EVAPORAZIONE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

EVAPORAZIONE

Giuseppe Liuzzo

(v. vapore, XXXIV, p. 985; App. II, II, p. 1089)

L'e. è un fenomeno fisico che consiste nel passaggio di un composto dallo stato liquido allo stato vapore. Nel linguaggio comune per e. s'intende quel processo che avviene spontaneamente in un sistema costituito da una fase liquida e da una fase aeriforme quando la seconda non sia satura dei componenti che costituiscono la prima.

Così per es. ci si riferisce all'e. per indicare il fenomeno che consente il progressivo asciugarsi di una pozza di liquido per il passaggio delle molecole che lo costituiscono allo stato vapore nell'atmosfera soprastante, o di un corpo solido bagnato, cioè ricoperto da un sottile strato di liquido, con un analogo meccanismo di trasferimento di materia. In questi casi si ha la cosiddetta e. spontanea, fenomeno relativamente lento e reso possibile dal fatto che sulla superficie di separazione tra liquido e gas è sempre presente uno strato sottile di gas saturo. In esso cioè la concentrazione e quindi la pressione parziale dei componenti che costituiscono il liquido è la più elevata possibile con riferimento alla temperatura del sistema. Quando l'atmosfera soprastante lo strato sottile saturo non è anch'essa satura, ma contiene i componenti considerati a una più bassa concentrazione, e quindi a una pressione parziale anch'essa inferiore, si verifica il fenomeno dell'evaporazione. Infatti, dato che in una fase fluida le molecole dei composti che la costituiscono migrano da zone che le contengono in concentrazione più elevata verso zone dove sono maggiormente diluite, nelle condizioni sopra considerate si stabilirà un simultaneo duplice meccanismo. Da un lato le molecole dei componenti considerati migreranno dallo strato sottile saturo verso la fase gassosa soprastante, d'altro lato un egual numero di molecole degli stessi componenti evaporeranno, lasceranno cioè la fase liquida per passare nello strato sottile, sì da consentire il mantenimento delle condizioni di saturazione.

La velocità dell'e., cioè la velocità del trasferimento di materia dalla fase liquida alla fase gassosa soprastante, è esprimibile mediante

ϕi = Kp (psipi)

dove ϕi è il flusso evaporante del generico componente i-esimo (gmoli/h m2); Kp è il coefficiente di trasferimento di materia (gmoli/h m2 atm); psi è la pressione parziale di saturazione del generico componente i-esimo (atm); pi è la pressione parziale del generico componente i-esimo nella fase gassosa (atm).

Per una determinata fase liquida la velocità di questo fenomeno è tanto maggiore quanto più elevata è la sua temperatura (e quindi la pressione parziale di saturazione, psi, di tutti i componenti), quanto minore è la pressione parziale nella fase gassosa (pi) dei componenti di cui si considera l'e. e quanto maggiore è la turbolenza della fase gassosa stessa al cui aumento cresce il coefficiente di trasferimento di materia (Kp). Così l'e. dell'acqua da un bacino idrico sarà tanto più veloce, quanto più elevata sarà la sua temperatura, quanto minore sarà l'umidità dell'aria soprastante e quanto maggiore sarà la velocità del vento.

Su questo fenomeno si basa una fase del ciclo dell'acqua nella biosfera, cioè la sua e. dalla superficie degli oceani, dei laghi e dei fiumi, cui consegue la sua condensazione nelle zone fredde dell'atmosfera (formazione delle nubi e delle nebbie) e il suo ritorno sulla superficie terrestre allo stato condensato (liquido o solido) sotto forma di pioggia, neve o grandine.

Un ordine di grandezza dell'entità di questo fenomeno è desumibile dalle rilevazioni effettuate su grandi bacini acquiferi posti in diverse regioni (v. tab.).

Sono state anche proposte diverse formule per il calcolo della velocità di e. da specchi d'acqua di grandi dimensioni. Alcune sono del tipo E = C (ewea), dove E è la velocità di e. espressa come spessore dello strato di acqua evaporata nell'unità di tempo; ew è la tensione di vapore dell'acqua alla temperatura del pelo libero; ea è la pressione parziale dell'acqua nell'aria soprastante il bacino; C è il coefficiente che dipende dalle condizioni atmosferiche e dalle unità di misura impiegate.

Altre formule si basano sulla conoscenza della temperatura (e quindi della tensione di vapore dell'acqua Ps) e della pressione barometrica media P nel periodo considerato e di coefficienti empirici validi per le diverse stagioni. Tra queste si ricorda la formula di Conti

E (mm/mese) = K Ps 760/P

con K variabile da 4,4 (in gennaio) a 6,4 (in giugno).

Le applicazioni industriali di questo tipo di e. sono estremamente limitate. Si ricorda a questo proposito quanto si verifica nelle saline, dove la produzione del sale è ottenuta dall'acqua di mare mediante la sua concentrazione per e. naturale fino al raggiungimento delle condizioni di saturazione e quindi di precipitazione del sale sotto forma solida cristallina. Analogo è il caso della dissalazione dell'acqua di mare ottenuta mediante apporto di energia solare, con la differenza consistente nella necessità di raccogliere e condensare l'acqua evaporata che, risultando priva di sali, costituisce il prodotto utile dell'operazione.

Applicazioni industriali. - L'e. è un fenomeno che interviene in molte operazioni industrialmente diffuse, quali la distillazione o l'essiccamento; tuttavia, nel linguaggio ingegneristico, per e. s'intende un'operazione finalizzata alla concentrazione di una soluzione ottenuta per separazione, mediante e., del componente o dei componenti più volatili dalla fase liquida.

Molto diffuse industrialmente sono le applicazioni dell'e. a casi in cui il componente che dev'essere separato dalla fase liquida è l'acqua e lo scopo dell'operazione è quindi quello di ottenere una soluzione acquosa concentrata a partire della soluzione più diluita. Si pensi per es. alla concentrazione di soluzioni acquose di soda caustica, o alla concentrazione delle soluzioni zuccherine per l'ottenimento dei sughi concentrati. Queste operazioni sono realizzate all'interno di apparecchiature denominate evaporatori, dove la soluzione, portata alla temperatura di ebollizione, generalmente, grazie all'apporto di calore fornito dall'esterno, rilascia acqua allo stato di vapore raggiungendo il grado di concentrazione desiderato.

Molto spesso l'apporto di calore è fornito attraverso superfici metalliche di scambio termico (tubi) in contatto, da un lato, con la soluzione da evaporare, e dall'altro lato con vapore d'acqua saturo a temperatura più elevata che, condensando (isotermicamente), trasferisce alla soluzione il calore corrispondente al passaggio di stato.

Gli evaporatori. - Gli evaporatori sono realizzabili con geometrie diverse a seconda delle applicazioni cui sono destinati. Nelle piccole installazioni sono spesso impiegati evaporatori costituiti da un serpentino o da un fascio di tubi a U immersi nella soluzione da evaporare, o ancora da un semplice recipiente incamiciato. Tali evaporatori sono di semplice costruzione e manutenzione, facilmente adattabili a marce discontinue e idonei nel caso la soluzione da trattare sia incrostante.

Alcuni evaporatori sono detti a circolazione naturale in quanto in essi i coefficienti di trasferimento di calore sono determinati dal contatto tra superficie di scambio e fluido evaporante, il cui moto è esclusivamente dovuto alla convezione o alla circolazione naturale. Tra questi possono distinguersi gli evaporatori a fascio tubiero orizzontale, quelli a corto fascio verticale e quelli a lungo fascio verticale.

Gli evaporatori a fascio tubiero orizzontale (fig. 1) sono costituiti da un fascio tubiero inserito in un mantello cilindrico ad asse o verticale (A) od orizzontale (B). Il vapore riscaldante è alimentato dentro i tubi e la soluzione da concentrare sommerge il fascio tubiero. Gli evaporatori a corto fascio verticale sono costituiti da un recipiente cilindrico ad asse verticale che alloggia nella parte inferiore un fascio di tubi corti verticali alimentati dall'esterno con il vapore riscaldante. Possono essere del tipo calandria o del tipo basket.

Nell'evaporatore del tipo calandria (fig. 1C) il fascio tubiero non occupa l'intera sezione del recipiente cilindrico ma consente di alloggiare un cilindro vuoto coassiale (discendente). In condizioni di esercizio il fascio tubiero è immerso nella soluzione da concentrare e, per effetto del calore ceduto dal vapore condensante all'esterno dei tubi, si determina una circolazione naturale per la differenza di densità esistente tra la miscela di liquido e vapore che risale all'interno dei tubi e il liquido che fluisce verso il basso nel discendente, dopo essersi separato dal vapore formatosi all'interno dei tubi, nella sezione uscita dal fascio tubiero. Negli evaporatori del tipo basket (fig. 1D) il funzionamento è del tutto analogo a quelli del tipo calandria, con l'unica differenza che il ricircolo del liquido verso il basso avviene, anziché in un discendente centrale, nello spazio cilindrico a sezione di corona circolare compreso tra il fascio tubiero e il mantello dell'evaporatore.

Gli evaporatori a lunghi tubi verticali (LTV) sono costituiti da un fascio di tubi verticali lunghi 4÷5 m e di diametro in genere compreso tra 3 e 5 cm. La soluzione da concentrare è alimentata all'interno dei tubi e attraversa il fascio dal basso verso l'alto, essendo il vapore riscaldante alimentato all'esterno del fascio tubiero. Durante il suo moto ascensionale, per effetto della vaporizzazione, va aumentando la percentuale di vapore in essa contenuta, e, in uscita della sezione terminale del fascio tubiero, la miscela bifasica s'immette in una camera di calma per la separazione liquido-vapore. Questa camera può essere disposta sopra il fascio tubiero, costituendo con esso un unico corpo (fig. 1E), o essere separata da questo (fig. 1F). Il liquido separatosi dal vapore è generalmente ricircolato alla base del fascio tubiero, dove viene mescolato con l'alimentazione esterna. La circolazione avviene grazie alla differenza tra il battente idrostatico relativo al liquido che dev'essere ricircolato e quello relativo alla miscela bifasica che risale all'interno dei tubi.

Altri evaporatori sono detti a circolazione forzata, in quanto la ricircolazione del liquido dal recipiente di separazione liquidovapore all'apparecchiatura di scambio termico viene realizzata grazie a un dispositivo di pompaggio (fig. 2A). Si ottiene così il vantaggio, rispetto alla circolazione naturale, di rendere possibile per la miscela bifasica evaporante una velocità di attraversamento del fascio tubiero più elevata e comunque indipendente dal battente naturale disponibile, che è limitato dalla lunghezza del fascio tubiero. Ne conseguono coefficienti di trasferimento di calore più elevati e quindi superfici di scambio termico più piccole.

Pure svincolato dalla lunghezza del fascio tubiero è il titolo del vapore nella miscela bifasica da questo uscente, che può essere abbassato a piacere aumentando la portata di ricircolo e che, in genere, viene mantenuto più basso di quanto non si verifichi negli evaporatori a circolazione naturale. Questo tipo di evaporatori è quindi particolarmente utilizzato per liquidi molto viscosi che, se evaporati in un'apparecchiatura a circolazione naturale, richiederebbero fasci tubieri troppo lunghi per ottenere accettabili valori del rapporto di circolazione. Sono inoltre particolarmente adatti a trattare liquidi molto sporcanti o incrostanti, dato che i depositi sulle superfici di scambio diminuiscono all'aumentare della velocità del fluido nei tubi. È bene infine osservare che con gli evaporatori a circolazione forzata, al contrario di quelli a circolazione naturale, si possono efficacemente utilizzare anche fasci tubieri orizzontali, rendendo più flessibile il progetto rispetto alle esigenze di spazio per l'alloggiamento dell'impianto (fig. 2B).

Particolari tipi di evaporatori a circolazione forzata possono essere considerati gli evaporatori a flash e quelli del tipo wiped-film.

I primi sono costituiti da un fascio tubiero e da una camera di separazione. L'alimentazione viene preriscaldata nel fascio tubiero fino quasi alla temperatura di ebollizione, a una pressione più elevata di quella della camera di separazione. In quest'ultima il calore sensibile ricevuto dall'alimentazione nel fascio tubiero si trasforma in calore latente di e., determinando una vaporizzazione (flash) di entità tanto maggiore quanto maggiore è il salto di pressione.

Nei secondi, sia orizzontali (fig. 2C), che verticali (fig. 2D), la superficie di scambio termico è costituita dal mantello dell'evaporatore che è incamiciato per consentire il flusso del fluido riscaldante. Nell'attraversamento dell'evaporatore la soluzione da concentrare si dispone a film sottile sulla parete interna del mantello per effetto della rotazione di un albero coassiale con il mantello, sul quale sono disposte alcune lame, la cui tolleranza rispetto al mantello determina lo spessore del film. Il vapore che si libera dal film liquido va a occupare la zona centrale del mantello ed è convogliato verso il bocchello di efflusso. L'agitazione meccanica, oltre a determinare elevati coefficienti di trasferimento di calore, consente di abbattere le eventuali schiume. La quantità di liquido presente all'interno dell'evaporatore (hold-up) è estremamente bassa, quindi l'apparecchiatura è consigliata quando siano richiesti bassi tempi di permanenza; inoltre, dato l'elevato rapporto tra flusso termico e hold-up di liquido, si ottengono più elevati rapporti di concentrazione rispetto a quasi tutti gli altri tipi di evaporatori.

Alcuni speciali tipi di evaporatori non prevedono superfici metalliche di scambio termico, per evitare i problemi connessi con lo sporcamento di queste superfici, rilevante quando le soluzioni da trattare abbiano un contenuto molto elevato di solidi disciolti. Tra questi si ricordano gli spray-driers e gli evaporatori a combustione sommersa.

Negli spray-driers la soluzione preriscaldata è iniettata da uno spruzzatore sotto forma di piccole gocce in una camera dove è pure immerso un gas caldo in portata sufficiente a completare la vaporizzazione. Si può usare, per la vaporizzazione, anziché il calore sensibile del gas, il calore radiante trasmesso alle goccioline dalle pareti della camera di e., mantenute ad alta temperatura. Gli evaporatori a combustione sommersa si basano sull'impiego di un gas di combustione che, gorgogliando nella soluzione, fornisce il calore necessario per la sua evaporazione.

In alcune applicazioni industriali è richiesta una concentrazione della soluzione spinta fino al raggiungimento del prodotto di solubilità per alcuni sali e alla loro conseguente cristallizzazione. Il concentrato è quindi costituito da una soluzione satura con cristalli in sospensione. Si utilizzano in questo caso evaporatori a circolazione forzata opportunamente predisposti per tener conto delle caratteristiche del concentrato. Il recipiente per la separazione liquido-vapore consente infatti il recupero dal fondo della sospensione sedimentata, che può essere, per es. in un ciclone, ulteriormente separata in una fase liquida satura, che viene ricircolata, e in una sospensione di cristalli che costituisce il prodotto. Nella parte centrale del recipiente di separazione si stratifica la soluzione satura che viene ricircolata e nella parte superiore si libera il vapore che viene condensato.

In tutte le operazioni di concentrazione, quale che sia il tipo di apparecchiatura utilizzato, si può conseguire un notevole risparmio di vapore adottando una disposizione degli evaporatori denominata a multipli effetti, nella quale il vapore prodotto da un evaporatore viene usato come mezzo riscaldante per il successivo mantenuto a pressione e, quindi, a temperatura più basse (fig. 3).

Il rendimento K di un effetto è definito come rapporto tra la portata di vapore prodotto e la portata di vapore alimentato. Il rendimento complessivo di un impianto a multipli effetti con N effetti è: K (1 − KN)/(1 − K). All'aumentare del numero degli effetti diminuisce il consumo di vapore ma aumenta la complessità e quindi il costo dell'impianto. Un'analisi ottimale che tenga conto del costo del vapore e del costo dell'impianto consente d'individuare il numero di effetti che realizza il minimo costo complessivo.

Una qualsivoglia operazione di concentrazione può essere esternamente sostenuta da energia meccanica anziché da vapore basandosi sulla soluzione impiantistica adottata nei cosiddetti evaporatori a termocompressione. Questi si realizzano comprimendo il vapore prodotto durante l'ebollizione e utilizzandolo per fornire calore al liquido che lo ha generato. Il rapporto di compressione va ottimizzato, tenendo conto che al suo aumento cresce il costo di esercizio e che, entro certi limiti, aumentando la temperatura di condensazione del vapore compresso diminuisce la superficie di scambio termico.

Bibl.: D. Q. Kern, Process heat transfer, New York 1950; Perry's chemical engineers' handbook, a cura di R. H. Perry, D. W. Green, J. O. Maloney, ivi 19846; R. Billet, Evaporation, in Ullmann's Encyclopedia of industrial chemistry, vol. B2, Weinheim 1988.

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