TRIVULZIO, Erasmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

TRIVULZIO, Erasmo (Arasmo, Arasmino). – Figlio di Antonio e di Bianca Visconti, nacque nel 1383, verosimilmente a Milano o in una delle terre nei dintorni dove i Trivulzio avevano interessi fondiari. Suoi fratelli furono Giovanni, morto nel 1423, Giacomo e Ambrogio (v. la voce in questo Dizionario)

Maria Nadia Covini

Da tempo i Trivulzio figuravano nei più alti ranghi della corte signorile e ducale. Antonio rivestì cariche pubbliche e ricevette nel 1364 da Bernabò Visconti il feudo di Caselle (Caselle Lurani) nel Lodigiano. I Trivulzio erano influenti nel quartiere di Porta Romana, in particolare nelle parrocchie di S. Nazaro in Brolo e di S. Eufemia, dove erano situate le loro case. I loro beni fondiari, ampliati talvolta con aggressività e spregiudicatezza (sino all’intimidazione armata, come denunciarono gli umiliati di Mirasole) si trovavano in prevalenza nelle campagne a sud di Milano a Locate (Locate Triulzi) e nel Lodigiano.

Dopo un’educazione verosimilmente distinta, data la nobiltà della famiglia, la carriera militare di Trivulzio (che nel tempo fu a capo di lance spezzate e della ‘famiglia d’armi’, ovvero di lance ducali altamente selezionate) iniziò nel 1412 quando Filippo Maria Visconti decise di favorire i Trivulzio rispetto ai Casati (anch’essi guelfi) e «dete condizion al magnifico Erasmo Triulci», conferendogli il comando di cento uomini d’arme (Archivio di Stato di Milano, Relazioni, a cura di A. Segarizi, 1913, p. 20). Trivulzio, che dal 1420 compare come testimone in atti ducali con i titoli di camerario e capitano di milizie, fu spesso associato al marchigiano Angelo Della Pergola, per la prassi adottata dal duca di abbinare capitani forestieri a comandanti nativi, a scopo di informazione e di ‘sorveglianza’.

Intensa fu la partecipazione alla guerra veneto-viscontea del 1425-27.

Inizialmente Trivulzio combatté (con Della Pergola) nel giugno del 1425 tra Emilia, Liguria e Toscana. A fine anno le lance ducali furono alloggiate nel Cremonese. Nel 1426 fu commissario a Parma con Della Pergola e dovette fronteggiare la controffensiva veneziana (che portò alla conquista di Casalmaggiore e Brescello, e all’intensificazione delle scorrerie verso Parma e Cremona). In maggio i due capitani, aiutati dall’arrivo di balestrieri genovesi, predisposero un passaggio sul Panaro e riuscirono a far transitare settemila lance di cavalleria che arrivavano dal campo in Romagna. Mentre si combatteva aspramente nel Bresciano, sul Po i due generali ducali continuarono a presidiare la zona e a sostenere frequenti scontri, finché Trivulzio non fu sostituito da un altro governatore. L’anno successivo fu (con altri) sottoposto a Nicolò Piccinino e successivamente a Carlo Malatesta. La campagna ebbe fasi alterne: Trivulzio cooperò per la riconquista di Casalmaggiore, mentre fallì il tentativo di completare l’opera riprendendo Brescello, ove la popolazione era favorevole a Venezia (maggio del 1427); vi fu un successo a Gottolengo nel Bresciano, poi una sconfitta, inflitta dal Carmagnola a Piccinino, Trivulzio e ad altri capitani a Casalmaggiore, e infine la catastrofe di Maclodio (12 ottobre 1427).

Dopo un periodo trascorso nei suoi quartieri del Parmense Trivulzio partecipò, dal 1431, alla nuova fase della guerra tra Venezia e Milano, nel consueto scenario della pianura lombarda tra Lodi, Cremona e Brescia, con un ruolo di maggiore responsabilità rispetto al passato. Con le sue lance fu subordinato a Piccinino nell’episodio vittorioso di Cremona (1431), fu poi inviato come capo delle genti d’arme ducali in Toscana con Alberico da Barbiano (primavera 1432), insignito del titolo di maresciallo generale dell’esercito visconteo, con ampia autorità nelle cose militari, diplomatiche e civili. Dopo un intervento a Piombino (luglio 1432), con altri capitani fu prescelto dal duca per scortare (con mille lance), come capitano illustre, il re dei Romani Sigismondo di Lussemburgo nel corso della spedizione italiana. Ma ben presto fu richiamato nel Parmense (contro Francesco da Correggio) e con Francesco Sforza a Brescello (conquistata nel novembre del 1432). Un paio d’anni più tardi (agosto 1434) Trivulzio con quattrocento cavalli partecipò con Piccinino e con Bernardino Ubaldini alla vittoriosa battaglia di Imola contro le armate fiorentine e veneziane che sostenevano Eugenio IV.

La complessiva crescita di statura di Trivulzio conobbe una nuova tappa nel gennaio del 1436, con il rischioso incarico di governatore di Genova, inquieta per il mancato sfruttamento da parte del duca della strepitosa vittoria navale di Ponza sulla flotta aragonese; fu peraltro costretto ad asserragliarsi nel Castelletto e alla fine catturato, imprigionato e liberato da Piccinino che assediò la fortezza. Trivulzio ricompare con un ruolo attivo sul piano militare nel 1439-40, quando a Parma e Lodi allestì le difese contro gli attacchi veneziani; svolse invece una funzione politica a Cremona nel 1441, presenziando alle nozze tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza e stipulando la cessione al condottiero della città e del castello, dote della sposa. La doppia veste di comandante e uomo di governo fu confermata (aprile 1442) con il ruolo di commissario a Parma, ove risiedette nel palazzo antico del capitano (ma la sua compagnia di lance spezzate non era lontana) e con la funzione di rappresentante del duca alle nozze di Leonello d’Este a Ferrara.

Alcuni anni più tardi (28 settembre 1446) Trivulzio partecipò con Francesco Piccinino al fallito tentativo di riconquistare Cremona sforzesca, conclusosi con una dura sconfitta a Casalmaggiore (per mano di Michele Attendolo). Dovette poi barcamenarsi, nelle vesti di governatore di Parma, nel momento della creazione della Repubblica ambrosiana (agosto 1447), della quale i suoi nipoti Antonio e Giacomello furono inizialmente (con altri nobili) magna pars: cedette la sovranità al popolo e la respublica parmensis fu alleata di Milano, a partire da ottobre (anche se ben presto i da Correggio iniziarono lo smembramento del territorio conquistando Brescello). Come capo di milizie della repubblica fu poi inviato (con Estorre Manfredi, signore di Faenza) a Novara.

Nel confronto politico che si svolse in Milano, nel 1448, circa l’atteggiamento da prendere nei riguardi di Venezia Trivulzio (con tutto il suo clan) si schierò con la linea trattativista e moderata, aperta a cessioni territoriali, mentre i nobili ghibellini come i Bossi e i Lampugnani (e dietro loro Sforza) erano favorevoli alla guerra. In un primo momento prevalse questa linea, e la storiografia filosforzesca (Giovanni Simonetta) accusò poi Trivulzio di opportunismo e di pavidità; accuse reiterate a proposito degli eventi dell’estate del 1448, quando furono intercettate lettere di Trivulzio a Vitaliano Borromeo ostili alle scelte tattiche di Francesco Sforza intenzionato ad attaccare Brescia. Questi, del resto, nell’ottobre del 1448 passò a Venezia e, d’intesa con Francesco Piccinino, Trivulzio gestì allora il recupero di Lodi, città della quale divenne governatore.

Nel 1449 dunque Trivulzio, come il fratello Ambrogio e altri nobili (Innocenzo Cotta e non molti altri) fece parte dell’orientamento ‘guelfo’ e filopopolare che indirizzò la politica ambrosiana; ma da governatore di Lodi, quando la città fu assediata da Sforza, dovette acconciarsi a una resa pacifica, voluta dai cittadini. Qualche anno dopo Simonetta lo mostrò, in questa occasione, impaurito e trepidante; sta di fatto che fu ‘custodito’ nel castello di Pavia, mentre la conquista sforzesca seguiva il suo corso e la linea di dura opposizione al capitano romagnolo, incarnata da Ambrogio Trivulzio, si rivelò perdente.

Agli inizi del dominio sforzesco Erasmo (a differenza del fratello) riuscì dunque a ottenere dei riconoscimenti dal duca, anche grazie all’intercessione dei nipoti filosforzeschi (Antonio e Giacomello Trivulzio, Melchion Marliani) e gli fu benignamente concesso il cingolo della milizia. La riabilitazione fu completa nel 1456, con l’ammissione al Consiglio segreto: i Trivulzio erano pur sempre una casata di prima grandezza.

Morì a Milano il 22 febbraio 1459, a settantasei anni, colpito da apoplessia.

Al di là del suo profilo di capitano di medio calibro, comunque attivo per decenni e assai esperto nei due aspetti di capo militare e di supervisore delle milizie di condotta, e della sua intermittente attività politica, la figura di Trivulzio è rilevante anche per altri aspetti. In quanto signore rurale e proprietario fondiario, fu piuttosto accorto e lungimirante. Aveva ottenuto l’investitura di Brescello nel 1442 e nello stesso anno terre in feudo a Boretto e Gualtieri, sempre nel Parmense; precocemente, mostrò attenzione alla sicurezza idraulica e alla gestione delle acque, anche in contrasto con i Torelli di Guastalla. In queste concessioni i Trivulzio mostrano una notevole coesione nell’amministrare il patrimonio fondiario e nell’acquisire terre e diritti. Dal 1448 ebbe terre e diritti anche a Lodi, confermati nel 1453 da una patente ducale.

Da grande magnate milanese fu amico e protettore di umanisti e letterati, in particolare di Francesco Filelfo, che gli rese omaggio scegliendolo come ospite nel secondo dei suoi Convivii. Una sua lettera si trova nell’epistolario formato da Pier Candido Decembrio (copie alla Biblioteca Riccardiana di Firenze e a Valladolid).

Trivulzio ebbe, infine, una discendenza importante, indiretta, nei nipoti, figli di Giovanni, destinati a contare molto nella storia milanese del tardo Quattrocento e del Cinquecento. Dalla moglie Caterina, dei nobili Spinola di Lucolo, Trivulzio infatti non ebbe figli e per questo ottenne dal duca Visconti la legittimazione di Antonio, nato da Elisabetta de Gradi, per farlo suo erede sia nei possessi allodiali sia nei beni feudali. La legittimazione fu poi confermata nel 1453 da un conte palatino per mandato di Francesco Sforza. Antonio ricoprì varie cariche amministrative ducali. Sono più incerte le notizie su un secondo figlio legittimato, Guiniforte (citato in vari atti notarili e come officiale ducale), e su un terzo, Francesco, che sarebbe morto nel 1438 in battaglia.

Nella seconda metà del Quattrocento gli esponenti più in vista di casa Trivulzio furono come detto i nipoti di Erasmo, figli del fu Giovanni, e i pronipoti, riconosciuti come leader del partito guelfo milanese. Antonio, figlio di Giovanni, già partecipe del governo repubblicano e precoce filosforzesco, nel 1450 fu ammesso nel Consiglio segreto, mentre suo figlio Giangiacomo fu dal 1451 ‘compagno’ di Galeazzo Maria Sforza. Giacomello di Giovanni fu giurista, prescelto per importanti ambascerie a Roma e altrove. L’altro figlio di Giovanni, Pietro, condivise con i figli di Antonio il feudo di Codogno, subentrando ai precedenti signori, i Fagnani (il padre e lo zio Giacomo avevano sposato due donne di casa Fagnani).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Trivulzio, Archivio Milanese, indici, schedario e b. 256 (Rubrica di notai diversi, 1438-1468); Reg. ducali, 134, c. 228v (1° maggio 1453). Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di A. Segarizzi, II, Bari 1913, p. 20; Atti cancellereschi viscontei, II, 1, Milano 1920, ad ind., II, 2, 1929, ad ind.; P.C. Decembrio, Opuscula historica, a cura di A. Butti - F. Fossati - G. Petraglione, in RIS, XX, 1, Bologna 1925-1958, ad ind.; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae commentarii, a cura di G. Soranzo, ibid., XXI, 2, Bologna 1932, pp. 214, 217, 244 s., 309; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 1197, 1223, 1249; Stilus cancellariae. Formulario visconteo-sforzesco, a cura di A.R. Natale, Milano 1979, pp. 34-36, 185.

A. Pezzana, Storia della città di Parma, II, Parma 1842, ad ind.; E. Motta, Libri di casa Trivulzio nel secolo XV, Como 1890, p. 7; A. Colombo, L’ingresso di Francesco Sforza in Milano, in Archivio storico lombardo, XXXII (1905), 3, pp. 297-344, 4, pp. 33-101 (in partic. p. 59); F. Cusin, Le aspirazioni straniere sul ducato di Milano, ibid., LXIII (1936), pp. 277-369 (in partic. p. 285n); E. Resti, Documenti per la storia della Repubblica ambrosiana, ibid., LXXXI-LXXXII (1954-1955), pp. 192-266 (in partic. pp. 203, 237); P.O. Kristeller, Iter italicum, I-VI, London-Leiden 1977-1992, ad ind.; M.N. Covini, Per la storia delle milizie viscontee: i famigliari armigeri di Filippo Maria Visconti, in L’età dei Visconti. Il dominio di Milano fra XIII e XV secolo, a cura di L. Chiappa Mauri - L. De Angelis Cappabianca - P. Mainoni, Milano 1993, pp. 35-63 (in partic. pp. 38, 48 s., 54, 59-62); Feudi e feudatari del duca Filippo Maria Visconti. Repertorio, a cura di F. Cengarle, Milano 2007, ad ind.; E. Roveda, Uomini, terre e acque. Studi sull’agricoltura della Bassa Lombarda, Milano 2012, pp. 35 s., 114-120.

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