EUGIPPIO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 43 (1993)

EUGIPPIO

Rajko Bratoz

Presbyter (abate) del monastero di S. Severino in castro Lucullano presso Napoli, nacque intorno al 460 o - al più tardi - intorno al 467 nel Noricum Ripense o nella Raetia Secunda, le regioni dell'antico Impero romano corrispondenti all'attuale Austria danubiana e all'attuale Baviera orientale. Ancora molto giovane, entrò a far parte della Congregazione monastica fondata e guidata nel Norico da s. Severino. Non doveva avere, allora, più di 14 anni: "ab ineunte aetate" si legge infatti a proposito del suo ingresso in religione in un passo - peraltro attestato solo da una parte della tradizione manoscritta - della lettera con cui, agli inizi del secondo decennio del sec. VI, egli accompagnò gli appunti - Indicia o Commemoratorium vitae sancti Severini - da lui inviati al diacono romano Pascasio, perché servissero a quest'ultimo come base per una biografia del santo del Norico. E. compì i primi passi nella vita di religioso sotto la guida spirituale del santo e alla luce del suo esempio. Della edificante morte del maestro, avvenuta l'8 genn. 482 nel monastero di Favianis (oggi Mauterntra Tulln e Lorch), E., giovanissimo, fu con ogni probabilità testimone oculare, come sembra doversi dedurre dalle parole con cui egli stesso nel Commemoratorium registra la data e le circostanze dell'avvenimento. Infatti nel cap. 43 dell'opuscolo egli, dopo aver riferito che il morente, esortati i monaci presenti ad unirsi a lui nel canto del salmo 150, aveva lui stesso intonato il sacro inno di ringraziamento e di lode, così prosegue: "Sexto itaque Iduum Ianuariarum die hoc versiculo nobis vix respondentibus quievit in Domino" (la variante "nostris vix respondentibus", attestata da tutta una classe della tradizione manoscritta, non indicherebbe, da parte dell'autore, la visione e la conoscenza diretta del fatto).

Nel 488, quando i Rugi, riprese le loro scorrerie, dopo la morte di s. Severino vennero gravemente sconfitti da Odoacre, questi diede l'ordine di far evacuare la regione per portarne in salvo, a Sud delle Alpi, la popolazione - "Onoulfus vero, praecepto fratris [scil. Odovacar regis] admonitus, universos iussit ad Italiam migrare Romanos", specifica E. nel cap. 44 del Commemoratorium -, e anche i monaci della comunità di Favianis, di cui era allora presbyter un certo Lucillo, si posero in cammino con gli altri profughi.

Prima di abbandonare per sempre il cenobio di Favianis, però, "duni universi per comitem Pierium compellerentur exire", Lucillo, "praemissa cum monachis vespere psalmodia", fece - a quanto riferisce E. (ibid.) - aprirela tomba di s. Severino e, trattone fuori il corpo del fondatore della congregazione, lo fece deporre "in loculo multo ante iam tempore praeparato", che venne sistemato, con la massima venerazione, in un carro solennemente addobbato, trainato da cavalli. In tal modo le spoglie mortali del santo del Norico vennero portate, "multis emensis regionibus" (o "mulsemensis [?] regionis"), in Italia.

Di sicuro E. fu testimone dell'esumazione dei resti di s. Severino e della sua deposizione nel carro, con cui furono traslati dal cenobio di Favianis. Di sicuro partecipò, insieme con la sua comunità, all'esodo dal Norico di buona parte della popolazione romanizzata: "cunctis nobiscum provincialibus idern iter agentibus..., oppidis super ripani Danuvii derelictis", ricorda infatti egli nel Commemoratorium (cap. 44,7). Con i suoi confratelli e col sacro pegno che essi trasportavano, superò le Alpi, attraversò la pianura padana e giunse sino al "castelluni nomine Monteni Feletrem", l'odierno San Leo nella valle della Marecchia, in provincia di Pesaro e Urbino, dove lui ed i suoi compagni si fermarono. Lì, con ogni probabilità ed in data a noi ignota, morì Lucillo, il presbyter che li aveva guidati nella difficile marcia verso l'esilio.

La sosta a San Leo, anche se durò diversi anni, doveva essere stata considerata solamente provvisoria, come sembra dimostrare il fatto che le spoglie di s. Severino non ebbero per il momento una definitiva e degna collocazione. Secondo quanto afferma E., infatti, proprio perché aveva saputo che il "corpusculuni sancti in Italiam multo labore perductum et usque ad illud tempus terrae nullatenus commendatum [essel", la "illustris femina" Barbaria, una devota del santo, "litteris frequentibus" invitò il "venerabilem presbyterum nostrum Marcianum sed et cunctam congregationem" a stabilirsi presso Napoli, nel castrum Lucullanum sul monte Echia, l'odierno Pizzofalcone (Commemoratorium, cap. 46,2).

Con i suoi confratelli E. riprese la marcia verso il Sud quando, durante il pontificato di Gelasio I (1° marzo 492-21 nov. 496), il nuovo presbyter Marciano, accogliendo infine l'invito della pia Barbaria, condusse la congregazione di s. Severino sino al castrum Lucullanum, dove le dette una nuova e definitiva sede e dove le spoglie mortali del santo fondatore trovarono finalmente riposo. Riferisce infatti E. (Commemoratorium, cap. 46) che esse, col consenso del papa, nel corso di una solenne celebrazione, "Neapolitano populo exequiis reverentibus occurrente", vennero col massimo decoro deposte dal vescovo della vicina città partenopea, Vittore, in un mausoleo fatto costruire dalla stessa Barbaria.

Il nuovo cenobio divenne ben presto famoso non solo come modello di fervida vita spirituale, ma si affermò anche, grazie alla sua biblioteca e al suo scriptorium, come attivo e prestigioso centro di promozione e di irradiazione culturale.

Negli anni successivi E. passò probabilmente un certo periodo di tempo fuori dal monastero del castrum Lucullanum: come risulta infatti da quanto scrive nella Epistola ad Probam virginem, egli compose la sua opera più vasta, gli Excerpta ex operibus s. Augustini, suesortazione di un abate Marino e di altri pii confratelli. Poiché sappiamo che un abate di nome Marino resse tra il 500 ed il 510 il monastero fondato da s. Onorato nell'isola di Lerina (od. Saint-Honorat, la seconda per estensione delle Îles de Lérins, presso la Costa Azzurra, davanti a Cannes), è ipotesi plausibile che in lui sia da identificare l'omonimo abate, da cui E. fu indotto a scrivere gli Excerpta, e che presso il suo monastero, durante il suo governo, lo stesso E. si sia trattenuto per qualche tempo. Rientrato nel cenobio del castrum Lucullanum, venne eletto, probabilmente dopo la scomparsa di Marciano, presbyter della sua congregazione: nelle fonti egli appare così indicato solo a partire dal 511, anche se probabilmente aveva già assunto quella carica nel 509, quando si accingeva a scrivere il Commemoratorium vitae s. Severini, come si desume dalla parte iniziale della lettera da lui indirizzata al diacono romano Pascasio.

Resse il monastero sino alla morte, avvenuta in epoca a noi ignota, ma che deve comunque collocarsi tra il 532 ed il 543. Era infatti vivo quando il diacono e scrittore africano Ferrando gli inviò la sua Epistola dogmatica, composta subito dopo la scomparsa del suo maestro, il vescovo di Ruspe Fulgenzio, avvenuta il 1° genn. 532; ma era già morto nel 543, anno intorno a cui fu composto il De institutione divinarum litterarum, in cui Cassiodoro lo ricorda come scomparso da tempo.

Come presbyter del monastero di S. Severino nel castrum Lucullanum E. fu attivamente impegnato nel campo letterario, in quello organizzativo e nell'opera di mentore; la sua produzione ed i suoi legami sono indicativi anche delle sue scelte politiche. La produzione letteraria eugippiana comprende:

Il Commemoratorium vitae s. Severini: una biografia del maestro e modello della congregazione dall'arrivo di quest'ultimo nel Norico, press'a poco fra il 456 e il 467 (tale evento è datato dagli studiosi con scarti di circa un decennio), sino alla sua morte nel 482. La biografia è completata dalla narrazione dei drammatici eventi del 488 e del trasferimento della congregazione da Favianis al castrum Lucullanum avvenuti negli anni tra il 492 ed il 496.

È l'opera eugippiana più importànte e la principale fonte per la conoscenza della personalità di s. Severino, nonché per lo studio delle condizioni di difesa, sociali, economiche e religiose quali erano nel Norico Ripense e in parte della Rezia Seconda e del Norico Mediterraneo nel periodo in questione: condizioni determinate dal progressivo decadimento dell'autorità imperiale, specie per le sempre più frequenti invasioni e devastazioni barbariche, dai mutamenti provocati dalla presa di potere in Italia da parte di Odoacre; dalle relazioni con le genti germaniche vicine, in primo luogo con i Rugi e gli Alemanni, ma anche con gli Ostrogoti, gli Eruli e i Turingi; dal definitivo esodo di gran parte della popolazione del Norico Ripense verso l'Italia, esodo non solo dovuto a fattori politici e diplomatici e conforme ai desideri e alle previsioni di s. Severino fatte prima della sua morte, ma in ultima analisi conseguente ai rapporti fra Odoacre, Bisanzio e gli Ostrogoti, rapporti in cui i Romani del Norico Ripense e i Rugi svolsero un ruolo sostanzialmente subordinato.

Lo scritto fu portato a termine due anni dopo il consolato di Importuno (509), dunque intorno al 511, tre decenni dopo la morte di s. Severino e meno di due decenni dopo il trasferimento nel monastero di Lucullano, quando il ricordo del maestro e della vecchia patria dovevano essere relativamente affidabili. L'opera è redatta in una lingua elegante e concisa - "brevi stilo", scrive Isidoro di Siviglia - e, malgrado l'estrema modestia e la poca stima che l'autore mostra di avere nei confronti delle proprie capacità letterarie (Epist. ad Paschasium, 4; cfr. anche Epist. ad Probam virg.), è caratterizzata da un dettato che padroneggia la retorica ed i suoi vari accorgimenti stilistici (cursus, etopea, tropologia, ecc.). Nella lingua, nello stile e nella composizione è evidente un forte influsso della Bibbia. Il testo fu nell'alto Medioevo assai noto in Italia come risulta dagli Excerpta Valesiana, da Paolo Diacono, da scrittori e cronisti di area napoletana, come Giovanni Diacono che nel proemio della Translatio s. Severini parla di "vita eius [sc. Severini] et virtutes signorum, quas iam ab olim per totum orbem libellus solertissimi dispersit Eugippii". Lo fu, a partire dal sec. X, anche in Baviera e in Austria.

La questione dell'attendibilità di quest'opera quale fonte storica ed agiografica ha portato nell'ultimo ventennio a una serie di controversi giudizi circa la personalità dello stesso s. Severino.

Gli Excerpta ex operibus s. Augustini (con la lettera dedicatoria "ad Probam virginem"), pubblicati da P. Knöll in Corpus script. eccl. Lat., IX, 1, Vindobonae 1885 (nuova edizione prevista in Corpus Christ., Ser. Lat., 58), sono un'ampia compilazione di estratti dalle opere di s. Agostino. Era articolata in 338 capitoli, secondo quanto afferma Cassiodoro e secondo quanto appare nei manoscritti più antichi, ma nei manoscritti più recenti e nella citata edizione del Knöll risulta invece distribuita in 348 capitoli. L'opera fu redatta nell'intento di compendiare in un solo codice sinottico il nucleo della vastissima opera di s. Agostino onde rendere accessibile il grande pensatore anche a quanti non disponevano di ricche biblioteche, come scrive lo stesso E. nella Epistola ad Probam virginem. Tale intento fu evidentemente raggiunto, se Cassiodoro assai apprezzava gli Excerpta e li raccomandava per la lettura; se due secoli dopo li utilizzava Beda il Venerabile; e se ancora quattro secoli più tardi Notkero Balbulo ne parlava come di "utilissimurn et valde necessariuni volumen".

L'opera presenta una sintesi della vita cristiana secondo s. Agostino. Il tema più importante è quello della carità. Risultato supplementare del lavoro di compendio delle opere agostiniane può considerarsi il sommario eugippiano al commento del De genesi ad litteram dello stesso Agostino, conservatoci da tre manoscritti, rispettivamente dei secc. VI, VIII e VIII-IX, provenienti dal monastero di Lucullano.

La Regula, destinata - secondo quanto scrive Isidoro di Siviglia - ai monaci di Lucullano e conservataci da un solo manoscritto, il cod. Paris. lat. 12634E della Bibl. nationale di Parigi, proveniente dall'Italia meridionale e databile attorno al 600. Identificata in maniera definitiva appena vent'anni or sono, fu pubblicata nel 1976 da F. Villegas e da A. de Vogue in Corpus script. eccl. Lat., LXXXVII, Vindobonae 1976.

E. scrisse la Regula verso la fine della vita: Isidoro riferisce che l'aveva lasciata ai monaci "moriens quasi testamentario iure". I due editori (pp. XVI s.) la collocano negli anni fra il 530 e il 535. Dal punto di vista contenutistico, si tratta di un centone ispirato a tutta una serie di regole monastiche di origine orientale e occidentale: riporta infatti, nella versione integrale, la Regula di Agostino; 41 riassunti delle Regole di Basilio, delle Institutiones di Cassiano e le cosiddette Regula Magistri. Evidenti sono certe affinità fra la Regula di E., i suggerimenti orali e la prassi monastica dei cenobi fondati da s. Severino nel Norico; pur tuttavia è difficile giudicare il grado di dipendenza di E. dagli esempi del maestro.

Nel campo della letteratura cristiana E. fu importante anche come organizzatore e animatore. Dietro suo suggerimento Dionigi il Piccolo attorno al 526 tradusse dal greco il Περὶ κατασκευῆς ἀνθρώποι di Gregorio di Nissa con il titolo di De conditione hominis ... ad Eugippiurn presbyterum. La lettera del vescovo di Ruspe Fulgenzio indirizzata a E., che costituisce un trattato sulla carità cristiana, e i frammenti d'un opusculum "contra sermonem cuiusdam Pelagiani", pare a lui indirizzato, dimostrano che egli intratteneva amichevoli legarni con l'eminente pensatore, ecclesiastico e politico africano. Non si è potuta stabilire con precisione la data di questi scritti, ma si suppone che risalgano al secondo esilio di Fulgenzio in Sardegna (517-523 c.). La prima lettera del diacono Ferrando a E. fu stilata poco dopo la morte di Fulgenzio ed è uno scritto polemico contro l'interpretazione ariana della Persona del Cristo. Questa (c. 3) ma più ancora l'altra lettera di Ferrando mostrano che E. gli aveva inviato già prima varie lettere, brevi quanto concettualmente profonde ("... epistulae vestrae numero verborum breves sententiarum pondere maximae sunt"), andate, purtroppo, tutte perdute.

L'attività organizzatrice di E. è specialmente evidente nel monastero di Lucullano, sviluppatosi sotto la sua guida in importante centro culturale con grande biblioteca e scriptorium, come testimonia lo stesso Fulgenzio Ruspense. I codici dello scriptorium lucullanese, alcuni dei quali pervenuti sino a noi, circolavano non solo nell'Italia meridionale ma anche in Gallia e Spagna.

Di E. sono meno note l'attività e le idee politiche e politico-religiose. Mantenne stretti rapporti - le dedicò gli Excerpta - con la vergine Proba, una nobildonna imparentata con tre importanti letterati e statisti del tempo: Quinto Aurelio Simmaco, di cui era figlia; Severino Boezio, di cui era cognata (J. R. Martindale, The prosopography of the later Roman Empire, II, Cambridge 1980, p. 907); e Cassiodoro, che le si rivolge come a "parens nostra".

Considerando la vita e l'opera di E. nei primi tre decenni del sec. VI nel contesto storico del regno ostrogoto in Italia, il suo atteggiamento di aperta opposizione nei confronti dei Germani, di espressa ostilità verso gli ariani e i suoi collegamenti, mostrano una latente opposizione agli Ostrogoti ariani e alla loro politica, specie nelle cose della Chiesa. E. fu, d'altro canto, amico del diacono romano Pascasio, uno dei più eminenti seguaci del papa scismatico durante lo scisma laurenziano (498-506 c.) ed un accanito oppositore del papa Simmaco. In qualità di presbyter del monastero di Lucullano, E. venne con ogni probabilità in contatto con Romolo Augustolo, l'ultimo imperatore romano d'Occidente, deposto da Odoacre nel 476 e condannato all'esilio "in Lucullano Campaniae castello" (Marcellini comitis Chronica, a cura di Th. Mommsen, in Mon. Germ. Hist., Auct. antiq., XI, Berolini 1894, ad a. 476, p. 91). E. fu - come risulta dal cap. 20 del Commemoratorium - il primo scrittore d'Occidente a vedere negli eventi del 476 la caduta dell'Impero romano in Occidente: un punto di vista diffuso a Costantinopoli e nelle cerchie filobizantine dell'aristocrazia romana. Cassiodoro, scrivendo tra il 507 e il 511 (Variae, a cura di A. J. Fridh, in Corpus Christ., Ser. Lat., XCVI, Turnholti 1973, III, 35, p. 122), fa menzione di un certo Romolo e di sua madre che sono, forse, da identificarsi nel deposto imperatore e nella di lui genitrice. È possibile anche che la "illustris femina Barbaria", che aveva invitato la congregazione a insediarsi nel castrum Lucullanum, ove la comunità severiana aveva costruito un mausoleo per accogliervi le spoglie del santo fondatore, fosse la madre di Romolo, della quale peraltro non si sa il nome. Nel Commemoratorium E. riferisce che Barbaria e il defunto di lei marito conoscevano molto bene s. Severino, con cui - afferma - erano stati in corrispondenza, e nell'Epist. ad Paschasium riporta pure che il confidente personale di Oreste, Primenio, si rifugiò, dopo l'assassinìo di Oreste (agosto 476), presso s. Severino, nel Norico. E. può essere pertanto collocato tra i simpatizzanti di quelle forze politiche del regno ostrogoto e ariano che, pur osteggiando l'autorità di quest'ultimo, erano troppo deboli per potersene liberare senza un aiuto esterno.

E. intrattenne rapporti di amicizia col clero africano, ben più esposto alle angherie degli ariani Vandali allora dominanti nell'attuale Maglireb. In quanto presbyter del cenobìo del castrum Lucullanum non dovette certamente partecipare in prima persona ai drammatici eventi susseguitisi verso la fine del governo di Teodorico (524: uccisione di Boezio; 525: esecuzione di Simmaco; 526: imprigionamento e morte del papa Giovanni I), eventi che rappresentarono la resa dei conti con l'opposizione per cui lo stesso E. simpatizzava.

La morte colse E. verso la metà del quarto decennio del secolo, grosso modo nel periodo in cui il regno ostrogoto subì le prime gravi sconfitte nella guerra con Bisanzio (nel 536 Belisario conquistò Napoli).

Edizioni delle opere di Eugippio: le edizioni degli Excerpta sono rare, mentre la Regula è stata pubblicata una sola volta e di recente. Invece esiste una serie di edizioni, di traduzioni e di commenti del Commemoratorium con acclusa la lettera a Pascasio (Epistula ad Paschasium), la risposta di Pascasio (Paschasii epist. ad Eugippium), il sommario dei capitoli della biografia di s. Severino (Capitula), in alcune edizioni anche d'anonimo Hymnus in laudem sancti Severini di età carolingia. Per citare le edizioni più importanti: Vita sancti Severini, a cura di H. Sauppe, in Mon. Germ. Hist., Auct. ant., I, 2, Berolini 1877; Vita sancti Severini, a cura di P. Knöll, Corpus script. eccl. Lat., IX, 2, Wien 1886; Vita sancti Severini, a cura di Th. Mommsen, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germ. in usum schol., XXVI, Berolini 1898; Leben des heiligen Severin, a cura di M. Schuster, Wien 1946; Das Leben des heiligen Severin, a cura di R. Noll, in Schriften und Quellen der alten Welt, XI, Berlin 1963; The life of saint Severin, a cura di L. Bieler, in The fathers of the Church, LV, Washington 1965; Antik Tanulmányok, a cura di I. Bóna, XVI, Budapest 1969, pp. 265 ss.; Življenje sv. Severina, a cura di R. Bratož, Ljubijana 1982; Das Leben des hl. Severin, a cura di Th. Nüsslein, Bamberg 1985; Stuttgart 1986; Vie de s. Séverin, a cura di Ph. Régerat, in Sources chrétiennes, 374, Paris 1991.

Fonti e Bibl.: M. Aurelii Cassiodori De institutione divinarum litterarum, in J. P. Migne, Patrol. lat., LXX, col. 1137; Notkeri Balbuli S. Galli monachi De interpretibus DivinarumScripturarum liber, ibid., CXXXI, coll. 995, 997; S. Isidori Hispalensis episcopi De viris illustribus liber, ibid., LXXXIII, col. 1097; Pauli Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann-G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Langob. et Italic. saecc. VI-IX, I, Hannoverae 1878, libro I, cap. 19, pp. 56 s.; Ioliannis Diaconi Translatio sancti Severini, a cura di G. Waitz, ibid., capp. 1, 5, pp. 452, 455 s.; Pauli Historia Romana, a cura di H. Droysen, ibid., Script. rerum Germanic. in usum scholarum, XLIX, Berolini 1879, libro XV, cap. 8, p. 121; Excerpta Valesiana, II, 45-48, a cura di J. Moreau, Lipsiae 1968, pp. 12-14; Ferrandi diaconi Carthaginensis Epistola dogmatica adversus Arrianos aliosque hereticos, in Patrol lat., Suppl., IV, coll. 23-36; eiusdem Epistola IV: Ad Eugippium presbyterum, ibid., col. 38; Fulgentii episcopi Ruspensis Epistola ad Eugippium abbatem, in Corpus Christianorum..., Series Latina, XCI, a cura di J. Fraipont, Turnholti 1968, pp. 235-240; eiusdem Ad Eugippium presbyterum contra sermonem cuiusdam Pelagiani opuscula directa, ibid., XCI A, a cura di J. Fraipont, Turnholti 1968, pp. 870-73; Dionysii Exigui Ad Eugippium presbyterum, in Corpus Christianorum..., Series Latina, LXXXV, Scriptores Hillyrici minores, a cura di F. Gloria, Turnholti 1972, pp. 31-34; M. Bildinger, Eugippius, eine Untersuchung, in Sitzungsber. der philhist. Classe d. kaiserl. Akademie d. Wiss. in Wien LXI (1878), pp. 793-814; P. Knöll, Das Handschriftenverhältnis der Vita s. Severini des Eugippius, ibid., XCV (1879), pp. 445-498; Th. Mommsen, Eugippiana, in Hermes, XXXII (1897), pp. 454-468; XXXIII (1898), pp. 160-167; P. v. Winterfeld, Die Handschriften des Eugippius und der rhytmische Satwchluss, in Rheinisches Museum für Philologie, n. s., LVIII (1903), pp. 363-370; A. Jülicher, Eugippius, in (Paulys) Realencyclopädie d. class. Altertumswiss., VI Stuttgart 1907, coll. 988-990; Ch. Ch. Microw, Some noticeable characteristics of the style of Eugippius, in Transactions and proceedings of the American philol. Association, XLIV (1913), pp. 40-43; Id., Adverbial usage in Eugippius, in Classical philology, VIII (1913), pp. 436-444; Id., Eugippius and the closing years of the province of Noricum Ripense, ibid., X (1915), pp. 166-187; W. Bulst, Eugippius und die Legende des hl. Severin. Hagiographie und Historie, in Die Weltals Geschichte, X (1950), pp. 18-27; A. Lhotsky, Das Nachleben der Vita Severini, in Anzeiger d. Österr. Akad. d. Wiss., Phil-hist. Kl. XCI (1954), pp. 279-282; M. Pellegrino, IlCommemoratorium vitae sancti Severini, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XII (1958), pp. 1-26; H. J. Diesner, Severinus und Eugippius, in Wissenschaftliche Zeitschrift der Martin-Luther- Universität Halle-Wittenberg, Ges-Sprachwiss., VII (1958), 6, pp. 1165-1172; P. Váwy, Eugippiana, in Annales Universitatis scient. Budapest. de R. Eötvös nominatae, sect. hist., III (1961), pp. 41-58; H. Baldermann, Die Vita Severini des Eugippius, in Wiener Studien, LXXIV (1961), pp. 142-155; LXXVII (1964), pp. 162-173; M. Cappuyns, Eugippius. in Dict. Hhist. et de géogr. eccl., XV, Paris 1963, coll. 1376 ss.; A. de Vogüé, La Règle d'Eugippe retrouvée?, in Revue d'ascétique et de mystique, XLVII (1971), pp. 233-265; M. van Uytfanghe, Éléments évangéliques dans la structure et la composition de la "Vie de saint Séverin" d'Eugippius, in Sacris erudiri, XXI (1972-73), pp. 147-159; I. Bóna, Severiana, in Acta antiqua Acad. scient. Hung., XXI (1973), pp. 281-338; M. van Uytfanghe, La Bible dans la "Vie de saint Séverin" d'Eugippus, in Latomus, XXXIII (1974), pp. 324-352; A. de Vogüé, Quelques observations nouvelles sur la Règle d'Eugippe, in Benedictina, XXII (1975), pp. 31-41; R. Noll, Die Vita sancti Severini des Eugippius im Lichte der neueren Forschung, in Anzeiger d. Österr. Akad. d. Wiss., Phil-hist. KI., CXII (1975), pp. 61-75; F. Lotter, Severinus von Noricum. Legende und historische Wirklichkeit, in Monogr. zur Gesch. d. Mittelalters, XII, Stuttgart 1976, ad Indicem; E. M. Ruprechtsberger, Beobachtungen zum Stil und zur Sprache des Eugippius, in Römisches Österreich, IV (1976), pp. 227-299; A. Quacquarelli, La Vita sancti Severini E.: etopeia e sentenze, in Vetera christianorum, XIII (1976), pp. 229-253; M. van Uytfanghe, Les avatars contemporains de l'"hagiologie". A propos d'un ouvrage récent sur st. Séverin du Norique, in Francia, V (1977), pp. 639-671; G. Wirth, Anmerkungen zur Vita des Severin von Noricum, in Quaderni catanesi di studi classici e medievali, I (1979), pp. 217-266; F. Lotter, Die historischen Daten zur Endphase römischer Präsenz in Ufernorikum, in Vorträge und Forschungen, XXV (1979), pp. 27-90; R. Noll. Literatur zur Vita sancti Severini aus den Jahren 1975-1980, in Anzeiger d. Österr. Akad. d. Wiss., Phil-hist. Kl., CXVIII (1981), pp. 195-221; J. Durnmer, Eugippius iiber die Rolle der Kirche in der Übergangsepoche, in Klio, LXIII (1981), pp. 639-642; K. Rehberger, Die Handschriften der Vita s. Severini, in Severin zwischen Römerzeit und Völkerwanderung, Linz 1982, pp. 21-39; R. A. Markus, The end of the Roman Empire: A Note on Eugippius, Vita sancti Severini, 20, in Nottingham medieval studies, XXVI (1982), pp. 1 -7; M. M. Gorman, The manuscript tradition of Excerpta ex operibus sancti Augustini, in Revue bénédictine, XCII (1982), pp. 7-32, 229-265; H. Wolff, Kritische Bemerkungen zum säkularen Severin, in Ostbairische Grenzmarken, XXIV (1982), pp. 24-51; Id., Ein Konsular und hoher Reichsbeamter im Mönchsgewand?, ibid., XXV (1983), pp. 298-318; R. Bratoi, Severinus von Noricum und seine Zeit. Geschichtliche Anmerkungen, in Österr. Akad. d. Wiss., Phil-hist. Kl., Denkschriften, CLXV (1983), ad Indicem; M. M. Gorman, Eugippius and the origins of the manuscript tradition of saint Augustine's "De Genesi ad litteram", in Revue bénédictine, XCIII (1983), pp. 7-30; R. Zinnhobler, Der heilige Severin. Sein Leben und seìne Verehrung, Linz 1983, ad Indicem; H. Schmeja, Zur Latinität der Vita Sancti Severini des Eugippius, in Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft, XXII (1983), pp. 425-436; I. Weiler, Eugippius und der Untergang des Römischen Reiches, in Römisches Österreich, XI-XII (1983-1984), pp. 351-375; F. Lotter, Inlustrissimus vir oder "einfacher" Mönch? Zur Kontroverse um den heiligen Severin, in Ostbairische Grenzmarken, XXV (1983), pp. 281-297; Id., Zur Interpretation hagiographischer Quellen. Das Beispiel der "Vita Severini" des Eugippius, in Mittellateinisches Jahrbuch, XIX (1984), pp. 37-62; A. de Vogüé, Le Maître, Eugippe et saint Benoît. Recueil d'articles, in Regulae bened. studia, Suppl., XVII (1984); J. Fontaine, Les relations culturelles entre l'Italie byzantine et l'Espagne visigothique: la présence d'Eugippius dans la bibliothèque de Séville, in Estudios clásicos, XVI (1986), 2, pp. 9-26; M. Pavan, IlLucullanum e i rapporti romano-barbarici, in Hestiasis. Studi tarda antichità offerti a S. Calderone, I, Messina 1986, pp. 105-125; P. I. Fransen, D'Eugippius à Bède le Vénérable. À propos de leurs florilèges augustiniens, in Revue bénédictine, CIII (1987), pp. 187-194; W. Berschin, Livius und Eugippius. Ein Vergleich zweier Schilderungen des Alpenübergangs, in Der Altsprachliche Unterricht, XXXI (1988), 4, pp. 37-46; M. van Uytfanghe, Eugippius, in Lexikon des Mittelalters, IV (1989), coll. 85 s.; M. Pavan, Dall'Adriatico al Danubio, a cura di M. Bonamente-G. Rosada, Padova 1991, specialm. pp. 395 ss., 473 ss.; Repertoriumf ontium historiae Medii Aevii, IV, s.v.

CATEGORIE
TAG

Imperatore romano d'occidente

Provincia di pesaro e urbino

Quinto aurelio simmaco

Corpus christianorum

Isidoro di siviglia