FALIERO o Falier

Enciclopedia Italiana (1932)

FALIERO o Falier


Celebre famiglia veneziana, che diede tre dogi alla Repubblica. Primo fu Vitale il quale ascese al supremo potere nel 1084 (o 1085), vinse i Normanni di Roberto Guiscardo tra Corfù e Butrinto, e ottenne a Venezia vari privilegi dall'imperatore bizantino Alessio. Morì nel 1096. Nel 1102 seguì Ordelafo, il cui dogato è particolarmente notevole, sia perché sotto di esso l'attività dei Veneziani nell'oriente s'intensificò (spedizione del 1102 per aiutare Baldovino I re di Gerusalemme), sia, soprattutto per le aspre lotte contro Stefano II re d'Ungheria. Nel 1115 Ordelafo riprese infatti a quest'ultimo Zara, aggiungendo ai suoi titoli quello di duca di Croazia; ma poco dopo la guerra riarse, e questa volta il doge veneziano cadde sul campo di battaglia presso Zara (1118).

Il più celebre dei membri della famiglia è Marino, eletto doge l'11 settembre 1354, in sostituzione di Andrea Dandolo morto pochi giorni innanzi. Marino, nato nel 1274, aveva già assolto molti incarichi pubblici: capitano delle galere di Costantinopoli, governatore di Negropoli e di Candia, ambasciatore più volte. Anche quando gli pervenne la notizia della sua elevazione al dogato, egli si trovava come ambasciatore ad Avignone, presso papa Innocenzo VI, per discutere della pace con Genova. Tornato immediatamente in patria, e fatto un trionfale ingresso in città, ebbe tuttavia un difficile inizio di governo: i Veneziani venivano sconfitti dai Genovesi a Portolungo, il 4 novembre 1354. Più grave ancora, per la sua azione successiva, fu il contrasto in cui egli si trovò con alcuni giovani patrizî, che, guidati da un Michele Steno, avrebbero scritto sul camino del doge, nello stesso palazzo ducale, frasi ingiuriose per lui e per un suo nipote (secondo un'altra tradizione, che sembra però errata, per lui e per la moglie). Lo Steno fu condannato; m il doge ritenne insufficiente la punizione, e da ciò sarebbe derivata secondo la tradizione, la sua animosità contro il governo patrizio di Venezia e il suo proposito di abbatterlo. Accordatosi con alcuni parenti e alcuni popolani malcontenti, Marino condusse innanzi la congiura, che doveva scoppiare la notte dal 15 al 16 aprile 1355; ma il 15 aprile uno dei congiurati, impauritosi, svelò il piano a uno dei patrizî. Così questi ultimi ebbero modo di sventare la congiura. Arrestato con gli altri congiurati, e subito processato, Marino fu decapitato il 17 aprile, sul pianerottolo della scala di pietra dove aveva prestato giuramento quando assunse il dogato.

E il 16 dicembre 1366 il Consiglio dei Dieci deliberava di far togliere il ritratto di lui dalla serie dei dogi dipinta nella nuova sala del Maggior Consiglio, sostituendo al ritratto stesso la scritta "Hic fuit locus ser Marini Falieri decapitati pro crimine proditionis" (l'iscrizione fu poi rimessa, leggermente modificata, dopo l'incendio del 1577; e sussiste ancor oggi).

La tradizione ha visto nella congiura del F. solo l'espressione di risentimenti e di ambizioni personali. Ma è probabile che si debba tener conto, nel giudicarla, di contrasti politici più generali, soprattutto a proposito della pace con Genova.

Alla figura di Marino Faliero, di cui parlava a lungo già il Petrarca, in una lettera del 24 aprile 1355, s'ispirarono poi spesso poeti, pittori e musicisti: tra gli altri Byron, Delavigne, Delacroix e Donizetti.

Bibl.: Su Marino F., v. V. Lazzarini, M. F. la congiura, in Nuovo Arch. Veneto, XIII (1897); A. Battistella, La repubblica di Venezia nei suoi undici secoli di storia, Venezia 1921.

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