FARINE

Enciclopedia Italiana (1932)

FARINE (lat. farinae; fr. farines; sp. harinas; ted. Mehle; ingl. flours)

Giuseppe Gardenghi

Sono tipicamente i prodotti della macinazione dei frutti (cariossidi) di molte graminacee (cereali), nonché di altri frutti o semi secchi. Le farine più importanti s'ottengono dai cereali: dal frumento, che sta in primo luogo, dalla segala, dall'orzo, granturco, dura, riso, avena, miglio, ecc. Farine s'ottengono anche da molte leguminose: fagioli, fava, pisello, cece, soia, ecc.; dalle castagne, dal grano saraceno. Tali farine si possono dire naturali perché s'ottengono con la sola triturazione (a vario grado) di parti vegetali convenientemente essiccate. Poche volte si praticano trattamenti particolari addizionali, tra cui ricordiamo solo quelli inerenti alla separazione totale o parziale della crusca dal prodotto di macinazione dei cereali. A fianco delle farine naturali si trovano in commercio farine preparate per fini speciali, le farine alimentari, destinate all'alimentazione dei bambini (farine lattee ottenute con latte condensato e farine variamente trattate) o a uso medico (farine glutinate e diastasate) o a uso di cucina e pasticceria (farine con lieviti artificiali, aromi, ecc.).

Farine naturali. - Le farine naturali hanno carattere molto diverso, anche a parità di provenienza, a seconda del tipo di macinazione adottato e a seconda della separazione più o meno completa delle parti superficiali della cariosside (pericarpo), cioè della crusca. La topografia chimica delle cariossidi dei cereali ci dà ragione di siffatte differenze, perché ci dimostra una grande disuguaglianza di distribuzione dei principî alimentari nei diversi strati. È pertanto facile comprendere come il prodotto della macinazione sia diverso a seconda che tutti gli strati vi partecipino (farina integrale o a resa 100/100) o alcuni soltanto (farine a diversa resa). Quando tutte le parti corticali sono state eliminate si hanno farine bianchissime (fior di farina) perché costituite unicamente dagli elementi della parte centrale della cariosside (albume), tra i quali di gran lunga predominante è l'amido. Accanto all'amido sono altri idrati di carbonio solubili e non solubili: zuccheri, pentosani, cellulosa. Si hanno anche grassi, che sono particolarmente abbondanti nell'embrione, parte che viene appunto eliminata all'inizio della macinazione (quale che ne sia il sistema), perché il grasso renderebbe le farine mal conservabili. Si hanno inoltre sostanze proteiche, legate soprattutto a uno o più strati di cellule, situate perifericamente all'albume o mandorla amilifera e indicate sotto il nome di cellule aleuroniche o del glutine. Si deve a G. B. Beccari l'avere nel 1728 identificato inequivocamente, a fianco dell'amido, nella farina di frumento e di qualche altro cereale, il glutine, che fu poi riconosciuto come un corpo assai complesso da posteriori ricerche, tra le quali notevoli quelle del Taddei sulla gliadina (1818). Sono presenti infine nelle farine acqua (12-15%) e sali, questi particolarmente abbondanti nelle parti corticali. Tra i sali sono soprattutto da ricordare i fosfati. Le ceneri delle farine sono infatti costituite per circa il 50% di anidride fosforica, per il rimanente da ossidi di potassio, calcio, magnesio, sodio e ferro, tracce di silice, cloro, anidride solforica, tracce minime di bario e rame. È tuttavia da ricordare che il fosforo è contenuto anche in forma più complessa e così: fosfatidi azotati (lecitine), acidi nucleinici e soprattutto acido fitinico (inosin-fosforico), il quale si troverebbe come sale di calcio e di magnesio, negli strati periferici delle cariossidi. Le farine dei cereali contengono infine dei fermenti e delle vitamine, in varie proporzioni. La vitamina antineuritica (B) è localizzata essa pure nelle parti tegumentarie e inoltre negli embrioni, ma quelle e questi vanno, come s'è visto, più o meno completamente perdute con la macinazione e l'eliminazione della crusca. Di vitamina antixeroftalmica o liposolubile (A) i cereali sono più poveri ma non del tutto sprovveduti; sono invece privi (sempreché si trovino allo stato secco e fuori del periodo del germogliamento) della vitamina antiscorbutica (C).

Tutti questi fatti sono di grande importanza per l'alimentazione, ma è da ritenersi che le proprietà tecniche e il valore alimentare siano particolarmente legati alle sostanze proteiche. Dipende appunto soprattutto dalle sostanze proteiche se la farina di frumento e qualche altra (segala) sono atte alla panificazione. Non già che siano panificabili quelle farine che contengono in maggior quantità sostanze proteiche globalmente considerate; lo sono invece quelle nelle quali è contenuta una certa quantità di glutine. La quantità di glutine secco contenuto nelle farine di frumento varia in genere da 8 a 12% (9-13,7% della sostanza secca), a seconda della qualità del frumento e dell'annata.

Quanto al valore alimentare delle farine dei varî cereali in confronto a quelle di frumento, esso è senza dubbio sotto l'influenza della diversa costituzione chimica qualitativa dei proteidi rispettivi. Prendiamo, per esempio, la costituzione chimica della gliadina sopra ricordata, d'uno cioè dei principali proteidi del glutine di frumento (secondo Fleurent ne rappresenta fino al 60-80%) e confrontiamolo con la costituzione della zeina, che è il principale proteide delle farine di mais, considerando l'una e l'altra in rapporto ai gruppi amminici che vi si contengono (%):

Nella zeina vediamo mancare proprio quelli fra gli amminoacidi che noi non sappiamo formare e dobbiamo introdurre preformati col cibo, perché sono indispensabili alle più alte funzioni dello sviluppo e del mantenimento dell'organismo. Oltre a queste, tra i prodotti dei diversi cereali, esistono altre molteplici differenze, come può rilevarsi dai seguenti dati che, per opportunità di confronto, sono relativi alla composizione totale delle cariossidi (valori medî %):

A parità di cereale è ovvio che le maggiori differenze nelle farine che ne risultano sono dipendenti dalla maggiore o minore separazione molitoria delle parti tegumentarie, in altre parole dal cosiddetto tasto d'abburattamento, che è la percentuale di farina che s'estrae da 100 parti di cereale, eliminando in vario grado crusca e cruschella. Ecco, per esempio, i dati tipici relativi alla composizione, calcolata sulla sostanza secca della farina di frumento a vario grado d'abburattamento:

Non si può tuttavia tacere come alla maggior ricchezza di sostanze proteiche e di sali che si ha nelle farine ad alta resa non corrisponda una parallela utilizzazione alimentare, verosimilmente perché la cellulosa (pressoché non digeribile per sé stessa) quando sia presente in troppo grande quantità ostacola l'utilizzazione degli altri principî alimentari. Per ciò appare utile rinunziare al vantaggio economico che verrebbe dall'uso delle farine integrali e porre un limite alla resa, che ragionevolmente pare non possa superare l'85%, mentre d'altro canto l'uso di farine troppo abburattate elimina molti elementi utili e porta nell'alimentazione un nocivo eccesso di carboidrati.

Per quanto si riferisce alle farine non provenienti da cereali sono particolarmente interessanti le farine di leguminose. Caratteristica è nelle farine di leguminose la percentuale di proteine, che è assai superiore a quella riscontrata nelle farine di cereali. Spesso è maggiore anche la proporzione di ceneri. Minore è per converso quella dell'amido. Ecco la composizione media di alcune di tali farine:

Data questa composizione si comprende come non sia difficile ottenere l'equilibrio azotato con la somministrazione di semi secchi di leguminose, e delle relative farine anche in quantità non rilevanti. Tuttavia recenti ricerche hanno messo in luce come un'alimentazione esclusiva a base di semi di legumi sia affatto impropria alle necessità dell'organismo e particolarmente a quelle dello sviluppo.

Un cenno a parte merita tuttavia la farina di soia, tratta dai semi della Soja hispida, pianta originaria dell'Estremo Oriente (in Cina è molto diffusa e la sua coltivazione viene per importanza subito dopo quella del riso), che si va acclimando in Europa. Il seme di soia è povero d'amido, e ha anche altre caratteristiche chimiche degne di nota. Se si paragona infatti la composizione media centesimale del seme di soia con quella della cariosside di frumento, si ha (in % della sostanza originale):

Il rapporto fra i componenti centesimali è dunque:

Si ha inoltre nella soia ricchezza di fermenti e di vitamine. Naturalmente nelle farine ottenute da semi decorticati e più ancora nelle farine di soia sottoposte a estrazione con solventi dei grassi, la composizione si modifica grandemente. Comunque le farine di leguminose sono, senza eccezione, inadatte (da sole) alla panificazione.

Si ha poi la farina di castagna, di colore bianco-giallognolo, che col frutto secco, ha molta parte nell'alimentazione di alcune popolazioni. Eccone la composizione media (%): acqua: 12; proteine: 5; grassi: 3; amido e altre sostanze estrattive non azotate: 76 (50 di amido e 26 di zuccheri, in massima parte saccarosio); cellulosa: 2; ceneri: 2 (G. Vittorio Villavecchia).

Il frutto del grano saraceno, un achenio bruno a forma di piramide triangolare, dà pure una farina, che, da sola, può servire a produrre una polenta bigia; o (profittando della presenza in essa d'una certa quantità di glutine, benché scadente), un pane bruno, grasso e umido. Più frequentemente viene addizionata alla farina di frumento. Eccone la composizione media (%): acqua: 13,84; proteine: 8,28; grassi: 1,75; carboidrati: 74,58; cellulosa: 0,70; ceneri: 1,11 (Issoglio).

Farine alimentari. - Fra queste farine due categorie acquistano particolare rilievo: le cosiddette farine preparate e le farine lattee.

Le farine preparate sono farine di cereali o leguminose, che o sono sottoposte a torrefazione o ricevono l'aggiunta di sostanze varie (zuccheri, fosfati, estratti) o vengono altrimenti manipolate per consumi speciali. Sono note in commercio, oltreché le farine torrefatte di molti cereali e leguminose (fagioli, lenti, orzo, ecc.), le zuppe di leguminose (farine di fagioli, lenti, orzo, riso) ed estratti di carne, le farine per budini, misto di amido di granturco, vaniglina, essenze e sostanze coloranti, usate nell'alimentazione di lusso, e alcuni prodotti orientali, quali la cosiddetta Revalenta arabica, miscuglio di farine di leguminose, aromatizzato con cioccolata, il Palamound, misto di cacao, farine, fecole, sandolo rosso; il Kaiffa fatto di salep, cacao abbrustolito, farina di riso, gelatina di lichene, fecola di patate, zucchero, vainiglia; il Racahout composto di salep, cacao, ghiande dolci, fecola di patate, farina di riso, zucchero vainigliato.

Le farine lattee si preparano mescolando insieme farine di cereali e leguminose, trasformate parzialmente in maltosio e destrina in modo da renderle più facilmente assimilabili, con latte condensato e zucchero, quest'ultimo nella proporzione dal 20 al 60%. Questi prodotti, particolarmente importanti per un'alimentazione infantile o dietetica, devono essere dolci, senza alcun sapore acido o rancido, e avere proporzioni fissate di acqua, sostanze grasse e azotate, carboidrati solubili e insolubili, ceneri. Un buon tipo di farina lattea commerciata in Italia contiene circa il 74% d'idrati di carbonio, dei quali 48,7 solubili, 13,7% di sostanze azotate, circa 5% di grassi e 1,20% di anidride fosforica. Tipi diffusi sono la Nestlé, l'Erba, la Zambeletti, la Paganini, la Villani, ecc.

Assimilabili alle farine lattee, almeno per quanto riguarda l'uso, sono i cosiddetti alimenti (Allenbury, Benger, Neave, Rademan, ecc.), composti di farine miste con altri prodotti, e aventi forti dosi di carboidrati, fosfati e albumine, nonché altri preparati (nutritina, frumentina e simili), a base di farine diastasate.

Sono stati messi in commercio prodotti simili alle farine lattee per uso zootecnico; ricordiamo la farina lattea per l'allevamento dei vitelli e dei suini contenente 31,50% di sostanze proteiche; 36,16% di grassi, 36,25% di carboidrati (G. V. Villavecchia).

Analisi delle farine. - L'esame delle farine è molto complesso. Numerosi sono i dati di natura commerciale e tecnica, non meno numerosi quelli di natura igienica che occorre volta per volta stabilire. Prescindendo dagli elementi che si possono ricavare dall'analisi chimica sistematica, ricordiamo particolarmente: 1. gli esami organolettici, tra i quali l'esame del colore ha la maggiore importanza; a esso si riporta la prova di Pekar; 2. le prove della stacciatura con setacci tarati, per apprezzare il tasso di abburattamento (il dosaggio delle ceneri è ancor più appropriato a questo scopo); 3. la ricerca nelle farine dei semi estranei o nocivi, coi metodi di Vogl, modificati e completati da Pratesi e Di Vestea; 4. la separazione del glutine col medesimo metodo che già servì al Beccari due secoli or sono (v. sopra); 5. il saggio del glutine dal punto di vista della sua dilatabilità (aleurometro di Boland, apparecchio di Liebemann, di Hankoczy, ecc.); 6. determinazione dell'acidità (espressa in acido lattico), tenendo presente che le farine normali sono lievissimamente acide e che l'acidità delle farine è in funzione della cattiva conservazione; 7. ricerca della trimetilamina, con soluzione di potassa (reazione di Gavolusky), caratteristica delle farine avariate, specie per presenza di parassiti vegetali; 8. ricerca dei fenoli (reazione di Gosio) particolarmente indicata per le farine di mais invase da muffe; 9. ricerca delle sostanze minerali eventualmente aggiunte (saggio al cloroformio di Cailletet); 10. ricerca della lignina (aggiunta di segatura di legno) mediante la reazione della floroglucina; 11. infine, e soprattutto, l'esame microscopico, destinato a identificare: a) gli elementi istologici caratteristici (granuli d'amido, cellule del glutine, cellule dello spermoderma e pericarpiche, peli, ecc.); b) la presenza d'elementi provenienti da semi eterogenei e nocivi o da farine e polveri estranee, sia come imbrattamento accidentale o colposo, sia come addizione fraudolenta; c) la presenza di parassiti microscopici animali o vegetali.

Recentemente è stata utilizzata, per il riconoscimento delle varie farine e delle loro miscele, la luce di Wood, che può in qualche caso dare responsi decisivi (Cappelli). S'è anche ricorso, per scopi speciali, a reazioni biologiche. Così l'accertamento nelle farine di sostanze emolitiche dimostra la presenza di gitagina, sostanza tossica ad azione emolitica, contenuta nei semi di Agrostemma githago.

Quanto alla polizia sanitaria in Italia è da ricordare che il regolamento speciale per la vigilanza igienica sugli alimenti (3 agosto 1890, n. 7045) all'art. 120 proibisce la vendita delle farine: a) ottenute da cereali oliati, umidi, contenenti colla o sostanze minerali estranee, imbrattati da semi di specie che rendono le farine nocive o che dànno prodotti di sapore e odore cattivo, come il lolio (Lolium temulentum), il niello (Agrostemma githago), il rafano selvatico (Raphanus raphanistrum), il rinanto (Rhinantus maior e minor), il melampiro (Melampyrum pratense e arvense). Lo stesso si dica di quelle farine ottenute da cereali invasi da crittogame, come la segala cornuta (Claviceps purpurea), il carbone (Ustilago carbo), il verde del granturco (Ustilago maydis), la volpe o ruggine (Tilletia caries, Tilletia levis), oppure guasti da parassiti animali o alterati per processi fermentativi o comunque avariati; b) è parimente vietata la vendita di farine mescolate con sostanze minerali, come allume, solfato di rame, solfato di zinco, talco, creta, gesso, o comunque falsificate con polveri estranee; c) alterate per fermentazione, per inacidimento, ecc. o invase da parassiti animali o vegetali.

Bibl.: E. Abderhalden, Biochem. Handlexikon, Berlino 1911 segg.; J. B. Beccari, De Frumento, in Commentarii scientiarum et artium Instituti bononiensi, II, Bologna 1745; F. Bottazzi, L'alimentazione dell'uomo, Napoli 1919; G. Issoglio, Chimica degli alimenti, Torino 1927, voll. 2; J. König, Chemie d. menschl. Nahrungs-und Genussmittel, Berlino 1919; Lebbin, Allg. Nahrungsmittelkunde, Berlino 1906; E. Mayerhofer e C. Pirquet, Lexicon der Ernährungskunde, Vienna 1926; G. V. Villavecchia, Dizionario di merceologia e di chimica applicata, 5ª ed., Milano 1929, s. v.; Vogl, Die wichtigsten vegetabilischen Nahrungs- und Genussmittel, Berlino-Vienna 1912.

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