Fascismo

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

fascismo

Massimo L. Salvadori

Il ventennio della dittatura di Benito Mussolini

Il fascismo è stato un movimento politico nato in Italia nel 1919 a opera di Benito Mussolini. Andato al potere nell'ottobre del 1922, Mussolini distrusse le istituzioni dello Stato liberale e diede vita a un regime dittatoriale, crollato nel luglio 1943. In senso proprio è un fenomeno italiano, ma, specialmente dopo lo sviluppo in Germania del nazismo e in Spagna di una destra autoritaria clerico-nazionalista che guardavano al regime fascista come a un esempio, il fascismo assunse un significato più generale e anche generico: un movimento internazionale diretto ad abbattere le istituzioni liberali e la democrazia, a combattere il socialismo e il comunismo e a instaurare uno Stato dittatoriale

Le origini e l'ascesa al potere

Il 23 marzo 1919 Mussolini fondò a Milano un fascio di combattimento col proposito di dare vita a un movimento che, nella profonda crisi politica e sociale provocata dalla Prima guerra mondiale, rivendicava all'Italia i compensi territoriali e coloniali negati dalle potenze alleate, criticava per la sua debolezza la classe dirigente liberale, attaccava i socialisti come nemici della nazione, richiedeva riforme ultrademocratiche e si proclamava anticlericale e favorevole alla repubblica. Rimasto dapprima ai margini della vita politica, nell'autunno del 1920 il fascismo assunse un carattere accentuatamente di destra. Costituì squadre armate, attaccando con azioni violente i socialisti, i sindacati, gli scioperanti, col proposito di stroncare la sinistra rivoluzionaria e di favorire la restaurazione dell'autorità dello Stato. Il che indusse i proprietari terrieri e gli industriali a sostenere e finanziare il fascismo e settori dell'esercito ad armarlo. Ne nacque una situazione che in un clima di guerra civile opponeva frontalmente i fascisti ai socialisti e ai comunisti.

Alle elezioni del maggio 1921 i fascisti ottennero 35 seggi e in novembre diedero vita al Partito nazionale fascista. Ricevuto l'appoggio della gran parte della classe dirigente liberale (che, incapace di governare il paese, considerava il fascismo una forza d'ordine), della monarchia e della Chiesa, Mussolini, dopo una marcia su Roma compiuta dalle sue milizie, il 28 ottobre 1922 ricevette dal re Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il governo, con l'appoggio dei liberali e del Partito popolare cattolico.

La liquidazione dello Stato liberale e la costruzione della dittatura

Tra la fine del 1922 e il 1925-26 il fascismo tenne in vita le istituzioni di uno Stato liberale agonizzante, governandolo in maniera via via più autoritaria. La vita delle opposizioni venne resa quanto mai difficile. Nel dicembre 1922 fu costituito il Gran Consiglio del fascismo, nel gennaio 1923 la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, in marzo il Partito fascista si fuse con quello nazionalista, in novembre venne approvata la legge Acerbo volta ad assicurare la maggioranza assoluta alla Camera ai fascisti, che con le elezioni dell'aprile 1924 diventarono i padroni del Parlamento. In giugno, dopo aver denunciato i brogli elettorali del governo, il deputato socialista Giacomo Matteotti venne assassinato: la reazione sdegnata a questo omicidio gettò il fascismo e Mussolini in uno stato di grave crisi, che venne però superata grazie alla debolezza e alle divisioni delle opposizioni e al sostegno del re.

Nel 1925-26 con le leggi 'fascistissime' Mussolini procedette a costruire la dittatura: furono aboliti tutti i partiti all'infuori di quello fascista, sciolti i sindacati socialisti e cattolici, soppressa la libertà di stampa. Mussolini, duce del fascismo, assunse nelle proprie mani le funzioni legislative ed esecutive, assumendo così le vesti di dittatore: vennero costituiti un Tribunale speciale per la difesa dello Stato e una polizia politica segreta, l'OVRA, con il compito di reprimere gli oppositori, i più attivi dei quali (in prima fila i comunisti) furono perseguitati, incarcerati o inviati al confino. Con l'intento di porre fine ai conflitti sociali, i rapporti tra i datori di lavoro e i lavoratori ‒ cui venne proibito lo sciopero ‒ furono disciplinati nell'ambito del sistema corporativo, che mirava a stabilire la reciproca armonia nell'interesse superiore dell'economia nazionale e dello Stato. L'11 febbraio 1929 Mussolini firmò i Patti lateranensi (concordato), che sancirono la riconciliazione tra lo Stato e la Chiesa, superando la rottura causata dalla soppressione del potere temporale dei papi a opera dello Stato liberale.

Politica interna e politica estera

In un primo tempo il fascismo condusse una politica di riduzione del ruolo dello Stato nell'economia. Ma, soprattutto in seguito alla grande crisi economica internazionale iniziata nel 1929, mise in atto una linea di accentuato intervento. Per combattere la disoccupazione furono avviati importanti lavori pubblici e bonifiche di zone paludose: nel 1933 fu creato l'Istituto per la ricostruzione industriale e la linea di massiccio intervento dello Stato nei settori produttivo e finanziario fece sì che il sistema economico assumesse un carattere misto pubblico-privato. Effetti positivi nel campo della sanità e dell'assistenza ebbe la costituzione dell'Opera nazionale maternità e infanzia, mentre il mondo giovanile fu inquadrato nella Gioventù italiana del Littorio che unificava le organizzazioni giovanili del regime (tra cui i Balilla e le Piccole italiane) affidando al Partito fascista il monopolio dell'educazione delle nuove generazioni. In particolare, balilla era il nome dato ai ragazzi tra gli otto e i quattordici anni, organizzati in formazioni paramilitari.

Lo spirito del paese venne improntato ai valori della romanità e della forza militare: scopi primari del regime erano di dare vita a uno Stato totalitario e di fare dell'Italia una grande potenza. Ma a impedire al fascismo di dominare totalitariamente tutta la vita nazionale vi erano la monarchia e la Chiesa, che, pur sostenitrici del regime, mantenevano la propria autonomia; e a ostacolare il ruolo di grande potenza era l'inadeguatezza delle risorse materiali del paese.

Nel campo della politica estera, l'Italia fascista ottenne clamorosi successi anzitutto di immagine con la conquista dell'Etiopia (1935-36), che consentì a Mussolini di proclamare l'Impero, e con l'intervento nella guerra civile spagnola a sostegno del generale Francisco Franco (1936-39). Tra il 1936 e il 1939 l'Italia legò le sue sorti a quelle della Germania nazista, con la quale strinse prima l'asse Roma-Berlino e poi il Patto d'acciaio.

Fu l'inizio della sempre più marcata subordinazione del fascismo al più forte nazionalsocialismo, che trovò evidenti conferme nel 1938 con l'introduzione delle leggi razziali contro gli ebrei (condannate dalla Chiesa) e l'appoggio all'inglobamento, prima avversato, dell'Austria nella Germania e alla distruzione della Cecoslovacchia voluta da Adolf Hitler.

La Seconda guerra mondiale e la fine del fascismo

Scoppiata nel settembre del 1939 la Seconda guerra mondiale in seguito all'attacco della Germania alla Polonia, l'Italia proclamò la neutralità armata. Ma dopo la sconfitta della Francia, ritenendo erroneamente certa la vittoria tedesca, il 10 giugno 1940 Mussolini fece entrare il paese nel conflitto. Dopo una serie di insuccessi sempre più gravi in Africa, Grecia e Russia e lo sbarco degli Angloamericani in Sicilia, il regime crollò il 25 luglio 1943. Mussolini, messo in minoranza dal Gran consiglio del fascismo, fu fatto arrestare dal re. Al crollo del regime seguirono l'armistizio con le potenze alleate (8 settembre) e il disfacimento dell'esercito. Liberato dai Tedeschi, il 23 settembre Mussolini costituì, dando vita a una sorta di neofascismo, la Repubblica sociale italiana, con sede a Salò, il cui governo, nelle zone del paese occupate da nazisti, collaborò alla repressione della Resistenza condotta dalle formazioni partigiane.

Tra il 25 e il 26 aprile 1945 il regime neofascista venne travolto dall'avanzata degli alleati e dall'insurrezione partigiana. Catturato mentre fuggiva in Svizzera, Mussolini venne giustiziato dai partigiani il 28 aprile.

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