MARCHIAFAVA, Ettore

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARCHIAFAVA, Ettore

Mario Crespi

Nacque il 3 genn. 1847 a Roma, da Francesco e da Maria Anna Vercelli. Concluso il primo ciclo di studi ("di umanità, rettorica e filosofia", che avrebbe coltivato poi anche durante i corsi universitari per il "bisogno di fare ripetizioni", dirà in Orazio e Dante), si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia della "Sapienza". Conseguita nel 1871 la laurea in medicina con il massimo dei voti e la lode (secondo il vigente ordinamento universitario, il corso consentiva, all'epoca, di laurearsi in medicina, in chirurgia o in medicina e chirurgia), prestò servizio per circa un anno come assistente medico presso l'ospedale di S. Spirito meritando l'assegnazione di una medaglia d'oro; quindi nel 1872 entrava, con la qualifica di settore, nell'istituto universitario di anatomia patologica diretto da C. Tommasi Crudeli.

L'istituto, fondato da Tommasi Crudeli nell'anno scolastico 1871-72 presso il S. Spirito, inizialmente denominato istituto fisiopatologico, sebbene di modeste dimensioni e confinato in locali in grado di ospitare solo pochi studenti, era tuttavia bene organizzato e dotato di efficienti attrezzature e strumentazioni, e, grazie al gran numero e alla varietà dei casi ricoverati ogni anno nel nosocomio, vi si potevano eseguire numerosi esami autoptici e istopatologici, così da risultare una struttura progettata in modo ottimale per lo studio dell'anatomia patologica. L'insegnamento della disciplina vi si svolgeva articolato nel corso di istituzioni di anatomia patologica, sostanzialmente costituito dalle basi teoriche dell'etiologia e della patologia generale, e in quello di esercitazioni dimostrative al tavolo anatomico e al microscopio. Qui il giovane M. eseguì e pubblicò le prime interessanti osservazioni: Di una adesione ossea dei due mascellari a sinistra, in Riv. clinica di Bologna, s. 2, III (1873), pp. 149 s.; Di un cancro primitivo del polmone a cellule cilindriche con riproduzione nel cervello e nell'osso frontale, ibid., pp. 150-153.

Incaricato delle esercitazioni pratiche di anatomia patologica nell'anno accademico 1873-74, il M. presso l'istituto di Tommasi Crudeli si avviava di fatto anche alla carriera accademica. Nel 1875 effettuò un viaggio di studio a Strasburgo, ove fu ospite dell'Istituto anatomopatologico diretto da F.D. Recklinghausen: completata così la propria preparazione con un vasto corredo di cognizioni teoriche e tecniche soprattutto nel settore della nascente scienza batteriologica e in quello dell'istologia patologica - disciplina allora in rigoglioso sviluppo -, di ritorno a Roma avviò una serie di ricerche anatomopatologiche che lo imposero presto all'attenzione della comunità scientifica. Conseguita la libera docenza nel 1877, nominato assistente nel 1879-80, in questo stesso anno accademico e nel successivo ottenne nuovamente l'incarico delle esercitazioni di anatomia patologica. Nel 1881 si recò ancora in Germania, presso il laboratorio del Gesundheitsamt di Berlino diretto da R. Koch. Fu quindi nominato professore straordinario di istologia patologica nel 1881-82 e di anatomia patologica nel 1882-83, succedendo così nell'insegnamento della disciplina a Tommasi Crudeli, che aveva allora assunto la direzione della cattedra romana di igiene sperimentale. Dal 1880-81, intanto, l'istituto, con gli altri laboratori e "stabilimenti scientifici" universitari, era stato trasferito nella nuova sede al n. 92 di via delle Quattro Fontane: qui il M. cominciò a impartire le lezioni di istituzioni di anatomia patologica, mentre nella vecchia sede del S. Spirito avrebbe seguitato a svolgere il corso di anatomia patologica dimostrativa fino al 1905, quando fu disponibile la nuova sala incisoria del Policlinico Umberto I.

Fine osservatore e studioso attento, il M. approfondì in modo mirabile numerosi argomenti di anatomia patologica. Dal suo severo impegno al tavolo anatomico e al microscopio originarono numerosi lavori che cominciò a pubblicare non appena tornato da Strasburgo, tra i più significativi dei quali si ricordano: la dimostrazione del coinvolgimento delle arterie e delle vene di medio e piccolo calibro, con fenomeni endoangioitici esitanti nell'occlusione vasale, nel corso dei processi flogistici interstiziali, specialmente in quelli di natura tubercolare (Della angioite obliterante nelle infiammazioni interstiziali ed in ispecie nella tubercolosi, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 2, III [1875-76], 2, pp. 475-480); l'analisi di un caso di verruca pigmentaria, che gli consentì di dimostrare che il pigmento patologico origina dal sangue in seguito alla conversione dell'emoglobina (Sopra un caso di verruca pigmentaria multipla ereditaria, in Atti dell'Acc. medica di Roma, I [1875-76], 1, pp. 178-186); la segnalazione di una particolare forma di glomerulite produttiva sostenuta dalla proliferazione epiteliale in corrispondenza della superficie del glomerulo e della parte interna della capsula del Bowmann, caratteristica della complicanza renale della scarlattina, che K. Herxheimer avrebbe nuovamente descritto molti anni più tardi (Della glomerulonefrite scarlattinosa: studi clinici ed istologici, ibid., 2, pp. 198-211, in collab. con A. Valenti); i primi studi sulla anatomia patologica della malaria, della quale era ancora ignota l'etiologia, con la dettagliata illustrazione di una vasta gamma di lesioni costituenti reperti caratteristici dell'infezione (Contribuzione all'anatomia patologica della infezione palustre, ibid., III [1877], 1, pp. 65-76; L'ulcera perforante dello stomaco e la degenerazione amiloide dei vasi, ibid., pp. 114-119; La leucoemia e la pachimeningite emorragica nella infezione da malaria, ibid., V [1880], 3, pp. 78-86; in collab. con G. Guboni Nuovi studi sulla natura della malaria, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 3, IX [1880-81], pp. 31-44, e, in trad. tedesca, in Archiv für experimentelle Pathologie und Pharmakologie, XIII [1880-81], pp. 265-280; Sull'anatomia patologica della infezione da malaria, in Bull. della R. Accademia medica di Roma, VII [1881], pp. 15-28, in collab. con O. Ferraresi) e soprattutto con l'importante dimostrazione che il pigmento malarico, di cui la presenza nel sangue circolante e l'accumulo negli organi interni costituiscono la assoluta peculiarità della malattia, contrariamente a quanto sostenuto da altri autorevoli studiosi - tra i quali L.-F.-A. Heschl e R. Virchow - origina sotto forma di masserelle nere all'interno dei globuli rossi per graduale trasformazione dell'emoglobina (Sulle lesioni anatomiche nella infezione palustre, in Commentario clinico di Pisa, II [1878], pp. 486-490, lavoro questo al quale stranamente il M., i suoi biografi e quanti a vario titolo si sono occupati dell'argomento fecero poi costantemente riferimento con l'errata citazione Sulla genesi della melanemia, in Commentario clinico di Pisa, III [1879]: si veda, in proposito, S. Arieti - M. Crespi, E. M. e la sua scoperta dell'origine del pigmento malarico: un enigmatico riferimento bibliografico, in Riv. di storia della medicina, 2006, n. unico); l'illustrazione delle lesioni anatomiche indotte dall'infezione luetica nei vasi cerebrali (Sulla sifilide delle arterie cerebrali, in Atti dell'Acc. medica di Roma, III [1877], 2, pp. 101-138), nel cuore (Osservazioni sulla sifilide del cuore, in Bull. della R. Accademia medica di Roma, VII [1881], 1, pp. 115-130) e nei reni (Sopra alcune alterazioni dei reni nella sifilide ereditaria, in Arch. per le scienze mediche, VIII [1884], pp. 359-364), e la prima segnalazione della possibile etiologia micotica dell'endocardite ulcerosa (Sopra un caso di endocardite micotica, in Bull. della R. Accademia medica di Roma, VI [1880-81], 4, pp. 11-17); la rassegna dei progressi registrati nell'etiopatogenesi e nella clinica delle malattie infettive (Dei recenti studi sulla natura delle malattie d'infezione e loro applicazione alla terapia, in Collezione italiana di letture sulla medicina, s. 1, 1881, vol. 3, pp. 65-116).

Il M. nel 1885-86 divenne ordinario, e per il successivo anno accademico, a seguito del collocamento a riposo di Tommasi Crudeli, fu anche incaricato come professore straordinario dell'insegnamento dell'igiene sperimentale. Assunta la titolarità della cattedra di anatomia patologica, egli inaugurò il metodo di insegnamento della disciplina fondato sull'indirizzo positivo che volle definire "di osservazione anatomica": di ogni caso presentato, infatti, accompagnava la accurata descrizione dei reperti acquisiti al tavolo anatomico con l'esposizione della storia clinica, così che sintomi e segni obiettivi delle varie forme morbose studiate risultassero razionalmente collegabili alle anomalie fisiopatologiche conseguenti alle lesioni anatomiche. Nasceva così la scuola anatomopatologica romana, che in breve tempo sarebbe divenuta celebre e alla quale si sarebbero formati ottimi medici, primari ospedalieri, illustri studiosi, tra i quali A. Bignami, A. Dionisi, G. Bompiani.

Con costante impegno il M. proseguiva la sua attività di ricercatore. Negli anni Ottanta ebbe inizio la sua collaborazione scientifica con A. Celli, allora assistente di Tommasi Crudeli presso la cattedra di igiene sperimentale, della quale avrebbe poi assunto la direzione nel 1887. Insieme i due studiosi recarono contributi di importanza fondamentale sull'etiopatogenesi e sull'anatomia patologica della malaria, all'epoca vero flagello delle campagne romane: dopo che nel 1881 C.-L.-A. Laveran aveva comunicato la scoperta di un microrganismo (da lui erroneamente ritenuto un microbo) responsabile dell'infezione, superato un primo periodo di scetticismo sull'attendibilità dell'enunciato del medico parigino, essi si convinsero della sicura validità delle sue osservazioni e avviarono una serie di ricerche i cui risultati avrebbero rappresentato autentiche pietre miliari per la conoscenza della morfologia e della biologia del plasmodio (si veda anche W.D. Foster, A history of parasitology, Edinburgh-London 1965, pp. 163, 184).

Le loro osservazioni, che segnarono di fatto l'inizio della scienza malariologica, fornirono documentate e preziosissime informazioni: la natura protozoaria dell'agente responsabile della malattia; la sua sede e il suo sviluppo nell'interno dei globuli rossi, dalle giovanissime forme ameboidi apigmentate dotate di vivaci movimenti, che si accrescono trasformando in pigmento l'emoglobina della quale si nutrono, alla fase di scissione e al distacco di corpiccioli figli; le relazioni delle fasi del suo ciclo vitale con gli accessi febbrili; la liberazione nel sangue circolante, in seguito alla rottura dei globuli rossi, dei residui citoplasmatici del plasmodio contenenti il prodotto finale della digestione dell'emoglobina (le masserelle di pigmento descritte dal M. nel 1878) e il loro accumulo negli organi interni (Sulle alterazioni dei globuli rossi nella infezione da malaria e sulla genesi della melanemia, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Memorie, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 3, XVIII [1882-83], pp. 381-401; Weitere Untersuchungen über die Malariainfektion, in Fortschritte der Medizin, III [1885], pp. 787-806; Nuove ricerche sulla infezione malarica, in Arch. per le scienze mediche, IX [1885-86], pp. 311-340; Studi ulteriori sulla infezione malarica, ibid., X [1886-87], pp. 185-211; Sulla infezione malarica, in Atti della R. Acc. medica di Roma, s. 2, III [1886-87], pp. 277-294 e in Arch. per le scienze mediche, XII [1888], pp. 153-189). Alle perplessità manifestate da A. Mosso, condivise da E. Maragliano, sul reale significato delle formazioni endoglobulari da loro descritte, che egli riteneva invece dovute a fenomeni degenerativi eritrocitari, replicarono fornendo la dimostrazione sperimentale della validità delle proprie osservazioni (Sui rapporti fra le alterazioni del sangue di cane introdotto nel cavo peritoneale degli uccelli, e quelle del sangue dell'uomo nell'infezione malarica, in Bull. della R. Acc. medica di Roma, XIII [1886-87], pp. 417-424).

Tra il 1885 e il 1886, intanto, C. Golgi distingueva nettamente due forme di malaria, la terzana benigna e la quartana, identificandone gli agenti etiologici in due differenti specie di plasmodio, rispettivamente P. vivax e P. malariae (v. Golgi, Camillo, in Diz. biografico degli Italiani, LVII, Roma 2001, s.v.). Il M. e Celli studiarono attentamente i risultati delle osservazioni di Golgi e confrontandoli con i propri reperti poterono giungere alla nuova, fondamentale dimostrazione dell'esistenza di un terzo tipo di infezione malarica, incidente in Roma, e soprattutto nell'Agro pontino, nei mesi estivi e autunnali, la terzana maligna o febbre estivo-autunnale, della quale descrissero le caratteristiche cliniche e anatomo-istopatologiche, precisando quelle biologiche e morfologiche del plasmodio che ne è l'agente etiologico, P. falciparum: maggiore gravità, frequente esito in forma perniciosa comatosa, andamento irregolare degli accessi febbrili spesso a ricorrenza quotidiana; piccole dimensioni delle forme giovanili anulari reperibili nel sangue circolante, peculiare forma semilunare dei gameti adulti, loro sviluppo e divisione nei vasi di alcuni organi interni, loro tendenza ad accumularsi nei vasi cerebrali (Sulle febbri malariche… nell'estate e nell'autunno in Roma, in Atti della R. Acc. medica di Roma, s. 2, V [1890-91], pp. 181-215 e in Arch. per le scienze mediche, XIV [1890], pp. 177-218). I due studiosi esposero compiutamente i risultati delle loro ricerche sulla malaria e sul suo agente etiologico, con la dettagliata descrizione dei dati parassitologici e dei rilievi anatomopatologici, esaurientemente corredata da una vasta documentazione illustrativa, nella monografia Über die Parasiten des rothen Blutkörperchens, pubblicata nella raccolta - curata da R. Virchow - Internationale Beiträge zur Wissenschaftlichen Medicin, III, Berlin 1891, pp. 187-233. Successivamente sulla malaria il M. pubblicò ancora: in collaborazione con l'allievo A. Bignami, Sulle febbri malariche estivo-autunnali, in Bull. della R. Acc. medica di Roma, XVIII (1891-92), pp. 297-463, e in forma monografica (Roma 1892); Malaria, in Malaria and microrganisms, New York 1900, pp. 5-522, e La infezione malarica. Manuale per medici e studenti, Milano 1902 (2ª ed., a cura di A. Nazari, ibid. 1931); Über Malaria perniciosa, in Deutsche medizinische Wochenschrift, XXXIX (1913), pp. 1577-1581; La perniciosità nella malaria, Roma 1928; Pernicious malaria, in American Journal of hygiene, XIII (1931), pp. 1-56; Malaria, in Enc. Italiana, XXI, pp. 987-1000.

Merita di essere ricordata un'altra importante osservazione effettuata dal M. e da Celli nel periodo della loro collaborazione: il reperto nell'essudato meningeo di due casi di meningite cerebro-spinale di un diplococco, simile morfologicamente e per la localizzazione intracellulare al gonococco, che tuttavia non riuscirono a coltivare (Sopra i micrococchi della meningite cerebro-spinale, in Gazz. degli ospedali: giornale di scienze mediche, V [1884], pp. 59 s.). A seguito dell'assegnazione al microrganismo, riconosciuto poi agente specifico della meningite cerebro-spinale epidemica, del nome "meningococco di Weichselbaum", decisa dalla comunità scientifica in omaggio al patologo austriaco che accuratamente lo studiò e descrisse nel 1887, i due italiani ritennero opportuno, alcuni anni più tardi, rivendicare la priorità della loro scoperta (Zur Geschichte der Entdeckung des Micrococcus intracellularis meningitidis, in Centralblatt für Bakteriologie, Parasitenkunde und Infektionskrankheiten, XLIII [1907], pp. 141-143).

Numerosi, e tutti di indiscusso rilievo, furono i contributi recati dal M., durante l'intero suo magistero, all'anatomia patologica. In una così vasta mole di lavoro meritano una particolare considerazione tre condizioni morbose di estremo interesse, che individuò e descrisse, alle quali fu poi legato il suo nome: le alterazioni encefaliche nell'alcolismo, le complicanze della polmonite pneumococcica a lenta risoluzione, l'ittero emolitico cronico con emoglobinuria.

In una ricerca iniziata nel 1903 metteva in evidenza nell'encefalo degli alcolisti cronici l'esistenza di fenomeni degenerativi progressivamente evolventi nella guaina mielinica, fino a determinarne la scomparsa, a carico delle fibre del corpo calloso e della commissura anteriore e di quelle dei peduncoli cerebellari medi: poteva così delineare il substrato anatomopatologico di quell'ingravescente stato demenziale proprio degli alcolisti, che fu poi denominato "malattia di Marchiafava e Bignami" (Sopra un'alterazione del corpo calloso osservata in soggetti alcoolisti, in Riv. di patologia nervosa e mentale, VIII [1903], pp. 544-549, in collab. con A. Bignami; Sopra una alterazione sistematica delle vie commissurali dello encefalo nell'alcoolismo cronico, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 5, XIX [1910], 1, pp. 129-132, in collab. con A. Bignami; Über System-Degeneration der Kommissurbahnen des Gehirns bei chronischen Alkoholismus, in Monatsschrift für Psychiatrie und Neurologie, XXIX [1911], pp. 181-215, 315-334, in collab. con A. Bignami - A. Nazari; La patologia dell'alcoolismo, in Attualità medica, II [1913], pp. 889-907 e in Riv. ospedaliera, IV [1914], pp. 2-20; Sulla patologia del cervello nell'alcoolismo, in Quaderni di psichiatria, II [1915], pp. 97-110; Alcoholism, in The Alienist and Neurology, XXXVI [1915], pp. 247-252; Degeneration of brain in chronic alcoholism, in Proceedings of the Royal Society of Medicine, XXVI [1933], pp. 1151-1158; Alcoolismo, in Enc. Italiana, II, pp. 262-268; si veda anche Enc. medica italiana, I, col. 1058, s.v. Alcolismo).

A partire dagli anni Ottanta aveva incominciato a studiare i processi di polmonite lobare che mostravano una tendenza particolarmente lenta alla risoluzione, nei quali aveva potuto documentare la presenza di una singolare proliferazione connettivale endoalveolare poliposa e obliterante (Sopra due esiti rari della polmonite fibrinosa acuta, in Riv. clinica di Bologna, s. 3, II [1882], pp. 439-454 e in Bull. della R. Acc. medica di Roma, VIII [1882], pp. 45-60; Un nuovo caso d'induramento polmonale consecutivo alla polmonite fibrinosa, ibid., pp. 92-94; Note sulla infezione pneumonica, ibid., XVII [1890-91], pp. 365-377, in collab. con A. Bignami): le successive, attente osservazioni gli consentirono di dimostrare che in alcuni di questi casi, in seguito alla persistente setticemia, si associano alla primitiva affezione polmonare un'endocardite pneumococcica di tipo ulceroso localizzata sulla valvola aortica e una meningite purulenta, costituendo una sindrome peculiare che chiamò "triade metapneumonica", e che divenne subito nota come "triade di Marchiafava" (Sopra la polmonite produttiva quale esito della polmonite fibrinosa lobare, in Il Policlinico, sez. medica, XIV [1907], pp. 477-498; si veda anche Enc. medica italiana, XII, col. 608, s.v. Polmoniti).

Nel 1911 individuò una forma non ancora studiata di ittero emolitico cronico acquisito, caratterizzata da anemia emolitica cronica, emoglobinuria transitoria, emosiderinuria costante (Nuovo contributo allo studio degli itteri cronici emolitici, in Il Policlinico, sez. medica, XVIII [1911], pp. 241-254, in collab. con A. Nazari). Con accurate indagini condotte su altri casi osservati successivamente, il M. poteva dimostrare che in realtà il fenomeno più grave, costante fino all'esito letale, della malattia è rappresentato dalla eliminazione con le urine di emosiderina, onde propose di denominarla "anemia emolitica con emosiderinuria perpetua" (Anemia emolitica con emosiderinuria perpetua, ibid., XXXV [1928], pp. 109-120; XXXVIII [1931], pp. 105-115 e in Bull. e Atti della R. Acc. medica di Roma, LVII [1931], pp. 86-89). Questo particolare tipo di ittero emolitico, descritto anche da F. Micheli nel 1928, è stato poi definitivamente indicato come "malattia di Marchiafava - Micheli" (si veda anche Enc. medica italiana, V, coll. 1440-1444, s.v. Emoglobinuria).

Appena un cenno, infine, ad alcuni dei più importanti tra i numerosi contributi recati dal M. in tutti i settori dell'anatomia patologica: alla patologia cardiaca, con attenti studi sulle coronaropatie soprattutto in rapporto alla sindrome clinica di angina pectoris, per il cui trattamento preconizzò l'impiego della teobromina (Sulla sclerosi delle arterie coronarie, in Bull. della R. Acc. medica di Roma, X [1884], pp. 91-98; Obliterazione dell'istmo dell'aorta, ed endocardite ulcerosa, ibid., XI [1885], pp. 42-54, in collab. con E. Rossoni; Sulla stenosi degli orifizi delle coronarie, in Bull. della Soc. Lancisiana degli ospedali di Roma, XVII [1897], 1, pp. 276-279; Sopra la sclerosi delle arterie coronarie, in Riv. critica di clinica medica, V [1904], pp. 265-272; Intorno l'angina pectoris e specialmente in rapporto alla sua cura, in Bull. della Soc. Lancisiana degli ospedali di Roma, XXIX [1909], 2, pp. 9-18; Sulla morte improvvisa nella sifilide del cuore e dell'aorta, in Riv. ospedaliera, VI [1916], pp. 549-557 e in Malattie del cuore, I [1916-17], pp. 76-83; Sull'endocardite tubercolare e sull'endocardite a lungo decorso, in Riv. ospedaliera, VII [1917], pp. 554-562 e in Medicina nuova, IX [1918], pp. 15-20); alla patologia vascolare, con la completa documentazione delle caratteristiche macroscopiche e istologiche dell'arteriosclerosi, morfologicamente ben differenziabili da quelle indotte dalle arteriti, lucidamente esposta al congresso della Società italiana di patologia del 1908 (Sopra l'arteriosclerosi, Palermo 1909, estratto dagli Atti del congresso), e con vari lavori, in particolare con la descrizione della lesione anatomica determinata dalla localizzazione nella tunica media dell'aorta del bacillo del tifo, propria della cosiddetta malattia di Take-Jonesco, dal nome dello statista romeno che ne fu vittima (La malattia di Take-Jonesco (Aortite ulcerosa tifica), in Il Policlinico, sez. medica, XXX [1923], pp. 1-7, in collab. con A. Nazari); alla neuropatologia, con la descrizione delle alterazioni caratteristiche della corea (Contribuzione alla anatomia patologica della corea grave, in Bull. della R. Acc. medica di Roma, VI [1880-81], 3, pp. 28-32, in collab. con C. Brunelli) e la prima dimostrazione del quadro patologico della malattia di Morvan, all'epoca ritenuta una forma di corea, e attualmente inclusa tra le mioclonie (Sulla malattia di Morvan, ibid., XVII [1890-91], pp. 118-134, in collab. con A. Bignami); alla tubercolosi, con numerosi lavori (tra i quali la descrizione delle sierositi specifiche della tarda età, Sulla tubercolosi delle sierose nei vecchi, in Riv. ospedaliera, VI [1916], pp. 445-451, e delle modalità di diffusione della malattia, specialmente attraverso il dotto toracico con successiva disseminazione miliarica, Sulla diffusione della tubercolosi nell'organismo umano, in Tubercolosi, X [1918], pp. 73-77), limpidamente sintetizzati nella Prefazione, ricca di citazioni e di rinvii, scritta per La tubercolosi. Scienza e legge nella lotta contro la tubercolosi a traverso i tempi e nei diversi paesi, I, pp. V-XXXIX, edita in Roma nel 1928 a cura della Direzione generale della Sanità pubblica del ministero dell'Interno. Nel 1930 pubblicò a Torino il magistrale saggio biologico L'eredità in patologia, per la Parte generale, vol. 13, del Trattato di anatomia patologica per medici e studenti diretto da P. Foà.

Malgrado l'età avanzata, durante il conflitto mondiale il M., come maggiore generale medico assimilato, esercitò le funzioni di consulente presso l'esercito mobilitato, incaricato in particolare della organizzazione dei servizi antimalarici nelle zone di guerra. Lasciato l'insegnamento nel 1922 per limiti di età, nel 1923-24 fu nominato professore emerito di anatomia patologica. Restò tuttavia impegnato in attività scientifiche e culturali, nella politica, nella professione che, grazie alla eccellente formazione clinica, aveva sempre esercitato con successo, chiamato più volte a consulto anche al Quirinale e in Vaticano. Scrisse ancora articoli scientifici, rievocò le figure di grandi medici e, di solida cultura umanistica, apprezzò in sommo grado i classici: poco prima di morire pubblicò due saggi sul poeta latino che sopra ogni altro gustava, Alle soglie di un bimillenario. Il vino e le poesie di Orazio, in Nuova Antologia, 16 dic. 1934, pp. 540-575, e Orazio e Dante, ibid., 16 ott. 1935, pp. 505-516.

Partecipò attivamente anche alla vita pubblica. Senatore del Regno dal 1913, intervenne in assemblea con numerose relazioni, tra le quali quelle sui disegni di legge per la protezione e l'assistenza della maternità e dell'infanzia, per l'istituzione in Roma di una scuola superiore di malariologia, per la disciplina della sperimentazione animale (Modificazioni delle disposizioni che disciplinano la materia della vivisezione negli animali vertebrati a sangue caldo [mammiferi ed uccelli], in Biochimica e terapia sperimentale, XVIII [1931], pp. 92-108). Eletto nel 1914 al Consiglio comunale di Roma, fu assessore alla Sanità e all'igiene nel 1918 e nel 1919. Ancora nel 1919 partecipò, in qualità di delegato del governo italiano, alla conferenza delle Croci Rosse a Cannes. Nel 1926 ricostituì, con l'aiuto della Rockefeller Foundation, la Società italiana per gli studi della malaria, che aveva cessato ogni attività nel 1914, alla morte di Celli che l'aveva diretta; al suo nome venne poi intitolato, nel 1933, l'Istituto superiore di malariologia. Presidente del Consiglio superiore di Sanità nel 1927 e del Comitato nazionale medico del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) nel 1929, vicepresidente della Croce rossa italiana (CRI) nel 1935, fu promotore della fondazione a Roma del primo sanatorio per la cura della tubercolosi e del sanatorio antimalarico per i bambini nell'Agro romano.

Il M. morì a Roma il 23 ott. 1935.

Il M. fu inoltre direttore sanitario del dispensario antitubercolare, dell'ambulatorio scuola S. Giuseppe e consulente di numerosi istituti assistenziali. Membro di numerose accademie e società scientifiche italiane e straniere, fu insignito nel 1926 con la medaglia "Patrick Manson" della Royal Society of tropical medicine and hygiene di Londra.

Fonti e Bibl.: Numerosi furono i necrologi pubblicati nei più diffusi periodici scientifici italiani e stranieri. Lo rievocarono solennemente, delineandone la vita e l'opera e citandone le principali pubblicazioni: G. Bompiani, in Pathologica, XXVIII (1936), pp. 93-99; A. Cesaris-Demel, in Atti della R. Acc. nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 6, XXIII (1936), 1, pp. 230-249; G. Sotti, in Arch. italiano di anatomia e istologia patologica, VII (1936), pp. 207-225; G. Bastianelli, in Boll. e atti della R. Acc. medica di Roma, LXII (1936-37), pp. 119-127; Annuario della R. Università degli studi di Roma per gli a.a. dal 1871-72 al 1923-24; L'amministrazione municipale di Roma durante la guerra e dopo la guerra, Roma s.d., pp. 7, 11 s.; T. Pontano, E. M., in Riv. di malariologia, VIII (1929), pp. 713-718; N. Spano, L'Università di Roma, Roma 1935, pp. 35, 45, 177, 242, 297, 333 s.; E. De Blasi, Rievocazione di E. M. nel centenario della nascita, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti, cl. di scienze fisiche, matematiche e nat., s. 8, III (1947), 2, pp. 670-676; P.F. Russel, Italy in the history of malaria, in Riv. di parassitologia, XIII (1952), pp. 93-104; A. Pazzini, La storia della facoltà medica di Roma, Roma 1961, I, pp. 168 s., 172 s., 175, 324, 328, 362, 365 s., 410; II, p. 507; C. Castellani, M. E., in Dictionary of scientific biography, IX, New York 1974, pp. 94 s.; Enc. Italiana, XII, pp. 242 s.; App. I, p. 820.

Per la storia delle scoperte medico-biologiche sulla malaria, della lotta antimalarica, dell'istituzione di enti assistenziali, scuole, istituti si veda il saggio La malaria tra passato e presente. Storia e luoghi della malattia in Italia, a cura di G. Corbellini - L. Merzagora, Roma 1998.

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