Enrico VII Re d'Inghilterra

Dizionario di Storia (2010)

Enrico VII Re d'Inghilterra


Enrico VII

Re d’Inghilterra (castello di Pembroke 1457-Richmond, Londra, 1509). Primo re della dinastia Tudor, discendeva per parte della madre, Margherita Beaufort, da Giovanni di Gaunt e da Edoardo III, e fu educato dallo zio Jasper Tudor, conte di Pembroke, capo del partito dei Lancaster. Nel 1471, alla morte di Enrico VI, era riconosciuto capo della casa di Lancaster; dovette fuggire perciò in Bretagna, per non essere ucciso dall’usurpatore Riccardo III. Uno sfortunato tentativo di rivolta (1483) lo costrinse ancora a passare in Francia; ma due anni dopo, sostenuto da Carlo VII di Francia e da alcuni nobili inglesi, sbarcava a Milford Haven, e a Bosworth sconfiggeva e uccideva Riccardo. Incoronato re il 30 ottobre 1485, il 18 gennaio 1486 sposava la figlia di Edoardo IV, Elisabetta di York, riunendo così nella sua famiglia le Due rose. Forte di questa indiscussa legittimità, E. poté affrontare la rivolta di Lambert Simnel, sconfitto e fatto prigioniero a Stoke-upon-Trent (16 giugno 1487), e, più grave delle altre, la rivolta yorkista di Perkin Warbeck, un pretendente al trono che si faceva passare per Riccardo, uno dei figli assassinati di Edoardo IV; questa si protrasse fino all’incarceramento del Warbeck (1497), che aveva potuto profittare di un’insurrezione in Irlanda (1495) e di una in Cornovaglia. Ma la grandezza di E. sta nell’abilità politica, all’interno e all’estero, che segnò le linee fondamentali del cosiddetto dispotismo dei Tudor. Con tenacia, senza impegni rischiosi (una sola impresa bellica, l’incursione in Francia del 1492), E. riuscì a procurare al suo Paese un’influenza notevole nella politica europea. L’alleanza con la Spagna, cementata dal matrimonio (1501) del suo primogenito Arturo con Caterina d’Aragona (morta Elisabetta, nel 1503, lo stesso E. progetterà di sposare Giovanna la Pazza), rispondeva non solo a esigenze di lotta antifrancese, ma intendeva anche favorire le fiorenti imprese commerciali. Anche in questa risoluta attenzione all’espansione economica dell’Inghilterra, E. si fa iniziatore della politica divenuta tradizionale per i Tudor: e in questo quadro va considerata la lotta contro la clientela nobiliare e le prepotenze dei magnati, che E. condusse energicamente, imponendo ‒ con la solidarietà del Parlamento, abilmente guadagnata, e con l’incremento del potere del suo Consiglio reale ‒ il rispetto delle leggi, creando un’amministrazione efficiente, restaurando le finanze nazionali. In quest’ultimo campo il successo di E. fu ancora più impressionante che negli altri; la rivendicazione delle terre della corona alienate, la confisca delle terre appartenenti a nobili dell’opposizione, e altrettanti sistemi più o meno violenti, insieme con una rigida economia (divenuta però negli ultimi anni addirittura esosa), lo posero in grado di disporre di un tesoro della corona su cui fondare la reale indipendenza del potere regale dai ricatti del Parlamento, e di porre così le basi per le fortune politiche della monarchia Tudor.

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