SESTAN, Ernesto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SESTAN, Ernesto

Giuliano Pinto

– Nacque a Trento il 2 novembre 1898 da Corrado e da Carolina Calioni.

I genitori appartenevano a famiglie insediate da tempo ad Albona (ora Labin, nell’Istria croata): i Calioni esponenti dell’agiata borghesia locale, i Sestan di condizione economica modesta. Il padre, impiegato di basso livello al cosiddetto libro fondiario, una sorta di catasto, nel gennaio del 1898 fu promosso di grado e trasferito a Trento, dove qualche mese dopo nacque il primogenito Ernesto. I rapporti con l’Istria, dove rimasero a vivere numerosi parenti, furono a lungo stretti e continui. L’ambiente istriano e quello trentino – due italianità di frontiera diverse tra loro – influirono non poco sulla formazione del giovane; l’abituarono al confronto e al dialogo all’interno di uno Stato – l’Impero austro-ungarico – dove erano presenti, e bene o male convivevano, tante nazionalità diverse.

A Trento Sestan percorse il ciclo scolastico dalle elementari alla quinta ginnasio. Nel 1915, all’entrata dell’Italia in guerra, la famiglia fu costretta a trasferirsi a Innsbruck, dove fu iscritto al liceo tedesco, ma dopo un anno poté tornare a Trento, dove proseguì gli studi da privatista. Arruolato nel 1917 nell’esercito imperiale, dopo un periodo di formazione militare in alcune cittadine austriache, fu inviato sul fronte romeno, in Transilvania: un fronte praticamente immobile, non segnato da scontri bellici rilevanti e presto venuto meno per l’armistizio stipulato tra Romania e Imperi centrali. Del periodo sono testimonianza, oltre alle sue Memorie, circa centocinquanta lettere inviate al padre – la madre era morta nel luglio del 1916 – tra il febbraio del 1917 e il settembre del 1918 (Lettere dal fronte, 1917-1918, Trento 1997). Nel 1918, approfittando di una licenza, Sestan sostenne e superò l’esame di maturità a Vienna.

Terminata la guerra, si iscrisse all’Istituto di studi superiori e pratici di Firenze: della città lo attirava «la gloria culturale e artistica, il fascino della bella lingua» (Memorie..., 1997, p. 147). Seguì con un certo profitto le lezioni di Alberto Del Vecchio (diritto e istituzioni medievali) e Luigi Schiaparelli (paleografia e diplomatica), ma soprattutto fu colpito e affascinato dalla forte personalità di Gaetano Salvemini. La sua «figura morale prima e più che [la] virtù di storico» (Scritti vari, 1991, III, p. 340) conquistò il giovane trentino. Seguì il corso di storia medievale su ‘Bianchi e Neri’ e quello di storia moderna su ‘La Triplice Alleanza’, che lo interessò assai più del primo. La buona conoscenza del tedesco indusse Salvemini ad assegnare all’allievo una tesi d’argomento medievale (Le origini del podestà forestiero nei comuni toscani), discussa il 9 luglio del 1923; tra i correlatori Nicola Ottokar, chiamato espressamente da Salvemini. Il lavoro di tesi fu pubblicato l’anno successivo (con un titolo leggermente diverso) sull’Archivio storico italiano. Il saggio, impostato essenzialmente sul piano della storia giuridico-istituzionale, rappresentò una novità nel panorama della medievistica del tempo.

A Firenze Sestan frequentò il Circolo di cultura dei fratelli Carlo e Nello Rosselli e di Ernesto Rossi, presto costretto a chiudere, e strinse numerose amicizie, prima fra tutte quella con Federico Chabod, conosciuto nel capoluogo toscano nel 1925 in occasione dell’anno di perfezionamento. Nel 1924-25 visse in prima persona l’arresto e il processo intentato a Salvemini per la questione del foglio Non mollare!; lo aiutò, mentre era in carcere, a correggere le bozze della Storia della politica estera italiana, che conservò sino alla pubblicazione avvenuta solo nel 1944. Dopo l’assoluzione, Salvemini, temendo a ragione per la propria vita, riparò all’estero. Sestan lo rivide solo ventidue anni dopo, nel 1947.

Docente nell’istituto magistrale di Pisa (1925-26) e poi in quello di Firenze (1926-29), scrisse su richiesta del provveditorato regionale una breve Storia della scuola primaria in Toscana (in La scuola in Toscana. Bollettino del R. provveditorato agli studi di Firenze, I (1924), pp. 124-137, 180-186); collaborò – con recensioni e notizie, in genere commissionate, di lavori di storia medievale in tedesco – all’Archivio storico italiano, poi, dal 1926 al 1929, e con maggiore libertà di scelta, al Leonardo, la rivista diretta da Luigi Russo. Qui recensì molti lavori, quasi tutti di storia moderna e contemporanea, tra i quali gli studi di Francesco Ercole e di Chabod su Niccolò Machiavelli, con giudizi penetranti che gli valsero l’apprezzamento di Benedetto Croce. Entrò così in contatto con problemi di metodo e con temi di storia moderna che assecondavano la curiosità intellettuale di un giovane al quale i confini del Medioevo apparivano angusti.

Nel 1929, su segnalazione di Russo a Giovanni Gentile, Sestan fu chiamato all’Enciclopedia italiana come redattore (insieme a Chabod) per la sezione storia medievale e moderna. Lì ebbe modo di conoscere Gioacchino Volpe. Lasciò l’incarico nel settembre del 1930, in concomitanza con l’assegnazione della sede di insegnamento a Napoli, pur continuando a collaborare all’opera.

Risalgono a quel periodo varie voci dell’Enciclopedia, alcune di carattere più compilativo e non firmate, altre di maggiore spessore, tra le quali spiccano Germania (dalla Riforma a Napoleone), dove il filo conduttore era rappresentato dal rapporto tra spirito nazionale e formazione di uno Stato unitario, ed Europa (sempre il periodo moderno e contemporaneo: il Medioevo era stato affidato a Giorgio Falco), dove Sestan sottolineò il peso delle scoperte scientifiche, dell’Illuminismo, della Rivoluzione francese nel determinare, in diverso modo, quella superiorità della civiltà europea, assorbita poi in tempi successivi da popoli di altri continenti. Significative le modifiche e le aggiunte apportate alla voce Europa uscita nel 1940 nel Dizionario di politica del Partito nazionale fascista (PNF), che risentì non poco sia del dibattito storiografico sia, soprattutto, del clima politico del tempo: sottolineatura della funzione unificante esercitata dal cristianesimo e dalla Chiesa di Roma sino alle soglie dell’età moderna, giudizio più riduttivo sull’Illuminismo e sulla Rivoluzione francese, riserve sul liberalismo e sul parlamentarismo contro cui si ergevano le forze nuove che guidavano allora Italia e Germania (Turi, in Ernesto Sestan, 2000, pp. 139-144).

Nel 1931, liberatosi un posto nella segreteria della Reale Accademia d’Italia, Sestan, grazie ai buoni uffici di Chabod e alla stima di Volpe, segretario generale, ottenne il comando dal ministero dell’Educazione nazionale, trasferendosi di nuovo a Roma. Dopo pochi mesi fu bandito il concorso per il posto di ruolo e Sestan riuscì vincitore grazie all’appoggio di Volpe e di Arturo Marpicati, cancelliere dell’Accademia. Lo stesso Volpe lo difese dall’accusa, rivoltagli da Agostino Nasti sulle pagine di Critica fascista, che il posto era stato attribuito a un allievo di Salvemini. Assunta la carica, divenne inevitabile l’iscrizione al PNF (primavera del 1933); un passo – avrebbe scritto più tardi Sestan – che «ha inciso in me molto nel profondo e mi ha lasciato e mi lascerà dell’amaro finché vivrò» (Memorie..., 1997, p. 231). Tuttavia risaliva proprio all’anno precedente il rifiuto – e con il suo anche quello di Chabod – di partecipare al progetto di Nello Rosselli di una Rivista di storia europea, adducendo i gravosi impegni già assunti: rifiuto su cui dovette pesare sia il rapporto con Volpe, sia l’antifascismo esplicito di Rosselli. Stabilmente inserito nelle istituzioni culturali, Sestan non poté non scendere a compromessi con il fascismo, e in qualche caso non fu insensibile a quelli che allora apparivano come successi interni e internazionali del regime.

Risale al periodo passato all’Accademia d’Italia il saggio su Max Weber, sollecitato da Ugo Spirito e uscito nella rivista Nuovi studi di diritto, economia e politica (1933 e 1934) e successivamente posto, con qualche variante, come introduzione alla traduzione italiana di L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Roma 1943. Si tratta di un saggio importante – sostanzialmente ignorato, a torto, dalla storiografia su Weber – dove Sestan apprezzava l’intuizione dello storico tedesco quando indicava nella dottrina calvinista una componente non trascurabile della mentalità economica moderna, salvo coglierne il limite nel passaggio, non sufficientemente dimostrato, dalle idee ai fatti.

Nel 1936, insoddisfatto del lavoro burocratico svolto all’Accademia, accolse con favore la proposta di nomina a provveditore agli studi: gli fu assegnata la provincia di Siena, dove rimase per quasi tre anni. Nel marzo 1939, grazie all’interessamento di Volpe, fu comandato presso la Giunta centrale per gli studi storici, con sede a Roma a Palazzetto Venezia, con il compito di redattore della Rivista storica italiana. Qui ebbe modo di stringere vincoli d’amicizia con Walter Maturi, segretario del contiguo Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, e con Carlo Morandi. Della rivista, formalmente diretta da Volpe, Sestan fu per alcuni anni direttore di fatto. Risalgono a quel periodo i numerosi medaglioni – talvolta non firmati – di storici defunti, nei quali, spesso in poche decine di righe e con grande finezza di scrittura, coglieva il valore, i limiti, l’essenza dei loro studi, con giudizi tutt’altro che convenzionali né condizionati dalla circostanza.

Nel 1941 Sestan pubblicò sulla rivista Popoli – quindicinale illustrato, nato per iniziativa soprattutto di Chabod e di Morandi – alcuni articoli sui principi elettori e sui re di Prussia, scritti solo apparentemente di breve respiro; nel 1942, su sollecitazione di Morandi, collaborò a Primato, la rivista diretta da Giuseppe Bottai, con il saggio Risorgimento italiano e unità tedesca (III (1942), 24, pp. 446-448), dove espresse riserve sul parallelismo allora in auge tra il processo unitario italiano e quello tedesco, in quanto il primo basato sui principi di libertà e di indipendenza, il secondo sorretto da un acceso nazionalismo e realizzato solo grazie alla potenza militare prussiana.

Dopo la liberazione di Roma nel giugno 1944, si costituì in città un Comitato giuliano che si proponeva di informare l’opinione pubblica e il governo sul pericolo di una completa annessione della Venezia Giulia alla Iugoslavia. Sestan ne fu una specie di segretario e per questo fu incaricato di stendere un Memoriale da far pervenire al ministro degli Esteri Alcide De Gasperi. Il dossier, equilibrato nel riconoscere le ragioni degli altri ma anche capace di contestarle, fu alla base del volume Venezia Giulia. Lineamenti di storia etnica e culturale (Roma 1947), che Cinzio Violante, nella Presentazione alla ristampa nel 1965, definì «un modello di sintesi meditata ed efficace della storia di una regione italiana» (p. V). Un anno prima (Firenze 1946), era uscito nella collana Studi storici per la Costituente il volume La Costituente di Francoforte (1848-1849): lavoro costruito su una documentazione di prima mano, che si collegava agli interessi manifestati da tempo per la storia tedesca.

Nel referendum del 2 giugno 1946 Sestan votò per la monarchia, vista nonostante tutto come «simbolo della continuità storica della nazione [a partire] dall’Italia liberale-democratica pre-fascista» (Memorie..., 1997, p. 284). Nel giugno del 1948 sposò Margherita Mercatelli, molti anni prima sua allieva nell’istituto magistrale di Firenze, dalla quale nacque Lapo (Firenze, 1950). Nello stesso anno ebbe inizio la sua carriera accademica. Convinto dalle pressioni degli amici Chabod, Maturi e Morandi, si presentò al concorso di storia medievale e moderna bandito dall’Università di Cagliari, dove risultò primo nella terna prendendo servizio nell’isola. L’anno successivo fu chiamato sulla cattedra di storia presso la Scuola normale superiore di Pisa, quindi dal novembre 1951 passò sulla cattedra di storia moderna dell’Università di Pisa; infine nel novembre 1954 fu trasferito sulla cattedra di storia medievale dell’Università di Firenze.

Presso la Normale di Pisa tenne per una decina di anni, a partire dal 1949, l’insegnamento di filosofia della storia (poi metodologia della storia), intesa crocianamente come teoria e storia della storiografia. Attestano questi interessi, oltre ai tanti profili di storici, i saggi L’erudizione storica in Italia (1950), La storiografia contemporanea fra tradizione e innovazione (1964), Storia degli avvenimenti e storia delle strutture (1973) e La storiografia come scienza storica (1977) – ora in Storiografia dell’Otto e Novecento (Firenze 1991) – dove, nonostante una dichiarata allergia alle discussioni teoriche, assunse esplicite posizioni metodologiche e critiche, sempre con tono pacato e alieno da polemiche.

Nel 1952 Sestan dette alle stampe a Napoli la sua monografia più impegnativa Stato e nazione nell’Alto Medioevo. Ricerche sulle origini nazionali in Francia, Italia, Germania, accolta tiepidamente dalla medievistica del tempo in quanto lontana dai modelli storiografici dominanti, ma rivalutata appieno molti anni dopo (Arnaldi, 1985-1986, pp. 331-335; Galasso, in Ernesto Sestan, 2000, pp. 23-28). Nel lavoro confluivano gli interessi, si direbbe nativi, già presenti in molti scritti dell’anteguerra e nei volumi su Venezia Giulia e La Costituente di Francoforte. «Un tema che mi ha sempre interessato – scrisse Sestan nelle sue Memorie – [è] il formarsi di una nazione, come unità spirituale, culturale, linguistica e la parte che in questa formazione aveva avuto il potere politico, lo Stato» (p. 310). Storia politica, questa di Sestan, che si nutriva del magistero di Salvemini e di Volpe e della lezione crociana e si fondava su una conoscenza profonda della grande storiografia europea, soprattutto di lingua tedesca (oltre a Weber, Johann Gustav Droysen, Werner Sombart, Friedrich Meinecke, Otto Hintze), e su una vasta e non comune erudizione.

Una storia politica che copriva «uno spazio amplissimo, nella quale accentuare l’uno o l’altro momento o aspetto (cultura, diplomazia, guerre, rapporti sociali e lotte di classe, elementi etnici e religiosi, vicende istituzionali o idee e ideali) rientrava nell’elaborazione [...] del proprio problema di studio e di ricerca» (Galasso, 2011, p. 90).

Il trasferimento sulla cattedra fiorentina indusse Sestan a volgersi nuovamente allo studio della città medievale, con vari lavori tra i quali occupano un posto di assoluto rilievo La città comunale italiana dei secoli XI-XIII nelle sue note caratteristiche rispetto al movimento comunale europeo (relazione presentata all’XI Congresso internazionale di scienze storiche di Stoccolma, 1960) e Le origini delle signorie cittadine: un problema storico esaurito? (1961), riediti in Italia medievale, Napoli 1966. L’interesse per la storia della città – ma non solo questo – lo portò a riflettere sull’opera di Carlo Cattaneo, al quale dedicò vari saggi e di cui curò, insieme a Salvemini, gli Scritti storici e geografici (Firenze 1957). Di Cattaneo gli interessavano gli ideali di giustizia e libertà, la visione europea dei problemi, l’apertura a soluzioni politiche federaliste. Si collegano al tema del federalismo gli studi (usciti tra il 1960 e il 1981) sulle riforme costituzionali nell’Impero asburgico nei cinquant’anni che ne precedettero la dissoluzione e, in parte, anche il saggio Cesare Battisti tra socialismo e irredentismo del 1979 (ora in L’età contemporanea, Firenze 1999).

Altri percorsi di studio condotti nel secondo dopoguerra riguardarono la storia politica e culturale della Toscana ottocentesca (ora in La Firenze di Vieusseux e di Capponi, Firenze 1986), mentre non vennero meno le ricerche sui secoli altomedievali, che gli valsero nel 1959 l’ingresso nel comitato direttivo del Centro di studi sull’Alto Medioevo di Spoleto.

A Firenze Sestan ricoprì la cattedra di storia medievale sino al 1967, quando per ragioni interne alla facoltà, si trasferì sulla cattedra di storia moderna lasciata libera dall’improvvisa scomparsa di Delio Cantimori. Della facoltà di lettere e filosofia fu preside negli anni 1964-70 e, successivamente, professore emerito. Accademico dei Lincei dal 1957, alla morte di Niccolò Rodolico (1969) fu eletto alla presidenza della Deputazione di storia patria per la Toscana e assunse la direzione dell’Archivio storico italiano. Nel 1973, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, un gruppo di amici e di allievi redasse una Bibliografia dei suoi scritti. Nel 1980 uscirono a Firenze due volumi in suo onore (Studi di storia medievale e moderna per Ernesto Sestan). Nel 1985, ormai in precarie condizioni di salute, si dimise da ogni incarico.

Morì a Firenze il 19 gennaio 1986.

Opere. Storico più portato ai saggi che a ponderosi lavori monografici – scelta che lui stesso spiegò in varie occasioni – Sestan ha lasciato un’amplissima messe di scritti che spaziano dal Tardo Antico alla storia del XX secolo: si rimanda alla Bibliografia degli scritti di E. S., Firenze 1973, che riporta anche i titoli dei corsi universitari e delle tesi assegnate, completata per gli anni successivi da Scritti vari, I, Alto Medioevo, introduzione di F. Cardini, Firenze 1988. Parte di questi lavori furono riediti in volume lui vivente: Europa settecentesca e altri saggi, Milano-Napoli 1951, che raccoglie, tra gli altri, gli scritti usciti su Popoli, il già citato Risorgimento italiano e unità tedesca, l’importante Introduzione a Il secolo di Luigi XIV di Voltaire; e Italia medievale, Napoli 1966. La parte più cospicua fu messa insieme in sei volumi da amici e allievi dopo la sua scomparsa: La Firenze di Vieusseux e di Capponi, a cura di G. Spadolini, Firenze 1986; Scritti vari, I, Alto Medioevo, cit.; II, Italia comunale e signorile, introduzione di M. Berengo, 1989; III, Storiografia dell’Otto e Novecento, a cura di G. Pinto, 1991; IV, L’età contemporanea, a cura di R. Vivarelli, 1999; V, Storia moderna, a cura di R. Pasta, 2011.

Fonti e Bibl.: Le carte Sestan sono conservate nell’Archivio della Scuola normale superiore di Pisa; il carteggio quale direttore dell’Archivio storico italiano.è consultabile presso l’Archivio della Deputazione di storia patria per la Toscana; utile il fascicolo personale conservato presso l’Archivio dell’Università degli studi di Firenze. La corrispondenza con maestri, amici e colleghi (Salvemini, Volpe, Chabod, Maturi, Morandi, Cantimori) è reperibile anche presso i rispettivi archivi (ampio uso, ad esempio, in M. Angelini, Fare storia. Culture e pratiche della ricerca in Italia da Gioacchino Volpe a Federico Chabod, Roma 2012). Indispensabili per ricostruirne la biografia fino alla metà degli anni Cinquanta sono le sue Memorie di un uomo senza qualità, a cura di G. Cherubini - G. Turi, Firenze 1997 (scritte tra il 1967 e il 1981, indirizzate al figlio Lapo e non destinate alla pubblicazione). Sulle vicende politiche che portarono poi alla stesura del volume Venezia Giulia fa luce la terza edizione a cura e con postfazione di G. Cervani, Udine 1997. Sull’opera di Sestan si vedano i contributi apparsi sulla Rivista storica italiana, XCVIII (1986), 3 (interventi di G. Tabacco, F. Diaz, A. Ara); fondamentali gli atti dei convegni E. S., a cura di A. Ara - U. Corsini, Trento 1992 (in partic. A. Ara, E. S. storico di frontiera, pp. 9-26; R. Vivarelli, E. S. tra Salvemini e Volpe, pp. 69-93) ed E. S., 1898-1998, a cura di E. Cristiani - G. Pinto, Firenze 2000 (in partic. G. Galasso, Il Medioevo italiano ed europeo di E. S., pp. 11-34; A. Rotondò, Sestan storico dell’età moderna, pp. 35-49; S. Soldani, Sestan, il mondo tedesco e le aporie del principio di nazionalità, pp. 67-100; G. Turi, Uno storico nelle istituzioni culturali del fascismo, pp. 115-149; R. Fubini, Le “Memorie di un uomo senza qualità” di E. S. Considerazioni su di un’autobiografia (e su di un’eredità di studi), pp. 187-212). E ancora: le introduzioni ai cinque volumi di Scritti vari e i saggi di G. Cherubini, E. S., in Archivio storico italiano, CXLIII (1985), pp. 521-563 (uscito nel 1986); G. Arnaldi, E. S., in Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici, IX (1985-1986), pp. 319-337; C. Donati, E. S., in Passato e presente, 1988, vol. 16, pp. 107-125; G. Galasso E. S., un’esperienza di storia politica, in Archivio storico italiano, CLXIX (2011), pp. 77-91.

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