Evoluzione del comportamento

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2007)

Evoluzione del comportamento

John L. Gittleman

Konrad Lorenz riteneva che "ogni volta che un biologo cerca di sapere perché un organismo sia costituito o agisca in un determinato modo, deve ricorrere al metodo comparativo". Il metodo comparativo è uno strumento biostatistico con il quale è possibile identificare modelli di evoluzione del comportamento. I confronti riguardano evidentemente taxa con origine evolutiva comune, determinata tramite gli alberi filogenetici. Grazie ai rivoluzionari progressi nelle tecniche di analisi e di raccolta dei dati, oggi è possibile verificare con precisione le ipotesi evoluzionistiche negli studi comparativi sul comportamento. Gli sviluppi più promettenti di questo tipo di studi riguardano la possibilità di verificare, con analisi mirate, l'attendibilità dei modelli filogenetici proposti e di utilizzarli per identificare le specie a rischio di estinzione e tutelare la biodiversità della Terra.

Il metodo comparativo, basato su confronti incrociati fra specie per analizzare l'evoluzione di moduli comportamentali, risale almeno all'antica Grecia: fu Aristotele, infatti, il primo a utilizzare i confronti tra Carnivori ed erbivori per descrivere le differenze di comportamento sociale. Molti secoli dopo, nella sua opera On the origin of species (1859) Charles Darwin utilizzò soltanto un'illustrazione. Essa rappresentava per l'epoca un'immagine rimarchevole dal punto di vista teorico: mostrava un ipotetico 'albero' in cui la diversità degli organismi viventi era organizzata gerarchicamente: "Tutti gli esseri viventi si rassomigliano l'uno con l'altro in modo progressivo, così che è possibile classificarli in gruppi all'interno di altri gruppi. Evidentemente tale classificazione non è arbitraria come quella delle stelle nelle costellazioni".

Il tipo di informazioni contenute in questi modelli teorici è alla base di tutti gli studi comparativi del comportamento. Comunemente, la procedura seguita dai biologi per la costruzione di un albero di relazioni evolutive prende il nome di 'filogenesi' e permette di ricostruire i modelli storici di origine e le variazioni lungo la linea evolutiva. È importante sottolineare subito che tutti i metodi comparativi, sia nel contesto dello studio del comportamento, sia in altre aree appartenenti al campo delle scienze biologiche quali l'ecologia e la neurobiologia, si basano su informazioni che provengono dalla sistematica filogenetica. I primi studiosi di comportamento animale compresero pienamente l'importanza delle filogenesi, sebbene all'epoca ne fossero disponibili ben poche. Infatti, Konrad Lorenz e Niko Tinbergen si trovarono di fronte alla necessità non solo di raccogliere dati originali sul comportamento, ma anche di compiere un lavoro di tipo sistematico, nel tentativo di ricostruire gli alberi filogenetici sulla base di tutte le informazioni disponibili. Oggi il campo della sistematica filogenetica sta andando incontro a una vera e propria rivoluzione, poiché dispone di nuove tecniche statistiche e di dati originali per la costruzione di filogenesi, ma anche perché abbiamo informazioni provenienti dalla morfometria e dalla biologia molecolare, che permettono descrizioni più dettagliate delle relazioni evolutive tra i taxa e che si possono utilizzare per verificare ipotesi di evoluzione del comportamento.

Metodi comparativi nello studio della filogenesi

Le filogenesi contengono informazioni sui progenitori comuni di diversi organismi; tali informazioni sono espresse come diagramma ramificato, chiamato 'albero filogenetico', dove i nodi rappresentano antenati presuntivi, mentre le estremità costituiscono la terminazione delle ramificazioni e tipicamente rappresentano le specie odierne negli studi comparativi. Le ramificazioni degli alberi filogenetici sono le linee che connettono tra loro i nodi, oppure un nodo con l'estremità. Una radice è la base dell'albero, ovvero il suo ramo più ancestrale.

I soggetti o i taxa di uno studio comparato vengono chiamati tecnicamente nel loro insieme ingroup, o gruppo di parentela; ciascuno deve contenere più di due taxa per suggerire sensatamente una relazione filogenetica. Il sister group, o gruppo affine, è il taxon più strettamente imparentato a un gruppo di parentela. Da ultimo, poiché è necessario avere un punto di partenza per fare un'inferenza su un ordine evolutivo, un outgroup, o gruppo estraneo, indipendente dal gruppo da studiare, viene di solito utilizzato per rappresentare il progenitore del gruppo di parentela. Bisogna ricordare attentamente che, osservando un albero filogenetico, è cruciale non accettare come dato di fatto una determinata visione della storia evolutiva: gli alberi filogenetici sono solo stime o ipotesi sulla filogenesi, poiché questa è il risultato di una serie di eventi storici che normalmente non conosciamo e non possiamo ricostruire. I metodi comparativi, che necessariamente si basano sulla filogenesi, saranno sempre soggetti all'incertezza della ricostruzione storica.

Fortunatamente, con l'accumularsi dei dati riguardanti sia gli alberi filogenetici sia le osservazioni comportamentali, le informazioni sono ora più valide e attendibili rispetto ai primi lavori. La replicazione di molti studi comportamentali su popolazioni diverse aggiunge validità alla serie di dati raccolti, specialmente quando i confronti vengono effettuati utilizzando i valori di un singolo carattere per una data specie. Inoltre, gli studi comparativi più recenti prevedono un numero crescente di test basati sulla statistica e sulle simulazioni al calcolatore. Senza dubbio, gli studi comparativi moderni tengono conto degli ammonimenti di Niko Tinbergen (1951), secondo il quale la pianificazione e l'attuazione di uno studio di questo tipo devono essere messe a punto con la stessa accuratezza di un qualsiasi altro esperimento. Così oggi possiamo verificare un'ipotesi adattativa in modo definitivo, misurando direttamente nei taxa oggetto di studio la variabilità genetica, spesso mediante l'uso di procedure sperimentali specifiche. Negli studi comparativi che utilizzano numerosi caratteri su linee filogenetiche estese è raro che siano date le condizioni atte a compiere tale lavoro in maniera ottimale. In futuro, però, quanto più i dati comparativi si arricchiranno di informazioni sui meccanismi causali e di misure di ereditabilità del carattere in esame, tanto più il metodo comparativo diverrà efficace.

Modelli di evoluzionedel comportamento

Si illustrano di seguito alcuni esempi che forniscono un'idea di come i metodi comparativi moderni siano stati applicati a varie problematiche comportamentali. Enfasi particolare verrà data al tipo di studi, più che al merito dei modelli di filogenesi del comportamento, anche se questi nuovi metodi comparativi sono ancora troppo recenti per offrirci un quadro coerente dell'evoluzione comportamentale delle specie animali studiate.

L'origine del comportamento

Uno dei problemi più complessi nello studio filogenetico del comportamento è che la fonte primaria dei dati, ovviamente, dovrebbe essere l'osservazione diretta del comportamento stesso. Ciò significa che i dati comportamentali, nel caso in cui non vengano registrati immediatamente, o non possano essere registrati in qualche modo, sono persi per sempre. Avere a disposizione una filogenesi apre la stimolante prospettiva di poter ricostruire i modelli storici o le origini di un comportamento.

Un interessante esempio di come si possano utilizzare la filogenesi e il metodo comparativo per identificare le origini di un comportamento, è costituito dallo studio di Richard O. Prum (1994) del comportamento sociale dei manachini, uccelli tropicali noti per il dimorfismo sessuale del piumaggio, per il comportamento di aggregazione dei maschi nel confrontarsi davanti a una femmina e per gli elaborati moduli di corteggiamento del maschio. Durante le fasi del corteggiamento, due o più maschi si esibiscono in una serie di sequenze comportamentali, chiamate display coordinati, per mettersi in mostra davanti alle femmine. Queste sequenze, sulla base di una descrizione etologica dettagliata, possono essere classificate in tre categorie: display semplici, nei quali due o più maschi esibiscono versioni sincronizzate di moduli comportamentali normalmente eseguiti da un solo maschio; display complessi, modelli sincronizzati di esibizione attuati da più maschi e che non vengono mai esibiti da maschi soli; display complessi-coordinati, costituiti da un modulo complesso e coordinato esibito come forma di richiamo sessuale da più maschi con diverse probabilità di successo.

Se alla filogenesi sovrapponiamo la distribuzione filogenetica di questi comportamenti di esibizione, si nota subito che la mancanza di coordinazione delle esibizioni è la condizione ancestrale e che ci sono cinque origini evolutive indipendenti nei diversi display dei manachini. Inoltre, l'origine delle esibizioni complesse è ricorrente, ossia esse si presentano in tutte le specie di una ramificazione durante il processo evolutivo. La sovrapposizione di dati comportamentali comparativi su un albero filogenetico mette in evidenza come i processi filogenetici del comportamento possano essere attendibilmente ricostruiti. Ciò implica, tra l'altro, l'esistenza di una forte componente storica nell'evoluzione del comportamento, in contrasto con l'idea assai diffusa che il comportamento sia estremamente mutevole.

Sequenze filogenetiche del comportamento

fig. 5

Sulla base di una filogenesi è possibile determinare l'origine di una sequenza comportamentale e la storia di modificazioni avvenute durante la sua evoluzione. Dato che il comportamento è così strettamente legato alla fisiologia e alla morfologia, è di particolare interesse studiare la correlazione tra i modelli di sequenze comportamentali e altri caratteri funzionali. Un interessante esempio di come l'analisi filogenetica possa essere applicata allo studio dell'evoluzione di una determinata caratteristica è fornito dallo studio comparativo sulle salamandre di Stephen M. Lauder e George V. Reilly del 1996. Sono stati raccolti dati dettagliati, tra loro correlati, sui caratteri comportamentali (cattura della preda) e morfologici (dimensione della mascella), e sui moduli motori (movimenti della testa e della mascella) (fig. 5).

Dato che nelle salamandre la cattura della preda è molto rapida, avendo una durata di 30÷120 ms, alcune di queste informazioni sono state ottenute in modo assai particolareggiato con un'analisi effettuata fotogramma per fotogramma. L'identificazione della variazione di questi caratteri lungo linee filogenetiche ha permesso di evidenziare diverse tendenze.

In primo luogo, taxa quali Ambystoma e Siren, simili per l'aspetto morfologico, si differenziano invece nel comportamento. Ciò potrebbe essere dovuto a differenze nei moduli motori. In secondo luogo, i taxa strettamente correlati Ambystoma e Necturus, che sono morfologicamente differenti, mostrano invece somiglianze nel comportamento. Quindi, al contrario di quanto si poteva prevedere, le differenze morfologiche non sono sempre legate a differenze di comportamento. Infine, cosa forse più sorprendente, tutti e quattro i taxa analizzati mostrano caratteristiche evolutive indipendenti di comportamento, morfologia e moduli motori, indicando che si è verificata una divergenza filogenetica notevole in tutte e tre le classi di caratteri.

Questo tipo di studio comparato mostra chiaramente la difficoltà dell'identificazione di modelli filogenetici in più caratteri. Inoltre, è necessario prendere in considerazione un altro punto: se la filogenesi venisse ricostruita sulla base di uno di questi caratteri, sarebbe molto differente da quella basata su un diverso carattere. Ciò sottolinea l'importanza e la criticità della filogenesi nello studio comparativo.

Correlazione tra le variazioni del comportamento

La correlazione è una misura statistica della relazione tra variabili. La difficoltà di calcolare la correlazione tra caratteri comparativi insorge nel caso in cui si voglia considerare anche il processo filogenetico che caratterizza i tratti in esame. I metodi comparativi basati sulla statistica danno una soluzione a questo problema. Dato che i metodi comparativi sono importanti per determinare la filogenesi, è necessario anzitutto valutare se i caratteri in questione siano realmente correlati a essa. Esistono numerose analisi statistiche che possono essere applicate in questi casi. Fondamentalmente, è necessaria una qualche misura del rapporto tra distanza filogenetica (o rango tassonomico) e variazione del carattere.

In uno studio sulla dimensione del gruppo sociale, sulle caratteristiche del ciclo vitale (come lunghezza della gravidanza, peso alla nascita) e sulla mole corporea dei Canidi, è stata analizzata la correlazione tra ognuna di queste variabili e una filogenesi molecolare (Geffen et al. 1996). Si è visto non solo che questi caratteri sono correlati in modo significativo con la filogenesi, ma anche che ciò si verifica nella maniera attesa: le correlazioni sono maggiori per le specie più strettamente affini, riflettendo una maggiore somiglianza del carattere, mentre diminuiscono molto rapidamente per le specie più lontane.

Oltre a permettere di valutare se i caratteri quantitativi sono correlati con la filogenesi, questa metodica statistica fornisce informazioni sulla relativa instabilità dell'evoluzione del carattere. Una volta nota la correlazione filogenetica, è possibile valutare la variazione associata dei caratteri. Per esempio, nello studio appena menzionato, i metodi statistici sono stati applicati per scoprire se nei Canidi l'evoluzione della dimensione del gruppo fosse correlata all'investimento energetico per la prole. Sebbene il peso dei neonati aumenti con l'aumentare della mole corporea della madre, la relazione è proporzionale: quindi ciò smentisce l'ipotesi che la dimensione del gruppo si evolva per adeguarsi alla maggiore richiesta energetica imposta dalla maggiore mole dei figli.

Un altro esempio affascinante dell'applicazione dei metodi statistici è costituito da uno studio comparativo, insolitamente dettagliato, di neuroanatomia e comportamento. Il problema riguarda la relazione tra il canto degli uccelli e l'anatomia del cervello. In quarantuno specie di Oscini (come luì, scriccioli e passeri), sono state misurate l'ampiezza del repertorio canoro (come stima della complessità del canto) e la dimensione relativa del centro vocale superiore, un'area del cervello che ospita nuclei direttamente connessi alla siringe che controlla l'emissione del canto. L'analisi della correlazione ha mostrato una stretta dipendenza tra repertorio canoro e volume del cervello, anche con punti differenti di ramificazione filogenetica, suggerendo che la relazione sia esistita fin dall'origine evolutiva degli Oscini. È evidente perciò che i metodi comparativi basati sulla statistica siano abbastanza efficienti nella determinazione delle connessioni reciproche tra caratteri comportamentali e altri tratti funzionali, come appunto quelli anatomici e neurobiologici.

La variabilità del comportamento

Una delle ragioni per cui il comportamento è stato utilizzato poco frequentemente per la costruzione di filogenesi o, più in generale, per studi che contemplano una prospettiva storica (per es., in paleontologia) è la sua relativa variabilità. Si suppone cioè che, se esso cambia di generazione in generazione in risposta alle condizioni ambientali, allora lascerà poche tracce della storia filogenetica di una specie. Tuttavia non è dimostrato che in generale il comportamento sia caratterizzato da maggiore instabilità rispetto alla morfologia o alla fisiologia. Anche in questo caso, con alcune informazioni filogenetiche e con le stesse correlazioni statistiche a cui si è accennato in precedenza nell'esempio riguardante i Canidi, è possibile studiare direttamente l'instabilità evolutiva del comportamento.

Tav. I

Un lavoro (Edwards e Kot 1995) sul garrulo capogrigio, Pomatostomus temporalis, uccello canoro dell'Australia e della Nuova Guinea che alleva la prole in modo cooperativo, ha fatto luce su questo problema (Tav. I). Anzitutto è stata determinata in modo particolarmente preciso l'informazione filogenetica, specificando le distanze genetiche del DNA mitocondriale (mtDNA) di centoventi individui di dodici popolazioni che rappresentavano linee evolutive distinte. Di tutti i soggetti sperimentali è stata misurata la lunghezza dell'ala, poi sono state calcolate le correlazioni tra la distanza filogenetica delle popolazioni (misurata mediante l'mtDNA) e le dimensioni del gruppo sociale (variabile comportamentale) o dell'ala dell'animale (variabile morfologica). Come atteso, sono emerse significative correlazioni positive tra la distanza genetica e la lunghezza dell'ala tra gli individui di diverse popolazioni che differivano per meno del 5% nell'mtDNA, mentre la lunghezza dell'ala era correlata negativamente con la distanza genetica negli individui che differivano del 7-11% nell'mtDNA. Invece, non è stata osservata alcuna relazione significativa tra la distanza filogenetica e la variabile comportamentale della dimensione del gruppo. Anche un altro studio indipendente (Gittleman et al. 1996), condotto su otto gruppi di Mammiferi non strettamente imparentati, ha messo in evidenza che i comportamenti costituiscono un indizio filogenetico relativamente ambiguo, confermando la presunta maggiore instabilità del comportamento rispetto alla morfologia, sia a livelli tassonomici più bassi che a quelli più alti.

Lo studio sul garrulo capogrigio pone un altro interrogativo interessante circa la misura in cui sia possibile identificare i modelli filogenetici al di sotto del livello tassonomico di specie. Queste ricerche sembrano supportare l'idea che il comportamento sia instabile. Altri lavori mostrano però che la questione dell'instabilità relativa dei caratteri può essere più complessa. Fra i taxa che vanno dalle vespe alle lucertole sono state costruite filogenesi utilizzando un ampio ambito di caratteri, tra cui quelli comportamentali (per es., i comportamenti alimentare, di costruzione del nido e di accoppiamento) e quelli morfologici (per es., peso del corpo e lunghezza del becco). In ciascun taxon la filogenesi comportamentale e quella morfologica sono statisticamente indistinguibili; in altre parole, per alcuni taxa i modelli comportamentali sono altrettanto conservati quanto i tratti morfologici. Tali ricerche, considerate nel loro insieme, mettono in luce il fatto che sappiamo veramente poco del perché alcuni caratteri comportamentali in certi taxa sembrano labili, mentre altri sono relativamente stabili lungo le linee filogenetiche. Ora che gli strumenti comparativi sono stati messi a punto in modo affidabile, il lavoro futuro potrà chiarire queste tendenze. Ciò è di fondamentale importanza in quanto ci permetterà di determinare se differenti tipi di caratteri fenotipici, inclusi quelli comportamentali, possano essere utilizzati nella sistematica. Inoltre, sarà possibile dirimere la questione di quanto il comportamento costituisca una forza trainante nell'evoluzione. Come scrisse l'autorevole biologo evoluzionista Ernst Mayr (1963), lo slittamento verso una nuova nicchia o zona adattativa è avviato, quasi senza eccezioni, da una variazione del comportamento.

Velocità di evoluzione del comportamento

Il comportamento deve evolversi più rapidamente di altri caratteri. Gli individui modificano il loro comportamento di momento in momento, mentre altri tratti, quali la dimensione del cervello o il tasso metabolico, sono relativamente costanti. Così, ci si potrebbe attendere che la velocità di evoluzione del comportamento sia più alta di quella di altri caratteri, specialmente se misurata su ampie scale temporali (filogenetiche), come nel caso dei confronti tra taxa diversi. È sorprendente che finora pochi studi abbiano verificato quest'idea; probabilmente ciò è dovuto al fatto che qualsiasi analisi comparativa richiede informazioni dettagliate e accurate sugli intervalli di tempo tra gli eventi di speciazione (per es., i nodi degli alberi). Nuove filogenesi, specialmente quelle molecolari, hanno fornito informazioni sulla storia evolutiva indipendentemente dai caratteri fenotipici e hanno anche identificato definite finestre temporali.

fig. 6

Da un punto di vista analitico, ci sono molte grandezze che permettono di quantificare la velocità evolutiva. Una delle prime fu il 'darwin', proposto da J.B.S. Haldane, usato originariamente per misurare la velocità di evoluzione delle razze di cavalli e più recentemente applicato a misurazioni diverse su tutta una serie di fattori e di organismi: dalla variazione di popolazione nelle lumache di mare al tempo di generazione dei ratti di laboratorio. Essenzialmente, questa misura calcola la velocità di evoluzione come l'entità della variazione di un carattere tra il valore iniziale e quello finale, in un lasso di tempo in una determinata finestra temporale. Poiché le velocità evolutive cambiano con la scala temporale (la velocità evolutiva sembra inversamente proporzionale a essa), i darwin di solito sono rappresentati graficamente in scala logaritmica, in funzione degli intervalli di tempo ottenuti da distanze filogenetiche e calibrati per ciascun gruppo tassonomico. Questi diagrammi, detti 'diagrammi dei darwin', mostrano due misure statistiche del tasso evolutivo: il tasso evolutivo netto, fornito dalla pendenza della retta, e il tasso evolutivo istantaneo per brevi intervalli di tempo, fornito dall'intercetta (fig. 6).

Un recente esempio dell'uso dei darwin per confrontare le velocità evolutive di caratteri comportamentali e morfologici avvalora l'idea che il comportamento si evolva più rapidamente: confrontando i diagrammi dei darwin, si può osservare che, nel caso dei Primati, la retta relativa alla dimensione del gruppo ha una pendenza e un'intercetta maggiori rispetto a quella relativa al peso corporeo (in questo caso è stata usata una filogenesi molecolare per determinare le relazioni evolutive). Quindi, l'uso di una misura classica della velocità di evoluzione congiunto alla moderna filogenesi molecolare consente alle analisi comparative di affrontare problematiche considerate irrisolvibili fino a epoca recente. Quest'ultimo esempio non utilizza il metodo comparativo di per sé, come nei casi precedenti, ma rimane comunque su un terreno comune a tutti gli studi discussi finora: la filogenesi viene utilizzata infatti in questo caso per raggiungere un obiettivo più complesso rispetto alla deduzione di una discendenza evolutiva, cioè per fornire precisi intervalli temporali in cui si è svolto il processo evolutivo.

Nuove prospettive

Gli studi comparativi saggiano i processi evolutivi del comportamento con accuratezza e rigore. Un'opportuna combinazione delle informazioni comparative su numerosi caratteri di organismi con alberi filogenetici precisi e di metodi statistici rigorosi permette verifiche dettagliate delle diverse ipotesi. In particolare, gli approcci comparativi consentono di esaminare in modo efficace l'origine, la velocità, la stabilità e la variazione evolutiva di modelli comportamentali. Questo progresso è di grande interesse e sarebbe una piacevole sorpresa anche per Darwin vedere le molteplici applicazioni del pensiero filogenetico.

Tutte queste problematiche sono di carattere storico, sostanzialmente di ricostruzione del passato. È lecito però chiedersi se i metodi comparativi possano essere utilizzati per affrontare anche questioni legate al presente (sperimentazione) e magari anche per 'predire' il futuro (conservazione). Vi sono due promettenti linee di ricerca a riguardo. La prima affronta una debolezza tradizionale degli studi comparativi: l'assenza di prove sperimentali. Gli studi filogenetici possono includere controlli sperimentali e manipolazioni, così da riportare generiche correlazioni a più specifici meccanismi causali? Lo studio sui Pesci Gasterosteidi (spinarello) di Deborah A. McLennan del 1991 descrive un modo per applicare la filogenesi a un contesto sperimentale. Gli spinarelli hanno una colorazione nuziale molto variabile, che va dall'assenza di colore all'oro, rosso, blu e nero. La filogenesi di sei taxa di spinarello suggerisce che l'origine e l'elaborazione delle colorazioni nuziali siano correlate ad aspetti comportamentali come le interazioni maschio/maschio, le cure parentali e le interazioni maschio/femmina. Sono stati effettuati esperimenti di scelta sessuale in cui le femmine dello spinarello (Gasterosteus aculeatus) sceglievano il maschio in base al colore, alle condizioni di allevamento o alle affinità comportamentali. Questi studi hanno mostrato chiaramente che le femmine, fondamentalmente, scelgono in base al colore del corpo più che ai modelli di cura parentale o alle interazioni maschio/maschio, suggerendo che i modelli filogenetici osservati sono legati alle interazioni maschio/femmina e che molto probabilmente la scelta della femmina si basa sull'intensità del colore del maschio.

La seconda linea di ricerca riguarda la possibilità di conservare la biodiversità sulla Terra: a questo scopo, è necessario identificare in maniera efficace le specie a rischio di estinzione e proteggere quelle con caratteristiche che potrebbero renderle vulnerabili in futuro. Gli studi comparativi possono fornire un aiuto diretto in diversi modi. Anzitutto, gli alberi filogenetici possono essere utilizzati per identificare quali specie sono più insolite di altre. Specie come il panda minore (Ailurus fulgens) o il panda maggiore (Ailuropoda melanoleuca), che sono le uniche due specie esistenti di una sottofamiglia tassonomica (Ailurini), sono ovviamente più caratterizzanti rispetto a gruppi di Carnivori con molte specie come Canidi o Felidi. Tale dato da solo non si traduce in un'azione più efficace per proteggere queste specie; eppure, un simile uso della filogenesi può costituire un criterio importante per decidere quali specie debbano essere immediatamente studiate e, di conseguenza, per capire i possibili problemi. Per esempio, dettagliati studi comportamentali comparativi hanno messo in luce alcune caratteristiche del panda maggiore significativamente differenti da quelle di altri Carnivori, che ne limitano la capacità di adattamento a condizioni ambientali variabili; in particolare, è stato evidenziato un lento sviluppo neonatale sia per l'incremento di peso sia per la maturazione comportamentale associata. Altri caratteri come il tipo di sistema di accoppiamento, le preferenze alimentari o i livelli di aggressività possono mettere in evidenza problemi futuri. Inoltre, poiché molte caratteristiche seguono linee filogenetiche ben identificabili, se è a rischio di estinzione una specie relativamente poco conosciuta all'interno di un genere con molte altre descritte in modo più dettagliato, allora le caratteristiche di queste ultime possono essere utilizzate come previsione a breve termine delle caratteristiche della specie a rischio. Dunque i metodi comparativi non soltanto sono in grado di ricostruire il passato, anche sulla base di caratteri complessi come i modelli comportamentali, ma possono essere utilizzati per prevedere il futuro.

Bibliografia

Brooks 1992: Brooks, Daniel R. - Mauden, Richard L. - McLennan, Deborah A., Phylogeny and biodiversity: conserving our evolutionary legacy, "Trends in ecology and evolution", 7, 1992, pp. 55-59.

Darwin 1859: Darwin, Charles, On the origin of species by means of natural selection; or, the preservation of favored races in the struggle for life, London, John Murray, 1859 (trad. it.: L'origine delle specie, Bologna, Zanichelli, 1982).

Devoogd 1993: Devoogd, Timothy e altri, Relations between song repertoire size and the volume of brain nuclei related to song: comparative evolutionary analyses amongst oscine birds, "Proceedings of the Royal Society of London", 254, 1993, pp. 75-82.

Edwards, Kot 1995: Edwards, Scott V. - Kot, Mark, Comparative methods at the species level: geographic variation in morphology and group size in grey-crowned babblers (Pomatostomus temporalis), "Evolution", 49, 1995, pp. 1134-1146.

Geffen 1996: Geffen, Eli e altri, Size, life-history traits, and social organization in the Canidae: a reevaluation, "The American naturalist", 147, 1996, pp. 140-160.

Gingerich 1993: Gingerich, Philip D., Quantification and comparison of evolutionary rates, "American journal of science", 293 A, 1993, pp. 453-478.

Gittleman 1994: Gittleman, John L., Are the pandas successful specialists or evolutionary failures?, "Bioscience", 44, 1994, pp. 456-464.

Gittleman 1996: Gittleman, John L. e altri, Phylogenetic lability and rates of evolution: a comparison of behavioral, morphological and life history traits, in: Phylogenies and the comparative method in animal behavior, edited by Emilia P. Martins, New York-London, Oxford University Press, 1996, pp. 166-205.

Gittleman, Decker 1994: Gittleman, John L. - Decker, D.M., The phylogeny of behaviour, in: Behaviour and evolution, edited by Peter J.B. Slater, Tim R. Halliday, Cambridge, Cambridge University Press, 1994.

Harvey 1996: New uses for new phylogenies, edited by Paul Harvey e altri, Oxford, Oxford University Press, 1996.

Lauder, Reilly 1996: Lauder, Georg V. - Reilly, Stephen M., The mechanistic bases of behavioral evolution: a multivariate analysis of musculoskeletal function, in: Phylogenies and the comparative method in animal behavior, edited by Emilia P. Martins, New York, Oxford University Press, 1996, pp. 104-137.

Lorenz 1958: Lorenz, Konrad, The evolution of behavior, "Scientific American", 199, 1958, pp. 67-78.

Mayr 1963: Mayr, Ernst, Animal species and evolution, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1963.

McLennan 1991: McLennan, Deborah A., Integrating phylogeny and experimental ethology: from pattern to process, "Evolution", 45, 1991, pp. 1773-1789.

Prum 1994: Prum, Richard O., Phylogenetic analysis of the evolution of alternative social behavior in the manakins (Aves: Pipiridae), "Evolution", 48, 1994, pp. 1657-1675.

Tinbergen 1951: Tinbergen, Niko, The study of instinct, Oxford, Oxford University Press, 1951 (trad. it.: Lo studio dell'istinto, Milano, Adelphi, 1994).

CATEGORIE
TAG

Dimorfismo sessuale

Biologia molecolare

Metodo comparativo

Dna mitocondriale

Charles darwin