ERACLEA LUCANA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

ERACLEA LUCANA (v. S 1970, p. 307)

D. Adamesteanu

Le ricerche più recenti si sono incentrate sullo studio della topografia e dell'urbanistica di E., con particolare riguardo alle fortificazioni, all'area cittadina e ai santuari.

Nelle fortificazioni di E. si sono notate, come nell'impianto urbano, due o tre fasi ben distinte: la collina del Castello di Policoro è munita di una robusta fortificazione in blocchi di calcare bianco; la struttura difensiva sull'altura opposta è invece in carparo scuro o, spesso, in blocchi di recupero e vi si osservano parecchie modifiche. Per quanto ci è noto, la struttura in calcare bianco non mostra alcun rifacimento, mentre l'ampliamento nella parte meridionale, oltre a essere più recente, presenta diversi interventi: ovunque, però, si nota l'uso anche dei mattoni crudi, come a Gela.

La parte meglio conosciuta della città è quella sulla collina del castello, dove sono state messe finora in luce tre insulae e metà di una quarta, attestate su una platèia che taglia in due la collina; l'origine di quest'arteria risale alla fase di Siris. L'impianto urbano sulla collina, benché nel V-IV sec. a.C. non tutti i lotti fossero occupati, presenta sempre insulae larghe m 36-36,80, mentre nell'ampliamento meridionale la larghezza degli stenopòi, almeno nei quartieri della collina, si aggira tra i 4,50 e i 5 m. Sulla stessa collina lo scavo ha evidenziato un quartiere occidentale, i cui stenopòi non si prolungano sulla stessa linea ai lati della platèia: ogni stenopòs meridionale corrisponde al diaframma di quello settentrionale. È verosimile che questi quartieri siano stati costruiti nel II-I sec. a.C., in pieno periodo ellenistico-romano, mentre, al centro della collina, il gruppo di tre isolati e mezzo va datato dal V-IV sec. a.C. fino al III-IV sec. d.C. Il quartiere in questione, a causa della presenza di numerose fornaci, può essere giudicato come il vero kerameikòs della città; quello all'estremità occidentale, infine, pare destinato ad abitazioni abbastanza signorili.

Per la presenza di diversi monumenti sacri, la vallata tra le due colline va considerata il santuario della città. La stipe votiva di Demetra, formatasi già all'inizio del VII sec. a.C., dopo un periodo di stasi (secondo e terzo decennio del V sec. a.C.), accoglie nuove offerte dalla seconda metà del V sec. fino all'età tardo-ellenistica.

Una successione analoga si verifica anche per il tempio arcaico della fase Siris e per un altro luogo sacro sito sempre nella vallata, ancora più a O del tempio. Questa ripresa è legata anche alla scelta di E. quale sede (metròpolis) della Lega Italiota.

Tra le più importanti attività di E. si annovera la produzione di ceramiche e di terrecotte. In mancanza di uno studio accurato dei rinvenimenti fittili nell'area delle fornaci, sono stati di aiuto i numerosi corredi delle necropoli meglio studiate: quella occidentale, quella meridionale e quella orientale. In quest'ultima si trovava anche la tomba con il ricco corredo comprendente i vasi del Pittore di Policoro e altri attribuiti ai grandi maestri protolucani della fine del V o dei primi anni del IV sec. a.C.: l'ipotesi della presenza della scuola di Zeusi comincia a prendere consistenza. Una tradizione locale si segue fino al periodo della ceramica grigia del II e I sec. a.C.

L'attività dei coroplasti si limita solitamente a imitazioni della produzione tarantina, ma non vanno sottovalutate le espressioni più tipicamente locali (busto di Efesto) e i riflessi di grandi correnti artistiche come quella fidiaca (figure di Atena). Nelle realizzazioni plastiche più tarde non mancano accenni alla vita quotidiana.

La vastità e il modo di conduzione del territorio sono documentati dalle Tavole di E., che contengono riferimenti a terreni appartenenti a santuari ceduti in enfiteusi, nei quali la vita non doveva, tuttavia, essere diversa da quella che si svolgeva in altri fondi. A questo mondo agricolo appartengono i santuari campestri scoperti nella valle del Sinni, oppure nelle vicinanze di S. Maria d'Anglona, nella Conca d'Oro.

Bibl.: D. Adamesteanu, Basilicata antica. Storia e monumenti, Cava dei Tirreni 1974, p. 93 ss.; L. Giardino, L'inizio del periodo romano ad Heraclea, in Magna Graecia, XI, 1976, 1-2, pp. 19-21; D. Adamesteanu, H. Dilthey, Siris. Nuovi contributi archeologici, in MEFRA, XC, 1978, pp. 515-565; F. Ghinatti, Nuovi efori in epigrafi di Heraclea Lucana, in Forschungen und Funde. Festschrift Β. Neutsch, Innsbruck 1980, pp. 137-143; D. Adamesteanu, Un hereon sulla valle del Sinni?, in Απαρχαι. Nuove ricerche e studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias, Pisa 1982, pp. 459-464; P. G. Guzzo, Le città scomparse della Magna Grecia, Roma 1982, pp. 327-330; E. Greco, M. Torelli, Storia dell'urbanistica. Il mondo greco, Bari 1983, pp. 271-274; D. Adamesteanu, Heraclea Lucaniae: problemi urbanistici, in ActaALov, XXIV, 1985, pp. 3-5; AA.VV., Studi su Siris-Heraclea, Roma 1989; G. Pianu, La necropoli di Eraclea, I. Le tombe di secolo IV e III a.C., Roma 1990.