FAVOREGGIAMENTO

Enciclopedia Italiana (1932)

FAVOREGGIAMENTO

Arturo Santoro

Fra i delitti contro l'amministrazione della giustizia il cod. pen. ital. del 1930 considera una particolare categoria di delitti contro l'attività giudiziaria, ai quali appartiene il favoreggiamento. Questo, infatti, ostacola il corso della giustizia (in senso lato), sia nascondendo la persona ricercata o in qualsiasi altro modo aiutandola a eludere le investigazioni dell'autorità (art. 378), sia aiutando l'autore del reato ad assicurarsi il profitto o il prodotto del medesimo (art. 379).

Non tutti i codici ravvisano nel favoreggiamento un delitto contro l'amministrazione della giustizia: il codice francese lo comprende fra i delitti contro la cosa pubblica, il codice belga fra i delitti contro la pubblica sicurezza, altri codici fra i delitti contro la pace e l'ordine pubblico. Il favoreggiamento, per la sua stessa nozione, è reato pedissequo e presuppone una precedente attività criminosa già esaurita. Sotto questo aspetto, il favoreggiamento è figura di reato a sé che, giuridicamente, s; distacca e distingue dalla compartecipazione criminosa. Ed è figura piuttosto recente, ché da principio i fautores erano considerati complici v a posteriori". Solo più tardi fu chiara l'impossibilità di considerare complicità un'attività che in nessun modo ha contribuito al reato principale. Ciò peraltro non impedì che qualche codice (per es. il toscano), pur distinguendo il favoreggiamento dalla complicità, disciplinasse insieme l'uno e l'altra. La nozione del favoreggiamento è quindi anzitutto negativa: deve, cioè, escludersi che l'aiuto prestato all'autore del reato sia il risultato o abbia relazione con un accordo anteriore al reato stesso. Se quest'accordo esiste, si entra in una delle ipotesi della compartecipazione. Questo aspetto negativo era espresso nell'art. 225 del cod. Zanardelli col dire che l'aiuto, posteriore al delitto, dovesse svolgersi "senza previo concerto anteriore al delitto e senza contribuire a portarlo a conseguenze ulteriori". Il codice 1930, mentre mantiene il requisito essenziale dell'attività posteriore al delitto principale, adopera la formula più sintetica "e fuori dei casi di concorso nel medesimo". Esso ha anche distinto il favoreggiamento personale, che tende a salvaguardare il reo, da quello reale, diretto ad assicurare al reo il profitto o il prodotto del reato.

Quest'ultima forma di favoreggiamento che ha rapporto con la cosa proveniente dal delitto, non a scopo di lucro ma per aiutare il colpevole del reato principale, si distingue dalla ricettazione, delitto contro la proprietà (art. 648 cod. pen. 1930) che si rivolge pure alle cose provenienti dal delitto ma al fine di trarne un profitto. Nel codice abrogato, non era, invece, molto chiaro il rapporto fra ricettazione e favoreggiamento, anche perché nella ricettazione (art. 421) si diceva: "fuori dei casi di cui all'art. 225" (favoreggiamento). Abbiamo detto che il favoreggiamento è compreso fra i reati contro l'attività giudiziaria; ma tale collocazione non è del tutto esatta, perché non sempre il favoreggiatore fuorvia l'attività degli organi giudiziarî, potendo egli anche fuorviare l'attività della polizia, che ha come scopo la ricerca dei reati. E infatti l'art. 378 prevede e punisce l'attività di chi cerca di eludere l'investigazione dell'autorità (in genere), e cioè sia di polizia sia giudiziaria. Data la natura del favoreggiamento, pedissequo ad altro reato, sorge il problema del rapporto fra esso e le eventuali cause di esclusione del reato principale. Si tratta di sapere se il favoreggiamento sussiste nonostante il venir meno del delitto, in rapporto al quale l'aiuto è stato prestato. È a questo proposito da tener presente il principio sancito nell'art. 170 cod. pen., secondo cui, quando un reato è presupposto di un altro, le cause estintive non si estendono dall'uno all'altro. Pertanto la remissione della parte lesa, la prescrizione, l'amnistia relative al reato principale non pregiudicano la sussistenza del favoreggiamento. Per il quale si deve aver presente il concetto generale che non è lecito al privato ostacolare l'attività degli organi della giustizia, anche se essa per avventura non possa, in definitiva, sboccare in una concreta punizione dell'inquisito. In tale ordine d'idee, il nuovo codice dispone l'indipendenza del favoreggiamento, quando l'autore del delitto principale, per ragioni squisitamente soggettive, non sia imputabile o risulti che non abbia commesso il delitto. Viceversa, escludono il favoreggiamento le cause oggettive di esclusione del reato principale. Secondo il cod. pen. abrogato (ult. capov. dell'art. 225) era esente da pena il favoreggiatore che aveva reagito a pro di un prossimo congiunto. Bastava, quindi, per esimere da pena il rapporto di parentela tra il favoreggiatore e il favorito. Il codice 1930 (art. 384) richiede, invece, la dimostrazione della necessità di salvare il congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore. Concepita in tal modo la circostanza esimente, il nuovo codice non doveva però ammetterne l'applicazione al favoreggiamento reale, che non è diretto a sottrarre la persona alla persecuzione giudiziale, ma ad assicurare alla stessa il prodotto del delitto.

Bibl.: F. Carrara, Opuscoli diritto crim., VII, p. 48; E. Carnevale, Il favoreggiamento nella dottrina e nella giurisprudenza, in Riv. pen., XXXIV; R. Babboni, Delitti contro l'ammin. della giustizia, Milano s. a.; M. Manfredini, Delitti contro l'ammin. della giustizia, Milano 1927.

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