Schrödinger, Erwin

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Fisico (Vienna 1887 - ivi 1961). Dopo aver frequentato il prestigioso Gymnasium di Vienna, S. si iscrisse all'università nel 1906, dove frequentò le lezioni di fisica teorica tenute da F. Hasenöhrl, da poco succeduto a L. Boltzmann. Nel 1910 conseguì il dottorato e l'anno seguente divenne assistente di F. Exner, che dirigeva il laboratorio di fisica sperimentale. Dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale, continuò a lavorare come fisico sperimentale presso il Secondo istituto di fisica di Vienna. Nel 1921 fu chiamato all'università di Zurigo ad occupare la cattedra in precedenza tenuta da A. Einstein e M. von Laue. I suoi primi lavori di fisica teorica riguardarono soprattutto la termodinamica statistica, ma anche la vecchia teoria dei quanti, la teoria della relatività e la teoria della visione dei colori. Ma la svolta decisiva alle ricerche di S. fu segnata dalla lettura, verso la fine del 1924, della tesi di dottorato di L. de Broglie, in cui si introduceva il concetto di onde di materia. Nello stesso periodo Einstein stava elaborando il suo fondamentale contributo sulla statistica dei gas che metteva, ancora una volta, in risalto le caratteristiche duali (corpuscolari e ondulatorie) delle molecole gassose. Fu la lettura dell'articolo di Einstein nel febbraio del 1925 a spingere S. a prendere in seria considerazione la teoria ondulatoria delle particelle in movimento di de Broglie-Einstein, secondo la quale le particelle non sono altro che una specie di cresta d'onda su uno sfondo di onde. L'approccio dualistico einsteiniano rafforzò le sue perplessità circa l'impostazione data da N. H. D. Bohr e A. Sommerfeld alla meccanica atomica, facendogli intravedere la possibilità di fondare una nuova teoria dell'atomo, basata sul fatto che i livelli energetici discreti corrispondessero ad autofrequenze di un sistema oscillante. A questa idea andava però data una forma matematica coerente trovando un'equazione differenziale lineare da cui fosse deducibile lo stato del sistema considerato e che, per spiegarne la stabilità, avesse condizioni iniziali incorporate nell'equazione stessa e non fissate da circostanze esterne arbitrarie. S. affrontò la questione dal punto di vista relativistico, arrivando a un'equazione del tipo di quella di Klein-Gordon che non era in accordo con le osservazioni circa la struttura fine delle righe spettrali. Solo eliminando le considerazioni relativistiche S. poté arrivare, con quattro fondamentali articoli, all'inizio del 1926, alla teoria, coerente con le conoscenze sperimentali, che dava inizio alla nuova meccanica ondulatoria. Nel primo articolo veniva formulata per la prima volta la famosa equazione d'onda, anche se riferita solo all'atomo di idrogeno. Tale equazione ammetteva soluzioni solo per valori discreti dell'energia, che corrispondevano agli stati stazionarî. S. aveva trovato una spiegazione di ciò che Bohr era stato costretto a imporre come semplice postulato. Nel secondo articolo S. arrivò a una formulazione più generale della meccanica ondulatoria seguendo un percorso diverso. Egli risalì ai lavori ottocenteschi sulle relazioni matematiche tra le leggi dell'ottica geometrica e quelle dell'ottica ondulatoria di W. R. Hamilton. Questi era, tra l'altro, giunto a un'equazione differenziale generale che consentiva di stabilire una analogia formale tra ottica geometrica e meccanica, una volta collegato l'indice di rifrazione di un mezzo con l'energia potenziale di un punto materiale. Per S. quest'analogia andava allora sviluppata, riuscendo a trovare una generalizzazione della meccanica che svolgesse la stessa funzione dell'ottica ondulatoria nei confronti dell'ottica geometrica. Con queste premesse, S. giunse all'equazione differenziale, oggi universalmente nota come equazione di S., che descriveva l'evoluzione della funzione d'onda Ψ, che definiva univocamente lo stato del sistema. La sua strada si poneva in netta alternativa all'impostazione algebrica della scuola di Gottinga, rappresentata da W. Heisenberg, che aveva portato alla meccanica delle matrici e che S. considerava troppo astratta e di difficile interpretazione fisica. Tuttavia, il problema poteva essere superato, dal momento che S. stesso fu in grado di chiarire che, dal punto di vista matematico, il suo approccio era equivalente a quello dei fisici di Gottinga. Egli mise infatti in risalto come le particolari regole di commutazione per le coordinate generalizzate q e p (ossia le coordinate di posizione e di impulso), introdotte da Heisenberg, corrispondessero a quelle valide per gli operatori differenziali lineari che comparivano nella sua trattazione. L'equivalenza matematica tra meccanica delle matrici e meccanica ondulatoria avrebbe quindi fornito la base per la formulazione coerente di una nuova teoria, la meccanica quantistica. Nei due articoli successivi S. approfondì i suoi risultati, in particolare con lo sviluppo di una nuova teoria delle perturbazioni. Ovviamente si poneva il problema del significato fisico della funzione d'onda. Nel suo primo articolo, S. pensava che Ψ fosse l'ampiezza di una perturbazione ondulatoria nell'ordinario spazio tridimensionale, il cui modulo quadro ΨΨ* corrispondeva a una densità di carica elettrica. Ma la difficoltà di tale visualizzazione era che essa non poteva valere per un sistema di due o più elettroni (ossia con più di tre gradi di libertà). Com'è noto, fu M. Born a introdurre nel 1927 l'interpretazione probabilistica della Ψ che poi sarebbe divenuta quella ortodossa. Ma S. non avrebbe mai accettato questo punto di vista e avrebbe continuato a credere che la funzione d'onda si riferiva a qualcosa di materiale. Ingegnosi furono i suoi tentativi di mettere in evidenza i paradossi a cui l'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica portava. Il più famoso è quello comunemente chiamato paradosso del gatto, ancora oggi ampiamente discusso nella critica dei fondamenti della meccanica quantistica. Il gatto è chiuso in una scatola che isola perfettamente dall'ambiente tutto quello che c'è al suo interno. Dentro la scatola oltre al gatto è presente un'ampolla, contenente gas tossico, che può essere rotta dall'urto di un martello, azionato da una cellula fotoelettrica; questa, a sua volta, è attivata da una sorgente laser attraverso uno specchio semitrasparente, avente la probabilità del 50% di riflettere verso la fotocellula il fotone emesso. Secondo la descrizione quantistica, dopo l'emissione del fotone e prima di aprire la scatola, il gatto si trova nella sovrapposizione dei due stati "gatto vivo" e "gatto morto", ciascuno dei quali ha la stessa probabilità di presentarsi. Solo aprendo la scatola, troveremo il gatto o vivo o morto, ovvero la funzione d'onda che descrive lo stato del gatto collasserà in uno dei due stati della sovrapposizione. S. si chiede se sia ammissibile il fatto che la descrizione quantistica non riesca a fare altro che descrivere lo stato di un sistema come il gatto (che è addirittura un sistema macroscopico e che, verosimilmente, in ogni istante o è vivo o è morto) solo in maniera probabilistica, almeno fino a quando non si decide di effettuare un'osservazione. Nel 1927, S. fu chiamato a Berlino per occupare la cattedra di fisica teorica che era stata di M. Planck e contemporaneamente venne nominato membro dell'Accademia prussiana delle scienze. Tuttavia, nel 1933, con l'avvento del nazismo, anche S. fu costretto a emigrare. Appena arrivò a Oxford, gli fu comunicata l'assegnazione del premio Nobel conferitogli insieme a Paul A. M. Dirac (che nel 1928 aveva generalizzato relativisticamente l'equazione di S.). Nel 1936, S. tornò in Austria e fu colto impreparato dall'Anschluss. Fortunatamente riuscì di nuovo a espatriare e a ritornare in Inghilterra. Ma anche qui, dopo la dichiarazione di guerra contro la Germania, si trovò in difficoltà come immigrato tedesco. Finalmente, nell'ottobre del 1939, riuscì a raggiungere Dublino dove trovò una sistemazione presso l'Institute for advanced studies. Qui soggiornò serenamente per più di un quindicennio, occupandosi di diversi aspetti della nuova fisica teorica e, in particolare, di problemi di relatività generale. Il suo interesse si spostò sempre di più verso questioni di critica dei fondamenti e di filosofia della fisica. Il suo saggio What is life? (1944; trad. it. 1974), in cui veniva posto per la prima volta in forma chiara il problema delle basi fisiche dell'esistenza della vita, ebbe molta influenza anche sullo sviluppo della nascente biologia molecolare. Tornò definitivamente a Vienna solo nel 1956 come professore emerito di quella università. Nel 1954 aveva pubblicato Nature and Greeks, un acuto studio sulla storia della scienza e della filosofia greca. Il suo più maturo pensiero filosofico è esposto in Meine Weltansicht, comparso postumo nel 1961. Scrisse inoltre numerose memorie di ottica fisiologica, di termodinamica, di relatività. Fu socio delle maggiori accademie e società scientifiche, tra le quali la Pontificia accademia delle scienze (1936) e l'Accademia dei Lincei (1947).

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