BETTI, Enrico

Enciclopedia Italiana (1930)

BETTI, Enrico

Federico Enriques

Matematico, nato nel Pistoiese il 21 ottobre 1823. Allievo del Mossotti nell'università di Pisa, iniziò la sua carriera come insegnante di liceo, e a 34 anni ebbe nell'università di Pisa la cattedra, che tenne poi per tutta la vita, unendovi - negli ultimi anni - la carica di direttore di quella Scuola normale superiore.

La città di Pistoia lo mandò, nel 1862, alla camera dei deputati, e nel 1874 fu assunto anche, per pochi mesi, come segretario generale al Ministero della pubblica istruzione; ma alla vita politica non prese mai parte attiva, come il suo collega Brioschi. Tuttavia fu nominato senatore del regno nel 1884. Morì l'11 agosto 1892.

La vita scientifica del B. si può dividere in due periodi: il primo, che va dal 1850 al 1862, è occupato da ricerche sulle equazioni algebriche e poi sulle funzioni ellittiche, che egli studia in qualche modo come prolungamento dell'algebra; nel secondo periodo il B. si rivolge soprattutto a questioni di fisica matematica, sebbene s'interessi ancora a ricerche di matematiche pure, specialmente dove ravvisi l'applicazione di metodi o di concetti suggeritigli dalla fisica teorica.

L'importanza dell'opera algebrica del B. si può spiegare brevemente dicendo che per lui, la teoria generale della risoluzione delle equazioni, fondata da Evaristo Galois (v.), è stata chiarita e stabilita su solide dimostrazioni. Galois era morto in duello, a ventidue anni, lasciando una memoria piena di risu̇ltati appena comprensibili: un tesoro d'idee geniali, ma oscure, che i posteri dovevano comprendere per farle fruttificare; in gran parte - per i contemporanei - una serie d'enigmi. Il B., ravvicinando le nuove idee agli studî di Ruffini e di Abel sull'impossibilità di risolvere per radicali l'equazione generale di 5° grado, giunse a riedificare l'intera teoria e anche a completarne i resultati: dando per esempio la condizione generale perchè un'equazione di grado non primo sia risolubile per radicali. Altre ricerche compì egli ancora nel campo algebrico in particolare sulla teoria dell'eliminazione. E non si può tacere che giunse assai vicino alla risoluzione trascendente dell'equazione di 5° grado, stabilita poi da Hermite.

Passando dall'algebra alla teoria delle funzioni, il B. pubblicò nel 1862 la sua memoria su La teoria delle funzioni ellittiche (in Annali di matematica, III e IV), nella quale, per primo, svolse l'idea geniale della decomposizione delle funzioni intere in fattori primarî, indicandone anche feconde applicazioni alle funzioni euleriane, trigonometriche ed ellittiche. Quindici anni dopo comparve la celebrata memoria del Weierstrass su questo argomento; ma il B., assorto ormai da altri problemi, nemmeno si curò di rivendicare la priorità dell'importante scoperta.

Nel 1863 il grande geometra tedesco Bernardo Riemann era venuto, per motivi di salute, a Pisa, e ivi si era legato di amicizia col Betti. Dall'influenza del Riemann, il B. fu indotto a rivolgere i suoi studî alla fisica matematica; nella quale ha pur fornito un vasto ed importante lavoro. Egli s'impossessò dei concetti e dei metodî fondamentali con cui il Green ha aperto la via maestra per l'integrazione generale dell'equazione di Laplace, base della teoria del potenziale, e li ha trasportati prima nello studio dell'elasticità e poi in quello del calore. Specialmente nella scienza dell'equilibrio elastico, il B. ha dato un celebre teorema di reciprocità, che è comunemente designato col suo nome. E importa anche notare che le sue ricerche in questo campo preludono a una serie di lavori della scuola italiana, sicchè un geometra tedesco ha potuto dire che, grazie a lui, l'elasticità è divenuta in Italia una "Nationalfrage".

Ma, mentre la sua attività era così dominata dagl'interessi della fisica teorica, l'attenzione del B. fu nuovamente chiamata sulle funzioni ellittiche, di cui disegnò una nuova trattazione informata alle idee del Riemann. D'altra parte, nel 1871, pubblicò negli Annali di matematica la classica memoria Sopra gli spazî di un numero qualunque di dimensioni, in cui gettò le basi della più generale Analysis situs (v.). Doveva passare circa un trentennio prima che questi difficili studî fossero ripresi dal Poincaré: il quale ha messo in luce l'importanza fondamentale dei "numeri di Betti" che vi si presentano, come ordini di connessione.

Alla gloria scientifica personale il B. aggiunge quella di essere uno dei maestri che hanno dato impulso alla fondazione della scuola matematica della nuova Italia. Amante della cultura classica, egli - in unione col Brioschi - ha riportato l'Euclide, modello di rigore e di bellezza, nella prima preparazione geometrica della gioventù. Ma soprattutto ha educato alla ricerca molte generazioni successive di discepoli della Scuola normale di Pisa, divenuti poi professori in tutte le università italiane. E fra questi sono Dini, Bianchi, Volterra, ecc. L'entusiasmo ch'egli stesso portava ai problemi, la simpatia con cui seguiva ed assecondava gli sforzi dei giovani, e perfino qualcosa d'incompiuto che lasciavano le sue lezioni suggerendo dubbî e curiosità, conferirono al suo magistero la più grande efficacia.

Gli scritti del B. sono stati raccolti nei due tomi dell'edizione nazionale delle Opere, a cura della R. Accademia dei Lincei (Milano 1903, 1913).

Bibl.: V. Volterra, Saggi scientifici, Bologna 1920, pp. 35 e 55 segg.

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