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ETIOPIA

di Paolo Migliorini, Emma Ansovini - Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)
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Etiopia

Paolo Migliorini
Emma Ansovini
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB etiopia 01.jpg

(XIV, p. 459; App. II, i, p. 881; III, i, p. 578; IV, i, p. 730; V, ii, p. 155)

Geografia umana ed economica

di Paolo Migliorini

Popolazione e territorio

In seguito alla secessione dell'Eritrea, che si è proclamata indipendente nel 1993, la superficie dell'E. si è ridotta a 1.130.139 km². Nel 1994 è entrata in vigore una nuova suddivisione in 9 Stati, e nel 1995 una nuova Costituzione federale. Secondo una stima del 1998, la popolazione dell'E. ammonta a 59.649.000 ab. (densità 53 ab./km²): nel periodo 1990-97 si è registrata una crescita annua di circa il 23‰. La capitale, Addìs Abebà, contava 2.316.400 ab. nel 1994.

La riorganizzazione federale del territorio etiopico è stata attuata secondo un criterio etnico: a ciascuna delle principali etnie (Tigrini, Amhara, Somali, Galla, Oromo ecc.) si è fatto corrispondere uno Stato federato. La soluzione si è presentata alla nuova classe dirigente come praticamente obbligata, e comunque rispondente alle promesse di maggiore apertura alle istanze locali di autogoverno (in più di un caso vive fin dalla costituzione del moderno Stato etiopico sul finire del 19° secolo), fatte dallo stesso gruppo dirigente attuale durante la lotta contro il precedente regime; peraltro, questo particolare riassetto ha innescato un chiaro processo centrifugo, dando luogo alla costituzione di formazioni politiche esplicitamente indipendentiste, sull'esempio dell'Eritrea, come è accaduto nelle regioni meridionali popolate dagli Oromo (v. oltre: Storia).

La strutturazione del territorio etiopico è ancora largamente insoddisfacente (nonostante i recenti e cospicui investimenti, per es. nella rete stradale) e il livello di reciproca integrazione delle varie regioni è molto debole: sta di fatto che la politica territoriale messa in pratica diverge in maniera considerevole dalla lettera della nuova Costituzione, risultando tuttora fortemente accentrata. Sul piano sociale, l'accentramento si esplica attraverso un'evidente tendenza al controllo e alla repressione delle spinte autonomiste.

La sostanziale preminenza politica e militare della componente tigrina ha messo in allarme gli altri gruppi etnici, a cominciare dagli Amhara, che hanno perso la loro tradizionale netta supremazia, e dalle popolazioni islamiche, che hanno visto deluse molte delle loro aspettative. L'insieme di queste condizioni, con gli effetti combinati delle distruzioni belliche e delle ripetute recenti carestie, ha prodotto tensioni particolarmente avvertite nelle regioni periferiche e consistenti flussi di migranti, specialmente verso le principali città.

Anche il ruolo geopolitico dell'E. è mutato sensibilmente con il nuovo governo, che ha tentato di assumere posizioni di mediazione nell'ambito dei conflitti regionali, anche per evitare che dai paesi confinanti giungessero aiuti alle formazioni separatiste. Tuttavia, a partire dal 1995, l'E. ha rinunciato all'equidistanza nel conflitto civile sudanese, prendendo ad appoggiare esplicitamente gli indipendentisti delle regioni meridionali.

Condizioni economiche

Il reddito pro capite, a fronte di una diminuzione, in termini reali, dello 0,5% annuo nel periodo 1985-95, ha fatto registrare una netta tendenza all'aumento nel corso degli ultimi anni, ma rimane a livelli che denotano una grave debolezza dell'economia, fortemente indebitata e dipendente dagli aiuti internazionali. L'agricoltura, che ancora nel 1995 occupava poco meno del 90% della popolazione, contribuisce per oltre la metà alla formazione del prodotto interno lordo, soprattutto attraverso l'esportazione di caffè (61,6% degli introiti delle esportazioni nel 1991). Nel 1995 il governo ha varato un programma quinquennale che tende a rendere l'E. autosufficiente nel campo della produzione alimentare e che, dopo gli ottimi raccolti del 1996 e del 1997, sembra destinato al successo. Ma la produzione agricola, base dell'economia nazionale, continua a essere esposta ai pericoli delle ricorrenti catastrofiche siccità, come quelle che hanno colpito il paese negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta.

Le industrie manifatturiere impiegano una frazione irrilevante delle forze di lavoro, e rimangono prevalentemente circoscritte ai comparti alimentare e tessile. È allo studio la valorizzazione di un giacimento di gas naturale nell'Ogaden, tramite la costruzione sul posto di un impianto per la liquefazione del gas. La produzione di energia elettrica può contare su una potenza installata di oltre 460.000 kW, di cui 372.000 idrici (1995) e 30.000 geotermici; nel 1995 il governo ha annunciato un piano di sviluppo del considerevole potenziale geotermoelettrico, localizzato in una quindicina di campi geotermici in varie regioni del paese. Secondo il bilancio previsionale 1996-97, il 36% delle entrate è costituito dagli aiuti internazionali, che si sono intensificati dopo il 1991, da quando il governo ha varato un piano di liberalizzazione dell'economia che gli è valso l'apprezzamento delle istituzioni finanziarie internazionali. In particolare la Banca mondiale ha accordato un consistente aiuto per il periodo 1997-2000, destinato a finanziare progetti nel campo dell'istruzione, della sanità e della sicurezza alimentare.

bibliografia

Beyond conflict in the Horn: prospects for peace, recovery and development in Ethiopia, Somalia, Eritrea and the Sudan, ed. M. Doornbos, L. Cliffe, Trenton (N.J.) 1992.

Ethiopia: a country study, ed. I. Kaplan, H.D. Nelson, Baton Rouge (La.) 1993.

R. Lee, G. Zawdie, Population growth, environmental stress and innovation in Ethiopian peasant agriculture, in Science, Technology and development, 1997, 1, pp. 104-26.

J. Joung, Regionalism and democracy in Ethiopia, in Third world quarterly, 1998, 2, pp. 191-204.

Storia

di Emma Ansovini

Nel secondo dopoguerra la storia dell'E. è stata caratterizzata da una permanente tensione, sfociata spesso in conflitto aperto, tra i diversi gruppi etnico-linguistici che compongono la realtà del paese. Infatti, sia dapprima il regime monarchico di Ḫāyla Sellāsē sia, a partire da metà degli anni Settanta, quello a partito unico di ispirazione marxista-leninista di Mangestù, nonostante gli interventi repressivi da un lato e i modesti tentativi di cooptazione, non erano riusciti a costruire un senso unitario di identità nazionale; al contrario, l'intreccio tra rivendicazioni etniche e aspirazioni democratiche costituiva un elemento permanente di crisi e di scontri.

Se il più rilevante di tali conflitti era rappresentato dalla lotta ingaggiata dagli Eritrei per l'indipendenza (un conflitto che, attraversando la storia del paese per trent'anni, si era concluso solo all'inizio degli anni Novanta), profonde divisioni caratterizzavano anche gli altri gruppi di popolazione, diversi etnicamente e culturalmente, come gli Amhara, i Tigrini, i Somali, gli Oromo, gli Afar, spesso organizzati in differenti movimenti armati. Né l'avvento al potere (maggio 1991) di un movimento a prevalenza tigrina, ma derivante dalla fusione di vari gruppi - il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico (FDRPE), che, in un quadro di reciproco sostegno con il Fronte popolare di liberazione dell'Eritrea, portava al superamento della questione eritrea - riusciva, almeno inizialmente, a imporre la fine delle rivalità e degli scontri interni. Alla complessità e al radicamento delle divisioni andavano probabilmente imputate anche le difficoltà dell'E. ad affrontare un sostanziale processo di democratizzazione, che stentava, ancora a metà degli anni Novanta, a trovare forme istituzionali adeguate e reale consenso popolare.

Le elezioni regionali del giugno 1992, svoltesi a un anno dalla nomina di Meles Zenawi, leader del FDRPE, a capo provvisorio dello Stato e del governo, costituirono una tappa importante nella costruzione di una struttura statale decentrata, vista come base di una possibile convivenza pacifica tra i diversi gruppi etnici, ma rivelarono anche l'estrema contraddittorietà della situazione. Infatti le elezioni furono boicottate dal Fronte di liberazione degli Oromo, che pure aveva partecipato alla costituzione del governo provvisorio, ma che, non sentendosi garantito nella campagna elettorale, intensificò il conflitto armato, mai del tutto abbandonato, nelle zone meridionali e orientali. La consultazione elettorale incontrò inoltre difficoltà di svolgimento nelle regioni abitate dai Somali e dagli Afar e fu contrassegnata da estese irregolarità, dovute soprattutto alla tendenza del FDRPE, nonostante le affermazioni di rispetto del pluralismo, a controllare le zone chiave del paese.

Il FDRPE, netto vincitore della consultazione, dominò anche le elezioni per l'Assemblea costituente, che, annunciate dal governo nel marzo 1993, si svolsero nel giugno 1994 anch'esse in un clima di forte tensione. Furono infatti boicottate dall'opposizione, organizzata in una coalizione comprendente oltre trenta partiti e movimenti, mentre alcuni gruppi intensificavano la lotta armata. In dicembre, i lavori dell'Assemblea si conclusero con l'approvazione di una Costituzione di tipo parlamentare che prevedeva la divisione amministrativa del paese in nove Stati, dotati di ampia autonomia, e con la nascita della Repubblica democratica federale di Etiopia. Il panorama politico non subì sostanziali mutamenti neanche nelle consultazioni per il Parlamento federale e per quello dei singoli Stati, che si svolsero nel maggio 1995 e registrarono, boicottate dalle opposizioni, la netta quanto artificiosa supremazia del FDRPE. Nell'agosto il nuovo Parlamento elesse alla carica di presidente della Repubblica N. Gidada, mentre Zenawi assunse la carica di primo ministro, reale detentore del potere.

La nomina di un Oromo alla più alta carica dello Stato non venne comunque interpretata come un segno di apertura dalle opposizioni. Nonostante le numerose critiche di varie agenzie internazionali riguardo al rispetto dei diritti umani, i maggiori paesi occidentali e in particolare gli Stati Uniti continuarono ad assicurare il loro sostegno al nuovo regime, anche all'interno di una più generale strategia di contenimento del Sudan e della sua presunta attività di sostegno all'integralismo islamico. Oltre che sulle riforme di carattere amministrativo, l'azione del governo si concentrò su un programma di riconversione economica, sostenuto dalle istituzioni finanziarie internazionali, volto a estendere il ruolo del mercato e a sviluppare e innovare la produzione agricola. Nonostante la siccità e la persistente dipendenza alimentare di alcune zone del paese dagli aiuti umanitari, si registrò a metà degli anni Novanta un generale miglioramento degli indici economici, per quanto non fosse possibile ancora individuare un andamento positivo consolidato.

In politica estera l'E. avviò rapporti di cooperazione economica con i due paesi confinanti, che tra l'altro potevano assicurarle l'accesso al mare, Gibuti e l'Eritrea, anche se con quest'ultima nel maggio 1998 si registrò un rapido deterioramento delle relazioni, sfociato in una serie di scontri armati e degenerato, in un clima di crescente e acceso nazionalismo da ambedue le parti, in una vera e propria guerra con impiego di armi pesanti e aviazione. Il conflitto traeva origine da un'antica questione di confine - una striscia di terra lungo il confine con il Sudan - il cui assetto era stato parzialmente definito dai trattati internazionali agli inizi del Novecento, ma sembrava alimentato anche da tensioni di ordine economico, intervenute dopo la decisione dell'Eritrea di battere una propria moneta (novembre 1997), e dalle preoccupazioni dell'E. per l'agibilità dei porti. Inutili si rivelarono i primi tentativi di mediazione compiuti dagli Stati Uniti, che con i due paesi avevano stabilito buone relazioni, e da diversi paesi africani.

bibliografia

J.W. Harbeson, The future of the Ethiopian State after Mengistu, in Current history, 1993, pp. 208-12.

S. Pausewang, The 1994 election and democracy in Ethiopia, Oslo 1994.

K. Tronvoll, O. Aadland, The process of democratisation in Ethiopia: an expression of popular participation or political resistance?, Oslo 1995.

Oromo nationalism and the Ethiopian discourse: the search for freedom and democracy, ed. A. Jalata, Lawrenceville (N.J.) 1998.

Vedi anche
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