Fecondazione assistita

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Fecondazione assistita

Carlo Flamigni

La storia

L'era dei grandi progressi nel campo della biologia della riproduzione si è aperta negli anni Sessanta del 20° sec., con la messa a punto di metodi utili per il dosaggio degli ormoni sessuali nel sangue, e procede sia nel campo diagnostico sia in quello terapeutico. La nascita della prima bambina concepita in provetta, avvenuta nel 1978, è importante non tanto perché risolve un problema clinico, ma perché è il risultato di fondamentali studi biologici eseguiti in laboratorio. È a questi studi che si debbono molte delle nostre conoscenze relative alla biologia cellulare e alla genetica. I successi di maggior rilievo si sono registrati, tuttavia, solo dopo il 1982 in contemporanea con le nuove proposte dei ricercatori, da quella di congelare preembrioni (1982) a quella di eseguire indagini genetiche sulle cellule embrionali prima dell'impianto (1990).

FIVET, ICSI e altre tecniche: diffusione e risultati

Tra le varie tecniche proposte, una ha avuto diffusione straordinaria, in quanto ha risolto un grandissimo numero di casi di sterilità maschile. Questa tecnica, indicata dall'acronimo ICSI (Intracytoplasmic Sperm Injection) consiste nell'inserimento, che viene attuato con opportune metodiche di micromanipolazione, di uno spermatozoo nel citoplasma di un oocita. Si è molto discusso sull'opportunità di utilizzare la ICSI in tutte le fecondazioni assistite, ma la proposta trova una certa opposizione. In Italia, dopo l'approvazione di una legge che limita a tre il numero di oociti fertilizzabili, si è diffusa la tendenza a sostituire la FIVET (fertilizzazione in vitro con embryo transfer) con la ICSI, dal momento che quest'ultima consente una probabilità maggiore di ottenere preembrioni. Non esistono prove che a questo consegua un maggior numero di gravidanze, tranne che in casi specifici di sterilità, come quella idiopatica e naturalmente quella da fattore maschile più severo. Per converso, la ICSI è più complessa e più impegnativa tecnicamente ed è anche notevolmente più costosa della FIVET. In aggiunta sono ancora contestati possibili effetti malconformativi che si rifletterebbero sui prodotti del concepimento, anche se alcune ricerche sembrano smentire questo rischio. Sono invece progressivamente uscite di scena, proprio in questi ultimi anni, tecniche come il trasferimento endotubarico degli embrioni (TET, Tubal Embryo Transfer) e il trasferimento endotubarico degli zigoti (ZIFT, Zigote Intrafallopian Transfer). Si continua invece a discutere della convenienza di utilizzare, in casi selezionati, il trasferimento di gameti nelle tube (GIFT, Gamete Intrafallopian Transfer), che ha avuto momenti di particolare notorietà nei primi tempi della sua applicazione, quando consentiva percentuali di gravidanze superiori a quelle della FIVET. Da molti anni i successi di quest'ultima tecnica sono significativamente aumentati, mentre non si sono modificati quelli della GIFT, per cui la convenienza è scomparsa ed è rimasto solo il fatto che l'inserimento dei gameti, richiedendo un intervento laparoscopico, è considerato invasivo. La scelta della GIFT viene attuata solo dalle coppie che la ritengono moralmente accettabile, perché evita la produzione dei preembrioni al di fuori del corpo della donna, e che, per la stessa ragione, rifiutano la FIVET. La diffusione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita è documentata dal grande numero di bambini nati sino a oggi, nel mondo, grazie alla sua applicazione, un numero che sta avviandosi verso il secondo milione. Nel 2000, del resto, il numero di centri operanti nel settore era molto alto ed è più che probabile che stia crescendo ancora: circa 200 in Italia, 380 negli Stati Uniti, 110 in Inghilterra, 92 in Francia, 75 in Germania, 36 in Spagna, 12 in Olanda. Nello stesso anno gli operatori italiani hanno eseguito 29.600 cicli di trattamento, un numero non poi così alto rispetto al grande numero di centri: con meno strutture operanti, la Francia ha eseguito 45.000 cicli, l'Inghilterra 34.000 e la Germania 37.000. Per lo stesso anno è stato calcolato che in Italia siano nati 7200 bambini, l'1,3% delle nascite complessive avvenute nel Paese. Nei registri americani da vari anni la percentuale di nascite per ciclo di terapia supera il 30% e l'unico dato negativo riguarda la frequenza delle gravidanze multiple, che è pari al 35%. Nello stesso Paese le nascite ottenute dopo il trasferimento di embrioni che erano stati congelati è del 23% e quelle da donazione di oociti del 40%. L'Europa ha risultati nettamente peggiori (27-28% di gravidanze), ma in compenso ha un numero di gravidanze gemellari e multiple molto più basso. In Italia, le valutazioni relative al 2000 riferiscono una percentuale di gravidanze del 25%, con il 15% di gravidanze gemellari.

I bambini nati da PMA: possibili problemi

La discussione in campo medico sulla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) si è concentrata su alcuni specifici temi. Il primo è quello della salute e della normalità dei bambini nati con il contributo delle tecniche. È certo che i 'bambini FIVET' non presentano particolari problemi malconformativi e genetici, tuttavia nascono con maggior frequenza prematuri, o 'piccoli per la data'. I motivi di tutti questi problemi non sembrano dipendere dalle tecniche applicate, ma piuttosto dalle caratteristiche biologiche e cliniche delle loro madri, la cui storia ginecologica è spesso positiva per interventi sull'apparato genitale e per terapie ormonali complesse, che possono lasciare un segno sulla fertilità. Un problema a parte è quello delle gravidanze gemellari, considerate giustamente troppo numerose, un dato che deve essere considerato con particolare attenzione vista la notevole frequenza di patologie fetali (emorragie cerebrali) e materne (ipertensione, gestosi, diabete) osservate nelle gravidanze multiple. Come è già stato ricordato, diverso è il caso dei 'bambini ICSI', per i quali sembra documentato un aumento, lieve ma significativo, di anomalie cromosomiche, dovute soprattutto a condizioni di ipofertilità paterna di origine genetica; sempre per questi bambini è in discussione la possibilità di un rapporto fra la tecnica e le anomalie dell'imprinting genomico, dalle quali dipenderebbe la maggior frequenza di alcune malattie dell'infanzia, come la sindrome di Angelman, quella di Berkwitz e quella di Prader-Willi. La valutazione di questo possibile rapporto, proprio a causa dell'estrema rarità delle malattie in questione, non è dimostrata, ma l'esistenza di questi rischi sollecita alcuni medici a proporre di considerare la ICSI come tecnica residuale, da usare solo in caso di grave ipofertilità maschile.

Gravidanze multiple. - Per risolvere il problema dell'eccesso di gravidanze multiple vengono proposte due strade alternative. La prima è quella che si basa sul trasferimento di un solo preembrione (soprattutto nelle donne che hanno meno di 35-36 anni) e sulla crioconservazione dei preembrioni sovrannumerari. La seconda riguarda, invece, l'allungamento dell'incubazione dei preembrioni dai due giorni abituali (con successivo trasferimento di morule contenenti 4-8 blastomeri) a 5-6 giorni (con trasferimento di blastocisti). Nell'evoluzione dello sviluppo preembrionale la blastocisti è una struttura multicellulare che contiene una cavità (il blastocele) che occupa praticamente tutto lo spazio embrionale, una massa cellulare informe, dalla quale prenderà origine l'embrione vero e proprio, e cellule periferiche che produrranno placenta e annessi fetali (cellule del trofoectoderma). Al momento in cui si forma la blastocisti, è molto probabile che altri preembrioni che sono stati messi in coltura contemporaneamente abbiano interrotto il loro sviluppo, consentendo in tal modo una prima selezione naturale. L'allungamento del periodo in cui i preembrioni vengono lasciati in coltura ha posto inizialmente molti dubbi, perché esperienze simili eseguite su grandi mammiferi avevano avuto conseguenze negative sullo sviluppo dei prodotti del concepimento, ma le analisi eseguite sui risultati clinici non confermano questi timori. È ancora in discussione la possibilità che trasferire blastocisti determini una modificazione del rapporto tra maschi e femmine a favore dei primi, ma questo dato è influenzato da molte possibili interferenze ed è probabile che questi timori siano infondati.

Gli effetti collaterali. - Il secondo problema in discussione riguarda le possibili conseguenze delle terapie di stimolo ovarico sulla salute delle donne, un problema sorto nel 1994 con la pubblicazione di dati epidemiologici che sembravano dimostrare l'esistenza di una relazione tra stimolazione con gonadotropine e comparsa di tumori ovarici. In realtà questi dati sono stati smentiti, e le uniche preoccupazioni di qualche importanza - alla luce delle nostre conoscenze - riguardano il rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica, una conseguenza molto sgradevole di trattamenti esageratamente intensi eseguiti senza il necessario controllo e l'opportuna prudenza. Non si dovrebbero più verificare le grandi gravidanze multiple che hanno sistematicamente trovato spazio nei quotidiani di tutto il mondo, poiché le linee guida di tutte le società mediche proibiscono il trasferimento di un numero eccessivo di embrioni. Gli incidenti di questo genere sono quasi esclusivamente il risultato di semplici induzioni dell'ovulazione non seguite da manipolazione dei gameti.

Le indagini genetiche sull'embrione

Le indagini genetiche preimpiantatorie possono essere eseguite sui blastomeri preembrionali, prelevati con tecniche micromanipolative, o sui due globuli polari. Questi ultimi sono piccoli corpi citoplasmatici che contengono i cromosomi espulsi dall'oocita nel processo di maturazione meiotica, il primo al momento dell'ovulazione, il secondo poco dopo l'ingresso dello spermatozoo nell'ooplasma e l'attivazione dell'oocita. Le indagini sui globuli polari - che per essere significative debbono essere eseguite in sequenza, ossia su entrambi - informano sulla normalità genetica dell'oocita e quindi non hanno nessuna possibilità di verificare quella dell'embrione. Sono perciò utili nei casi di malattie genetiche materne e in quelli di mutazioni geniche recessive esistenti in entrambi i coniugi, in quanto consentono di utilizzare cellule uovo non portatrici della mutazione genica e di evitare la malattia del concepito. Questa tecnica è relativamente complessa ed è eseguita di routine (con ottimi risultati) da pochissimi centri. Sul prelievo di uno o due blastomeri si è molto discusso per vari motivi. Problemi etici a parte, viene criticata la possibilità di errori dovuti al metodo, un rischio che viene generalmente considerato inferiore al 4%, ma che viene comunque ritenuto abbastanza elevato da richiedere un successivo controllo in gravidanza. Alcuni biologi hanno anche sottolineato l'esistenza di rischi determinati dalla sottrazione al preembrione, in fase iniziale di sviluppo, di un numero di blastomeri certamente significativo (due su otto, in genere). Le esperienze eseguite su embrioni di topo, le valutazioni retrospettive dei bambini nati e, infine, il fatto che gli embrioni trasferiti dopo crioconservazione non presentino alcun tipo di anomalia anche se presentano un alto numero di blastomeri danneggiati (in genere si trasferiscono tutti i preembrioni che hanno conservato più del 50% di cellule normali) convincono a considerare infondati questi timori. Si discute anche molto riguardo alla liceità delle indagini genetiche preimpiantatorie eseguite per selezionare embrioni con specifiche caratteristiche genetiche, che possono essere utilizzate nella cura di fratelli già nati e portatori di particolari malattie. Il problema ha valenze esclusivamente morali e l'opinione degli operatori e dei bioeticisti in merito è molto differenziata.

La crioconservazione di gameti ed embrioni

Anche sul tema della crioconservazione dei gameti e degli embrioni vi sono punti in discussione. Dopo una prima gravidanza ottenuta da Chen nel 1986, la Scuola di Bologna ha ripreso in esame il problema di crioconservare oociti, ottenendo un certo numero di successi a partire dal 1996. Il congelamento delle cellule uovo ha rappresentato un motivo di preoccupazione tra i biologi, che - basandosi anche su dati sperimentali - hanno sempre temuto che queste cellule, per la loro specifica struttura e per il grande contenuto in acqua, finissero con l'essere danneggiate dalle basse temperature. Nel 2000, l'allora ministro della Sanità organizzò una commissione di studio per verificare la possibilità di realizzare un progetto di sperimentazione, che dovrebbe concludersi dopo la nascita di 300 bambini, obiettivo al momento non ancora raggiunto. La crioconservazione degli oociti ha il duplice scopo di sostituire il congelamento dei preembrioni (vietato, per es., in Italia) e di conservare la fertilità delle donne costrette a sottoporsi a cure chemioterapiche, chirurgiche e radiologiche che ne danneggiano il patrimonio follicolare. Si sta anche studiando, in molti laboratori, la possibilità di congelare tessuto ovarico, sempre con la stessa finalità. La tecnica che comincia a essere applicata anche nei nostri laboratori comporta il congelamento di sottili strisce di corticale ovarica, che possono a distanza essere trasferite in varie parti del corpo (all'interno dell'addome, per es., oppure nel grasso sottocutaneo) per un possibile ripristino dell'attività funzionale. La maturazione in vitro dei follicoli conservati è invece particolarmente complessa, specie per quanto riguarda i follicoli primordiali. Cominciano anche a comparire, nella letteratura medica, proposte relative alla crioconservazione di materiale nucleare come potenziale metodo di conservazione della fertilità. Alcuni laboratori sono riusciti a ottenere gravidanze, in vari mammiferi, congelando il ii globulo polare e trasferendolo successivamente in un oocita privato del nucleo. Sono stati anche pubblicati i primi risultati ottenuti crioconservando pronuclei femminili prelevati da ootidi, oociti a due nuclei (v. oltre). Dovrebbero trovare vantaggio da queste tecniche di 'conservazione della fertilità' donne con malattie sistemiche, da tumori dell'utero, della mammella, del colon e del fegato, persone sottoposte a terapie immunosoppressive, affette da tumori borderline dell'ovaio, malattie infiammatorie autoimmune, anomalie cromosomiche associate a deplezione follicolare ovarica. In alcuni laboratori si sta anche cercando di produrre ooplasti artificiali che potrebbero evitare il ricorso alla donazione di oociti. Il problema del congelamento dei preembrioni ha una serie di risvolti, alcuni dei quali molto pratici.

Il destino degli embrioni congelati. - Poiché si ignora il tempo di sopravvivenza di un preembrione in queste condizioni, è inevitabile che le strutture cliniche nutrano grandi perplessità nei confronti dell'ipotesi di distruggere i preembrioni crioconservati dopo un certo numero di anni se non viene fatta richiesta specifica di utilizzazione da parte dei genitori. D'altra parte, il destino di questi embrioni, se abbandonati dalle persone che ne sono responsabili, potrebbe essere quello di venire 'adottati' da una coppia sterile, o essere utilizzati per la ricerca scientifica. Le leggi che regolano questi aspetti sono estre-mamente variegate. Negli Stati Uniti, non si possono investire i fondi dello Stato nella ricerca sugli embrioni, che è invece aperta al finanziamento dei privati. In Inghilterra, apposite commissioni possono autorizzare la creazione di embrioni ad hoc per ricerche finalizzate. In Italia è proibita la ricerca sugli embrioni, qualunque ne sia la finalità, mentre è consentito eseguire studi sulle cellule staminali di origine embrionale importate da laboratori stranieri.

Il problema degli ootidi. - Un problema molto particolare riguarda il congelamento degli ootidi, utilizzato di routine in Germania e in Svizzera da quando in questi Paesi è stato vietato il congelamento dei pre-embrioni. Gli ootidi sono uova fertilizzate nelle quali sono visibili i due nuclei - quello dello spermatozoo e quello dell'uovo stesso - che prendono il nome di pronuclei e che sono destinati a scomparire dopo circa 24 ore per consentire l'anfimissi, ossia la ricostruzione di un unico genoma con 46 cromosomi. Secondo molti biologi si tratta di una fase prezigotica, che dunque precede la formazione di quella struttura che secondo molti documenti (anche della Chiesa cattolica) rappresenta l'inizio della vita personale. Stabilire dunque che, in questa fase, non possano essere applicati i regolamenti nonché le proibizioni relativi all'embrione, consente di aprire le porte a una serie di possibilità: per es., sostituire quasi integralmente il congelamento dei preembrioni; inoltre, anche nel caso in cui siano proibite le indagini genetiche sui blastomeri, permette di analizzare i due globuli polari e crioconservare l'ootide fino all'acquisizione della risposta del laboratorio, bloccandone così lo sviluppo, per poi decidere se trasferirlo o no.

Gli studi sperimentali

Gran parte delle ricerche scientifiche nel campo della biologia della riproduzione sono rivolte a migliorare i risultati delle tecniche, considerate ancora insufficienti malgrado i grandi progressi. La scienza sta investendo anche in progetti che sono solo marginalmente collegati con le cure della sterilità. Per migliorare le possibilità di successo delle singole terapie, è stata messa a punto - per ora solo sperimentalmente - una tecnica di moltiplicazione dei preembrioni: singoli blastomeri, provenienti da preembrioni che contengono 4-5 cellule, vengono inseriti all'interno di oociti enucleati. La totipotenza di questi blastomeri consente di dare inizio allo sviluppo di preembrioni, geneticamente identici, una forma di gemellazione artificiale. Molte attenzioni vengono dedicate al problema delle madri non più giovani e alle notevoli percentuali di insuccesso delle PMA che le riguardano. Una tecnica, già applicata in clinica, per migliorare i risultati consiste nella trasfusione, all'interno degli oociti di donne che hanno superato i 40 anni, di ooplasma prelevato da oociti di donne più giovani. Questa tecnica ha avuto una certa popolarità, ma non esiste alcuna certezza in merito alla sua utilità, mentre si avvertono molte perplessità relative all'ormai dimostrata presenza di DNA mitocondiale 'donato' nei feti. È probabile che gli studi sull'ooplasma consentano ben presto di identificare i fattori realmente utili e di abbandonare tecniche certamente empiriche e moralmente discutibili come quella della trasfusione di ooplasma. È invece sperimentale il 'dono di placenta': un blastomero prelevato da un preembrione a 16 cellule, che appartiene a una donna non più giovane e che ha nella sua storia clinica aborti e parti prematuri per insufficienza placentare, viene trasferito all'interno di un embrione a 4 cellule, quindi più giovane del primo: il blastomero più vecchio dà origine alla massa cellulare interna e perciò all'embrione e poi al feto, mentre le cellule più giovani si limitano a produrre la placenta e gli annessi fetali.

Il trasferimento nucleare. - Le tecniche di trasferimento nucleare hanno differenti finalità. Trasferire il nucleo di una cellula somatica all'interno di un oocita privato del nucleo è la base della clonazione riproduttiva, della quale si ricorda il principio biologico: il nucleo della cellula somatica, che ha 46 cromosomi e ha perso completamente la sua multipotenza, specializzandosi, sollecitato dai messaggi che gli giungono dall'ooplasma, perde la sua differenziazione e torna a essere totipotente, trasformandosi in uno zigote e poi in un preembrione che avrà le stesse caratteristiche genetiche del nucleo da cui ha preso origine. A parte le molte perplessità dei moralisti, la clonazione riproduttiva trova al momento ostacolo insuperabile nel fatto che nella maggior parte dei mammiferi nei quali è stato sperimentato ha causato la nascita di un notevole numero di feti malconformati. È anche per queste ragioni che la tecnica è stata condannata nella maggior parte dei Paesi e che, malgrado voci che peraltro sembrano prive di qualsiasi fondamento, non è stata ancora applicata alla nostra specie. La tecnica della sostituzione nucleare può essere utilizzata anche per la produzione di cellule staminali, che vengono prodotte a partire dalle cellule somatiche di un soggetto malato, indirizzate a produrre le cellule dei tessuti che debbono essere sostituite e restituite al paziente che le riconoscerà come proprie.

Sulla produzione di queste cellule staminali, la cosiddetta clonazione terapeutica, esiste una polemica sia scientifica sia etica, e le ragioni di entrambe sono certamente collegate con il fatto che la produzione di cellule staminali passa attraverso la formazione di preembrioni. Questa tecnica può essere utilizzata in modo diverso evitando di produrre preembrioni e trasformando il nucleo diploide (46 cromosomi) in un nucleo aploide (23 cromosomi, lo stesso numero che si trova nei gameti). La tecnica si chiama aploidizzazione, ed è servita per produrre oociti in alcuni mammiferi. Le gravidanze ottenute sono state caratterizzate dalla nascita di molti feti malconformati, ed è evidente che questa tecnica dovrà essere sperimentata ancora a lungo prima di potere essere applicata all'uomo.

L'embriologia sperimentale. - Esistono altre tecniche di embriologia sperimentale attualmente allo studio: per es., la massa cellulare interna, che produce l'embrione, e il trofoectoderma, che produce la placenta, sono stati separati e ricombinati, addirittura utilizzando embrioni di differenti specie, e hanno consentito la nascita di feti alimentati da placenta di differente origine genetica. Un'ulteriore linea di ricerca è quella che riguarda la possibilità di aumentare il numero di gameti, per migliorare le potenzialità riproduttive dei soggetti ipofertili. Sono coltivati in vitro tubuli seminiferi contenenti cellule germinative primordiali (spermatogoni); per quanto riguarda gli oociti si sta verificando la possibilità di arrestare la divisione meiotica e di riattivare la divisione mitotica, che consentirebbe a queste cellule di dividersi, moltiplicando il proprio numero.

L'ectogenesi. - L'ectogenesi definisce lo sviluppo di un prodotto di concepimento che avviene fuori dal grembo materno; è stata studiata sperimentalmente a Bologna e, presso la Cornell University (Stati Uniti), da Z. Rosenwaks, per l'impianto dei preembrioni. In Giappone si è parlato per qualche tempo di studiare una sorta di placenta artificiale, della quale si è, però, persa traccia. È invece stato applicato con successo, nelle pecore, un sistema che consente la sopravvivenza di feti piccolissimi, il cui cordone ombelicale viene collegato a una macchina che ne ossigena e ne depura il sangue, arricchendolo delle sostanze necessarie per la crescita.

I progressi della ricerca genetica

È molto probabile che saranno i progressi della ricerca scientifica in campo genetico a offrire il maggior contributo al progresso delle tecniche di PMA. La possibilità di riconoscere le anomalie cromosomiche e le mutazioni geniche in un preembrione si allarga a un numero sempre maggiore di malattie, e le tecniche che consentono questo riconoscimento sono in continuo miglioramento. Anche su di esse esiste una discussione che riguarda la loro possibile natura eugenetica e il diritto dei genitori di evitare la nascita di figli malati e sofferenti.

La ricerca biologica di base. - Ricerche sperimentali che si stanno eseguendo nel campo della biologia della riproduzione non sono finalizzate a eventuali applicazioni cliniche, ma dovrebbero essere utili per conoscere meglio alcuni dei meccanismi biologici che sfuggono alla nostra competenza. Un certo numero di ricercatori si sta occupando di partenogenesi, un modo di riprodursi che in alcune specie è l'unico possibile e che in altre avviene in modo intermittente. Che esista anche nell'uomo la possibilità di una riproduzione che si verifichi per lo sviluppo della cellula uovo non fecondata sembra lo si possa escludere, anche se esistono casi in cui un individuo riceve entrambe le copie di un cromosoma dallo stesso genitore (isodisomia uniparentale).

Poiché una divisione partenogenica può iniziare anche a seguito di stimoli meccanici, è possibile che la microiniezione di spermatozoi nell'ooplasma o il prelievo del primo globulo polare siano responsabili di un evento di questo tipo, il quale è destinato a concludersi quasi irrimediabilmente per una intrinseca incapacità di sviluppo. Esiste anche una forma di riproduzione, vale a dire la ginogenesi, nella quale lo spermatozoo attiva la partenogenesi, senza che i suoi cromosomi vengano incorporati nel genoma dell'embrione. Questo tipo di fecondazione è specifico di alcune salamandre. Non risulta strano questo forte interesse che i biologi mostrano per queste particolari forme di riproduzione. In realtà al centro dell'interesse degli scienziati è l'uovo, molto più di quanto lo siano le dinamiche riproduttive in sé. Si cerca di scoprire la fonte dei messaggi che partono dall'ooplasma e condizionano i comportamenti del nucleo. Nella clonazione è l'ooplasma che induce il nucleo di una cellula somatica, ormai interamente differenziato e cronicamente dedicato a una sola attività, a regredire, perdere la propria specificità e assumere le potenzialità di un nucleo di una cellula embrionaria, che è totipotente. Cambiate le condizioni di sopravvivenza e di stimolo, è sempre dall'ooplasma che giungono a un nucleo diploide trapiantato i messaggi che lo inducono a produrre cellule staminali, a formare corpi embrioidi e a diventare un oocita. È immaginabile che l'aumento di conoscenze in questo settore, che dovrà a sua volta essere riconoscente ai progressi delle tecniche di procreazione assistita, possa essere di straordinaria sollecitazione allo sviluppo delle conoscenze relative all'impiego clinico delle cellule staminali embrionali.

Problemi bioetici e problemi legali

Il problema della terapia della sterilità e, ancor più, quello delle tecniche di procreazione assistita sono stati al centro di grandi polemiche nel nostro Paese. Nel 2004 è stata approvata in Parlamento, a grande maggioranza, una legge che ha scatenato importanti discussioni; i cittadini sono stati chiamati a partecipare a un referendum che chiedeva la soppressione delle sue parti più significative, ma il voto è stato disertato dal 75% degli aventi diritto. La discussione che ha preceduto e seguito l'approvazione della legge è stata particolarmente complessa. Quanti desideravano che le tecniche di PMA fossero sottoposte a una rigida regolamentazione, che giungeva fino al divieto di alcune attività ritenute moralmente illecite, hanno contestato lo statuto di malattia della sterilità e la natura di terapia delle tecniche. L'impostazione della legge si è basata poi su tre punti, e cioè: lo statuto ontologico dell'embrione, persona fin dal concepimento e quindi con gli stessi diritti dei suoi genitori; la tutela del 'principio famiglia', una fondamentale cellula del tessuto sociale che l'inserimento di un genoma estraneo - come avviene nel caso della donazione di gameti - potrebbe turbare in misura certamente pericolosa; la contrarietà nei confronti di qualsiasi forma di selezione genetica, definita come eugenetica o eugenetica positiva migliorativa, e quindi di ogni tipo di indagine rivolta a identificare l'esistenza di anomalie e di malattie, persino di quelle che sono incompatibili con lo sviluppo del preembrione. La l. 40/2004, che è stata varata sulla base di questi principi e che ha riscosso l'approvazione del magistero cattolico, contiene una serie di proibizioni particolarmente severe che la rendono atipica rispetto alle altre legislazioni europee. Nel primo articolo, le intenzioni del legislatore sono subito esplicite in quanto si assegnano al concepito i diritti degli altri soggetti coinvolti, ossia dei suoi genitori. In seguito la legge proibisce la donazione di gameti e le indagini genetiche preimpiantatorie e arriva fino a stabilire l'obbligo del trasferimento degli embrioni prodotti anche nel caso che l'analisi morfologica ne stabilisca l'anormalità. Viene imposto il cosiddetto caso semplice, ovvero la fecondazione di un numero di oociti non superiore al massimo numero di embrioni trasferibili, che nella fattispecie è di 3. Ci sono poi norme che confermano l'atteggiamento pesantemente critico dal quale il legislatore si è mosso per scrivere la legge: per es., le donne che ottengono una gravidanza con l'uso delle tecniche di PMA non possono chiedere di non essere nominate al momento del parto (ossia di lasciare il figlio in adozione), un diritto di tutte le donne italiane. Le persone contrarie alla legge hanno espresso opinioni molto diverse su tutti i temi trattati. Sull'embrione e sul suo status ontologico esiste una posizione condivisa da molte religioni e da molte filosofie che non ritengono che l'inizio della vita personale coincida con il concepimento. Circa il concetto di genitorialità e il 'principio famiglia', si è chiesto di considerare l'esistenza di una paternità e una maternità non genetiche, ma basate sul principio della responsabilità e dell'amore. Per quanto poi riguarda la cosiddetta eugenetica, si è cercato di proporre regole che potessero consentire di utilizzare le indagini preimpiantatorie in situazioni particolari, quando la gravità della malattia che è oggetto della ricerca è drammatica e la possibile scelta che i genitori sono chiamati a compiere è molto più in relazione con un atto di compassione che con i principi dell'egoismo. Dopo l'approvazione della legge sono state predisposte le linee guida che non hanno attutito, come qualcuno sperava, il peso delle proibizioni, che semmai è stato accentuato. Le conseguenze dell'applicazione della legge non sono ancora del tutto chiare, almeno per alcuni aspetti. È già comunque un fatto accertato che molte centinaia di coppie italiane si stanno recando all'estero per le donazioni dei gameti, e la frequenza di nostri connazionali in centri spagnoli, belgi e svizzeri è aumentata notevolmente.La medesima cosa si sta verificando per quelle coppie che ritengono di dover sottoporre i propri preembrioni a un'analisi preimpiantatoria e che non possono più trovare risposta ai loro quesiti nei nostri laboratori.

Circa l'effetto della nuova normativa sui risultati delle cure, vi è certamente un minor numero di gravidanze dovuto all'impossibilità di congelare embrioni, un vuoto che la crioconservazione degli oociti, anche una volta uscita dalla sperimentazione, non potrà colmare del tutto. Per il resto, sono ben documentate le maggiori difficoltà che si incontrano nel trattamento delle donne di età superiore ai 36 anni e nei casi di ipofertilità maschile particolarmente severa. Sono già stati discussi - e prevalentemente respinti - alcuni ricorsi presentati da pazienti a vari tribunali: si tratta soprattutto di problemi relativi alle indagini genetiche e al congelamento degli ootidi, ed è immaginabile che questi contenziosi proseguano. In Parlamento sono state presentate varie richieste di modifica delle norme della l. 40/2004, ma è escluso che un'azione in questo senso venga iniziata in tempi brevi.

bibliografia

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