Enologia

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Enologia

Luca Maroni

Per ottenere un vino di eccellente pregio analitico-sensoriale è necessario soddisfare contemporaneamente due condizioni selettive: l'ottimizzazione sia dei fattori viticoli sia di quelli enologici del processo produttivo. Se è vero che un vino eccellente non può derivare da frutto di qualità mediocre, altrettanto vero è che un frutto eccellente, per via di un'impropria trasformazione enologica, può dare vita a un vino mediocre.

Di seguito sarà illustrato l'insieme di cognizioni e di pratiche che determinano la natura dei fattori viticoli ed enologici della qualità d'ogni vino.

Fattori viticoli della qualità di un vino

La qualità del frutto

Tre parametri determinano il valore analitico e compositivo dell'uva: la consistenza, l'equilibrio e l'integrità.

Tanto maggiori sono la consistenza, l'equilibrio, l'integrità dell'uva utilizzata, tanto maggiore la sua qualità, tanto maggiore potrà essere la qualità del vino. La consistenza è la quantità di sostanze componenti il frutto diverse dall'acqua, il suo polposo estratto. Tanto maggiore è la consistenza dell'uva impiegata, tanto maggiore potrà essere la consistenza del vino da questa realizzato. Tanto maggiore è il carico d'uva prodotta da una vite, tanto minore sarà la consistenza del frutto ottenuto: la consistenza del frutto è in sostanza un pregio raro perché costoso. L'agente chimico-fisico che misura la consistenza del frutto uva è l'estratto secco del mosto misurato in grammi per litro (g/l).

Un frutto è equilibrato quando la dolcezza (morbidezza) del suo gusto eguaglia la somma della sua acidità e della sua - eventuale - amarezza. È invece disequilibrato quando uno dei tre sapori è prevalente.

Il frutto equilibrato ha sapore morbido, armonico, complesso giacché cangevole e multisfumato. Viceversa, il frutto disequilibrato è acido (immaturo) o sovramaturo. Il parametro chimico-fisico che misura l'equilibrio del frutto uva è il suo pH una volta pigiato e ammostato.

Il gusto-aroma di un frutto è integro quando è proposto e avvertito nella sua congenita pulizia e freschezza. La pulizia del frutto consiste nell'assenza di gusto-aromi non propri dell'uva e/o del corretto prodotto agronomico della sua coltivazione. Pulizia associabile all'idea di 'purezza', di 'nitidezza'. La freschezza del frutto consiste nell'assenza di gusto-aromi ossidati (sovramaturo, rancido, decomposto) dell'uva al momento della perfetta maturità da distacco. Gli agenti chimico-fisici che determinano l'integrità del frutto uva sono le sostanze che ne provocano la non sanità, componenti che devono essere assenti e che equivalgono ai composti solforati, acetici, aldeidici e ai diversi contaminanti microbiologici.

Aspetti agronomici per ottimizzare la qualità del frutto

Ottimizzazione del terreno d'impianto

La prima operazione da compiere per far sì che il frutto riveli superiore qualità al raccolto è quella di scegliere il suolo più idoneo al suo impianto e al suo sviluppo produttivo. Una volta individuato il giusto appezzamento in termini di natura e composizione chimico-fisica del suolo è opportuno valutare la capacità drenante del terreno, ossia la capacità del vigneto di disperdere le acque precipitate evitando che l'eventuale stagnazione possa compromettere la sanità microbiologica della pianta e del frutto.

Ottimizzazione della varietà e del clone

Ogni varietà di uva necessita di una composizione differente del terreno, di un diverso grado d'irraggiamento solare, di una diversa temperatura e umidità: fondamentale ottimizzare l'armonia fra suolo, specie di uva da piantare e clima insistente, così da garantire alla coltivazione il substrato basale di elementi nutrizionali e meteorologici di cui la pianta necessita. In un dato suolo e in un dato clima, solo una data varietà di uva darà il massimo in quanto a rendimento e qualità.

Ottimizzazione del portainnesto

Nel 1890 si diffuse in Europa una malattia delle radici della vite: la fillossera. Un insetto affine agli afidi originario dell'America Settentrionale che, pungendo l'apparato radicale delle viti europee, le uccideva propagandosi progressivamente. L'unico rimedio per arrestare e impedire il suo diffondersi, vista la sostanziale innocuità di questo parassita per le viti americane, fu quello di innestare le specie d'uva europee su una radice, su un piede americano detto portainnesto. Il portainnesto deve essere selezionato in base alla vigoria di una data varietà, alla tipologia del sistema clima/terreno e all'obiettivo qualitativo o quantitativo prefissato.

Ottimizzazione del sesto e della resa di impianto

Determinando la distanza fra le piante sul filare e la distanza tra i filari si stabilisce il sesto d'impianto, cioè il numero di piante coltivate in un'unità di superficie solitamente pari a 1 ettaro. Tanto più è contenuta la produzione di grappoli per pianta, tanto è tendenzialmente migliore la qualità del rado frutto pendente. Affinché una pianta di vite produca uva di qualità superiore, questa deve produrre il giusto, ovvero un quantitativo di frutto solitamente compreso fra 1 e 2 chilogrammi e mezzo.

Potatura d'impianto e di produzione

Attraverso la potatura si regolano la struttura, la quantità e la qualità della resa della coltivazione: la forma della pianta, quindi il numero di gemme produttive. La prima potatura è quella d'impianto o d'allevamento, e serve a disegnare, a determinare la forma verde con cui la pianta della vite si sviluppa e fruttifica sulla spalliera di sostegno. Le potature successive a quella d'impianto, dette di produzione, sono finalizzate principalmente all'ottimizzazione del rapporto vegetazione/fruttificazione. Con la potatura verde, pratica detta diradamento dei grappoli, si recidono i grappoli sviluppatisi in eccesso sulle gemme, costringendo la linfa in circolo a concentrarsi in un numero minore di bacche pendenti.

Lavorazioni cicliche della pianta e del terreno

Oltre alle fondamentali operazioni di potatura, la pianta necessita di altre lavorazioni mirate all'ottimizzazione della qualità del frutto raccolto. Pratiche agronomiche capaci di modificare la massa, la superficie, la posizione degli organi e dei frutti. Fra queste la sfogliatura, ovvero l'eliminazione di una parte delle foglie onde evitare i ristagni d'umidità; la cimatura, ovvero la soppressione delle estremità dei germogli in accrescimento atta a ridurre la sintesi eccessiva di zuccheri; la spollonatura, ovvero la rimozione dei germogli (polloni) che nascono sulle radici; la legatura, ovvero la giustapposizione e il fissaggio del verde e dei germogli sulla parete e sui sostegni verticali della spalliera.

Ottimizzazione della nutrizione della vite

Ove carente di sostanze minerali e organiche, ove scarsamente dotato d'acqua, ove male esposto, un terreno originerà una bassa circolazione di linfa, una scarsa consistenza e una non totale integrità dei frutti prodotti. Il viticoltore è allora attento a integrare le carenze nutrizionali eventualmente cagionate da stress di nutrizione idrica e/o organico-minerale: si usano così gli impianti d'irrigazione a goccia integrati ai più recenti vigneti, le concimazioni mirate del terreno e della pianta per prevenire le carenze, per integrare quelle sostanze organiche o minerali di cui si manifesti urgenza durante il ciclo.

Trattamenti fitosanitari

Laddove una vite venga lasciata brada e incolta dall'uomo, entro pochi anni cessa di vivere e produrre. Esistono molti antagonisti, molti parassiti della pianta e del frutto, sia di origine animale sia di origine vegetale. Per contrastare gli antagonisti vegetali (muffe e funghi) occorre scoraggiare ed evitare l'insistere di condizioni igrometriche (umidità nell'aria) tali da consentire lo sviluppo dei batteri; in caso di abbondanti e ripetute precipitazioni, è tassativo l'immediato trattamento della coltivazione con sostanze antibotritiche capaci di impedire lo sviluppo dei parassiti. Tecnica assai efficace, completamente alternativa al trattamento con sostanze chimiche, è la coltura dell'uva e del vigneto secondo il capitolato antiparassitario previsto dall'agricoltura biologica. L'uva biologica è l'uva ottenuta da vigneti la cui coltivazione non prevede in alcun modo l'impiego di concimanti o diserbanti chimici. Per evitare l'insorgenza di parassiti si procede all'immissione e allo sviluppo nel vigneto di specie animali innocue per la vite, ma divoratrici degli insetti contaminanti.

Monitorizzazione avanzamento maturazione

Non essendo l'uva un frutto climaterico - carattere dei frutti come banana, pera, mela e altri, che continuano a maturare pur distaccati dalla pianta - in uno e un solo momento la sua composizione è ottimale. Diversi sono gli indici di maturazione monitorizzati: livello degli acidi (in diminuzione), livello degli zuccheri (in aumento), maturità polifenolica (il grado di cedevolezza e di maturazione delle sostanze tanniche contenute nelle bucce dalle quali dipendono colore e profumi), il fondamentale pH e il grado Babo del mosto.

Vendemmia e conferimento delle uve in cantina

Per qualificare l'uva conferita in cantina, è anzitutto opportuno evitare la raccolta dei grappoli lesionati o colpiti da muffe, oppure è consigliabile salvare solo la parte sana del grappolo. Per ottimizzare il raccolto occorre poi vendemmiare nelle prime ore del mattino, quando il frutto è fresco (il calore brucia i profumi). Durante la vendemmia si deve procedere manualmente o meccanicamente con cura, evitando che il frutto e la pianta abbiano a danneggiarsi durante la recisione: un frutto rovinato non è più nella sua polpa, dalla sua buccia, ermeticamente protetto confronto all'ossigeno e ai contaminanti. Occorre evitare schiacciamenti del frutto: il liquido fuoriuscito attirerebbe naturalmente insetti atti a generare microfermentazioni acetose del succo. Bisogna inoltre evitare lunghe stasi del frutto nelle cassette di raccolta: si deve procedere quanto prima al conferimento delle uve in cantina. Tanto più tempestivo è l'ammostamento, tanto maggiore è l'integrità del frutto avviato alla trasformazione.

Fattori enologici della qualità di un vino

Il vino è il prodotto di una trasformazione naturale dell'uva: i lieviti presenti nel frutto, quindi nel mosto, trasformano i suoi zuccheri in alcol, ciò mentre le sostanze estrattive e aromatiche traslano dalla fase solida a quella liquida.

La scienza preposta all'ottimizzazione di questa trasformazione è l'enologia. Fondamentale è infatti, considerare che la trasformazione del pigiato del frutto, prima in mosto poi in vino, ancorché naturale, è fenomeno che per svolgersi al meglio necessita di assidue, aggiornate, scrupolose cure tecniche da parte dell'uomo. Pena la compromissione irreversibile e totale delle caratteristiche qualitative proprie del frutto di base.

L'ammostatura

La prima operazione di cantina è la ricezione del frutto. Assai utile per l'ottenimento di vini di alta qualità è una cernita definitiva (post-vendemmia ma pre-ammostatura) dei grappoli da avviare alla trasformazione. Ove invece siano direttamente scaricate in coclee o tramoggie, le uve che non sono sottoposte a diraspatura (separazione meccanica degli acini dal raspo ricorrente nei rossi, da taluni praticata anche per i bianchi) all'atto della pressatura vengono aggiunte a esse dei preparati d'uso enologico capaci di mantenere integro il loro stato: antiossidanti e antisettici, quali l'anidride solforosa e l'acido ascorbico, preziosi per impedire degradazioni e contaminazioni batteriche del mosto.

Le migliori modalità di ammostatura sono assicurate dalle moderne presse pneumatiche orizzontali, modulabili a piacimento nell'intensità e nella durata della pressione.

Il contatto con le bucce, la macerazione/estrazione

All'uscita dalla pressa il mosto viene inviato, per caduta o tramite pompa, nelle vasche di fermentazione. Il contatto con le bucce è necessario dal momento che in esse o vicino a esse sono contenute quelle sostanze che conferiscono ai vini il colore, i polifenoli e parte dei profumi, i terpeni. Durante il contatto il mosto comincia a fermentare, sviluppa alcol, che con il suo potere solubile estrae e/o macera le sostanze delle bucce che così traslano nella soluzione. Per i vini bianchi la macerazione viene praticata raramente; i vini rossi invece macerano per più tempo, da un minimo di 4-5 giorni, a tutta la durata della fermentazione, ovvero dai 10 ai 15 giorni. I rosati macerano invece per 8-15 ore.

Allo scopo di consentire un'alta attività estrattiva, le temperature dei rossi salgono fino a 30 °C, e più volte nella giornata, con varie tecniche dette rimontaggi o follature, la parte liquida di mosto-vino a contatto con quella solida viene rinnovata e agitata onde promuovere la cessione-assunzione di estratti e colore. Fondamentale in queste pratiche è evitare tanto l'ossidazione quanto l'eccessiva estrazione di sostanze dalle bucce.

La fermentazione: la nascita del vino

Grazie all'azione dei lieviti, gli zuccheri del mosto vengono metabolizzati e trasformati in alcol. Una fermentazione ben condotta dà vita a un vino pulito e non ossidato; uno stento, un arresto, una fermentazione mal condotta causa l'insorgenza nel vino di vizi enologici, e/o la sua eventuale parziale o totale ossidazione. Difetti e carenze di fragranza sostanzialmente irreversibili. I fattori che più influenzano la fermentazione sono: la temperatura del mosto-vino, la quantità e la qualità di lieviti presenti, la disponibilità di sostanze nutritive presenti nel mosto, la composizione chimica del mosto, il materiale delle vasche di fermentazione. La temperatura è fattore determinante: tanto più alta la temperatura tanto più veloce la moltiplicazione dei lieviti, tanto più repentino lo sviluppo dell'alcol. La quantità e la qualità di lieviti presenti è il secondo fattore determinante il pregio della fermentazione. Le uve sono ricche di lieviti propri, del vigneto e/o della flora indigena della varietà, che possono essere aggiunti all'inizio della fermentazione con un quantitativo variabile di lieviti di particolare tipo - detti selezionati -, acquistabili sul mercato. Il materiale delle vasche di fermentazione è l'ultimo aspetto determinante la qualità e la natura della fermentazione; le opzioni più diffuse sono l'acciaio inox, il cemento vetrificato, il legno, materiali plastici inerti. I primi materiali, non penetrati dall'ossigeno, sono più facilmente condizionabili da un punto di vista termico e tendenzialmente più puliti da un punto di vista sanitario. Il legno è più costoso, favorisce la diffusione dell'ossigeno, fissa forte il colore e rilascia preziose sostanze aromatiche.

La svinatura e i travasi

Al termine della fermentazione, tempestiva e profonda deve a questo punto essere la pulizia. La separazione della parte solida da quella liquida: la svinatura. L'operazione di separazione del vino dalle prime fecce si effettua o con il travaso, spillando con pompe il vino dalla parte superiore della vasca e trasferendolo in un vaso vinario assolutamente pulito, oppure con più sofisticate e moderne tecniche di filtrazione tangenziale del vino. Tanto più tempestivi, frequenti e regolari sono i travasi, tanto più pulito sarà il vino all'olfatto. Durante questi spostamenti è fondamentale evitare ossidazioni del vino, per questo, secondo il bisogno di ossigeno del vino, i travasi avvengono più o meno al riparo dall'aria.

Lo sviluppo enologico: stabilizzazione, ottimizzazione analitica e sensoriale

Dal termine della fermentazione al definitivo imbottigliamento il vino deve essere enologicamente assistito e curato dal produttore. Un vino non curato si sporca, si contamina, diviene sulfureo o acetoso, e finisce per acquisire gusto-aromi non rappresentativi del frutto di base; un vino abbandonato a sé stesso può presentarsi all'assaggio disequilibrato ed eventualmente ossidato. Due sono gli obiettivi da conseguire, la stabilizzazione e l'ottimizzazione della composizione chimica del vino.

Agli inizi del 21° sec. sono state messe a punto tecniche e tecnologie enologiche atte a stabilizzare completamente e rapidamente il prodotto prima dell'imbottigliamento: stabilizzazione proteica, tartarica, polifenolica e biologica. Si agisce introducendo sostanze atte a far precipitare i composti instabili (chiarifiche), e/o variando la temperatura del vino nella vasca così da determinare la precipitazione dei composti termolabili, infine filtrando il vino prima di imbottigliarlo. Parallelamente al conseguimento della stabilità, durante lo sviluppo enologico del vino l'enologo o il cantiniere riserva al prodotto quei trattamenti e quelle cure in grado di modulare in modo ottimale il suo gusto-aroma: travasi e interventi di pulizia per massimizzare la nettezza dei profumi, protezioni dall'ossidazione per preservare intatta la sua fragranza, chiarifiche per ammorbidire e bilanciare il suo gusto, contatto con legni nuovi e pregiati per ampliare la gamma aromatica del vino e per indurre la parziale stabilizzazione naturale del composto.

bibliografia

G. Garoglio, Nuova enologia, enciclopedia vitivinicola mondiale, Brescia 1981.

E. Peynaud, Enologia e tecnica del vino, Brescia 1985.

M. Fregoni, Viticoltura generale, Roma 1987.

I. Eynard, G. Dalmasso, Viticoltura moderna, Milano 1990.

L. Maroni, Piacevolezza del vino, Roma-Milano 2001.

Si veda inoltre: L. Maroni, Annuario dei vini italiani, Roma 1994 e segg.

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