OPOCHER, Enrico Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

OPOCHER, Enrico Giuseppe

Dario Ippolito

OPOCHER, Enrico Giuseppe. – Figlio di Enrico Giovanni (1879-1954), un medico ginecologo assai affermato, e di Ida Cini (1888-1963), nacque a Treviso il 19 febbraio 1914.

I suoi primi anni di vita furono segnati dall’impatto della Grande Guerra sulla popolazione civile. Per sfuggire ai bombardamenti, nel 1917, gli Opocher lasciarono la loro casa per trasferirsi in un’abitazione periferica; pochi mesi dopo, in seguito alla disfatta di Caporetto, decisero di allontanarsi da Treviso e di recarsi a Pistoia, dove viveva una zia paterna. Tornata alla normalità nel dopoguerra, la vita degli Opocher fu allietata dalla nascita di un altro figlio, Mario Vittorio (1921-1998). Nella serenità di una famiglia agiata e nel conforto degli affetti, Opocher trascorse l’infanzia e la giovinezza fra Treviso e Vittorio Veneto, amatissimo paese delle sue vacanze estive.

Terminato il liceo a 17 anni, fu indirizzato dal padre allo studio del diritto, nonostante i suoi interessi e le sue inclinazioni intellettuali lo conducessero verso la filosofia. Iscrittosi, nel 1931, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova, riuscì comunque a coltivare la sua vocazione, frequentando le lezioni di filosofia del diritto di Adolfo Ravà. Sotto la guida di quest’ultimo, a partire dal 1934, lavorò a una tesi su «La proprietà nella filosofia del diritto di G.A. Fichte» discussa la quale, nel luglio 1935, si laureò con il massimo dei voti.

Il suo debutto nella comunità scientifica avvenne due anni dopo. Con il sostegno di Ravà (di cui era divenuto assistente volontario), partecipò al IX Congresso internazionale di filosofia (Parigi, 1937), presentando una relazione dal titolo Immanentismo ed eticismo nella Wissenschaftslehre di Fichte. Incoraggiato alla ricerca e spronato alla scrittura dal suo maestro, cominciò presto ad ambire al conseguimento della libera docenza. L’obiettivo fu raggiunto nel 1942, grazie alla pubblicazione del corposo saggio Il superamento fichtiano dell’individualismo nell’interpretazione di G. Gurvitch (Milano 1940). Il confronto critico con il pensiero di Fichte proseguì negli anni successivi, sino ad approdare all’importante monografia G.A. Fichte e il problema dell’individualità (Padova 1944) che, oltre a lasciare un’impronta negli studi fichtiani, rivelò la caratura speculativa del suo autore.

L’operosità e la passione di Opocher non si esaurivano, tuttavia, nell’attività accademica. In quegli anni cruciali per la storia d’Italia, si impegnò nella lotta politica per la liberazione dal nazifascismo. Maturata nella seconda metà degli anni Trenta, la sua avversione culturale al sistema di valori del regime si trasformò, durante la guerra, in opposizione militante. Nel 1942 aderì al Partito d’Azione, prendendo parte alla definizione del suo programma e della sua organizzazione territoriale nelle Tre Venezie. Attivo nella propaganda antifascista dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia (11 luglio 1943), il 25 luglio promosse (insieme a Leopoldo Ramanzini) la prima riunione interpartitica nel Trevigiano. A partire dall’autunno successivo, svolse un ruolo importante nel coordinamento delle formazioni partigiane intorno a Treviso e nel mandamento di Vittorio Veneto. Collaborò altresì alle attività clandestine gravitanti attorno all’Università di Padova, dove erano presenti autorevoli dirigenti della Resistenza veneta. Infine, insorta Treviso il 23 aprile 1945, entrò a far parte della Giunta provvisoria di governo.

Il secondo dopoguerra fu un periodo di profondi cambiamenti nella vita di Opocher, innanzitutto nella sfera privata. Nel 1945 sposò Ottorina Zava e nel 1946 nacque il loro primo figlio, Paolo Arrigo. Due anni più tardi, alla nascita di Maria Ida seguì la morte del primogenito. Successivamente nacquero Giuseppe Enrico, nel 1950, e Arrigo Antonio, nel 1954.

Sul piano professionale, dopo aver arricchito la sua produzione scientifica con un nuovo libro – Il valore dell’esperienza giuridica (1947) – nel novembre 1948 vinse il concorso da professore in filosofia del diritto e fu subito chiamato a insegnare a Padova, sulla cattedra lasciata vacante da Norberto Bobbio.

La collaborazione con quest’ultimo, negli anni precedenti, era stata assai feconda sul piano politico, ma non aveva mai preso la forma di un rapporto di discepolato filosofico. Quando Bobbio era giunto nell’Ateneo patavino, nel 1940, la personalità culturale di Opocher e la sua concezione del diritto avevano già assunto una fisionomia consistente. Oltre all’intuizionismo di Bergson e alla filosofia dei valori di matrice neokantiana, su di esse aveva influito in maniera determinante l’incontro con Giuseppe Capograssi, che nel 1938 – in seguito alla promulgazione delle leggi razziali – era subentrato a Ravà nella cattedra di filosofia del diritto.

Dalla lezione di Capograssi Opocher apprese (e conseguentemente insegnò) a pensare il diritto nella sua viva concretezza, concependolo antiformalisticamente come «esperienza giuridica»: ovvero quale «complesso di attività (volizioni, azioni, giudizi, norme ecc.) che […] impegna l’esistenza stessa di ogni soggetto» (Lezioni di filosofia del diritto, Padova 1949, p. 19). Avverso al normativismo dei positivisti e alle dottrine dei giusnaturalisti quanto aperto alle suggestioni dell’istituzionalismo e del realismo, egli si dedicò pertanto a sviluppare una riflessione filosofica intorno all’esperienza giuridica, riconoscendo in quest’ultima una dimensione costitutiva della vita umana, caratterizzata (più di ogni altra) dall’antinomia tra ideale e reale. Nel suo pluridecennale itinerario di ricerca – incentrato sulla problematica assiologica della determinazione della «specifica essenza» del «valore giuridico» (ibid., p. 105) – giunse a individuare nel momento del processo la struttura fondamentale e il deposito di senso del fenomeno giuridico, connettendo la funzione dirimente del giudizio alla realizzazione di quella forma di giustizia consistente nel «riconoscimento della verità» (Analisi dell’idea della giustizia, Milano 1977, p. 81).

Oltre a insegnare per un quarantennio filosofia del diritto, Opocher fu a lungo professore incaricato di storia delle dottrine politiche e dottrina dello Stato presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Padova. All’attività didattica rivolse sempre molta cura, aggiornando costantemente le sue lezioni alla luce dei risultati raggiunti attraverso l’indagine filosofica e storiografica. Tra i primi anni Cinquanta e gli anni Ottanta, sotto il suo magistero crebbero numerosi allievi destinati a distinguersi nella comunità scientifica italiana e internazionale.

Direttore dell’Istituto di filosofia del diritto dal 1948 al 1984, fu eletto preside della facoltà di giurisprudenza per il 1955-58. Confermato alla scadenza del mandato, si dimise l’anno seguente, per contrasti sorti in merito all’assegnazione della cattedra di diritto costituzionale. Dal 1968 al 1972 ricoprì la carica di rettore dell’Università di Padova. A pochi mesi dalla sua elezione, il 15 aprile 1969, una bomba – da lui stesso qualificata come ‘fascista’ – esplose nel suo studio presso l’Istituto di filosofia del diritto, distruggendo, tra l’altro, manoscritti inediti e libri preziosi. Nel corso del suo mandato da rettore, Opocher dovette inoltre confrontarsi con le contestazioni e le rivendicazioni del movimento studentesco.

Valorizzandone le esigenze di cambiamento come indice di civiltà, manifestò da subito l’intenzione di aprire l’Università «allo spirito dei tempi nuovi», senza deflettere dalla necessità di «contrastare le azioni puramente distruttive» (Relazione del Rettore sull’anno accademico 1968-1969letta il 21 dicembre 1969, p. 21).

Le difficoltà e la complessità del suo compito di governo dell’Ateneo furono accresciute dal repentino e cospicuo innalzamento del numero degli studenti, seguito alla liberalizzazione degli accessi alle facoltà universitarie. Sancita dalla legge Codignola del 1969, tale riforma fu giudicata incauta da Opocher, che paventava la trasformazione delle università italiane in «pletoriche scuole di massa» (Annuario per l’anno accademico 1969-1970, p. 26).

Nel marzo 1972, invitato da Ugo La Malfa a candidarsi al Senato con il Partito Repubblicano Italiano, rifiutò l’offerta per non venir meno alle sue responsabilità di rettore. Oltre che nella vita universitaria, il suo impegno civile, lungo la seconda metà del secolo, si esercitò nelle attività dell’Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, di cui fu direttore dal 1951 al 1968 e presidente dal 1977 al 1989. Negli ‘anni di piombo’ collaborò al Gazzettino di Padova, proponendo ai lettori con i suoi articoli – successivamente raccolti nel volume Discorsi civili (1985) – un’accorata riflessione critica sui problemi della democrazia italiana. Contemporaneamente, in ambito accademico, svolse un ruolo eminente nella Società italiana di filosofia giuridica e politica, da lui presieduta dal 1976 al 1983. Oltrepassata la soglia della pensione nel 1984, diresse il dottorato di ricerca in filosofia del diritto dell’Università di Padova. Nel 1990 ricevette la nomina a professore emerito. L’anno successivo pubblicò il suo ultimo libro: Giuseppe Capograssi filosofo del nostro tempo (Milano 1991).

Morì a Padova il 3 marzo 2004.

Opere: Della copiosa produzione scientifica di Opocher non è possibile dar conto esaustivamente. L’elenco che segue non comprende i saggi pubblicati su rivista, i contributi ad atti accademici e di convegno, le curatele e le edizioni delle lezioni universitarie: Il diritto senza verità, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, I, Padova 1950, pp. 177-191; La mia prospettiva filosofica, Padova 1950; Autenticità e inautenticità, in Enciclopedia filosofica, Venezia-Roma, I, 1957, ad vocem; Ravà Adolfo, ibid., III, ad vocem; Esperienza giuridica, in Enciclopedia del diritto, XV, Milano 1966, ad vocem; Giustizia, ibid., XVI, ad vocem; Filosofia del diritto, ibid., XVII, ad vocem; Considerazioni su alcuni equivoci inerenti al significato assiologico della nozione di natura della cosa, in Scritti in memoria di W. Cesarini Sforza, Milano 1968, pp. 511-520; Meditazioni su diritto e libertà, in Studi in onore di Francesco Santoro Passarelli, Napoli 1972, pp. 748-757; Elogio della tolleranza, in Scritti in memoria di Enrico Guicciardi, Padova 1975, pp. 3-15; Filosofia e potere: due conversazioni su la filosofia, il potere e lo Stato contemporaneo, Napoli 1980; Lo ‘scetticismo giuridico’ di Manzoni: note sulla visita di Renzo al dottor Azzecca-garbugli, in «Se a minacciar un curato c’è penale?»: il diritto ne “I promessi sposi”, Milano 1985, pp. 59-65; Libertà, in Lessico della politica, a cura di G. Zaccaria, Roma 1987, ad vocem; Totalitarismo, in Enciclopedia del diritto, XLIV, Milano 1992, ad vocem; Valore, ibid., XLVI Milano 1993, ad vocem.

Fonti e Bibl.: A. Andreatta, Potere e ragione nella filosofia politica di E. O., in Rivista internazionale di filosofia del diritto, LXVI (1989), 2, pp. 215-239; F. Cavalla, La prospettiva processuale del diritto. Saggio sul pensiero di E. O., Padova 1991; Scritti in onore di E. O., a cura di G. Netto, Treviso 1992; F. Casa, Il ruolo di E. O. nel dibattito italiano sulla natura della giurisprudenza a mezzo del XX secolo, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere ed arti, 2004, vol. 162, pp. 491-546; D. Fiorot, Diritto e potere nella filosofia giuridica, politica e civile di E. O., in Rivista internazionale di filosofia del diritto, LXXXII (2005), 2, pp. 189-214; Omaggio ad un maestro. Ricordo di E. O., a cura di G. Zaccaria, Padova 2006; M. Manzin, Per un’interpretazione retorica della verità processuale di E. O.(1914-2004), in Rivista internazionale di filosofia del diritto, LXXXIII (2006), 1, pp. 41-54; G. Zaccaria, E. O., in Enciclopedia italiana, App. VIII, Roma 2012, pp. 766-770.

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