TRICCOLI, Ezio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TRICCOLI, Ezio

Fabrizio Orsini

– Nacque a Jesi (Ancona) il 13 febbraio 1915, terzogenito di Luigi Savio e di Laura Triccoli.

I due si erano sposati in quella città il 30 settembre 1911; Luigi, originario di Voghera (in provincia di Pavia), era giunto a Jesi dopo aver abbandonato la donna che era stato obbligato a sposare. Il fatto fu scoperto solo dopo la nascita della primogenita Antonina, cosicché lei fu l’unica a portare il cognome del padre, mentre gli altri figli (Orazio, Ezio ed Elvio) risultarono all’anagrafe figli di Laura Triccoli.

Ezio si diplomò, dopo un corso triennale, presso la scuola industriale di tirocinio Benito Mussolini di Jesi. Nel novembre del 1935 venne chiamato per la leva militare; la ferma durò due anni, durante i quali egli rimase inquadrato nell’8° reggimento di artiglieria della 9ª divisione di fanteria Pasubio, di stanza a Verona. Fu promosso caporale nel febbraio del 1936, caporal maggiore in aprile e sergente in novembre. Terminata la ferma nell’autunno del 1937, fu assunto in pretura.

Nel 1938, al fine di aiutare la famiglia a sostenere le spese per l’acquisto della casa, si arruolò come volontario nelle truppe che il governo italiano inviava in Spagna a fianco dei nazionalisti che stavano combattendo nella guerra civile. Partì il 23 giugno 1938 e arrivò a Siviglia il 23 luglio; fu inquadrato nella 4a divisione Littorio (dal mese di ottobre Littorio d’assalto), che nei mesi successivi partecipò prima alla conquista della Catalogna e poi della costa mediterranea a sud di questa. Triccoli rimase in Spagna fino al 30 maggio 1939. Rimpatriato in Italia, tornò a Jesi il 6 novembre; fu assunto presso il Comune, prima all’ufficio annonario e poi alla ragioneria.

Venne richiamato in servizio come riservista il 28 maggio 1940, pochi giorni prima dell’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, e fu incorporato, con il grado di sergente maggiore, nel 26° reggimento di artiglieria divisionale Pavia, dislocato in Libia, nella città costiera di Sabratha. Il 10 dicembre il suo reggimento fu coinvolto, con altri reparti, in una battaglia contro le truppe britanniche che si svolse a Sīdī el-Barranī, al confine con l’Egitto; gli italiani persero lo scontro e Triccoli cadde prigioniero (il governo italiano gli avrebbe poi concesso la croce di guerra al valor militare, riservata a chi ha compiuto atti particolari di valore personale). Rimase per alcuni mesi in Egitto, per poi essere deportato in Sudafrica, a Zonderwater.

Quello di Zonderwater (a 43 km da Pretoria) fu il più grande campo di prigionieri costruito dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale. Ospitò inizialmente poche migliaia di detenuti, ma all’apice della sua attività arrivò a contenerne (con i campi minori annessi) circa 94.000, e nel corso della sua storia ne accolse complessivamente 108.883. Fu diretto da vari colonnelli dell’esercito del Sudafrica (allora un dominion dell’Impero britannico): prima Gordon J. Rennie, poi D.W. De Wet e infine, dal gennaio del 1943, Hendrik F. Prinsloo. Quest’ultimo si comportò con minore durezza dei suoi due predecessori e, tra l’altro, introdusse fra i prigionieri le attività sportive, non solo perché ne era un fervente appassionato (specie della boxe), ma anche perché riteneva che con esse si potesse ottenere una maggiore docilità dai ‘malleabili’ prigionieri italiani, dando loro la sensazione che il tempo di prigionia trascorresse più velocemente.

In Sudafrica, Triccoli arrivò in nave fra il maggio e il giugno del 1941 (la data precisa non è nota); nel campo venne registrato con la matricola ME 12584. Lì visse per cinque anni e mezzo e conobbe la sua più importante trasformazione umana e professionale.

Il soggiorno nel campo fu per Triccoli l’occasione di restare lontano dagli eventi bellici e di dedicarsi a vari lavori e svaghi (come teatro, musica, studio); ma la sua principale attività fu quella sportiva. Non è chiaro in quale anno Triccoli sia entrato in contatto con la scherma, ma è certo che ricevette i primi rudimenti, se non addirittura la prima lezione, da un sottufficiale britannico; tuttavia, la maggior parte del lavoro di insegnamento venne svolta da Alessandro Cutonilli, un sergente maggiore romano, coadiuvato da altri due prigionieri, il fiorettista napoletano Fulvio Mezzadri e lo schermitore romagnolo Guerrino Ceroni. Oltre che da loro, l’insegnamento più proficuo Triccoli lo ricevette dal capitano medico siciliano Serafino La Manna, che seppe spiegargli ogni più piccolo movimento tecnico con l’arma, le logiche dell’assalto, i tempi schermistici, la dinamica e la misura, nonché la biomeccanica del movimento: insegnamenti che, una volta tornato in Italia, Triccoli seppe infondere nel suo metodo e trasmettere a tutti i suoi allievi.

Nel suo momento di maggior fulgore, la scherma a Zonderwater contò 7 club; Triccoli appartenne al Nucleo schermistico Nedo Nadi, presso il blocco 3, per i campi 9 e 10.

Durante la prigionia si ingegnò a costruire gli strumenti per la scherma (oltre ad altri di vario tipo), assieme a due suoi compagni, Oberdan Cavasassi detto Trento ed Ettore Zagato, particolarmente competente in questo lavoro perché ‘maestro d’arte’ (ovvero diplomato presso una scuola d’arte e mestieri). Celebri sono le sue impugnature anatomiche (ottenute dalla fusione delle gavette d’alluminio), misteriose invece sono rimaste le sue tecniche di forgia delle lame. Tutto questo contribuì a costruire il futuro maestro di scherma, grazie all’abitudine all’ingegnosità, determinante per sviluppare quella fantasia schermistica che avrebbero avuto in futuro i suoi allievi.

L’anno della svolta fu il 1947. Il 1° gennaio ricevette da La Manna la tessera ad honorem di istruttore di scherma e il giorno dopo s’imbarcò per l’Italia su una motonave, portando con sé una sciabola, un fioretto e due maschere, oltre a una valigia da lui fabbricata saldando insieme alcune grandi latte di alluminio (nelle quali era contenuta originariamente marmellata).

Arrivò a Jesi alla fine di febbraio e già a marzo cominciò a insegnare la scherma. A maggio riottenne, non senza fatica, il posto di lavoro in Comune e subito dopo gli fu concesso di usare la palestra del cosiddetto isolato Carducci per le sue prime lezioni di scherma. Sostenne a giugno l’esame da maestro all’Accademia nazionale di scherma a Napoli, ma venne bocciato. L’anno si concluse con la costituzione del Gruppo schermistico jesino, che venne affiliato alla Federazione italiana scherma (FIS) nel gennaio del 1948.

Nell’estate del 1947 Triccoli aveva conosciuto la futura moglie, Ezia Befera Barbaresi (1918-2010), cognata dell’amico Cavasassi. Dal matrimonio, celebrato il 20 ottobre 1950, nacquero tre figlie: Maria Cristina (1951), Maria Grazia (1953) e Maria Paola (1957).

Per oltre un decennio, nella palestra di Triccoli all’isolato Carducci si sviluppò il lavoro per costruire le prime leve schermistiche. Nel 1958 il Gruppo schermistico jesino passò da quella palestra al teatrino delle ACLI (Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani) di via Pergolesi; nel gennaio del 1961 cambiò il suo nome in Unione sportiva ACLI scherma Jesi. In questo modo Triccoli riuscì a completare l’iter di fondazione del club di scherma marchigiano, benché non fosse ancora tecnicamente maestro di scherma, cosa che avvenne, su pressione della FIS, il 17 dicembre 1961.

Il primo successo lo ottenne nel 1966 con Luigi Lenti, che divenne campione italiano di spada nella categoria allievi; seguirono nel 1968 Antonio Novelli, campione italiano nella terza categoria di fioretto (che comprende i posti dal 33° al 48° nella classifica dei migliori schermitori), e la figlia Maria Cristina, nella categoria giovani, sempre nella stessa arma.

Nel 1969 Triccoli venne nominato Cavaliere della Repubblica. Dal 1970, per circa un decennio, fu maestro accompagnatore della nazionale under 20 femminile di fioretto.

Questa opportunità gli consentì di studiare gli atleti dei diversi Paesi; da tale studio maturò la convinzione che la scherma non sia mera ripetizione di gesti codificati, ma continua sperimentazione ed evoluzione tecnica e atletica. Con grande lungimiranza, applicò queste idee al suo metodo di insegnamento, mostrando così notevoli capacità di autodidatta.

Dal 1971 gli fu coadiutore Novelli e nel 1972 l’Unione scherma Jesi vinse il titolo a squadre nella categoria giovani, con Susanna Batazzi, Gabriella Fracassi, Viviana Magini, Doriana Pigliapoco e un’altra figlia di Triccoli, Maria Paola. Nel 1973 venne inaugurata a Jesi, in via Solazzi, una nuova grande struttura denominata Palestra per la scherma (ma in seguito nota per lo più come Palascherma), dove furono forgiati tutti i successivi campioni jesini. Su volere di Renzo Nostini, presidente della FIS, nello stesso anno a Triccoli si affiancò il maestro Giulio Tomassini. Nel 1975 l’Unione scherma Jesi cambiò nome, diventando Club scherma Jesi.

Nel 1975, ai Campionati mondiali della categoria giovani, Batazzi vinse l’argento per il fioretto. Nel 1976, ai Campionati mondiali della categoria under 20, la nazionale italiana di fioretto fu composta interamente da schermitrici di Jesi (Batazzi, Pigliapoco, Annarita Sparaciari). In seguito, le prime due parteciparono alle Olimpiadi di Montreal del 1976; la terza rimase come riserva in patria, ma tre anni dopo, al Campionato mondiale under 20, vinse l’oro per il fioretto.

Gli anni Ottanta furono caratterizzati dall’emergere di una nuova generazione di campioni, capeggiata da Stefano Cerioni, l’unico schermitore maschile di livello internazionale ‘costruito’ da Triccoli, che scalò le classifiche fino a diventare nel 1984 campione del mondo di fioretto nella categoria giovani; nello stesso anno guadagnò il bronzo individuale alle Olimpiadi di Los Angeles, insieme all’oro nella competizione a squadre.

Triccoli era ormai riconosciuto come il forgiatore delle più importanti schermitrici della storia nazionale, fra le quali Pigliapoco, Batazzi, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali ed Elisa Di Francisca. Per questo è ancora oggi ricordato come il ‘maestro delle donne’. Nel 1986 Trillini vinse il Campionato italiano, mentre nel 1988 Cerioni si aggiudicò la coppa del mondo e l’oro individuale olimpico a Seul. Da segnalare anche, nel 1989 a Denver, il bronzo di Annalisa Coltorti ai Mondiali di spada individuali e l’argento nella competizione a squadre.

In quegli anni Triccoli, nonostante gli fossero state diagnosticate una seria cardiopatia (per la quale non volle mai farsi operare) e alcune microlesioni ossee a livello toracico causate dalle lezioni di scherma, non abbandonò l’attività in palestra. Si limitò a ingrossare il paracolpi da lui usato nelle lezioni aumentandone gli strati protettivi, uno dei quali conteneva lamine di piombo.

Gli anni Novanta si aprirono con l’argento individuale di Trillini nel Mondiale di Lione, seguito dall’oro a squadre, mentre nel 1991 arrivò il titolo italiano a squadre di fioretto e spada femminile per il Club di Jesi, insieme a quello di commendatore della Repubblica per Triccoli.

Vezzali, la più grande campionessa di scherma formata da Triccoli, vinse il Campionato italiano nel 1992, ma restò di riserva in patria per le Olimpiadi di Barcellona, dove invece andarono Trillini e Cerioni.

In quel periodo i ‘maestri di Jesi’ stavano cambiando sul piano tecnico la scherma, grazie al loro metodo di insegnamento, tanto che il fiorettista francese Pascal Jolyot arrivò ad affermare nel gennaio del 1983: «Questa non è scherma, è atletica» (cit. in Vespignani 1998, p. 116). Intanto Triccoli, che voleva lasciare il Club di Jesi ai suoi atleti e non ad altri, redasse, in un documento interno, le regole del suo pensiero. Fu così disciplinata la dinamica di lavoro del club, delineando lo ‘stile jesino’ di allenamento.

Nel 1994 lo Stato italiano concesse a Triccoli la promozione a maresciallo ordinario, grazie a una battaglia durata quasi mezzo secolo; egli poté così maturare la pensione di guerra relativa al suo passato militare. Nello stesso anno Vezzali vinse il Campionato italiano di fioretto, Trillini la coppa del mondo (un successo che ripeté nel 1995) e Cerioni il Mondiale a squadre.

Il 10 maggio 1996 Triccoli morì a Jesi per arresto cardiaco. Nello stesso anno vi furono la vittoria nella coppa del mondo di Vezzali e l’argento olimpico individuale ad Atlanta di Trillini, con il bronzo a squadre assieme a Vezzali e Di Francisca.

Nel dicembre del 2015 il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha assegnato a Triccoli, a titolo postumo, la Palma d’oro al merito tecnico, soprattutto per aver fatto vincere all’Italia, con il suo lavoro di maestro di scherma, 7 medaglie olimpiche, 15 medaglie mondiali, 15 coppe del mondo. Oggi un elevato numero di maestri e maestre di scherma provenienti dalla sua scuola insegna in svariati club italiani.

Fonti e Bibl.: Archivio del Centro documentale (CEDOC) di Ancona, Classe 1915, fogli matricolari. Alcune informazioni sulla vita di Triccoli derivano da colloqui dell’autore con la figlia di questi, Maria Cristina.

L’unica biografia di Triccoli è A. Vespignani, Le lame dell’imperatore, Ancona 1998. Notizie sul suo periodo a Zonderwater si trovano in C. Annese, I diavoli di Zonderwater, Milano 2010, pp. 215-219. Si veda anche V. Vezzali, A viso scoperto, Milano 2006, p. 90.

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