epigramma Originariamente iscrizione, specialmente funeraria, poi componimento poetico mirante a fermare in breve il ricordo di una vita, di una impresa, di un’offerta ecc.; il significato di «piccolo componimento mordace» appare in età romana.
La tradizione greca attribuisce e. già a Omero, ma i più antichi che abbiamo risalgono all’8° sec. a.C.: incisi su tazze, appartengono al numero delle più antiche iscrizioni greche. Archiloco avrebbe per primo usato per l’e. il distico elegiaco, che ne fu poi il metro. Nell’età classica l’epigrammista più noto fu Simonide di Ceo, il quale esaltò in iscrizioni sepolcrali gli eroismi delle guerre persiane e peloponnesiache. Nell’età alessandrina l’e. diventa espressione di ogni materia poetica, lavorato con paziente virtuosità, a fissare in un quadretto o in un’arguzia un’ispirazione elegante di breve respiro. Il maestro dell’e. alessandrino fu Callimaco; Meleagro di Gadara (➔ Antologia greca) chiude l’età ellenistica. In seguito l’e. fu largamente trattato, ma con poca originalità.
Nella letteratura romana i più antichi e. furono iscrizioni prima in versi saturni (l’elogio degli Scipioni; l’epitaffio detto di Nevio) poi in distici (Ennio), esametri (
Nel Rinascimento l’e. latino e greco furono in auge presso gli umanisti (Poliziano ecc.); iniziatore dell’uso dell’e. nelle letterature volgari si suole considerare
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