ABISSALE, FAUNA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ABISSALE, FAUNA (I, p. 73)

Pasquale Pasquini

Vanno compresi sotto questa voce tutti gli animali che, nell'ambiente marino, vivono singolarmente o in comunità e associazioni sui fondali che si estendono dalla base della scarpata continentale, dalla profondità, cioè, di 2-3.000 m fino a quella di 6.000 m. In realtà il limite batimetrico superiore (2-3.000 m) non può essere considerato come netto confine del dominio abissale perché già intorno ai 1.000 m di profondità, sui fondi, ora a dolce pendio, ora più ripidi della scarpata continentale, nel cosiddetto piano batiale o sublittorale si ritrovano anche specie e popolamenti tipici dell'ambiente più profondo. A profondità maggiori di 6.000 m, una volta ritenute prive di vita, come nei grandi fossati e fosse oceaniche (che possono raggiungere fin gli 11.000 m di profondità) vive invece, distinta dalla abissale, una fauna detta hadale (Bruun, 1956) o ultraabissale (Zenkevič, 1959), lo studio intensivo della quale data da non lontana epoca (meno di trenta anni fa), da quando, cioè, le attrezzature e i metodi per la raccolta del materiale zoologico a grandi profondità si sono andati perfezionando e le crociere oceanografiche intensificando, specie ad opera dei danesi, svedesi e russi.

Di fatto va ricordato che la prima vera raccolta di animali a profondità superiori ai 6.000 m risale al 1901 ad opera del principe Alberto I di Monaco durante la crociera atlantica a SO delle isole del Capo Verde dello yacht Princesse Alice. A precisare la distribuzione dei popolamenti faunistici del fondo del mare e degli oceani, cioè del bentos, è utile partire dal margine della piattaforma continentale (a circa 300-400 m di profondità), cioè dal limite estremo di vegetazione delle alghe pluricellulari cosiddette sciafile (amanti della penombra) scendendo ai fondi della scarpata continentale fin quasi a 3.000 m: e questo è il bentos batiale che è il più noto; scendendo ancora in profondità si passa quindi agli animali che popolano i grandi fondi oceanici di vastissima estensione, pari all'86% dell'area ricoperta dal mare, che costituiscono il vero e proprio bentos abissale. Il bentos hadale (dal greco 'Αίδης, lat. hades, "Ade") o delle grandi fosse ultraabissali, ha come limite batimetrico superiore i 6-7.000 m: esso non è ancora completamente noto sia per le grandi difficoltà di raccolta, sia per il tempo che richiede lo studio e la diagnosi delle nuove specie e dei nuovi generi scoperti, quali vengono portati alla luce dai dragaggi e dai carotatori. Ma oltre gli animali insediati sui fondi, cioè propriamente bentonici, fissi o mobili sul substrato, la fauna abissale comprende anche animali e comunità del mondo pelagico, cioè delle acque libere, macroplanctonici e nectonici, che costituiscono la cosiddetta fauna batipelagica, distribuita dai 1.000 ai 2.000 m di profondità; la abissopelagica fra i 2.000 e i 6.000 m e l'hadopelagica al disotto dei 6.000 m. Anche per la fauna abissale pelagica, così come si constata per quella bentonica, il numero delle specie e, di solito, anche quello degli individui, tende a diminuire a misura che si scende a livelli più profondi. D'altra parte nel valutare la distribuzione verticale della fauna abissale occorre tenere presente che di fronte a specie euribate, cioè più tolleranti alle variazioni di pressione e che quindi possono spostarsi a livelli batimetrici differenti, ve ne sono altre stenobate, meno tolleranti, costrette a vivere entro livelli più ristretti.

La spedizione svedese dell'Albatros II (1948) in Oceano Atlantico, che portò alla luce animali come Policheti, Crostacei Isopodi, Oloturie da 7.625 a 7.900 m di profondità, segna l'inizio delle nuove indagini sulla fauna hadale o ultraabissale, i componenti della quale condividono tutti una straordinaria adattabilità alle enormi pressioni, caratteristiche di queste grandi fosse oceaniche; la maggior parte delle quali, le più profonde, sono localizzate nel Pacifico e, in minor numero, negli Oceani Atlantico e Indiano. Tenuto presente che a 6.000 m di profondità grava la straordinaria pressione idrostatica di 600 atmosfere, che divengono 1.100 a 11.000 m, è evidente che tale fattore, peraltro sempre controbilanciato dalla pressione dei liquidi interni, viene a rappresentare un'essenziale barriera ecologica che segna i confini dell'ambiente hadale dal circostante piano abissale, e l'isolamento della sua fauna. Il numero delle specie animali, nel piano hadale, dove non è possibile distinguere quelle bentoniche dalle pelagiche, diminuisce con la profondità ancora di più che in quello abissale; ma in alcuni casi si è potuto invece constatare l'aumento straordinario del numero degl'individui di una stessa specie, e ciò in contrasto con la norma di una quasi sempre bassa consistenza numerica dei popolamenti animali per unità di superficie in questa zona.

Nella spedizione danese della Galathea da un prelevamento fatto nella fossa oceanica di Sunda (Giava) fra i 6.900 e i 7.160 m di profondità, furono raccolti con una sola dragata, ben 3.000 esemplari dell'oloturia Elphidia glacialis sundensis, reperto che è da considerare eccezionale. La Galathea in questa celebre campagna esplorò ben tre fosse ultraabissali del Pacifico e due dell'Oceano Indiano, portando a conoscenza che il numero di classi di Metazoi rappresentate dai 6.000 m in giù, ammontava a 25, e ben 6 di esse erano proprie delle acque di oltre 10.000 m di profondità. Le successive spedizioni russe della nave Vitjaz condussero alla scoperta, nelle regioni settentrionali e occidentali dell'Oceano Pacifico, nelle fosse Tonga e delle Marianne, di nuove specie ultraabissali provenienti da profondità superiori ai 10,5 km, per cui è ormai acquisito che per lo meno 9 classi animali hanno loro rappresentanti nelle profondità oceaniche di 11.000 m, le massime raggiunte. L'esistenza di forme viventi a questa profondità è stata confermata nel 1960 da dirette osservazioni del batiscafo Trieste nel Pacifico, al fondo della fossa delle Marianne e negli anni successivi 1962-1967 dal batiscafo francese Archimede sempre nel Pacifico, nella fossa Curili-Camciatca a 9.000 m di profondità.

Nel bentos hadale, oltre la ricchissima flora batterica (che assomma, secondo E. Zobell, a un numero di batteri viventi pari a 105-106 per grammo di fango) hanno una larghissima rappresentanza i Foraminiferi che sono stati raccolti a tutte le profondità fino a 10.000 m e più, e che insieme alle Coccolitoforidee costituiscono, con i loro gusci, i fanghi a Globigerine che ricoprono il 37% dei fondi sottomarini. Non si conoscono Calcispongie ultraabissali, mentre sono presenti Demospongie e Hyalospongie con la famiglia più rappresentata, quella delle Cladorhizidae; quasi tutti i gruppi di Celenterati (Idrozoi, Scifozoi, Octo- ed Esacoralli) sono rappresentati oltre i 6.000 m con prevalenza degli Attiniari, di cui la famiglia Galatheanthemidae può considerarsi endemica delle varie fosse del Pacifico (delle Filippine e della Kermadec). Anche i Nematodi e i Nemertini hanno rappresentanti ultraabissali. Come in quello abissale, anche nel bentos hadale i Policheti sono presenti in grande abbondanza, e vi rappresentano anzi il gruppo più abbondante di Invertebrati: di 100 e più specie raccolte oltre i 6.000 m, ben 12 possono considerarsi endemiche delle massime profondità (10.630-10.710 m). Così gli Echiuridi, che contano specie tipicamente abissali, ne hanno alcune endemiche della zona hadale. Di 4 specie di Sipunculidi (di cui numerosissimi individui furono trovati oltre i 6.000 m) 2 sono anche note per le acque basse, e 2 sono tipicamente abissali. Dei Priapulidi, una sola specie è di sicuro hadale. Dei Crostacei Entomostraci, sia i Copepodi (Harpacticoidi), che gli Ostracodi e i Cirripedi contano anche nuove specie ultraabissali, i primi raccolti nella fossa Kermadec alla profondità massima di 10.000 m, gli Ostracodi di 7.657 m, i Cirripedi alla massima di 7.000 m con il solo genere Scalpellum. Dei Crostacei superiori, i Tanaidacei vivono con ben 19 specie a profondità di oltre 6.000 m, presentando una larga percentuale di endemismi (78%). La fauna a Isopodi, tutti del sottordine degli Aselloti, alle profondità ultraabissali è quanto mai ricca e varia, sempre con un'alta percentuale (80%) di specie endemiche; altrettanto può dirsi della fauna ad Anfipodi che comprende forme bentoniche e hadopelagiche. Distribuzione verticale e endemismi specifici degli Anfipodi sono pressappoco corrispondenti a quelli dei Tanaidacei e degli Isopodi. Molto interessante è anche il fatto che la fauna a Isopodi e Anfipodi raccolta nella limitatissima area delle fosse oceaniche, gli uni fino a 10.710 m, gli altri fino a 10.687 m, rappresenta bene 1/4 del numero complessivo delle specie rinvenute nella vastissima piana abissale. Per i Crostacei Decapodi, non si hanno notizie di sicuri rinvenimenti a profondità superiori ai 6.000 m; forme bentoniche non superano i 5.240 m di profondità; il gambero rosso osservato da Piccard nel 1960 dal batiscafo Trieste nella fossa delle Marianne alla profondità di circa 11.000 m era forse non un Decapode, ma un Misidaceo.

Da quattro fosse ultraabissali del Pacifico sono stati raccolti esemplari di tre generi di Pantopodi (o Picnogonidi).

Fra i Molluschi ultraabissali vanno menzionati rappresentanti dei Solenogastri rinvenuti in poche fosse oceaniche; più scarsi i Loricati di cui un sol genere è stato ritrovato in acque profonde, tra 6-7.000 m. Molto importanti i componenti il gruppo paleozoico dei Monoplacofori, fino a circa 20 anni fa noto esclusivamente attraverso i rappresentanti fossili e oggi a noi perventuo col genere arcaico Neopilina che comprende specie abissali e ultraabissali (6.489 m). La scoperta di queste forme data dal 1952 quando furono dragati da una fossa oceanica, poco oltre i 3.500 m, al largo della costa pacifica della Costarica, dieci esemplari viventi di questo genere, dallo studio dei quali derivarono nuove idee sull'affinità dei Molluschi con gli Anellidi, nonché sulla natura dei Molluschi ancestrali. I Gasteropodi si ritrovano a tutte le grandi profondità fino a 10.445-10.887 m sia nel Pacifico che nell'Atlantico, con le principali famiglie di Prosobranchi, quelle dei Buccinidae e dei Turridae; e di Opistobranchi con le tre famiglie Phylinidae, Retusidae e Scaphandridae, e gli uni e gli altri con un grado estremamente alto di endemismi specifici. Anche gli Scafopodi hanno rappresentanti fra i 6 e i 7.000 m; così i Bivalvi che nella fauna ultraabissale sono presenti con almeno 60-70 specie. Di alcune famiglie delle 12 note per profondità di 6.000 m si sono potuti raccogliere anzi parecchie centinaia di esemplari. Per i Cefalopodi, infine, è stata segnalata la cattura di un esemplare di Octopus alla profondità di 8.100 m nella fossa Curili-Camciatca del Pacifico: il rinvenimento di gusci di uova di questo Cefalopode nell'intestino di un pesce, Careproctus amblystomopsis catturato nella stessa fossa, ha confermato la presenza di questi Cefalopodi nel bentos hadale.

Ma il tipo animale che ha il suo "regno" nelle acque profonde ultraabissali, dove anche fornisce i rappresentanti di maggiori dimensioni, è senza dubbio quello degli Echinodermi: in primo luogo con le Oloturie - divoratrici di fango - che mostrano la più alta percentuale di endemismi (62%), sempre più numerosi a misura che cresce la profondità. Detti popolamenti sono tali che a profondità di 6.000 m o maggiori, si raccolgono, in un solo dragaggio, centinaia e talora migliaia di individui della stessa specie, superando e in numero di individui e nella biomassa ogni altro gruppo di Invertebrati bentonici. Le più importanti appartengono all'ordine degli Elasipodi, di cui la famiglia Elpidiidae è la più diversamente rappresentata con almeno 4 generi: il genere Elpidia è stato il più largamente raccolto e studiato dalle varie spedizioni oceanografiche. Delle 128 specie di Oloturie note per la fauna abissale fra i 3 e i 6.000 m di profondità, un buon 20% popola anche i fondi hadali. Anche i Crinoidi, sia peduncolati che sessili, hanno tipici rappresentanti nella fauna ultraabissale: il genere Bathycrinus è stato abbondantemente pescato tra gli 8.175 e i 9.050 m di profondità, nella fossa Curili-Camciatca; così alcuni piccoli Antedonidae raccolti fra 6.156 e 6.380 m nella fossa pacifica del Giappone. Seguono gli Asteroidi rinvenuti fra i 6.000 e gli 8.400 m di profondità con le famiglie dei Porcellanasteridi e Pterasteridi; gli Ofiuroidi, di cui la famiglia delle Ophiurae è sicuramente ultraabissale, mentre le Euryalae non oltrepassano i fondali di 6.000 m. Gli Echinoidi infine dell'ordine degli Spatangi, con il genere Pourtalesia sono stati raccolti a profondità di 6-7.000 m nella fossa di Giava.

Briozoi del genere Bugula sono stati dragati da oltre 8.000 m e così il genere Saccoglossus degli Enteropneusti, ma in pochi saggi. Un gruppo animale che era rimasto ignoto fino ai primi del secolo e che oggi è addirittura assurto al rango di tipo, strettamente affine agli Emicordati, è quello dei Pogonofori, animali dal corpo cilindrico, molto sottile, privi di intestino e di fessure branchiali, che vivono entro tubi chitinosi aderenti al corpo, fissati verticalmente nelle melme abissali e hadali ricche di detriti e di flora batterica di cui si nutrono attraverso i tentacoli: delle 150 specie riferite a questo gruppo ben 26 sono infatti ultraabissali e di esse 22 endemiche di questa zona, confinate ciascuna in una singola fossa, e 4 rinvenute anche in acque meno profonde.

A profondità anche maggiori di 6.000 m vivono infine dei Cordati e tra essi alcune Ascidie come Chemidocarpa bythia e Situla pelliculosa, ma veramente straordinari come abitanti della zona ultraabissale sono i Pesci di cui si conoscono soltanto 4 specie, tutte endemiche di tale zona e cioè: Bassogigas profundissimus, Cateproctus amblystomopsis, Pseudoliparis n. sp., Pseudoliparis kermadecensis. Pesci non bene identificati sarebbero stati osservati in tre occasioni dal batiscafo Trieste a una profondità di 10.912 m nella fossa delle Marianne, ma si tratta di dati molto incerti, e il presunto Pleuronettide descritto da Piccard come Chascanopsetta lugubris, è probabilmente una grande Oloturia. Dati sicuri riguardano le summenzionate 4 specie delle famiglie dei Brotulidi e dei Liparidi appartenenti alla ittiofauna ultraabissale raccolta dalle navi Galathea e Vitjaz, sebbene la prima specie fosse già nota dalla spedizione del principe di Monaco del 1901.

Complessivamente, in base ai dati più recenti di cui si dispone, si può concludere che oltre i 6.000 m di profondità fino alle massime di 11.000, vivono non meno di 700 specie di Metazoi di cui 292 sicuramente determinate, rappresentanti di 30 classi, 200 generi e 140 famiglie. Assai interessante risulta pertanto il confronto di questi dati con quelli che si riferiscono al bentos abissale (da 2.500 a 6.000 m) che per il solo Pacifico novera, secondo N. G. Vinogradova, un totale di circa 1.140 specie di Invertebrati: ora, considerando l'estensione in superficie delle aree del piano abissale e di quello hadale in tutto il globo, tenuto conto che ben 254 specie, di quelle sicuramente determinate, provengono dalle fosse del Pacifico, l'Oceano che ne conta il maggior numero di esplorate, se ne ricava che il numero delle specie, per unità di superficie, nella fauna ultraabissale supera di ben 15 volte il numero di quella abissale. Tale importante reperto è stato spiegato dagli autori russi ammettendo che nelle fosse ultraabissali gli organismi, a prescindere dagli effetti dell'estrema pressione idrostatica, di cui peraltro sono ancora ignoti gli adattamenti morfologici, trovino delle condizioni ambientali (in ispecie nutrizionali) e una maggiore varietà di biotopi, più propizie che negli estesi fondali abissali. Ciò è anche confermato dall'alta percentuale riscontrata (64%) di specie endemiche nella fauna ultraabissale e in questo ambiente confinate. Oltre i 10.000 m di profondità, comunque, la fauna a Metazoi è rappresentata da non oltre 12 specie (appartenenti a 10 classi zoologiche), numero invero esiguo rispetto alle 292 specie fino ad oggi registrate per l'intera zona hadale.

Sulle origini della fauna a. è opinione corrente che non si tratti di fauna molto antica: lo suggerirebbe, da un lato, la constatazione della similarità morfologica fra specie del littorale e specie di grandi profondità; dall'altro, gli scarsi o nulli adattamenti morfologici presentati dalla fauna a. e, se mai da quella batipelagica piuttosto che dalla bentonica. Se d'altro canto è facile constatare che nella fauna a. si ritrovano specie dello stesso gruppo e fino a un certo punto delle stesse famiglie e generi che vivono nelle acque poco profonde e che, in alcuni casi, addirittura la stessa specie (come si riscontra nei Policheti) può ritrovarsi nelle acque basse della costa e a parecchie migliaia di metri di profondità, è lecito supporre, con la maggior parte degli autori, che la fauna a. sia derivata da specie bentoniche littorali, migrate, per svariate cause, nelle grandi profondità oceaniche e adattatesi alle nuove condizioni ambientali (principalmente la temperatura e le fonti alimentari).

È possibile anzi presumere che tale penetrazione, che nulla esclude prosegua tuttora, abbia interessato principalmente il bentos littorale artico e antartico, di per sé adatto a condizioni di temperatura e di nutrizione che richiamano le condizioni degli alti fondali oceanici; ma data la nota povertà del bentos littorale delle alte latitudini, che manca di molti gruppi sistematici rappresentati nel bentos profondo, non è peraltro da escludere, come molti fatti indicano, che anche forme bentoniche littorali di mari temperati e caldi, siano migrate e abbiano invaso le grandi profondità. L'uniformità ecologica e la stabilità di condizioni fornite dalle acque a. avrebbe consentito a queste specie di estendere la loro distribuzione e ad alcune di esse di diventare cosmopolite. La regione a. si sarebbe pertanto popolata essenzialmente da forme provenienti dal bentos litorale e dal bentos batiale che comprendono i rappresentanti dei differenti gruppi sistematici di rango più elevato e la maggior percentuale di forme arcaiche. Nelle acque profonde si sarebbero individualizzate per evoluzione adattativa soltanto le piccole unità sistematiche. La fauna a., in conclusione, sarebbe costituita da alcuni gruppi arcaici di Invertebrati (es. i Pogonofori, i Pentacrinidi ecc.) che in assenza o in scarsità di competitori poterono sopravvivere nelle straordinarie condizioni ambientali dei grandi fondali, ma soprattutto da differenti rappresentanze dei gruppi animali di acque basse, via via penetrate nelle grandi profondità ove tali invasioni si andrebbero probabilmente rinnovando di continuo. Gli endemismi riscontrati con relativa frequenza nella fauna a., potrebbero denunciare o l'origine recente di queste forme che avendo da poco mutato ambiente non avrebbero avuto il tempo di diffondersi in aree più vaste, oppure l'avvenuta loro localizzazione, e l'isolamento di esse come relitti.

La fauna hadale deriverebbe a sua volta dalla fauna a. già adatta alle enormi pressioni di parecchie centinaia di atmosfere, e di essa mostrerebbe anche più pronunciate le caratteristiche di una rigida specializzazione, tendenze verso modificazioni adattive e alla formazione di gruppi sistematici più bassi. Della fauna a. condividerebbe alcuni tratti, come la scarsa o nulla pigmentazione, la riduzione degli occhi, lo sviluppo di lunghe appendici atte a facilitare lo spostamento sui fanghi molli e in più, in alcuni casi (come in molti Crostacei: Isopodi, Tanaidacei) manifesterebbe una tendenza al gigantismo, che è stato interpretato come possibile effetto di una specifica influenza dell'alta pressione. Alla formazione della fauna hadale nel suo complesso, e al suo differenziamento dalla fauna a. avrebbero contribuito l'isolamento geografico ed ecologico delle grandi fosse oceaniche, la cui formazione si fa risalire al Cenozoico: la fauna hadale, pertanto, è più giovane di quella a. ed è costituita in prevalenza dai discendenti dell'antica fauna a. del pavimento oceanico, cui si sono aggiunti elementi penetrati secondariamente nelle fosse oceaniche e anche forme di acque più basse pervenute coi sedimenti nelle fosse ove come è noto assai intensamente si compie la sedimentazione. La formazione di nuove specie e i ricchi endemismi che caratterizzano ciascuna fossa oceanica si devono appunto all'isolamento geografico ed ecologico di ogni fossa dall'altra e dal pavimento oceanico abissale: con la conseguente disponibilità di nuove nicchie ecologiche e di abbondante nutrimento che hanno certamente contribuito ad accelerare l'iniziale ritmo evolutivo della fauna ultrabissale. Questa successivamente, per la stretta specializzazione raggiunta alle specifiche condizioni d'ambiente, va incontro a un rallentamento di tale ritmo, con ben scarse prospettive di un'ulteriore evoluzione.

Fauna abissale delle acque interne. - L'esistenza di una regione abissale e della eventuale relativa fauna, nelle acque interne, è esclusivamente limitata ai laghi più profondi della terra come il lago Bajkal nella Siberia e il lago Tanganika nell'Africa centrale.

Il Bajkal, con la sua profondità massima di 1.741 m e una media di 740 m, è il più profondo. Vi si riconosce una regione abissale distinta in una zona superiore dai 250 ai 500 m e una zona inferiore che si estende oltre i 500 m di profondità. Fra i 250 e i 500 m, vivono numerose forme di Molluschi, di Oligocheti, di Turbellari, di Chironomidi, di Gammaridi, questi ultimi in straordinaria quantità e varietà (oltre 240 specie descritte fino al 1963) come in nessuna altra raccolta d'acqua continentale nel mondo, mentre i Pesci sono soltanto rappresentati dai Cottoidei (Perciformi) che vi giungono anche dagli strati superiori della cosiddetta zona sopraabissale (70-250-300 m): tali Abyssocottus korotneffi, Abyssocottus godlewskii griseus, ecc. Una peculiare specie di Asellus, Asellus dybowskii, con occhi rudimentali, vive da 100 a 1.000 m di profondità e oltre. Rappresentanti della famiglia dei Batinellidi degli Anaspidacei, fra i Malacostraci, sono stati rinvenuti fra 20 e 1.440 m di profondità. La zona inferiore della regione a. comprende parte della scarpata del fondo, e tutta la parte centrale del lago al di sotto di 500 m, con fondi di melme azzurre vischiose, ricchissimi di gusci di diatomee planctoniche morte. La temperatura delle acque di questa zona è per tutto l'anno di 3,3°-3,6°C; vi è completa assenza di luce e un contenuto di O2 ridotto a circa 10 mg/l. Per quanto queste profondità occupino almeno i 5/6 dell'intera area di fondo del Bajkal, le conoscenze sulla densità dei vari popolamenti sono assai scarse e frammentarie: le abbondanti raccolte, spesso quasi esclusivamente costituite di Gammaridi e Oligocheti, compiute con i dragaggi sui fondi a parecchie centinaia di m di profondità, non esprimono l'esatta densità di tali popolamenti, i quali infatti, da campionature singole eseguite mediante benne, si dimostrano quantitativamente molto poveri: d'altra parte anche in questa zona le fonti alimentari (rappresentate esclusivamente da cadaveri di planctonti e di pesci pelagici depositatisi sul fondo) sono assai limitate ma sufficienti ad attrarre i Gammaridi abissali che sono ottimi nuotatori. È da notare anche che la grande maggioranza di specie e di generi di questi Anfipodi ristretta al Bajkal si rinviene a tutte le profondità, finanche nelle estreme. Anche gli Oligocheti, tra cui si riscontrano pure in altissima percentuale gli endemismi, giungono ad abitare le più grandi profondità: Peloscolex inflatus, fino a 1.200 m, Phreoryctes ascaridoides fino a 1.300 m, Rhynchelmis brachycephala fino a 1.650 m, Lamprodrilus buthius fino alle estreme profondità. Circa i Pesci che popolano la zona abissale inferiore del Bajkal, si tratta esclusivamente di Cottoidei, di cui alcune specie (16) distintamente abissali ed endemiche; altre presenti anche nella zona superiore abissale: alle prime caratterizzate dal corpo flaccido, dalla pelle molto debole e raggrinzita e dal colorito pallido bianchiccio o gialliccio senza macchie, si riferiscono: Cottinella boulengeri, Cottinella werestschagini, Asprocottus gibbosus, Asprocottus herzensteini abyssalis e Batrachottus nikolskii, la maggioranza con occhi ridotti e linea laterale ben sviluppata. Colorito bianchiccio e roseo hanno anche i Gammaridi di questa zona, con occhi privi di pigmento e deformi e per contro con antenne di regola assai sviluppate come organi tattili.

In conclusione, pur mancando uno studio sistematico e approfondito dalla fauna a. del Bajkal, risultano tuttavia fatti acquisiti: l'eccezionale varietà e abbondanza di specie endemiche, quasi esclusive della zona al di sotto di 500 m di profondità e molte delle quali distintive del Bajkal, la spiccata variabilità di esse, i loro adattamenti e cambiamenti morfologici e fisiologici corrispondenti alle varie profondità abitate; i casi di gigantismo e di nanismo di molte di queste specie, tutti dati utili allo studio dei problemi della speciazione e dell'evoluzione che si attuano con speciale intensità, tra i gruppi delle grandi profondità del lago, come i Gammaridi, i Ciclopoidi, i Turbellari, i Molluschi, i Cottoidei, in un ambiente così antico la cui formazione si fa risalire a 20-25 milioni di anni fa.

Il lago Tanganika ha una profondità massima di 1.470 m, con una profondità media di 572 m. Come nella maggioranza di altri laghi equatoriali profondi, le acque del Tanganika al di sotto di circa 200 m di profondità, sono prive di ossigeno e hanno una circolazione molto lenta o del tutto assente. La temperatura delle acque superficiali del lago - fortemente ossigenate - è molto variabile e oscilla fra i 25° e i 29° C; al di sotto dei 1.000 m di profondità, pur mantenendosi alta, oscilla fra i 23,32° e 23,35° (a 1.400 m). Nelle condizioni anerobiche delle acque profonde, quasi stagnanti, e cariche di H2 S - che le rende quanto mai inadatte alla vita animale - manca una fauna a., mentre in esse prosperano i batteri, in specie i solfobatteri, a spese dei cadaveri degli organismi planctonici e dei Pesci planctofagi e carnivori che di continuo cadono dall'alto degli strati superficiali ossigenati e abbondantemente abitati, accumulandosi sul fondo.

Bibl.: A. F. Bruun, Problems of life in the deepest deep-sea, in Nat. Geogr. Mag., vol. 26 (5), 1953; Int. Union of Biolog. Sciences, On the distribution and origin of the deep sea bottom fauna s. B, n. 16, 1954; N. B. Marshall, Aspects of deep sea biology, Londra 1954; A. F. Bruun, The abissal fauna: its ecology, distribution and origin, in Nature, vol. 177, 1956; K. Gunther, K. Deckert, Creatures of deep sea, Londra 1956; T. Wolff, La faune hadale ou faune de profondeurs supérieures à 6000-7000 mètres, in La terre et la vie, vol. 106, nn. 2, 3, 1959; id., L'exploration des mers profondes, in La nature, n. 3294, 1959; id., The hadal community, an introduction, in Deep-Sea res., vol. 6, 1960; A. F. Bruun, T. Wolff, Abyssal benthic organisms: Nature, origin, distribution and influence on sedimentation, in Amer. Assoc. Adv. Sci., pubbl. 67, Oceanography, 1961; J. M. Peres, Océanographie biologique et biologie marine, vol. I, La vie benthique, Parigi 1961; T. Wolff, The deepest recorded fishes, in Nature, vol. 190, 1961; M. Kozhov, Lake Bajkal and its life, L'Aia 1963; T. Wolff, Life in the ocean six miles down, in New Scientist, vol. 24, n. 414, 1964; R. J. Menzies, Conditions for the existence of life on the abyssal sea floor, in Oceanogr. Mar. Biol. Ann. Rev., vol. 3, 1965; H. L. Sanders, Marine benthic diversity: a comparative study, in Americ. Natur., vol. 102, 1968; C. Maldura, Oceanografia biologica, Roma 1971; G. M. Belyaev, Hadal bottom fauna of the world Ocean, tradotto dal russo in Israel program for scientific translations, 1972; G. Cognetti, M. Sarà, Biologia marina, Bologna 1974; P. Pasquini, F. Raffaele, La vita nel mare, in La vita degli animali, I, Torino 19743.

TAG

Piattaforma continentale

Oceanografia biologica

Alberto i di monaco

Nicchie ecologiche

Oceano atlantico