EREMITI

Enciclopedia Italiana (1932)

EREMITI (gr. ἐρημίτης "che vive nel deserto")

Pietro Pisani

Sono coloro che si ritirano nella solitudine per consacrarsi alla meditazione o alla preghiera, senza essere astretti ad alcuna regola religiosa particolare.

Senza pretendere di fare risalire la vita eremitica né al profeta Elia (v.) né a Giovanni Battista, essa è certo una primissima forma di vita di perfezione evangelica praticata nel cristianesimo e si riscontra in Egitto fin dal sec. III. Il primo eremita fu S. Paolo di Tebe, che visse 90 anni nel deserto e il cui esempio trovò numerosi imitatori, il più celebre dei quali è S. Antonio abate (v.). Uno dei suoi discepoli, Ilarione (morto nel 371), si trasferì in Palestina, dove fondò numerose colonie di monaci dette laure, a imitazione di quelle sorte in Egitto sotto la guida di Pacomio. Dalla Palestina la vita eremitica si diffuse in tutto l'Oriente cristiano, particolarmente sulle pendici del Sinai, nella Siria e nel Ponto. Alla vita solitaria quei primi eremiti unirono spesso un estremo rigore di mortificazioni temporali, riducendosi gli uni a privarsi della locomozione, detti perciò "stazionarî"; altri a rinchiudersi o murarsi in una cella, comunicando all'esterno per mezzo di una piccola apertura, "reclusi"; altri infine a errare continuamente per campagne o deserti (βοσκοί "pastori"). L'Occidente vide assai più tardi popolarsi di solitarî le foreste e le caverne dei monti grazie soprattutto a S. Atanasio, a S. Girolamo, a Rufino, a Cassiano, che diffusero in Europa l'entusiasmo per la vita eremitica, da essi ammirata e vissuta in Oriente. Lo stesso S. Benedetto di Norcia (v.) aveva iniziato la sua vita religiosa come eremita nello speco di Subiaco; ma, constatati i pericoli a cui si esponevano molti segregati nell'eremo senza preparazione sufficiente, diede ai suoi discepoli la celebre Regola, che ai vantaggi della vita cenobitica (κοινὸς βίος), ossia comune, accoppia quelli d'una relativa segregazione, in certi casi, perfino dagli altri membri della comunità. Fra gli antichi monasteri, in cui fin dal sec. VII la vita eremitica si alternava con la vita in comune, sono celebri quello di Cassiodoro, in Calabria, e le abbazie benedettine di Fontenelles e di Marmoutier.

Nei secoli XII e XIII era ancora grande in Occidente il numero degli eremiti indipendenti che portavano un abito religioso arbitrario, dando luogo ad abusi che provocarono provvedimenti da parte dei papi: di qui i varî tentativi di raggrupparli in ordini religiosi, che presero il nome di eremitici o eremitani. Di questi ordini, che col tempo scomparvero per la maggior parte, si contano lungo i secoli parecchie decine. Basti qui ricordare gli eremiti di S. Paolo; quelli di S. Agostino (v. agostiniani); di S. Gerolamo di Monte Bello (Gerolomini), ecc. Fra gli eremi o romitaggi più antichi e celebri sono quelli di Monte Vergine in Italia, fondato da S. Guglielmo di Vercelli; di Einsiedeln in Svizzera; di Monserrat in Spagna, ecc.

Bibl.: Rufino, Historia Monachorum, in Patr. lat., XXI, coll. 387-491; Cassiano, Collationes Patrum, in Patr. lat., XXIV, coll. 381-843; Palladio, Historia Lausiaca, in Patr. graec., XXXIV, coll. 991-1278; cfr. le annotazioni di H. Rosweyde, Vitae Patrum, Anversa 1615. S. Gregorio M. nei Dialoghi, in Patr. lat., LXXVII, coll. 149-430 e S. Gregorio di Tours, nelle Vitae Patrum, in Patr. lat., LXX, coll. 1009-1097, narrano la vita dei più celebri eremiti rispettivamente d'Italia e di Francia. P. Helyot, Histoire des Ordres réligieux et militaires, Parigi 1732, III, IV e VIII; Heimbucher, Die Orden und Kongregationen der kath. Kirche, Paderborn 1896; F. L. Gougand, Ermites et reclus, Ligugé 1928.

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