ESISTENZIALISMO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

ESISTENZIALISMO

Nicola ABBAGNANO

. Si designano con questo termine gli indirizzi del pensiero contemporaneo che intendono la filosofia come analisi dell'esistenza, cioè del modo d'essere specifico, originale e proprio dell'uomo. Poiché il modo d'essere dell'uomo è essenzialmente definito dal rapporto con l'essere (comunità, mondo, Dio), l'analisi dell'esistenza è sempre essenzialmente analisi di queste realtà, ma solo nei limiti di questo rapporto e nelle modalità in cui esso è possibile. Per questa impostazione, da un lato le discipline filosofiche si modificano radicalmente in quanto il loro oggetto, quale che sia, viene sempre considerato in riferimento all'uomo e come il termine di un rapporto possibile dell'uomo con esso; dall'altro lato, ogni chiarimento da esse raggiunto intorno ad un oggetto qualsiasi diventa immediatamente un chiarimento intorno a quel rapporto ed entra a costituire l'esistenza. La filosofia cessa di essere una disciplina contemplativa e disinteressata (secondo il modello delle scienze fisico-matematiche) e diventa impegnativa e interessata, perché si realizza come la ricerca che l'uomo fa dell'essere che gli è proprio nei rapporti che lo costituiscono. Filosofare significa chiarire e determinare, e con ciò costituire i rapporti dell'uomo con la realtà, e, poiché tali rapporti sono l'esistenza, significa esistere. La connessione strettissima tra il filosofare (in senso lato) e l'esistere è il tratto saliente dell'esistenzialismo.

Storicamente, le scaturigini prossime dell'esistenzialismo contemporaneo vanno ricercate in E. Kant e S. Kierkegaard. Questi filosofi gli hanno infatti fornito la categoria fondamentale di cui esso si avvale per l'interpretazione dell'esistenza, quella della possibilità. Come rapporto con l'essere, l'esistenza non è l'essere (nel senso proprio in cui il termine viene, peres., riferito a Dio); perciò non è necessità, ma possibilità, di essere, e quindi anche, nello stesso tempo, di non-essere. Tutte le determinazioni singole e individuate dell'esistenza (che non è mai considerabile genericamente e in abstracto), come pure le realtà o i termini che si pongono e si rivelano nel rapporto esistenziale, non sono altro che individuate e singole possibilità, alle quali è sempre inseparabilmente connessa la possibilità del proprio non-essere. Ora la possibilità nel suo senso positivo, cioè condizionante e fondante, è l'a priori che Kant ha ritenuto come la condizione e il fondamento di tutti i poteri umani (teoretici, pratici, sentimentali) e delle realtà o dei valori correlativi. E nel suo senso negativo, cioè come non-essere possibile di tutto ciò che è possibile, la possibilità ha trovato la sua analisi nell'opera di Kierkegaard, il quale ha messo in luce il senso angoscioso e paralizzante implicito nel possibile come tale. A Kant e a Kierkegaard si rifanno quindi implicitamente o esplicitamente i filosofi contemporanei dell'esistenza, che accentuano l'importanza dell'uno o dell'altro capostipite, a seconda dell'accentuazione che ricevono nelle loro dottrine l'aspetto positivo o l'aspetto negativo delle possibilità esistenziali.

Come interpretazione dell'esistenza in termini di possibilità, l'esistenzialismo mette in luce la problematicità, cioè l'instabilità e la finitudine, della realtà umana; e in ciò si collega con le altre correnti rappresentative del pensiero contemporaneo, il pragmatismo anglo-americano (specialmente di J. Deney), e il positivismo logico (che può dirsi una riduzione della scienza al suo significato problematico). Gli indirizzi dell'esistenzialismo si diversificano tra loro nell'atteggiamento che assumono di fronte al problema del valore delle possibilità esistenziali e di un possibile criterio di scelta. Quattro sono gli indirizzi fondamentali, che si possono brevemente riassumere come segue: 1) Si possono considerare equivalenti tutte le possibilità umane meno una: quella che esprime ed assomma la nullità possibile di tutte e ciascuna le possibilità singole, la possibilità della morte. In tal caso, di fronte all'indifferenza di tutte le altre scelte possibili, ciò che l'uomo non può non scegliere è per l'appunto quest'unica possibilità privilegiata, che egli attualizza e fa presente incessantemente a sé stesso con l'angoscia. Tale è l'esistenzialismo di M. Heidegger. 2) Si può riconoscere che tutte le possibilità si equivalgono per la loro comune impossibilità di esser più che possibilità, cioè d'identificarsi con l'essere che è al di là di esse, con la trascendenza. In tal caso, l'unica vera scelta è quella che si rivolge a questa impossibilità costitutiva e mette capo allo scacco della possibilità scelta. Tale è l'esistenzialismo di C. Jaspers. Esso è simmetrico e opposto a quello di Heidegger, ma porta alla stessa conclusione. L'impossibilità di essere più che nulla e l'impossibilìtà di essere l'essere riducono entrambe le possibilità esistenziali al loro opposto, ad una necessità negativa. 3) Si può riconoscere l'equivalenza pura e semplice delle possibilità esistenziali sul fondamento della loro comune nullità possibile, e si può ritenere quindi ogni scelta giustificata ed equivalente all'altra come frutto di una pura libertà d'indifferenza. In tal caso, tutti gli atteggiamenti umani si giustificano in quanto sono assunti o possono essere assunti in linea di fatto. Tale è l'esistenzialismo di J.-P. Sartre. 4) Si può riconoscere che il criterio di scelta e valutazione delle possibilità esistenziali consista proprio nel loro essere di possibilità, cioè nella possibilità trascendentale (possibilità della possibilità). In tal caso è giustificata solo la scelta che una volta effettuata non si neghi o capovolga nell'impossibilità di sé stessa, ma consolidi e garantisca a sé stessa la sua propria possibilità. Tale è l'esistenzialismo di N. Abbagnano, secondo il quale, mentre le altre prime impostazioni riducono la libertà umana alla necessità (Heidegger, Jaspers) o all'indifferenza (Sartre), l'ultima rende possibile intendere la normatività costitutiva dell'esistenza e i valori che le si riferiscono, quindi la struttura del mondo umano (religione, scienza, ecc.).

Accanto a queste forme propriamente filosofiche dell'esistenzialismo, vi sono quelle religiose che possono dirsi rappresentate da K. Barth e G. Marcel. Il Barth rinnova nei temi della speculazione esistenziale la teologia negativa della tradizione protestante: l'unico rapporto autentico con Dio è il riconoscimento dell'impossibilità di qualsiasi rapporto e l'accettazione della fede come un dono soprannaturale e inspiegabile. Il Marcel si pone invece nel punto di vista di un cattolicesimo misticheggiante: il rapporto dell'uomo con l'essere è un mistero, che non si può chiarire ma solo esperimentare e vivere nell'esperienza mistica.

Per i riflessi che l'esistenzialismo ha avuto nelle varie letterature, v. le voci rispettive, in questa App.

Bibl.: Per le opere di M. Heidegger, K. Jaspers e K. Barth, v. le singole voci, in questa App.; N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, Torino 1939; id., Filosofia religione scienza, ivi 1947; id., Introduzione all'esistenzialismo, 3ª ed., ivi 1948; id., Esistenzialismo positivo, ivi 1948; J.-P. Sartre, L'être et le néant, 3ª ed., Parigi 1947; id., L'existentialisme est un humanisme, ivi 1946; G. Marcel, Journal métaphysique, Parigi 1927 (trad. ital., Modena 1943); id., Être et avoir, ivi 1935; id., Du refus à l'invocation, ivi 1939. Inoltre: L. Pareyson, La filosofia dell'esistenza e K. Jaspers, Napoli 1940; id., Studi sull'esistenzialismo, Firenze 1942; G. De Ruggiero, L'esistenzialismo, Bari 1943; P. Chiodi, L'esistenzialismo di Heidegger, Torino 1947; A. Vedaldi, Esistenzialismo, Verona 1947; id., Essere gli altri, Torino 1948. Un prospetto degli scritti italiani è in Archivio di Filosofia, 1946, p. 171 segg.

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