Famiglia

Enciclopedia del Novecento III Supplemento (2004)

Famiglia

Giovanna Da Molin

di Giovanna Da Molin

Famiglia

sommario: 1. Introduzione. a) iI dibattito culturale. b) Cos'è la famiglia? c) II problema della definizione. d) Strutture e relazioni familiari. e) Ciclo di vita individuale e familiare. 2. Demografia e famiglia. a) Le grandi trasformazioni. b) II calo dei matrimoni. c) La riduzione delle nascite. d) L'invecchiamento della popolazione. e) La seconda transizione demografica. 3. Il volto nuovo della famiglia tradizionale. a) II modello del figlio unico. b) La famiglia 'piccola'. c) La 'giovinezza lunga'. 4. I modelli familiari emergenti. a) La pluralizzazione della famiglia è un mito? b) La famiglia unipersonale. c) La famiglia monogenitore. d) La famiglia ricostituita. e) La famiglia multietnica. 5. La 'famiglia di fatto'. a) Dall'epoca d'oro del matrimonio all'alba della convivenza. b) Convivenze etero- e omosessuali e riconoscimenti giuridici. 6. Le relazioni familiari nella famiglia contemporanea. a) Le reti parentali. b) I nonni, una risorsa per la famiglia. c) II rapporto di coppia: cos'è cambiato? 7. Famiglia, economia e consumi. a) II difficile impegno della donna madre e lavoratrice. b) I consumi familiari. 8. Le politiche familiari. a) Le politiche sociali per la famiglia in Europa. b) Nuove linee di intervento nell'assistenza. c) La famiglia 'in crisi' nelle misure legislative. d) Dalla maternità naturale alla maternità artificiale. e) Chiesa e famiglia dopo il Concilio Vaticano II. 9. Conclusioni. a) Dove va la famiglia? b) Di famiglia si discute. c) Una scommessa per il futuro. □ Bibliografia.

1. Introduzione

a) Il dibattito culturale

La famiglia occidentale, alle soglie del terzo millennio, è stata investita da grandi trasformazioni: i mutamenti, che sono tuttora in corso, riguardano sia la struttura, sia le relazioni familiari. A partire dagli anni settanta del XX secolo, i movimenti di emancipazione delle donne e l'introduzione delle leggi sul divorzio e sull'aborto, l'abbandono di tradizionali riferimenti religiosi e istituzionali, come la verginità prematrimoniale e la fedeltà coniugale, la libertà di vivere la propria sessualità, favorita dai progressi nel controllo delle nascite, sono espressione di profondi cambiamenti di costume e di valori intervenuti nella società contemporanea.

La famiglia è stata interessata da ripetute revisioni socio-economiche e culturali. Le trasformazioni hanno riguardato i modi e i tempi di formazione del nucleo familiare, le dinamiche di riproduzione, di scioglimento e di potenziale ricostituzione. Si sono sviluppati, così, modelli familiari e comportamenti coniugali e riproduttivi generati, oltre che dai processi demografici in atto, dall'affermarsi di un nuovo 'sistema di valori'.

Oggi la famiglia è oggetto di una rinnovata e ricchissima riflessione scientifica che coinvolge sociologi, demografi, storici, antropologi, giuristi, medici e teologi. L'aggregato familiare si pone al centro dell'attenzione nel dibattito politico e sociale: una preoccupazione dominante è la forte riduzione delle nascite che coinvolge tutto il mondo occidentale.

b) Cos'è la famiglia?

A tale interrogativo non è semplice dare una risposta. La famiglia è un concetto universale ed è l'elemento centrale della società. Ogni epoca storica dà una valenza simbolica all'aggregazione familiare e ne compone i legami con particolari modalità. La difficoltà nel dare una definizione chiara e generalizzabile del termine è connessa alla regolazione culturale e giuridica di una società. Ovviamente, i contenuti concettuali si chiariscono meglio, e diversamente, secondo l'ottica di riferimento (demografica, statistica, sociologica, giuridica, economica, religiosa).

Secondo alcuni studiosi (v. Donati, 2001) esistono dei requisiti minimi perché si possa qualificare una relazione familiare in senso proprio, e questa qualifica è definita dal legame tra patto coniugale (la cui funzione è sempre stata quella di garantire soprattutto la parte debole della coppia) e rapporto genitoriale, che, attraverso più o meno complesse attribuzioni in linea verticale e orizzontale, configurano la parentela legittima di sangue o legale.

È opinione condivisibile che la famiglia non debba essere considerata come un sistema chiuso in se stesso, ma come una protagonista del sociale, inserita in complessi processi interagenti con la società in cui si colloca (v. Saraceno e Naldini, 2001).

Ciò che oggi è radicalmente nuovo non è il fenomeno familiare in sé, quanto il modo di osservarlo e legittimarlo. La pluralizzazione degli stili di vita ha giustificato nuove forme familiari, portando a riconoscere lo status di 'famiglia' a forme di coabitazione, a gestioni private della dimensione affettivo-relazionale, a strategie di organizzazione del quotidiano che nel passato, pur esistendo, erano relegate ai margini della società.

Indipendentemente dalla pluralizzazione delle sue forme, resta innegabile il ruolo primario che questa complessa unità economico-sociale svolge sia in termini di sviluppo del singolo individuo, sia nell'organizzazione sociale. Dalle relazioni più o meno complesse che si definiscono al suo interno scaturiscono per la società risorse e bisogni. Le risorse offerte dalla famiglia sono rappresentate dalla cura dei figli, dal lavoro informale, dalle reti d'aiuto, dai servizi di assistenza: in sintesi, dalla 'solidarietà familiare'. Dei bisogni, invece, la società deve farsi carico chiamando in causa le politiche familiari: ecco, quindi, il soddisfacimento delle esigenze abitative, i sostegni economici, i servizi socio-assistenziali, l'equità di genere, la tutela dei minori. Queste politiche, nella misura in cui offrono il loro supporto, diventano chiavi interpretative del valore riconosciuto all'istituzione familiare.

c) Il problema della definizione

La definizione più utile ai fini statistici appare quella corrispondente alla cosiddetta 'famiglia anagrafica', o di censimento. Essa viene definita come un insieme di individui legati da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, o da vincoli affettivi, che dimorano abitualmente sotto lo stesso tetto; oppure può essere formata da una sola persona. Questa definizione, universalmente accettata, al di là delle dimensioni e dei legami sanzionati da norme legali o di costume, è un utile punto di partenza per individuare la popolazione di riferimento negli studi che intendono delineare un quadro attuale della famiglia nel panorama internazionale.

I dati disponibili oggi sono moltissimi. Sono numerose, infatti, le indagini condotte sulla famiglia da istituti, diversi per ogni nazione, e da commissioni di organismi sovranazionali. È però difficile comparare dati ricavati da fonti differenti ed elaborati con metodologie diverse. Occorre, infatti, confrontare con cautela i risultati prodotti nelle ricerche oggi edite e integrarli efficacemente, al fine di individuare il 'vero' significato della famiglia per gli uomini del XXI secolo.

d) Strutture e relazioni familiari

Il termine 'famiglia', da sempre, evoca due aspetti essenziali: da un lato la coabitazione, cioè il vivere insieme sotto lo stesso tetto, di soggetti diversi per età e sesso, uniti da legami di consanguineità e affinità, che si estrinseca in un ampio spettro di forme, tipologie, strutture familiari (household in inglese, ménage in francese); dall'altro il concetto più sentimentale e privatistico di 'relazioni familiari', visto come l'insieme d'atteggiamenti, comportamenti, rapporti e ruoli che coinvolgono l'intera rete familiare, estesa verticalmente e orizzontalmente.

Gli studi storici, sociologici e demografici, che hanno inteso fotografare le diverse realtà familiari nel tempo e nello spazio, hanno elaborato diverse tipologie di famiglie, cercando di coniugare proprio questi due aspetti: la convivenza e i legami di parentela.

La prevalenza della struttura nucleare nei secoli passati, ben prima dell'industrializzazione, è un dato ampiamente acquisito (v. Barbagli, 1984; v. Barbagli e Kertzer, 2002; v. Da Molin, 2000; v. Laslett, 1977). Ciò non toglie che sia esistito un ampio spettro di forme familiari legate strettamente a vari fattori economico-sociali: ai rapporti città-campagna, ai ceti sociali, all'organizzazione produttiva poderale-familiare o bracciantile, ai regimi matrimoniali e dotali, alle forme testamentarie e successorie. Altrettanto variegati e complessi erano i rapporti che legavano i singoli membri della famiglia in relazioni gerarchiche di età e di genere, di ruolo, di potere economico e di prestigio sociale, attraverso le quali l'aggregato familiare si qualificava come famiglia patriarcale evolutasi, nel tempo, nel modello coniugale intimo.

e) Ciclo di vita individuale e familiare

La famiglia è un sistema vivente che si allarga e si restringe secondo il contesto storico e sociale in cui l'individuo vive. Essa non va, quindi, intesa come fattore statico e immutabile, ma può subire modificazioni strutturali e assumere connotati diversi nel ciclo di vita di una persona. Un bambino può nascere in una famiglia tradizionale, con mamma, papà e altri fratelli; in caso di divorzio dei genitori, può vivere in una famiglia 'ricomposta', tra parenti di sangue e parenti acquisiti; divenuto adulto e scelta una compagna, può decidere di convolare a nozze, cioè di istituzionalizzare con il matrimonio la sua unione, o di convivere more uxorio, costituendo una coppia di fatto; una volta morto uno dei genitori, può scegliere di ospitare l'altro, estendendo il suo nucleo originario; da anziano, morta la sua consorte, può vivere solo e, quindi, costituire una famiglia unipersonale, oppure unirsi ad altri anziani in una comunità, mentre è più difficile, rispetto ai secoli passati, che entri nella famiglia del figlio. Come si vede, sono tanti i modelli del vivere insieme che si assommano nel concetto di famiglia. Un individuo, giunto al termine della sua esistenza, avrà sperimentato tante strutture familiari.

2. Demografia e famiglia

a) Le grandi trasformazioni

A partire dalla metà del XVIII secolo la popolazione europea ha vissuto quella che i demografi identificano con il termine di transizione demografica, cioè il passaggio da un regime di demografia naturale, caratterizzato da alti livelli di natalità e di mortalità, a uno di demografia controllata, in cui natalità e mortalità si collocano su livelli molto ridotti. In questa fase, avviata in generale da un calo della mortalità - dovuto alla scomparsa delle grandi crisi e al processo di modernizzazione - e da una natalità inizialmente elevata che declina lentamente, si registra una rapida crescita demografica. Con la fine del secondo millennio tale crescita, che ha portato il numero degli individui a quadruplicarsi dai tempi della rivoluzione industriale, in Europa si arresta. Negli ultimi decenni si è anzi aperta una nuova era. Tutti i paesi sviluppati si trovano, infatti, in una fase di grandi trasformazioni demografiche caratterizzata da livelli di fecondità molto bassi (ben al di sotto di quel numero di 2,1 figli per donna che assicura l'equilibrio della popolazione), da una speranza di vita alla nascita alta e da sostenuti movimenti migratori. Il vario combinarsi di questi tre fenomeni determina nella popolazione una sostanziale stabilità, con una tendenza, nel medio e lungo periodo, alla diminuzione complessiva e all'aumento della componente anziana (v. Golini, 1999; v. Livi Bacci, 20022).

b) Il calo dei matrimoni

Negli ultimi vent'anni si registra, in Europa, un sensibile calo della nuzialità e un innalzamento dell'età media al primo matrimonio. Le nozze non rappresentano più una tappa obbligata nella vita di coppia e, se avvengono, sono spesso rinviate alla soglia dei trent'anni. Secondo i modelli prevalenti alla fine degli anni novanta, nella quasi totalità dei paesi europei almeno il 40° delle donne sarebbe destinato a non vivere l'esperienza nuziale, con punte nell'ordine del 50-60° in alcune nazioni dell'est e del nord (Lettonia, Svezia, Ungheria, Regno Unito).

Alla caduta della nuzialità si affianca un progressivo spostamento in avanti del suo calendario, soprattutto per le donne. In Europa, l'età media al primo matrimonio nella popolazione femminile per gli anni 1997-1998 oscillava da un minimo di 23,1 anni per il Regno Unito a un massimo di 29,3 anni per la Danimarca. In Italia, il valore era pari a 27,1 anni e risentiva di un sensibile aumento ( + 3,3) rispetto agli anni settanta del Novecento (v. Blangiardo, 2001).

c) La riduzione delle nascite

Il declino della fecondità procede a ritmi sempre più sostenuti e ha toccato i minimi storici negli anni novanta del XX secolo nell'Europa meridionale. Volendo sintetizzare, l'andamento della fecondità in Europa si orienta, da alcuni decenni, lungo tre direzioni: la diminuzione del numero dei figli, l'aumento dell'età delle madri alla nascita del primo figlio, l'incremento dei nati da coppie non sposate. Il numero medio di figli per donna feconda per gli anni 1995-2000 era pari a 1,6 per i paesi sviluppati, a 3,1 per i paesi in via di sviluppo, a 2,8 per l'intero pianeta (v. Livi Bacci ed Errera, 2001). La dinamica della fecondità, nel panorama mondiale, è assai varia: ci sono paesi come l'Etiopia e la Nigeria in cui si registrano valori molto elevati - rispettivamente 6,8 e 5,9 - contrapposti a paesi, come quelli europei e il Giappone, con valori bassissimi, fortemente sotto il livello di rimpiazzo. L'Italia, come ampiamente noto, è tra i paesi con la più bassa fecondità al mondo. Complice, forse, il desiderio di far nascere la propria prole all'inizio del nuovo millennio, nel 2000 il nostro paese ha registrato un leggero recupero della fecondità (1,25 figli per donna), dopo aver toccato il minimo storico nel 1995 (1,18 figli per donna). Più che di una riduzione del 'sentimento della maternità', si è trattato di una drastica riduzione del numero dei figli che ogni donna mette al mondo: il modello del figlio unico è una 'conquista' dei nostri giorni.

Le donne partoriscono in età sempre più avanzata. Per quanto concerne l'età media delle madri alla nascita del primo figlio, i dati relativi al 1997-1998 registravano i valori più bassi in Polonia (23,9 anni) e in Ungheria (24,5 anni); di contro, le età più elevate appartenevano a Olanda (29,1 anni), Spagna (28,5 anni), Italia, Francia e Svizzera (28,4 anni).

In forte aumento è il numero delle nascite 'illegittime', cioè dei bambini nati da coppie non coniugate: un fenomeno che, se ancora marginale nei paesi dell'Europa meridionale, assume dimensioni fortemente significative nell'Europa settentrionale.

d) L'invecchiamento della popolazione

I metodi per il controllo delle nascite indesiderate e i progressi della medicina per il controllo della morte precoce hanno prodotto, oltre alla riduzione del numero dei nati, un aumento delle probabilità di raggiungere la vecchiaia, provocando quello che oggi viene definito il 'terremoto generazionale', cioè il processo di invecchiamento della popolazione. Le previsioni indicano che fra il 2000 e il 2050 nel mondo le persone con oltre sessant'anni potrebbero raddoppiare. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite nel 2001, relativi al periodo 1995-2000, nei paesi sviluppati la speranza di vita era pari a 74,9 anni, mentre nei paesi in via di sviluppo si attestava su 62,9 (v. Livi Bacci ed Errera, 2001). Al vertice si collocava il Giappone, con una speranza di vita di 80,5 anni (77 anni per i maschi e 83 per le femmine), ma anche l'Italia godeva di un'ottima posizione nello scenario mondiale. Nel nostro paese la speranza di vita, che nel 1880 era di 35 anni, è cresciuta continuamente fino agli attuali 78,2 (76 per i maschi e 82 per le femmine).

Come è ovvio, l'invecchiamento della popolazione implica problemi economici, sociali e culturali. Fra i problemi emergenti vi è la qualità della vita degli anziani - intesa in senso biofisico - e le sue prospettive future. L'anziano ha molto tempo a disposizione per riprogrammare le sue attività, le sue relazioni sociali. Tuttavia, l'invecchiamento coinvolge non solo i singoli individui e il loro ciclo di vita biologico, ma anche le famiglie che, a loro volta, invecchiano. Cresce il numero delle generazioni coesistenti, anche se non residenti sotto lo stesso tetto, aumenta il numero dei nonni e dei bisnonni in vita e, più in generale, il numero dei parenti anziani e vecchi, mentre diminuisce parallelamente il numero dei bambini.

e) La seconda transizione demografica

L'intensità e l'ampiezza dei mutamenti demografici, unitamente ai cambiamenti di valori, sono stati di tale portata da generare una vera e propria rivoluzione, indicata dagli studiosi come 'seconda transizione demografica'. Con questa espressione si intende quell'insieme di fattori strutturali, tecnologici e culturali che sono alla base delle grandi trasformazioni demografiche e che si esplicano soprattutto sul piano dei comportamenti sessuali e coniugali.

Sotto il profilo socio-demografico, i sostenitori di tale transizione identificano i punti determinanti della nascita e del conseguente sviluppo della famiglia contemporanea in quattro passaggi: dall'epoca d'oro del matrimonio al profilarsi della coabitazione; dalla centralità del modello 'figli con genitori' al ruolo dominante della 'coppia con figlio'; dalla contraccezione preventiva al concepimento scelto come gratificazione personale; da un modello prevalente di famiglia tradizionale a una pluralità di forme familiari (v. Van de Kaa, 1987).

3. Il volto nuovo della famiglia tradizionale

a) Il modello del figlio unico

Benché la gran parte della popolazione continui a sposarsi e a mettere al mondo figli, la famiglia tradizionale (basata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sui loro figli) appare 'priva di smalto', a volte in crisi, a volte superata. Oggi, l'aggregato domestico 'classico' non è più l'unico modello familiare, ma è affiancato da un ampio scenario di altri modi di stare insieme. Recentemente è emerso che la famiglia con figli o le coppie conviventi anch'esse con prole non riescono a superare la maggioranza assoluta delle famiglie di varie tipologie presenti nel panorama europeo. Negli Stati Uniti, dal censimento del 2000 è risultato che le famiglie nucleari coniugali sono appena un quarto del numero complessivo degli aggregati familiari.

La famiglia con molti figli è considerata 'ingombrante', pesante economicamente e difficile da gestire. Dall'attuale regime demografico, fortemente caratterizzato dalla riduzione della natalità, emerge il nuovo volto della famiglia tradizionale: la coppia coniugata con un solo figlio, coccolato e vezzeggiato, spesso procreato in età matura. Decisamente più raro è il modello della 'culla vuota', cioè della coppia senza figli. È importante sottolineare che in Italia, contestualmente alla diminuzione del numero medio dei figli per coppia, non è aumentata la percentuale di coppie senza figli. In altre parole, si programma un numero limitatissimo di figli, ma non si rinuncia alla maternità, un'esperienza che ancora segna la quasi totalità dei corsi di vita delle donne italiane.

b) La famiglia 'piccola'

Fotografando la società europea attuale emerge un nucleo familiare di piccole dimensioni. In diversi paesi industrializzati, il numero medio dei componenti della famiglia si è negli ultimi decenni drasticamente contratto; a ciò si accompagna un aumento del numero delle famiglie superiore all'incremento della popolazione, nonché un generale invecchiamento della famiglia stessa.

La dimensione media della famiglia europea, nel 1997, variava da un minimo di poco più di due componenti per nucleo della Svezia (2,1) a un massimo di 3,3 di Spagna e Irlanda. L'Italia, con altri paesi mediterranei (Grecia e Portogallo), si avvicinava ai 3 componenti per nucleo; quindi, non si collocava nella retroguardia, ma era tra i paesi in cui i tempi della riduzione sono stati più accelerati.

c) La 'giovinezza lunga'

Dalla prima metà degli anni ottanta del Novecento, in tutti i paesi occidentali si è manifestata la tendenza, da parte dei giovani, a restare a lungo nella famiglia d'origine, in parallelo con l'aumento della scolarità, con la difficoltà d'ingresso nel mondo del lavoro, con l'elevato costo delle abitazioni, con le tradizioni culturali, oltre che con l'elevata età al matrimonio. È aumentata dunque l'età media in cui i giovani lasciano la casa d'origine: più precoce nell'Europa centrale e settentrionale, più tardiva nel sud. La lunga o breve permanenza nella casa dei genitori ha delineato nuovi modelli di vita familiare e lavorativi, con significative differenze territoriali tra i diversi paesi occidentali. Pur riscontrandosi una certa omogeneità nel comportamento dei giovani, sono stati individuati tre modelli: un modello mediterraneo di prolungamento della vita in famiglia; un modello dell'Europa settentrionale e della Francia, che si caratterizza per il prolungamento della vita extra-familiare (si lasciano i propri genitori senza fondare immediatamente una nuova famiglia); un modello britannico, contraddistinto dalla precocità dell'ingresso nella vita professionale e dal prolungamento della vita in coppia senza figli.

L'Italia, insieme alla Spagna, è il paese europeo in cui il fenomeno della coabitazione fra genitori e figli ha assunto, recentemente, dimensioni sempre più significative, interessando le fasce adulte (oltre i venticinque anni) prevalentemente maschili, poiché le donne si sposano prima. In proposito, si parla di un modello di 'famiglia lunga del giovane adulto'. Ricerche recenti, condotte su un vasto campione di giovani adolescenti italiani, hanno evidenziato le loro aspettative di una lunga permanenza nella casa dei genitori. Non sempre si tratta di scelte di necessità, bensì, spesso, di convenienza. I giovani trovano 'comodo' vivere protetti in famiglia, senza responsabilità e usufruendo di tutti i servizi, mentre i genitori, complici del ritardo dell'uscita dal nucleo abitativo, sono ricambiati con affetto e compagnia.

Negli ultimi trent'anni, dunque, i tempi e i percorsi di transizione all'età adulta sono stati posticipati: è la 'sindrome del ritardo', come alcuni studiosi definiscono questo fenomeno in Italia.

4. I modelli familiari emergenti

a) La pluralizzazione della famiglia è un mito?

Esaminando la struttura della famiglia, si evidenzia nello scenario europeo un'eterogeneità di forme familiari. Accanto alla famiglia nucleare, nella società contemporanea sono emerse, progressivamente e sempre più frequentemente, quelle che sono definite 'nuove famiglie': famiglia unipersonale, famiglia monogenitore, famiglia ricostituita o ricomposta. A ben vedere, queste nuove tipologie balzano fuori dal grande contenitore della famiglia nucleare e spesso altro non sono che condizioni familiari dovute alla rottura e alla frammentazione della famiglia normo-costituita, non alternative a questa. In molti casi - il dibattito scientifico su questo tema è aperto - possiamo parlare di nuove condizioni familiari o di processi di modificazione delle relazioni familiari, ma non di nuove tipologie in senso stretto. La persona sola, la famiglia monogenitore, la famiglia ricomposta erano forme già caratterizzanti la famiglia del passato. Mentre prima ciò che condizionava i modelli e le relazioni familiari era la morte, oggi intervengono invece fattori economici e sociali, in primis l'instabilità coniugale.

b) La famiglia unipersonale

La famiglia unipersonale, a volte definita 'famiglia impropria', è formata da un individuo che vive da solo in un'abitazione. La diffusione di questa tipologia, che si è imposta ininterrottamente e celermente in tutti i paesi europei, è stata superiore a quella delle altre forme familiari.

Vivono soli, in misura maggiore, gli anziani, la cui speranza di vita è in continuo aumento e che non usufruiscono più, come accadeva in passato, della coabitazione con i loro figli. Il più coinvolto in questo fenomeno è il sesso femminile, per effetto della maggiore longevità delle donne, che sono destinate a trascorrere lungo tempo da sole (in Italia si stima in media un periodo di diciassette anni) dopo la morte del proprio coniuge.

In misura inferiore appartengono a questo modello familiare i giovani (celibi o nubili) e gli adulti (separati o divorziati). Per la maggior parte dei giovani e degli adulti vivere soli non è sempre una soluzione definitiva, ma un passaggio intermedio, una fase del loro corso di vita. Per i giovani tale esperienza assume le caratteristiche della temporaneità, dell'instabilità e dell'autonomia dalla famiglia d'origine; per gli anziani, invece, rappresenta la fase finale della vita. Nella società contemporanea, 'vivere soli' non significa necessariamente vivere in solitudine, né essere isolati socialmente.

c) La famiglia monogenitore

La crisi dell'istituzione matrimoniale ha generato l'instabilità della famiglia. La crescita dei divorzi ha riguardato, negli ultimi decenni, tutti i paesi occidentali. Tuttavia, l'intensità dei tassi di divorzialità non manca di riproporre la consueta contrapposizione tra rischi di dissoluzione più alti nell'Europa settentrionale e valori assai più contenuti nell'area mediterranea. In Italia, ad esempio, si registra ancora, soprattutto nel Mezzogiorno, una grande stabilità matrimoniale.

L'instabilità frammenta la compagine della famiglia nucleare coniugale e dà luogo a differenti tipologie familiari. Da una parte, nel caso di assenza di figli, si generano due famiglie unipersonali a fronte di quella coniugale; dall'altra, nel caso di presenza di figli, uno dei due componenti la coppia genera un nucleo familiare di tipo unipersonale, solitamente composto dall'uomo, mentre l'altro costituisce la famiglia monogenitore, in prevalenza formata dalla donna con i propri figli. Le cause che generano questa tipologia familiare 'al femminile' sono, oltre al divorzio, oggi ricorrente, anche la vedovanza - tipica della società del passato - e la nascita di un figlio illegittimo.

Dalla metà degli anni sessanta del XX secolo, in tutti i paesi occidentali si è manifestato un forte aumento delle famiglie con un solo genitore, un fenomeno che nell'ultimo decennio ha assunto ritmi intensi e in alcuni contesti imponenti. Negli Stati Uniti si registra la quota più alta di queste famiglie, che rappresentano quasi un terzo di tutti i nuclei con figli minori; seguono i paesi dell'Europa settentrionale, il Regno Unito e la Germania.

d) La famiglia ricostituita

Coloro che sperimentano il fallimento dell'unione matrimoniale possono rientrare nella famiglia d'origine o coabitare con altri parenti o con persone non legate da vincoli di parentela, possono continuare a convivere con i soli figli, possono scegliere una convivenza more uxorio o creare una nuova unione coniugale. La 'famiglia ricostituita', o secondo alcuni 'ricomposta', è un nucleo familiare nuovo composto da una coppia che vive sotto lo stesso tetto, in cui almeno uno dei due partners è reduce da un precedente matrimonio, finito per vedovanza o per divorzio. La famiglia ricostituita assume connotati di particolare complessità nel caso in cui ci siano figli nati dalle precedenti unioni che 'transitano' tra i parenti del nucleo familiare originario e i componenti della nuova famiglia. I rapporti si complicano ancora di più quando entrambi i coniugi hanno figli di primo letto e poi figli insieme. Si possono instaurare così convivenze temporanee oppure stabili tra figli che fanno riferimento a coppie genitoriali diverse.

Le seconde nozze, che nel passato erano dovute alla vedovanza, costituiscono oggi un interessante indicatore per approfondire il fenomeno delle famiglie ricostituite, in quanto coinvolgono sempre più spesso i divorziati. Tuttavia, a partire dagli anni settanta del Novecento, il numero dei divorzi è aumentato, mentre quello dei secondi matrimoni è diminuito. Il declino del remariage non significa necessariamente che le persone con un fallimento matrimoniale alle spalle restino sole più a lungo e rifiutino la vita di coppia, quanto piuttosto che preferiscono convivere con un nuovo partner anziché risposarsi, nel timore di un nuovo fallimento.

e) La famiglia multietnica

Negli ultimi decenni, la mobilità umana, insieme alla globalizzazione, ha avuto un forte sviluppo. Nella società contemporanea si assiste a un complesso movimento migratorio da sud verso nord e da est verso ovest, volto ad attenuare gli squilibri demografici ed economici del mondo. I grandi flussi di popolazione hanno contribuito a trasformare la società europea in una realtà multiculturale, portatrice di modelli di convivenza interetnica e multireligiosa.

Una delle conseguenze dell'osmosi tra culture diverse è la famiglia multietnica o 'mista', che nasce dall'unione fra individui appartenenti a nazioni, etnie e culture diverse, in cui almeno uno dei due partners è stato coinvolto in un'esperienza migratoria. Nella società attuale la famiglia frequentemente 'si colora', diventa multietnica, talvolta per la presenza di un bambino adottato: le adozioni internazionali sono infatti in forte aumento. In quanto frutto di un'unione biculturale, la famiglia mista è un laboratorio di comunicazione fra culture che si incontrano e si scontrano attraverso scambi, conflitti e adattamenti, dai quali si genera una 'terza cultura' portatrice di nuove forme, linguaggi e stili di vita trasmessi ai figli. Questo fenomeno sociale è un chiaro indicatore del 'radicamento' dell'immigrato nella società ospite ed è in forte crescita nei paesi europei in cui il flusso migratorio è rilevante (v. Barbara, 1985; v. Tognetti Bordogna, 1996).

Sono anche in aumento le unioni fondate sul pluralismo religioso. Le statistiche indicano una crescita dei matrimoni tra cristiani e musulmani nella maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale.

5. La 'famiglia di fatto'

a) Dall'epoca d'oro del matrimonio all'alba della convivenza

Oggi, in tutti i paesi europei, una forma di vita di coppia alternativa al matrimonio è la convivenza more uxorio, o unione libera, o 'famiglia di fatto'. Nel nostro paese con quest'ultima espressione si allude a una forma di vita familiare che non si basa sul matrimonio. La convivenza di un uomo e una donna al di fuori del matrimonio non è, però, un fenomeno nuovo: in Europa, infatti, nei secoli passati non sono mancate unioni libere o situazioni di concubinato, soprattutto fra gli strati sociali meno abbienti. Ciò che oggi risulta nuovo è il diffuso imporsi della convivenza consensuale come scelta libera, socialmente accettata.

La convivenza, quindi, indica la situazione di due individui, non necessariamente di sesso diverso, che vivono nella stessa casa come sposi senza essere uniti dal vincolo matrimoniale (v. Barbagli, 1990; v. Zanatta, 1997). Considerando le convivenze eterosessuali, si possono distinguere due modelli. Il primo modello è costituito dalle convivenze giovanili pre-matrimoniali, interpretabili come periodo di prova, come una nuova forma di fidanzamento in vista di eventuali nozze, cioè come una fase di transizione, di solito breve e senza figli, verso il matrimonio. Il secondo modello è rappresentato dalle convivenze tra adulti, più stabili e durature e spesso allietate dalla nascita di figli 'illegittimi'.

Le relazioni di coppia non istituzionalizzate sono aumentate ovunque nel mondo occidentale, anche se con sensibili differenze tra le varie nazioni. Nell'Europa settentrionale le famiglie di fatto sono ormai ben radicate nel costume e rappresentano un'istituzione, mentre nell'Europa mediterranea le convivenze sono più rare e hanno avuto uno sviluppo più lento. In Italia, in particolare, il fenomeno - di modesta entità - si caratterizza come scelta transitoria in attesa del matrimonio, non come coabitazione senza matrimonio.

b) Convivenze etero- e omosessuali e riconoscimenti giuridici

In alcuni Stati occidentali le unioni informali, a motivo della loro diffusione, hanno ottenuto anche legittimazione giuridica. Infatti, negli ultimi quindici anni, organismi internazionali e legislazioni nazionali hanno emanato leggi con le quali si sono legittimati i diritti civili e sociali delle unioni di fatto, anche per sollevare le sorti della bassa natalità. I diritti delle coppie eterosessuali non coniugate sono stati riconosciuti formalmente in Svezia e in Danimarca negli anni settanta e qualche anno dopo in Francia. Anche gli Stati Uniti e il Canada hanno progressivamente riconosciuto i diritti alle coppie di fatto. In Italia, invece, dove l'istituzione matrimoniale è tutelata dalla stessa Costituzione, così come in Grecia, Irlanda e Lussemburgo, l'unica forma di coppia riconosciuta dal diritto è quella fondata sul matrimonio (v. Saraceno e Naldini, 2001). Alle convivenze classiche, lei e lui che convivono, con tutte le variabili introdotte dai figli, si affiancano le unioni omosessuali, lei con lei e lui con lui.

La teoria del gender, condivisa da ampi strati socio-culturali, scuote profondamente l'immagine tradizionale della famiglia. Nella società contemporanea si è aperto il dilemma se considerare anche le coppie omosessuali come 'famiglie' che meritano la tutela riservata alle famiglie tradizionali (come, per esempio, il diritto di avere o adottare figli).

I Paesi Bassi sono stati i primi a riconoscere il matrimonio omosessuale e, di recente, anche la Germania ha rimosso gli ostacoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Le normative di alcuni Stati europei hanno previsto un trattamento giuridico per le coppie omosessuali attraverso la registered partnership, nata con il fine politico di eliminare le discriminazioni verso gli omosessuali. Questo nuovo istituto giuridico è stato esteso, talora, alle coppie eterosessuali; nei paesi scandinavi si mira a riconoscere alle coppie che desiderano registrare la loro unione gli stessi diritti patrimoniali, fiscali, sociali e successori di quelle coniugate.

Per restare al tema del riconoscimento giuridico delle convivenze, il Belgio, nel 1998, ha istituito un contratto di coabitazione legale e in Francia, nel 1999, è entrato in vigore il PACS (Pacte Civil de Solidarité), un nuovo modo di costituire una famiglia pensato per le coppie, incluse quelle omosessuali, che non vogliono o non possono sposarsi: in questo caso lo scioglimento dell'unione avviene semplicemente per manifesta volontà delle parti o per separazione di fatto.

Dove va l'Europa? L'Unione Europea sollecita gli Stati membri a modificare le legislazioni che non prevedono il riconoscimento delle convivenze e ritiene auspicabile che si compia un importante passo avanti in questa direzione.

6. Le relazioni familiari nella famiglia contemporanea

a) Le reti parentali

Le ricerche condotte alla fine degli anni novanta in diverse nazioni europee offrono l'immagine di una famiglia nucleare di dimensioni sempre più ridotte, collocata al centro di una rete di relazioni fra parenti. Scambi e rapporti si sviluppano in molteplici direzioni, seguendo percorsi dettati tanto dalla necessità, quanto dalla libera scelta di ognuno. Flessibilità ed emancipazione da ogni regola o gerarchia precostituite sono i punti cardine attorno ai quali oggi ruotano i rapporti parentali: ciascun membro della famiglia sceglie liberamente quale spazio riservare a tali rapporti e a chi dare le proprie preferenze, a seconda delle affinità elettive e del gioco dei bisogni.

Intensi sono i rapporti che intercorrono tra la coppia giovane e le due coppie dei rispettivi genitori: un flusso di aiuti che vanno, generalmente, dai genitori alla neo-famiglia, e che possono essere di tipo finanziario o riguardare la cura dei bambini. In cambio, la coppia donatrice riceve un sostegno di tipo affettivo. L'affettività costituisce il vero collante della rete familiare contemporanea, in particolare tra i parenti in linea diretta: genitori e figli adulti, sorelle e fratelli adulti, nonni e nipoti.

Attenuatisi i rapporti di autorità e deferenza che in passato legavano i membri delle diverse generazioni, le giovani coppie odierne mostrano una chiara volontà a ricercare il supporto della rete parentale più stretta. Anche se i giovani sposi preferiscono abitare da soli, la prossimità abitativa con i genitori risulta una scelta tutt'altro che inusuale.

Un altro aspetto caratteristico delle relazioni parentali contemporanee è rappresentato dal ruolo centrale rivestito dalle donne. Se in passato codici morali e norme di diritto collocavano le donne in posizione subalterna, tanto all'interno della propria linea parentale, quanto in quella del marito, nelle reti familiari contemporanee la donna è al centro degli scambi e ne è la principale artefice. Sono le donne della famiglia - madri, figlie, nuore - a svolgere una funzione di mediazione fra i gruppi parentali, fornendosi aiuto reciproco.

b) I nonni, una risorsa per la famiglia

L'allungamento della vita media ha posto i nonni attuali, rappresentanti la terza generazione, in una posizione sconosciuta ai propri coetanei di un secolo fa: ha concesso loro, infatti, di veder nascere i propri nipoti, di vederli crescere e diventare adulti. Considerando la maggiore longevità femminile, quello che oggi si protrae per un maggior numero di anni è il ruolo della nonna, la quale diventa il perno delle relazioni tra le generazioni. È infatti alla madre e alla suocera che si rivolgono figlie e nuore, sempre più spesso occupate fuori casa a tempo pieno, per avere aiuto nella cura dei figli. Il fenomeno non conosce confini geografici: in Francia, ad esempio, ben due nonni su tre si prendono cura dei nipoti regolarmente o in maniera saltuaria. Dati simili si registrano in Italia e pare che questa percentuale in futuro sia destinata ad aumentare. È un dato indiscusso che le famiglie d'origine rappresentano ormai una risorsa fondamentale nell'organizzazione familiare delle coppie con figli piccoli: spesso l'unica possibile in mancanza di alternative con lo stesso grado di flessibilità.

A questa nuova generazione di nonni, più 'arzilla' e in buona salute delle precedenti, viene offerta la possibilità di essere nuovamente genitori e di riutilizzare un patrimonio di conoscenze già collaudate. Un compito senza dubbio gravoso e complesso, nel quale il grande affetto si intreccia con la necessità di essere autorevoli senza tuttavia interferire nelle scelte dei genitori, ai quali spetta la piena responsabilità educativa. In quanto anello di congiunzione fra tre generazioni in una famiglia multigenerazionale e non coabitante, a questi nuovi nonni viene chiesto di essere ancora guida e supporto delle giovani generazioni. Si tratta del riconoscimento di un ruolo, di una scelta opportunistica o di una riscoperta di quei legami familiari su cui si reggeva la famiglia patriarcale del passato? A tale quesito darà risposta il secolo appena iniziato.

c) Il rapporto di coppia: cos'è cambiato?

Nell'ultimo scorcio del XX secolo, significativi mutamenti hanno investito le relazioni interne al nucleo familiare, in particolare quelle fra i due partners.

L'investimento affettivo è prerogativa delle coppie contemporanee, ma, paradossalmente, può divenire causa della loro intrinseca fragilità: puntare sulla qualità del rapporto affettivo, che deve essere intimamente ed emotivamente appagante, espone la coppia alla volubilità dei sentimenti, autorizzandone il legittimo scioglimento nel caso questi ultimi si affievoliscano.

L'affermarsi dell'amore romantico come base del rapporto di coppia, unitamente al ruolo giocato dall'emancipazione femminile, ha contribuito anche a modificare la struttura asimmetrica che un tempo caratterizzava il legame fra i coniugi, ognuno dei quali era relegato in ruoli definiti a priori e vincolati a rigidi stereotipi. Nel matrimonio contemporaneo l'uguaglianza e la reciprocità appaiono elementi fondamentali per preservare gli equilibri interni alla coppia. Ciascun partner, pur impegnandosi in un comune progetto di vita, conserva la propria individualità e le proprie aspirazioni in un rapporto che deve necessariamente modificarsi nel tempo.

In particolare, il cambiamento ha investito il ruolo e la visione della donna. Il cliché della donna che nell'ombra si adopera per costruire e sostenere la carriera del marito è superato: esso deve fare i conti con le legittime aspirazioni di una generazione di donne istruite e per nulla disposte a rinunciare ad avere un ruolo attivo e autonomo nel mondo del lavoro. Dotate di un maggior potere contrattuale in virtù di una più larga autonomia economica e culturale, le donne possono oggi aspirare a un rapporto paritario, a cominciare da quello che si instaura entro le mura domestiche.

7. Famiglia, economia e consumi

a) Il difficile impegno della donna madre e lavoratrice

L'ingresso delle donne nel mondo del lavoro ha costituito uno dei fenomeni sociali più significativi della nostra epoca e, nel contempo, una delle sfide più insidiose all'idea tradizionale di famiglia. Di fatto, sono progressivamente mutati gli orizzonti della realizzazione femminile. Per molte donne il matrimonio ha cessato di essere l'unico obiettivo della vita adulta: con l'innalzamento dei livelli di istruzione, la realizzazione professionale è divenuta un aspetto tutt'altro che secondario dell'identità femminile.

La maternità rimane peraltro un valore al quale le donne non vogliono rinunciare. Quali che siano le soddisfazioni derivanti dalla realizzazione professionale, per molte donne il richiamo della maternità, il desiderio di vivere appieno questo aspetto della vita, resta molto forte. Ma nella società attuale persiste un latente orientamento a porre la carriera professionale e dirigenziale su un piano più elevato rispetto a tutti gli altri impegni: il desiderio di una donna di essere madre viene inteso come un segno della sua mancanza di dedizione al lavoro e di ambizione. Questo avviene particolarmente se, oltre alla scelta di avere un bambino, la madre lavoratrice vuole ritagliarsi una porzione di tempo da trascorrere con il figlio.

Risulta così difficile oggi, per una donna, conciliare il lavoro extra-domestico, il ruolo di moglie e madre e la cura della casa. L'attività lavorativa delle donne ha dunque determinato una modificazione delle dinamiche familiari. Non vi è dubbio che le coppie che lavorano si trovano ad affrontare problemi legati all'interazione del lavoro con la famiglia: le tensioni derivano dalla difficoltà di destreggiarsi fra impegni di lavoro e routine familiare, dalla necessità di trovare il tempo per i lavori di casa e per coltivare il rapporto di coppia. Se poi ci sono dei bambini possono nascere incomprensioni e scontri riguardo alla loro assistenza.

La tanto auspicata condivisione dei ruoli sembra un ideale ancora lontano da raggiungere. Nonostante ci siano mariti che partecipano alla conduzione domestica, le testimonianze sulla divisione dei compiti rivelano come il cambiamento abbia investito in realtà molto più le opinioni che non i comportamenti. Ricerche condotte in numerose nazioni industrializzate hanno dimostrato che i mariti delle donne impiegate a tempo pieno si occupano in media delle faccende domestiche e della cura dei figli in misura di poco superiore rispetto a quanto facciano i mariti delle casalinghe. Ancora, secondo alcuni ricercatori finlandesi e francesi, mentre la presenza domestica maschile aumenta soltanto di pochi minuti al giorno dopo la nascita dei figli, quella delle donne aumenta di alcune ore (v. Crouch, 1999). L'aiuto alla donna, quando entrambi i coniugi lavorano fuori casa, viene dato, in mancanza di una rete parentale, da professionisti che forniscono servizi di assistenza familiare (baby sitters, collaboratrici domestiche, infermieri), il cui numero è in continuo aumento. Senza dubbio, si tratta di prestazioni costose, che incidono non poco sul bilancio delle giovani coppie che lavorano.

Come conciliare, dunque, lavoro e famiglia? Secondo alcuni, la risposta ai bisogni delle donne lavoratrici con figli risiede in una maggiore flessibilità degli orari di lavoro, tale da consentire loro di armonizzare la vita lavorativa con le esigenze familiari. Le attività che si possono svolgere senza muoversi dalle mura domestiche e il lavoro part time offrono alle donne la possibilità di dedicare più tempo ora alla casa, ora al lavoro, seguendo ritmi modellati sulle proprie esigenze. Secondo altri, le donne che decidono di conciliare il loro impegno nel mondo del lavoro retribuito con la famiglia hanno bisogno, soprattutto, di politiche familiari sempre più favorevoli, volte a potenziare la disponibilità di servizi sul territorio (asili, scuole pubbliche a tempo pieno, ludoteche, assistenza domiciliare per gli anziani).

b) I consumi familiari

Non va trascurato il ruolo attivo che la famiglia ha svolto e continua a svolgere nell'economia. La famiglia, infatti, rappresenta un'unità di consumo. Gran parte dei beni e dei servizi prodotti le sono destinati: essa accoglie le sollecitazioni che provengono dal mercato e, nello stesso tempo, pone le proprie richieste in base a nuovi bisogni reali o presunti. È un fatto indiscusso che, di pari passo con le profonde trasformazioni che hanno investito le società europee negli ultimi decenni, i modelli di consumo delle famiglie sono progressivamente mutati in termini di entità e destinazione delle risorse. In un mercato orientato verso la globalizzazione, la velocità con cui questi mutamenti si sono verificati è dipesa, in gran parte, da una serie di fattori ambientali, sociali, culturali e politici.

Il caso italiano è senza dubbio emblematico. Ancora alla fine degli anni cinquanta, poco più della metà del reddito medio delle famiglie italiane era destinato all'acquisto di generi alimentari, segno che una grossa fetta della popolazione non poteva accedere ad altri beni di consumo che non fossero quelli legati alla sussistenza. Oggi, il panorama è completamente cambiato: automobili, mobili, elettrodomestici, seconde case per le vacanze sono divenuti beni di largo consumo. Telefonia mobile e prodotti informatici sono fra i principali protagonisti della rivoluzione economica del nostro tempo. All'allargamento della fascia dei consumatori è corrisposta una crescente diversificazione dell'offerta proveniente dal mercato, sempre attento a cogliere l'emergere di nuove tendenze.

Fra mutamenti familiari e consumi vi è un legame assai stretto. Non vi è dubbio che l'aumento dei singles e delle giovani coppie senza figli abbia condizionato negli ultimi anni l'andamento del mercato immobiliare, spostando la richiesta verso monolocali e bilocali. Inoltre, la contrazione del numero dei matrimoni e delle famiglie con più figli ha determinato un calo dei consumi relativi ad articoli per la casa e per l'infanzia.

Sintomatico dei mutamenti intervenuti nello stile di vita di molte famiglie è l'aumento dei pasti effettuati fuori casa: un numero sempre più elevato di italiani consuma abitualmente uno o due pasti fuori casa, al lavoro, a scuola, con gli amici durante il tempo libero.

La famiglia è investita da una crescente 'individualizzazione' dei consumi: ad esempio, gran parte delle scelte operate dai figli, per quanto concerne l'abbigliamento, il tempo libero e il divertimento, sono influenzate da mode che nascono fuori dall'aggregato domestico. Spesso, i componenti della famiglia non operano scelte collettive e programmate nell'ambito familiare, e il bene di consumo è visto da ciascuno come espressione della propria autonomia e individualità.

La possibilità di accedere ai consumi, siano questi familiari o strettamente individuali, risulta assai diversificata in rapporto ai differenti livelli di reddito esistenti fra i vari gruppi sociali e all'interno dei gruppi stessi. Probabilmente, molte delle tensioni che nascono all'interno della famiglia, minandone l'unità e la coesione, hanno oggi una matrice economica: l'ostinata volontà di accedere, sempre e comunque, a beni sapientemente presentati come necessari.

8. Le politiche familiari

a) Le politiche sociali per la famiglia in Europa

Le rapide trasformazioni demografiche avvenute nei paesi occidentali hanno determinato una crescente attenzione alle politiche a sostegno della famiglia. Nel 1989 è stato pubblicato il primo documento dell'Unione Europea sulle politiche familiari, in cui si parla di welfare della famiglia, ossia di politiche sociali indirizzate al suo benessere. L'etichetta 'politica familiare' comprende un ampio spettro di interventi: dalle misure legislative ai sussidi monetari, ai servizi rivolti alla famiglia (minori, disabili, anziani).

In Europa manca un'organica politica familiare. I vari paesi hanno operato scelte differenti in tempi diversi. Francia, Belgio e Lussemburgo hanno affrontato nelle loro politiche sociali numerosi problemi - questione demografica, costo dei figli, parità tra i sessi - mediante trasferimenti monetari, servizi per l'infanzia e sostegno al doppio ruolo della donna, madre e lavoratrice. I paesi scandinavi hanno ritenuto centrale il problema dell'uguaglianza tra i sessi e hanno dedicato attenzione ai bisogni e ai diritti dei bambini attraverso servizi pubblici e misure sociali a favore delle madri lavoratrici. Germania e Austria hanno riconosciuto la priorità della famiglia 'legittima' e incentivato con trattamenti fiscali la figura della moglie casalinga. Nel Regno Unito e in Irlanda le politiche familiari sono state rivolte prevalentemente alle famiglie povere e a quelle a rischio. L'Europa meridionale è caratterizzata, invece, dalle 'non politiche familiari': in Italia, Grecia, Spagna e Portogallo hanno avuto scarso sviluppo i servizi pubblici per la primissima infanzia e le politiche di conciliazione famiglia-lavoro. A livello istituzionale è stata accordata la preferenza a un preciso modello culturale di famiglia: quello delle solidarietà familiari e parentali.

b) Nuove linee di intervento nell'assistenza

Pur con i dovuti distinguo determinati dalle varie normative e dai differenti sistemi culturali, in Europa le politiche sociali hanno linee di tendenza abbastanza univoche e prediligono precisi ambiti di intervento: il costo dei figli - connesso ai servizi per l'infanzia e alla tutela della madre lavoratrice - e la cura dei 'grandi anziani'.

Quanto al costo dei figli, le politiche sociali prevedono tre settori operativi: i trasferimenti monetari diretti e indiretti (assegni familiari e detrazioni fiscali); i servizi per le famiglie (asili nido, scuole per l'infanzia); infine, misure sociali per le madri (o per entrambi i genitori) che lavorano (congedi di maternità e parentali).

Il bisogno di cura degli anziani è cresciuto perché, in tutti i paesi industrializzati, non solo si è assistito a un generale invecchiamento della popolazione, ma sono anche notevolmente aumentati i 'grandi anziani', cioè gli ultraottantenni, che raggiungono tale traguardo non sempre in condizione di autosufficienza. Negli ultimi anni si sta ridefinendo la linea programmatica di intervento a favore degli anziani disabili attraverso una politica di community care. Non più prevalentemente ricoveri in case di cura e ospedali, ma politiche volte a mantenere il più a lungo possibile la persona anziana non autonoma nel proprio ambiente domestico: si interviene con l'assistenza domiciliare, gli alloggi protetti, i centri diurni per anziani e gli assegni di cura.

c) La famiglia 'in crisi' nelle misure legislative

La legislazione occidentale poco interviene a regolamentare i comportamenti coniugali. Non ne detta schemi rigidi, piuttosto si limita a regolare situazioni di conflitto, soprattutto in presenza di minori. Benché negli ultimi trent'anni si sia assistito a una convergenza di interventi in tema di legislazione familiare, sussistono differenze che derivano dalle tradizioni del diritto dei singoli paesi.

In Italia, il vecchio modello normativo familiare è stato superato con la riforma del diritto di famiglia (1975). Da un modello costruito gerarchicamente sulla potestà e sulla soggezione si è passati alla preminenza dell'accordo come momento centrale della vita coniugale. Il regime della comunione dei beni ha valorizzato il lavoro domestico della donna e, in ambito successorio, la moglie superstite ha acquisito 'dignità di ruolo' rispetto ai figli. In tutti gli altri paesi occidentali, dove la sola forma di matrimonio legalmente riconosciuta è quella civile (a fronte del sistema concordatario italiano), la regolamentazione del regime patrimoniale non presenta sostanziali differenze. Il coniuge economicamente più debole viene tutelato, così come viene riconosciuto l'apporto del lavoro domestico della donna nell'universo familiare. Anche il diritto di successione si presenta omogeneo in tutti i paesi dove prevale la comunione dei beni.

Il vento delle riforme si è fatto sentire nei rimedi ai conflitti coniugali. Partita dall'America del Nord, la concezione del divorzio-rimedio ha ormai diritto di cittadinanza in tutta Europa. Il divorzio è stato infatti introdotto anche nei paesi di più spiccata tradizione cattolica (in Italia nel 1970, in Spagna nel 1975, in Irlanda nel 1996).

La responsabilità genitoriale e l'affidamento dei figli in caso di separazione e divorzio hanno percorso un lungo cammino, approdato a un modello di 'mediazione familiare' che, diffusosi in tutti i paesi europei, si è sviluppato sino a contemplare anche l'affidamento 'congiunto'.

In Europa, la centralità delle problematiche legate all'infanzia è indiscussa. Le esigenze del minore sono considerate prioritarie e da soddisfare nella famiglia di origine o, in caso di incapacità di questa, presso le famiglie adottanti o affidatarie. In Italia, la legge 184/83 sull'adozione assicura al minore una coppia di coniugi che possa sostituire il nucleo biologico e gli permetta di raggiungere un completo ed equilibrato sviluppo psico-fisico. Le rapide trasformazioni sociali hanno recentemente indotto il legislatore a intervenire (legge 149/2001), elevando la differenza di età fra adottante e adottato e obbligando a fornire informazioni all'adottato sulla sua origine e sull'identità dei genitori biologici. Permane, comunque, il divieto di adozione per le coppie di fatto e per le persone sole.

d) Dalla maternità naturale alla maternità artificiale

Negli ultimi anni la maternità ha assunto volti differenti. C'è la mamma affettiva (la mamma dei villaggi-famiglia, la mamma adottiva, la mamma affidataria) e la mamma naturale o biologica, alla quale i paesi più sviluppati, ma più vecchi, chiedono di procreare per garantire il ricambio generazionale, invocando anche l'aiuto delle biotecnologie.

Strutture socio-sanitarie come i consultori familiari, istituiti in Italia con la legge 405/75, annoverano tra i loro compiti di assistenza alla famiglia e alla maternità un sostegno alla procreazione responsabile. Per procreazione responsabile si intende la scelta ponderata della donna o della coppia di avere o non avere un figlio e l'insieme degli accorgimenti affinché l'eventuale gravidanza si svolga senza pericoli per la madre e per il bambino. Nell'ambito della pianificazione familiare, i consultori affrontano anche casi di infertilità della donna o di sterilità della coppia, mediante opportune indagini cliniche e terapie.

Da alcuni anni si discute di procreazione medicalmente assistita in caso di insuccesso di altri metodi terapeutici. In Italia, il dibattito investe, fra l'altro, la disciplina della donazione dei gameti, lo stato giuridico del neonato che - nato in provetta - diventa figlio legittimo, 'l'affitto' del corpo della donna a scopo di gravidanza, la clonazione umana.

e) Chiesa e famiglia dopo il Concilio Vaticano II

L'interesse verso le posizioni della Chiesa cattolica sul tema della famiglia è giustificato dal suo ecumenismo, oltre che dalla sua diffusione nel mondo. Il concetto di famiglia proprio della visione cattolica incide sullo scenario mondiale non solo in quanto costituisce un particolare approccio a un tema di grande rilevanza, ma anche in quanto è un modello di riferimento adottato da molte società. La Chiesa cattolica, fin dalla sua istituzione, crede che la famiglia fondata sul matrimonio cristiano corrisponda a un progetto, a un disegno del Creatore. Con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha sentito la necessità di procedere a un confronto sui principî e sui valori della famiglia, e ha rilevato i segni che evidenziavano la crisi del modello di vita familiare, crisi attribuita al manifestarsi del 'libero amore'. Il significato ontologico della famiglia viene pragmaticamente ridotto per poter dialogare con la società civile, ricevere e offrire risorse, nella prospettiva di una valorizzazione della 'sostanza' di questa istituzione, socialmente riconosciuta e promossa, e assolutamente rilevante nella visione cristiana del vivere terreno.

La dottrina cattolica, attraverso il richiamo al dovere dei coniugi di dare la vita, di educare la prole, di testimoniare fede e carità e di impegnarsi per il bene comune, sottolinea la dimensione religiosa dell'istituzione familiare e del suo caratterizzarsi come 'Chiesa domestica'.

La Chiesa è principalmente interessata alla fede, e in questa prospettiva considera la ricerca sociologica e statistica come uno strumento per conoscere la verità, ma non come la fonte della verità. In quest'ottica di interesse verso il fenomeno sociale, letto nella sua valenza religiosa, si pongono le valutazioni sullo stato della famiglia esposte nel 1981 nella Familiaris consortio di papa Giovanni Paolo II. In essa, da una parte si evidenziano gli aspetti positivi rappresentati dai cambiamenti interni alla famiglia, fra i quali una coscienza più viva della libertà personale, una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, la promozione della dignità della donna, l'assunzione di responsabilità nella procreazione e nell'educazione dei figli e nella costruzione di una società più giusta; dall'altra parte, si evidenziano gli aspetti negativi: la concezione errata dell'indipendenza dei coniugi, le ambiguità nel rapporto di autorità tra genitori e figli, le difficoltà nella trasmissione di valori ai giovani.

Come emerge dallo studio concluso nel 2000 dal Pontificio consiglio per la famiglia, la Chiesa cattolica è preoccupata sia per la diffusione delle unioni di fatto, perché "esse ignorano, rimandano e perfino rifiutano l'impegno coniugale", sia per le conseguenze della teoria della identità di genere, sia, ancora, per il relativismo sociale che mette in dubbio ogni riferimento a valori comuni, come il diritto alla vita.

Sempre attenta ai mutamenti e in linea con una visione ecumenica, la Chiesa cattolica si mostra comunque pronta ad accogliere tutti, pur con i dovuti distinguo e ponendo vincoli caso per caso.

9. Conclusioni

a) Dove va la famiglia?

Sullo sfondo dello scenario demografico di forte denatalità e progressivo invecchiamento della popolazione si assiste, nei paesi europei, a varie trasformazioni delle tipologie familiari, a una generalizzata contrazione della dimensione media della famiglia, a una crescita del numero delle famiglie, al loro progressivo invecchiamento, a un aumento delle persone che vivono sole, prevalentemente anziani.

Il matrimonio sembra perdere i connotati istituzionali consolidatisi nel tempo, oltre a quelli religiosi: ci si sposa sempre meno e a un'età avanzata, lasciando spazio a forme di vita familiare alternative non fondate sul matrimonio, come le convivenze more uxorio, le unioni di fatto che riscuotono, ormai ovunque, consenso sociale, e, in alcuni Stati occidentali, trovano anche legittimazione giuridica.

Tensioni e conflitti relazionali minano sovente l'unione coniugale che, sempre più frequentemente, si interrompe con il divorzio. Dalla dissoluzione del matrimonio emerge una nuova forma di organizzazione domestica: la famiglia monogenitore, cioè madre o padre con figli. Le donne sono le protagoniste del modello familiare monogenitoriale, poiché in caso di separazione o di divorzio i figli sono solitamente affidati alla madre. Cresce anche il numero delle famiglie ricostituite, nate da nuove unioni seguite ai divorzi, che creano un sistema di parentela in cui si moltiplicano i rapporti di affinità e perdono importanza quelli di consanguineità. In questo nuovo modello familiare, al padre e alla madre biologici si affiancano, o si sostituiscono, 'figure genitoriali sociali'.

Le statistiche e le indagini sociologiche ci dicono che la famiglia tradizionale, cioè la famiglia coniugale basata sul matrimonio e sui figli, sta perdendo importanza e questo processo, iniziato negli ultimi trent'anni, non si arresterà.

Nella misura in cui un numero crescente di donne raggiunge elevati livelli d'istruzione e può accedere a professioni gratificanti e adeguatamente remunerate, il patto implicito nel matrimonio tradizionale - che prevedeva non tanto che la donna non lavorasse fuori casa, quanto che si assumesse la totale responsabilità delle cure domestiche - non regge più, per cui si aprono nuovi spazi di negoziato e di conflitto. Nel contempo, è in aumento il numero di donne disposte a sciogliere il matrimonio quando il rapporto di coppia non funziona.

Quindi, i cambiamenti della famiglia e la pluralizzazione delle forme familiari sono dovuti a un complesso di fattori sociali, oltre che demografici. Le maggiori aspettative di equità e di autonomia tra i sessi e tra le generazioni hanno modificato in modo consistente le relazioni interne alle famiglie.

In un panorama europeo di grandi trasformazioni, l'Italia e la Spagna hanno mantenuto la centralità dell'istituzione familiare: in questi paesi il valore della famiglia, del matrimonio e della procreazione sono molto forti e sentiti. Il quadro italiano mescola tradizione e modernità. Sebbene gli Italiani abbiano modificato l'intensità e il calendario dei loro comportamenti demografici, non hanno perso alcune tradizionali specificità che li caratterizzano: la spiccata preferenza per l'unione istituzionalizzata, la bassa percentuale di coppie senza figli, la minore frequenza di divorzi, la contenuta diffusione delle famiglie ricostituite.

b) Di famiglia si discute

Un dato è certo: in tutto il mondo, di famiglia si discute e si continuerà a discutere. C'è un fiorire, ovunque, di convegni, tavole rotonde, dibattiti, oltre che di pubblicazioni aventi per tema la famiglia e le sue relazioni. Il 2004 sarà l'anno internazionale dedicato alla famiglia. Dal 1994 l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha proclamato il 15 maggio di ogni anno 'Giornata mondiale della famiglia', per ribadire il ruolo cruciale di questa istituzione come agente di sviluppo nel contesto sociale.

Nella società contemporanea non sono messi in discussione i sentimenti, cioè l'amore e l'intesa sessuale che spingono alla formazione di una coppia, ma i modi e i tempi della sua realizzazione. L'amore 'intimo' è alla base di un'unione, ma il vincolo matrimoniale non è visto come unica possibilità di avviare un rapporto, che si può sciogliere se non c'è intesa. La 'genitorialità' è un valore indiscusso, ma il numero dei figli può essere ridotto e le nascite distanziate.

Cosa ci aspetta in futuro? Quale tipo di aggregazione familiare è destinata a prevalere nei prossimi decenni? Ci avviamo verso una pluralità crescente di forme, verso un 'individualismo familiare' secondo cui ciascuno sceglierà liberamente la sua 'famiglia', cioè la forma di organizzazione domestica che riterrà più opportuna. C'è da aspettarsi per il nuovo secolo un aumento di situazioni familiari estremamente flessibili e, quindi, una profonda crisi dell'istituto familiare tradizionale, caratteristico del secolo passato. Sembra destinato ad aumentare il numero di quanti scelgono la condizione di single, o di formare 'unioni a tempo', con o senza figli, in stretta correlazione con un dato luogo e periodo di lavoro. Non più la famiglia nomade che si sposta con il lavoro, ma il cambiamento delle unioni in funzione delle opportunità offerte da tempi e luoghi di lavoro diversi. Sicuramente, la famiglia ricomposta, 'la tribù', come oggi viene definita, guadagnerà spazi sempre più ampi nel contesto delle tipologie familiari.

Anche se il matrimonio appare fragile, la coppia resta, e resterà, un valore forte; tuttavia, al suo interno dovrà meglio armonizzarsi, cioè accogliere le aspettative di autonomia e di realizzazione personale dei partners nel reciproco rispetto.

Nelle previsioni, demografi e sociologi indicano la famiglia multietnica come prevalente nel panorama familiare del futuro. Riusciranno a convivere nelle stesse aree geografiche popoli, culture e religioni diversi? Questo interrogativo, sollevato nel secolo scorso, è rimasto irrisolto e viene consegnato alle generazioni future.

La famiglia è un'entità che si muove e si modifica, è il segno dei tempi che essa vive: tipologicamente si adatta al mondo che la circonda e, in particolare, ai modelli economici di riferimento; col tempo, muta la forma, ma non l'insieme valoriale che rappresenta. La famiglia è un valore, anzi un insieme di valori: è comunicazione, relazione, affettività, solidarietà, responsabilità. Nel caso dei figli, poi, la questione non si pone nei termini di dare loro un certo tipo di famiglia o un altro dal punto di vista istituzionale, quanto piuttosto di comprendere che la loro esistenza, frutto di un atto di libera scelta nel metterli al mondo, comporta delle responsabilità. Se gli adulti possono decidere di creare una famiglia su misura, per il bambino esistono attese ben precise sull'ambiente che lo dovrebbe accogliere. Un bambino chiama 'famiglia' non soltanto i genitori che si sono sposati, ma anche le persone che si prendono cura di lui, sono presenti 'stabilmente' nella sua vita, l'aiutano a crescere e lo spingono verso l'autonomia. Da questo punto di vista, l'idea di famiglia è molto ampia. In prospettiva, dunque, ci si dovrà porre nell'ottica del bambino per cercare di tutelare i suoi diritti relazionali? Molti auspicano che al più presto vengano codificati diritti e doveri non solo dei genitori naturali, ma anche di quelli 'sociali', che per il bimbo sono, comunque, 'mamma e papà', cioè stabili punti di riferimento.

c) Una scommessa per il futuro

Il quadro generale delineato, che induce a pensare a un disagio della famiglia tradizionale, pone un grande interrogativo: la famiglia continuerà a esistere?

La famiglia c'è ed esisterà nel futuro. Ma rimarrà come elemento residuale di una società orientata in senso individualistico ed economicistico e, appunto perciò, destinata a inaridirsi, oppure si realizzerà come struttura portante di una nuova società costruita a misura d'uomo? Questa è la grande scommessa degli anni a venire.

La famiglia avrà un ruolo preminente nel momento in cui verrà considerata non un soggetto passivo, bensì una 'protagonista', chiamata a condividere le scelte e le responsabilità del vivere civile come soggetto attivo, compartecipe al processo di cambiamento della società.

L'auspicio è che la 'privatizzazione' dei valori familiari lasci sempre più il posto a processi di valorizzazione relazionale e che politiche sociali ad hoc servano a difendere e a potenziare l'istituzione familiare, affinché essa non appaia come una 'missione impossibile' per le nuove generazioni.

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