Esilio

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Pena limitativa della libertà personale, consistente nell’allontanamento del cittadino dalla sua patria.

Nell’antica Roma, exsilium indicò originariamente il volontario allontanamento dalla città con relativa rinuncia alla comunione giuridica già goduta di fronte ai cittadini; divenuto solo più tardi una pena, prese addirittura il luogo della pena di morte. Sotto Augusto si distinse dall’e. la deportatio ovvero relegatio, fatta spesso in un’isola, che, togliendo all’esule romano la protezione dello ius civile (media capitis deminutio), assegnava al condannato un determinato soggiorno dentro la giurisdizione dei domini di Roma; era considerata, specialmente se perpetua, la più grave pena dopo quella di morte. Nel Medioevo, l’istituto romano dell’e. s’incontrò con quello germanico del bannum, specialmente nella forma più rigorosa che faceva del bandito un diffidatus ad mortem: ciascuno poteva impunemente ucciderlo.

In età comunale, l’e. si configurò come espulsione dalla città o come una datio finium ( confino) quando, disponendosi di un territorio ampio, si ordinava al condannato di abitare in un luogo lontano da quello conteso. La prima forma fu quella che destò le critiche dei giuristi filosofi del 18° sec. e fu eliminata con le codificazioni postrivoluzionarie; mentre, nella seconda forma, l’e. fu spesso conservato.

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