EXPO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

EXPO.

Livio Sacchi

– Le Expo 2005-12. Expo 2015

Le Expo 2005-12. – Riferito alle esposizioni universali ufficialmente riconosciute dal BIE (Bureau International des Expositions), che ha sede a Parigi, il termine designa quelle ospitate da un Paese organizzatore che vedono la partecipazione di più nazioni, oltre a quelle di organizzazioni nazionali e internazionali diverse. Fra le E. degli ultimi anni si ricordano quella del 2005 ad Aichi, in Giappone, sul tema Nature’s wisdom (il padiglione italiano fu, in particolare, dedicato all’Italian lifestyle sullo sfondo del mare e della cultura mediterranea), e quella del 2008 a Saragoza, dal titolo Agua y desarrollo sostenible. Fra gli edifici più emblematici di quest’ultima E. si ricorda il Pabellón Puente, realizzato su progetto di Zaha Hadid, un vero e proprio ponte lungo 280 m funzionante come un’ardita galleria espositiva che attraversa il fiume Ebro.

Albero della vita

Seguì poi l’E. del 2010 a Shanghai, il cui titolo era Better city, better life. Si trattò dell’E. più colossale che si ricordi: 192 i Paesi partecipanti, mai così tanti nella storia delle esposizioni universali; un’area espositiva pari a 5,28 km2 sulle rive del fiume Huangpu, la più estesa mai utilizzata; anche i costi furono molto elevati. Tale E. sancì, simbolicamente, il nuovo ruolo globale di Shanghai e dell’intera Cina in generale. Il tema annunciato, che si proponeva di fare il punto sullo sviluppo delle città, veniva esplorato all’interno di cinque padiglioni principali, ciascuno dedicato ad altrettanti grandi problemi urbani: Urban footprints, Urban planet, Urbanian, City being e Urban future. Il padiglione italiano, progettato da Giampaolo Imbrighi, sviluppò, in collaborazione con Italcementi, un’interessante sperimentazione sulle malte cementizie. Fece seguito poi l’E. del 2012 a Yeosu, città costiera della Repubblica di Corea, considerata una E. specializzata, ancora dedicata a un tema di carattere ecologico: The living ocean and coast, esplorando, in particolare, la conservazione e lo sviluppo sostenibile dell’oceano e delle coste, le nuove risorse e le attività creative legate al mare.

Visitatori nel padiglione inglese

Expo 2015. – L’edizione del 2015, inaugurata il 1° maggio a Milano (città che aveva già ospitato l’E. nel 1906), è stata dedicata al tema Nutrire il pianeta. Energia per la vita. Il progetto originario era stato affidato a un gruppo formato dagli architetti Stefano Boeri, Richard Burdett, Mark Rylander e Jacques Herzog; il progetto finale è stato invece coordinato dal solo Boeri. La fase di realizzazione dell’estesa area espositiva (200 ha per 145 Paesi partecipanti, 16 organismi internazionali, governativi e non, oltre ad alcuni gruppi privati) facente parte dei comuni di Rho e Pero a circa 15 km da Milano, non lontano dalla nuova Fiera progettata da Massimiliano Fuksas e da una stazione ferroviaria, è stata purtroppo punteggiata da episodi di corruzione e da altri problemi che ne hanno rallentato l’esecuzione e fatto lievitare i costi; non tutto è stato peraltro ultimato in tempo per l’evento inaugurale. L’ambizioso padiglione italiano, chiamato Palazzo Italia – cui pure non sono state risparmiate critiche legate alle scelte architettoniche e, soprattutto, all’aumento dei costi di realizzazione rispetto a quelli previsti – è stato progettato da Nemesi & Partners srl, Proger spa, MBS Progetti srl e Livio De Santoli. Fra i padiglioni più interessanti della E. milanese si segnalano quello degli Stati Uniti, opera di James Biber, fra i pochi a non godere di finanzia menti statali; quello degli Emirati Arabi Uniti, progettato da Foster+Partners, che rievoca la tradizione costruttiva dei Paesi del Golfo e, nelle sue strutture ondulate, le dune del deserto; quello francese, realizzato dallo studio X-Tu in una logica low tech, in legno smontabile e riutilizzabile; quello inglese disegnato da Wolfgang Buttress; quello svizzero dello studio Netwerch GmbH Brugg; quello spagnolo di Fermín Vázquez - b720 Arquitectos, caratterizzato da semplici geometrie; quello sloveno, segnato dagli spigolosi volumi proposti dallo studio SoNo Arhitekti; quello russo, racchiuso da doghe in legno e sormontato da un giardino pensile, i cui volumi richiamano un’arca di Noè; quelli del Qaṭar, dell’῾Omān e del Nepal, diversamente ispirati alle tradizioni costruttive e artigianali locali; quello del Principato di Monaco, fatto di container che saranno poi smontati e inviati alla Croce rossa internazionale del Burkina Faso per scopi umanitari; quello lituano, frutto di un progetto di ispirazione minimalista proposto dal commissario del governo Romas Jankauskas e realizzato da un gruppo di giovani architetti di Kaũnas, la seconda città del Paese baltico; quello giapponese ispirato alla tradizione costruttiva lignea delle case di Kyoto; quello del Kuwait, ideato da Italo Rota e sviluppato dallo studio Progetto Cmr di Massimo Roj. Allo stesso Rota si deve anche il padiglione promosso da Vinitaly. Fra i più interessanti dal punto di vista architettonico vi è poi il padiglione disegnato per Slow Food dallo studio svizzero Herzog & de Meuron. Si segnalano ancora le due grandi cupole proposte dallo studio spagnolo Miralles Tagliabue EMBT per Copagri; lo scultoreo padiglione, interamente rivestito in scaglie metalliche, progettato da Daniel Libeskind per Vanke, una multinazionale cinese attiva nel settore immobiliare residenziale; quello di Mario Cucinella per Granarolo. Lo studio Piuarch ha poi disegnato l’edicola della Caritas ambrosiana e il padiglione ENEL; Michele De Lucchi ha progettato il padiglione Zero (curato da Davide Rampello) e quello di Intesa Sanpaolo; Antonio Citterio e Patricia Viel hanno infine curato i lavori per l’accessibilità dell’intero sito.

Le città che si sono aggiudicate le due prossime edizioni del 2017 e del 2020 sono, rispettivamente, Astana, prima sede in Asia centrale, ancora con una E. specializzata sul tema Energy of the future, e Dubai sul tema Connecting minds, creating the future.

Veduta padiglione Vanke
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