EUFRANORE di Corinto, o Eufrànore Istmio

Enciclopedia Italiana (1932)

EUFRANORE (Εὐϕράνων, Euphranor) di Corinto, o Eufrànore Istmio

Goffredo Bendinelli

Artista greco eccezionalmente versatile e fecondo, celebrato come scultore in marmo e in bronzo di statue colossali, di rilievi e di delicati lavori di cesello, come pittore di soggetti religiosi e storici, e infine come teorico dell'arte e scrittore, avendo lasciato alcuni libri de symmetria et coloribus (Plin., Nat. Hist., XXXV, 129). Tuttavia l'alta considerazione goduta da E. ancora nell'età imperiale romana, non ha giovato a trasmetterci della sua multiforme attività testimonianze meno che vaghe e incerte, e di carattere meno che letterario.

Plinio (loc. cit., 128) fissa l'attività di E. intorno alla 104ª olimpiade (cioè al 350 a. C.). Secondo A. Furtwängler tale attività si spiegherebbe attraverso oltre un cinquantennio, dal 375 al 330 circa a. C., cioè fino ai primi anni di Alessandro Magno. La critica moderna ha voluto fare di E. uno scultore a cavaliere di due scuole e di due indirizzi artistici diversi: la scuola ateniese sotto l'influsso di Fidia e quella peloponnesiaca sotto l'influsso di Policleto. Se così fosse veramente, E. sarebbe stato un eclettico decadente, mancante d'un indirizzo proprio e non abbastanza degno della venerazione che per lunghi secoli invece ebbe a ispirare attraverso le sue opere. Oltremodo dubbio rimane l'influsso peloponnesiaco nelle opere di E., poiché il più della sua attività artistica si svolse in Atene, al punto che Plutarco lo annovera tra gli artisti ateniesi (De gloria Atheniens., 2): per cui anzi si può ritenere che Atene gli avesse conferito la cittadinanza onoraria. Il canone delle proporzioni osservato e forse bandito nei suoi scritti da E. (i corpi relativamente gracili, le teste relativamente grandi) confermerebbe la sua sostanziale originalità e indipendenza artistica.

Di E. sono ricordate, da autori diversi, numerose opere statuarie e pittoriche. Tra le prime: 1. un Alessandro-Paride, amoroso ed eroico insieme; 2. un'Atena, dedicata ai piedi del Campidoglio da Q. Lutazio Catulo; 3. un Bonus Eventus (forse una statua di Trittolemo), con pàtera, spighe e papavero; 4. una Latona con Apollo e Artemide (che si ammirava nel tempio della Concordia in Roma); 5. una sacerdotessa cliduchos (cioè con la chiave del tempio); 6. statue di Virtus e di Grecia, colossali, forse facenti gruppo; 7. statue di Alessandro e di Filippo su quadrighe; 8. una statua di Apollo Patroo nel Ceramico di Atene; 9. una statua di Efesto Zoppo; 10. una statua di donna pregante, bellissima. Di una statua di Dioniso, eseguita pure da E., rimane come testimonianza un'iscrizione metrica latina dell'Aventino (Loewy, Inschr. griech. Bildhauer, 495). A. Furtwängler e C. Robert si affaticarono nell'ardua ricostruzione dell'opera di E. scultore, sulla semplice scorta delle testimonianze letterarie. Ma è stata già dimostrata, da W. Amelung, l'insostenibilità delle ipotesi espresse e l'inverosimiglianza delle attribuzioni.

Come pittore, E. fu autore di grandi composizioni (non si sa se ad affresco o su tela) nella stoà di Zeus Eleuterio ad Atene. I soggetti figurati erano: lo scontro di cavalleria fra Ateniesi e Tebani alla battaglia di Mantinea (362 a. C., termine cronologico anche questo importante) e insieme la serie delle dodici divinità olimpiche (tra cui specialmente famoso il tipo di Poseidone); inoltre l'apoteosi di Teseo, tra le personificazioni del popolo e del governo popolare. Del famoso quadro con la battaglia di Mantinea si trovava una copia nel ginnasio di quella città. Molto apprezzato era anche un quadro di E. ad Efeso, raffigurante la pazzia simulata da Ulisse per non partecipare alla spedizione di Ilio. Il Teseo dipinto da E. veniva considerato superiore a un famoso Teseo dipinto da Parrasio (nutrito di carne il primo, di rose il secondo, dice Plinio, op. cit., 35, 129).

Con tanta ammirevole attività e tanto nome, E. non poté non costituire una scuola artistica fiorente, lasciando numerosi scolari: di questi s'illustrarono nell'esercizio della pittura Carmantide, Leonida, Antidoto, maestro quest'ultimo di Nicia di Atene (v.).

Bibl.: W. Amelung, s. v., in Theme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915, con la bibliogr. preced.; A. Reinach, Textes grecs et latins relatifs à l'hist. de la peinture (Recueil Milliet), Parigi 1921, I, p. 280 segg.; E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung d. Griechen, Monaco 1923, II, p. 749 segg.

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