ERACLIO imperatore d'Oriente

Enciclopedia Italiana (1932)

ERACLIO (Flavius Heraclius) imperatore d'Oriente

Angelo Pernice

Fondatore della dinastia che regnò dal 610 al 717. Nacque nel 575 da Eraclio, nobile d'origine armena, esarca d'Africa. Nel 608, imperversando la tirannide di Foca, il vecchio esarca si ribellò, e, mentre un esercito al comando del nipote Niceta penetrava in Egitto, il giovane Eraclio a capo d'una flotta si portava in Oriente, guadagnava a sé le isole dell'Egeo e alcune città della costa asiatica e, dopo un combattimento navale, entrava vittorioso in Costantinopoli, dove, fatto uccidere Foca, fu incoronato dal patriarca Sergio (5 ottobre 610). Un duro compito attendeva il nuovo sovrano. Approfittando della morte di Maurizio, Cosroe II, re di Persia, sin dal 604 aveva rotto la pace e invaso l'Impero. D'altra parte, in conseguenza delle guerre civili, l'esercito era disorganizzato, alcuni generali ostili e le casse dello stato pressoché vuote. Fu necessario ad Eraclio procedere con molta cautela; ma ciò rese fatalmente più aggressivi i nemici esterni e creò poi la leggenda che nei primi anni del suo regno, per indolenza di carattere, nulla egli avesse fatto per la difesa dell'Impero. Respinta la pace offerta da Eraclio, nel 611, i Persiani occuparono successivamente parte della Cappadocia, l'Armenia, la Cilicia, la Siria, la Palestina. Da Gerusalemme, caduta nel maggio 614, essi asportarono il santo legno della croce, ciò che produsse una viva emozione nel mondo cristiano. Nel 614 Eraclio dopo avere invano tentato di arrestare la marcia dei nemici, intraprese una controffensiva che si sviluppò su tre punti: in Armenia, sul fronte tra l'Egitto e la Palestina, e nella Siria settentrionale dove Eraclio in persona fece uno sbarco; ma i Bizantini ebbero dovunque la peggio e, nel 615, l'imperatore dovette rientrare in Costantinopoli per difenderla da un possibile attacco da parte del generale persiano, Shāhīn, che si era avanzato fino a Calcedone. Eraclio tentò ancora una volta, ma invano, d'indurre Cosroe alla pace. Nel 618 la situazione si fece più grave; i Persiani conquistarono l'Egitto e gli Slavi della Balcania e il kāghān degli Avari ripresero le loro scorrerie nella Macedonia e nella Tracia. L'Impero era ormai ridotto alla capitale, all'Anatolia, che però era di frequente corsa e devastata dai nemici, e ai lontani esarcati d'Italia e d'Africa, dai quali poco si poteva ricavare in uomini e denaro. Eraclio, tuttavia, non disperò: è pura leggenda che egli, nel 619, pensasse di abbandonare Bisanzio e trasferirsi in Cartagine. Per avere libertà di movimento contro i Persiani, egli decise di accordarsi col kāghān degli Avari pagandogli un tributo annuo. L'accordo, dopo alcune gravi peripezie, fu concluso, e nel 622 E. poté intraprendere una nuova controffensiva contro i Persiani con mezzi più poderosi. La lotta assunse subito il carattere d'un duello a morte fra i due imperi ed E. la condusse con capacità mirabile. Partito da Costantinopoli il 6 aprile, si diresse verso la Cappadocia, ove disfece i Persiani. Una nuova invasione degli Avari lo costrinse a rientrare a Bisanzio; ma nella primavera seguente (623), avendo ristabilito l'accordo col Kāghān, ritornò in Cappadocia, donde, con ardita mossa, passò prima in Armenia e quindi nella Media Atropatene trasportando la guerra in territorio persiano, vincendo Cosroe in persona, incendiando Ganzaca. Sopravvenuto l'autunno, l'imperatore si ritrasse nell'Albania caucasica per svernarvi e assoldare mercenarî. Riprese la campagna nella primavera del 624 con l'intenzione di discendere verso l'Assiria; ma si trovò di fronte tre eserciti nemici che tentarono di accerchiarlo. Eraclio sfuggi all'accerchiamento, ma non poté aprirsi il passo verso l'Assiria e tornò a nord dell'Arasse. Nel 625 modificò il suo piano e, ripresa la campagna dall'Armenia, si diresse verso la Cilicia con l'intenzione di discendere nella Mesopotamia; ma dopo aver toccato Amida, dovette ripiegare a ovest fino ad Adana, sul Saros, ove vinse i Persiani, che riuscirono però a mantenere le loro posizioni nella Siria e, mentre E. si ritraeva a Sebasteia, nel Ponto, poterono preparare una nuova offensiva avanzandosi nell'Anatolia e inducendo gli Avari a rompere la pace e ad attaccare Costantinopoli. Ma i Bizantini riportarono dovunque la vittoria: Costantinopoli, assediata per terra e per mare (29 luglio-7 agosto 626), respinse gli attacchi costringendo gli Avari a ritirarsi; il fratello di Eraclio, Teodoro, sconfisse in Anatolia Shāhīn; E. guadagnò a sé i Cazari. Nel 627 egli ritentò il piano del 624, e questa volta con pieno successo. Varcato, nell'autunno, l'Arasse, penetrò nella Media e da qui scese nell'Assiria. Il 12 dicembre, nella pianura di Ninive, sconfisse i Persiani; il 6 gennaio 628 occupò Dastagerd, residenza favorita di Cosroe. Ctesifonte non era lontana; ma E. non si spinse fin là, sia perché la stagione era troppo avanzata, sia perché nel paese erano scoppiati gravi torbidi. Il colpo inflitto al nemico era grave e gli effetti non potevano tardare a manifestarsi. Tornato a Ganzaca, egli infatti apprese che in Persia era scoppiata la rivoluzione e Cosroe era stato ucciso. Il suo successore Kawādh, detto comunemente Shīrōe, dovette accettare la pace a queste condizioni: ritiro dei Persiani dai territorî bizantini occupati dopo il 604; liberazione dei prigionieri; libertà di culto ai cristiani dell'Impero persiano; restituzione del santo legno della croce. La morte di Kawādh e nuovi torbidi interni ritardarono l'esecuzione dei patti e trattennero ancora E. nella Media e nell'Armenia. Finalmente, riavuto il santo legno, l'imperatore, probabilmente nel settembre del 629, lo riportò in Gerusalemme, e da qui, dopo un'assenza di sei anni, rientrò in Costantinopoli, accoltovi trionfalmente. Dopo la vittoria, E. si applicò a risanare i mali della guerra e a ricondurre la pace fra le diverse popolazioni soggette all'Impero divise da contrasti economici e da discordie religiose. Fu a questo scopo che egli favorì il monotelesimo, escogitato dai patriarchi Ciro di Alessandria e Sergio di Costantinopoli per accordare i monofisiti con gli ortodossi. Ma la sua opera fu bruscamente interrotta dall'invasione araba. Battuto il patrizio Sergio, battuto Teodoro, fratello dell'imperatore, battuto il magister militum Teodoro Triturio sulle rive del Yarmūk (636), gli Arabi occuparono la Siria e la Palestina. La fortuna di E. declinava. Alcuni ambiziosi, fra i quali si trovarono un suo figlio naturale, Atalarico, e un nipote, ordirono una congiura contro di lui, che fu scoperta e repressa; a evitare futuri disordini E. regolò la successione. Aveva avuto due mogli: dalla prima, Eudocia, morta il 13 agosto 612, aveva avuto un figlio, Costantino, e una figlia; dalla seconda, Martina, sposata malgrado l'opposizione della Chiesa, essendo essa sua nipote, nove figli, dei quali erano vivi tre maschi: Eracleona, Davide, Marino, e due femmine. Costantino era stato incoronato e associato al trono nel gennaio 613; ora E. fece incoronare e associò Eracleona disponendo che, alla sua morte, i due fratelli regnassero insieme e con eguali diritti (luglio 638). Morì l'11 febbraio 641.

Bibl.: Tra le fonti, le più importanti sono: Giorgio di Pisidia, Carmina, 1837; id., Carmina inedita, 1892; Sebeos, Histoire d'Héraclius, trad. fr. di F. Macler, Parigi 1904 (cfr. Labourt, in Bull. critique, XXVI, 1905). Fra le opere rcenti: L. Drapeyron, L'Empereur Héraclius et l'Empire byz. au VIIe siècle, Parigi 1869; E. Gerland, Die pers. Feldzüge des Kaisers Herakleios, in Byz. Zeitsch., III, (1894); T. E. Evangelides, 'Ηράκλειος ὁ Αὐτοκρατώρ τοῦ Βυζαντίου (575-641), Odessa 1903; Kretschmann, Die Kämpfe zwischen Heraclius I und Chorsroes II, Domschule zu Gustrow, 1875-76; S. Vailhé, La prise de Jérusalem par les Perses en 614, in Rev. Or. Chr., VI (1901); id., Les Juifs et la prise de Jérusalem en 614, in Échoq d'Orient, XII (1909); N. H. Baynes, The first Compaign of Heraclius against Persia, in Engl. Hist. Rev., XIX (1904); id., The date of the Avar Surprise, in Byz. Zeitschr., XXVII; A. Pernice, L'imp. Eraclio, Firenze 1905.

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