioni fiscali e finanziarie. In queste condizioni la diversità elettrica europea (pubblico/privato; concessioni regionali/concessione nazionale; maggiore o minore integrazione verticale; integrazione orizzontale o no, con altre attività sia energetiche, sia industriali, sia terziarie), che ha dimostrato nei fatti di essere in grado di effettuare quel servizio elettrico affidabile ed economico richiesto in Europa, potrà in futuro essere uno degli elementi di competizione per una più elevata produttività e una migliore qualità del servizio.

Bibl.: OCSE, World energy statistics and balances, Parigi, annate varie; Energy balances of OECD countries, ivi, annate varie; ONU, Energy statistics yearbook, New York, annate varie; CNR, ENEL, ENEA, ENI, Rapporto sull'energia, Roma, annate varie; ENEL, Relazioni di bilancio, ivi, annate varie. Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, Conferenza nazionale sull'energia, Roma, febbraio 1987; Electric Edison Institute, Electricity futures - America's economic imperative, Washington 1989; Ministry of Trade and Industry, Energy in Japan - Facts and figures, Annual Report, Tokyo, January 1990; United States Department of Energy/Energy Information Administration 0383(90), Annual energy outlook 1990 with projections to 2010, Washington, January 1990; ENEL, Produzione e consumo di energia elettrica in Italia, Roma 1991; EURPROG (Group of Experts of the Electric Supply Industry in the Twelve Member Countries of the European Community), Programs and prospects for the electricity sector, Parigi 1991.

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