TOZZI, Federigo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TOZZI, Federigo

Caterina Francesca Giordano

– Nacque a Siena il 1° gennaio 1883 da Federigo, detto Ghigo, e da Annunziata Automi: «Io sono nato a Siena, così per caso; mentre la mia anima è di laggiù, di quel paese che non ti voglio né meno nominare», scrisse più tardi in Persone (in Opere, a cura di M. Marchi, 1987, p. 698) .

Il padre possedeva la trattoria Il Sasso, localizzata presso l’Arco dei Rossi, e due poderi nella campagna senese nella quale Tozzi passò l’infanzia e che ricordò spesso nelle sue opere. La sua fanciullezza fu segnata dai modi rudi e violenti del padre e dall’affetto mite e tiepido della madre, fiaccata da una salute cagionevole. La cicatrice di quell’infanzia così tormentata segnò non solo la vita di Federigo ma anche la sua produzione narrativa, e la figura di un padre così prepotente venne trasfigurata, in modo più o meno manifesto, in molte opere dello scrittore.

Tozzi ebbe subito un rapporto conflittuale con l’istituzione scolastica, a tal punto da convincere la madre a impartirgli lezioni da privatista: tuttavia l’improvvisa morte di Annunziata, il 25 ottobre 1895, convinse Ghigo a sospendere le lezioni private del figlio, considerate troppo costose, e a iscriverlo all’Istituto di Belle arti.

Sospesi gli studi artistici nel luglio del 1897, dopo l’ennesima segnalazione per cattiva condotta e assenze ingiustificate, si iscrisse alle scuole tecniche. Nonostante gli scarsi risultati scolastici, iniziò ad appassionarsi alla letteratura: prese a frequentare la Biblioteca comunale degli Intronati di Siena, richiedendo testi di autori come Edmondo De Amicis e Francesco Petrarca, e rimanendo affascinato da scrittori come Gabriele D’Annunzio, Giosue Carducci, Ovidio, Dante, Giacomo Leopardi, Johann Wolfgang Goethe e Henrik Ibsen. Nei primissimi anni del Novecento iniziò ad avvicinarsi alle idee del socialismo iscrivendosi al Partito socialista dei lavoratori italiani. Grazie alla condivisione delle stesse idee politiche strinse amicizia con Domenico Giuliotti, con il quale nel 1913 fondò la rivista di matrice cattolica La Torre, descritta come «l’organo della reazione spirituale italiana». Negli stessi anni conobbe e si innamorò di Isola, una giovane e sensuale contadina probabilmente impiegata in uno dei poderi di famiglia, che lo scrittore trasfigurò letterariamente nella Ghìsola di Con gli occhi chiusi (Milano, Treves, 1919). La passione, benché travolgente, durò poco: nel 1902 Tozzi aveva iniziato un rapporto epistolare con una misteriosa Annalena, che si scoprì essere Emma Palagi, sua futura moglie. Il legame tra i due giovani fu tuttavia fortemente osteggiato dai genitori di entrambi e andò ad aggravare il pessimo rapporto tra Federigo e il padre.

Nel 1907 Tozzi riuscì a ottenere un lavoro stabile vincendo un concorso presso le Ferrovie dello Stato e trasferendosi come applicato a Pontedera (Pisa). La memoria di quel periodo venne poi convogliata nelle pagine autobiografiche di Ricordi di un impiegato (dapprima in La Rivista letteraria, 1920, vol. 2, n. monografico; poi postumo, in volume, per Mondadori, Milano 1924 e 1927).

A seguito di un incidente, nella primavera del 1908 Ghigo fu colpito da un’infezione alle gambe. La sua salute si aggravò velocemente e il 15 maggio morì senza lasciare disposizioni testamentarie. Federigo, erede dei beni del padre, decise così di lasciare l’impiego alle Ferrovie e di trasferirsi a Castagneto per occuparsi dei possedimenti paterni. L’assenza di un testamento diede però adito alla famiglia di avviare una serie di contestazioni sulla spartizione ereditaria, contrasti che fecero da cornice a opere successive tozziane come L’eredità o Il podere. Le battaglie legali perse, la cattiva gestione amministrativa delle proprietà misero a dura prova le finanze di Tozzi.

Il 30 maggio dello stesso 1908 Tozzi sposò Emma, accanto alla quale ebbe realmente inizio la sua attività letteraria. Proprio dal riordino della corrispondenza d’amore dei due prese corpo l’opera poi pubblicata con il titolo di Novale (postumo, Milano 1925).

Sempre al primo decennio del Novecento risalgono alcune novelle tra cui La madre, Luisa (poi divenuta Storia semplice), Storia semplice, Assunta, forse uno dei suoi primissimi componimenti, e Il musicomane. Nell’estate del 1908 si dedicò alla stesura del poema in prosa Paolo e, anche se si vide rifiutare dalla rivista La Lettura alcuni suoi scritti, Tozzi continuò a scrivere, componendo, nell’autunno di quello stesso anno, le novelle Le sorelle e La sorella.

Nel 1909 nacque il figlio Glauco. Nell’ottobre dello stesso anno, assieme ad Angelo Maria Tirabassi, decise di cimentarsi nella scrittura della commedia La Pippa tratta da una novella composta da Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, per la raccolta Cene.

Quando venne rappresentata la prima volta nell’ottobre del 1913, l’opera, il cui titolo fu cambiato in La vergine dell’Antella: tre atti boccacceschi e un prologo, recava come autore unico Tirabassi, nonostante i diritti di rappresentazione fossero equamente divisi tra i due. Contemporaneamente Filippo Tommaso Marinetti mostrò l’intenzione di pubblicare nella rivista Poesia i componimenti A Gaia, Al Sole, Primavera e Ricordo biblico: tuttavia Marinetti non diede seguito all’iniziativa e i quattro componimenti rimasero inediti.

Tra il 1908 e il 1910 Tozzi continuò a dedicarsi anche al teatro (scrisse L’eredità, Le due sorelle, La famiglia e la «novella drammatica» Il ritorno), mentre il 1910 si rivelò un anno particolarmente intenso per l’autore: scrisse Ricordi di un impiegato che, sottoposto alla rivista Lettura, non venne pubblicato, e il poemetto La città della Vergine (Genova 1913). Nel numero 12 del 15 giugno 1910 di Pagine libere, rivista ticinese, fu pubblicata la lirica A Roma e in un numero successivo In campagna. Sempre nel 1910 Tozzi conobbe Ugo Ojetti cui inviò le novelle In campagna, La madre, Assunta, Il ritorno e Primo amore che, per alcuni critici, dovrebbe costituire la prima stesura di Con gli occhi chiusi. Nel 1911 iniziò la collaborazione con la rivista L’Eroica sulla quale pubblicò la novella Tregua, la raccolta di aforismi Barche capovolte, Marzo (prosa sulla guerra in Libia) e due liriche. Contemporaneamente decise di pubblicare a proprie spese la raccolta poetica La zampogna verde (Ancona 1911), che tuttavia passò inosservata agli occhi di pubblico e critica.

Il 1913 segnò una svolta fondamentale per la carriera di Tozzi: conobbe infatti Giuseppe Antonio Borgese, critico che contribuì notevolmente alla fortuna dello scrittore e che per primo ne riconobbe il merito letterario. Fu proprio nel 1913 che Tozzi si impegnò per intensificare il suo lavoro, sempre più determinato a far decollare la propria attività narrativa. Pubblicò, infatti, la novella Un fattore nell’Almanacco senese per l’anno 1913 curato da Dante Rossi e iniziò a collaborare alla rivista bolognese Il San Giorgio. Giornale dei nuovi romantici, nella quale comparve la prosa autobiografica La mia conversione. Come già ricordato, nello stesso anno fondò e diresse La Torre, nella quale comparvero circa ventuno suoi scritti, molti non firmati e pochi altri autografi tra i quali, I due, Quel che manca all’intelligenza, G.A. Borgese e Dopo il Carducci.

Nel 1914, per sfuggire alla difficile condizione economica e per affermarsi nell’ambiente letterario, decise di trasferirsi a Roma. Qui compose le novelle La fame, L’adultera e La scuola d’anatomia cui seguirono, tra l’ottobre e il novembre di quello stesso anno, Il racconto di un gallo, Un’osteria, Una polmonite, Un idiota, Una visita, Lo zio povero e Fratello e sorella mentre nella rivista La grande illustrazione furono stampate undici prose poi confluite nella raccolta Bestie (Milano 1917).

Quest’ultima ebbe una gestazione editoriale piuttosto travagliata: nel 1916 numerose furono le lettere che Tozzi inviò alla moglie raccontandole le difficoltà incontrate con l’editore Ugo Nalato. La situazione si sbloccò solo grazie all’intervento di Borgese che sottopose l’opera alla casa editrice Treves. Proprio con Treves Tozzi firmò infatti il contratto per la pubblicazione della raccolta nel marzo dell’anno successivo. Nel frattempo continuò a scrivere febbrilmente: compose La vera morte e Parole di un morto; pubblicò Ringraziando le rondini e Le fonti; Il ritorno di Nando e le sue conseguenze, Il porco di Natale e Il maresciallo Del Grullo furono novelle presentate invece nella rivista Il Soldato; a Cronache d’attualità affidò i saggi brevi Le ciance con la critica, Spunti su la lirica attuale, «La guerra delle idee» di G.A. Borgese; infine su Sapientia furono pubblicati alcuni articoli letterari come Per l’arte di Grazia Deledda e Il binomio Gozzano Moretti e il «Giardino dei frutti».

Nell’estate del 1917 iniziò a comporre il romanzo Gli egoisti (pubblicato insieme con L’incalco, con una nota di G.A. Borgese, Roma-Milano 1923); nel mentre proseguiva a scrivere novelle come La festa di ballo, L’amore di Lellino, Anima giovanile e Il marito. Nel 1918 prese avvio la sua collaborazione, insieme con Pier Maria Rosso di San Secondo, al Messaggero della domenica, diretto allora da Luigi Pirandello, supplemento letterario del quotidiano Il Messaggero per il quale Tozzi redasse circa trentanove articoli.

Nello stesso anno si accordò con Treves per la pubblicazione di Con gli occhi chiusi: ancora una volta il supporto di Borgese si rivelò determinante per la riuscita dell’accordo con l’editore Giovanni Beltrami, che si era inizialmente mostrato restìo a dare alle stampe l’opera dopo che Tozzi aveva siglato una recensione negativa su La beffa di Buccari di D’Annunzio, autore quest’ultimo che all’epoca pubblicava con Treves.

Nel luglio del 1918 concluse la stesura del Podere edito, grazie all’intercessione questa volta di Pirandello, ancora presso la casa editrice Treves, nel 1921. Nell’inverno concluse il romanzo Tre croci (Milano 1920) e iniziò, molto verosimilmente, la redazione del dramma in tre atti L’incalco.

Finalmente Tozzi iniziava a raccogliere i frutti di una notorietà che andava rafforzandosi di pari passo con l’aumento degli incarichi che gli venivano affidati: a poco a poco aumentarono le collaborazioni con riviste come Noi e il mondo, inserto del quotidiano La Tribuna, con la rivista femminile Lidel, con Il Resto del Carlino, con Rivista d’Italia e molte altre, mentre La Nuova Antologia accettò di editare la novella L’ombra della giovinezza a scapito tuttavia della pubblicazione di Tre croci per la quale successivamente firmò con Treves. Quest’ultima opera, dedicata a Pirandello, fu ritenuta da Borgese un capolavoro.

Al principio del 1920 Tozzi si dedicò alla correzione delle bozze del Podere che apparve dapprima a puntate in Noi e il mondo e alla ridefinizione di Ricordi di un impiegato, con l’intenzione di affidarne la stampa alla Rivista letteraria. La soddisfazione per il successo editoriale di Tre croci fu tuttavia molto breve.

Morì a Roma, in seguito alle complicazioni di una polmonite, il 21 marzo 1920.

Opere. Fu Borgese, cui l’autore aveva affidato i suoi scritti, a far pubblicare Il podere (in Noi e il mondo) e Ricordi di un impiegato (in La Rivista letteraria). La fortuna delle opere sopravvisse alla morte di Tozzi: nel corso degli anni Venti uscirono in volume Il podere per Treves (Milano 1921), per Mondadori Gli egoisti e L’incalco (Milano 1923), Novale (Milano 1925), Ricordi di un impiegato (Milano 1927), nonché, per le Edizioni Alpes, la raccolta di saggi Realtà di ieri e di oggi (Milano 1928). Per le raccolte complessive degli scritti si vedano, rispettivamente, per Vallecchi, Opere complete (I-III, Firenze 1943-1950) e Opere (I-VII, a cura di G. Tozzi, Firenze 1961-1988); nonché – nei Meridiani Mondadori – il volume Opere. Romanzi, prose, novelle, saggi, a cura di M. Marchi e con introduzione di G. Luti (Milano 1987).

Fonti e Bibl.: G.A. Borgese, Tempo di edificare, Milano 1923, ad ind.; G. Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Milano 1971, pp. 54-107, 125-256; P. Cesarini, Tutti gli anni di T., Montepulciano 1982; G. Pampaloni, Introduzione a F. Tozzi, Con gli occhi chiusi, Novara 1982, pp. I-X; Per T. Atti del Convegno di studi su F. T. nel centenario della nascita..., Siena... 1983, a cura di C. Fini, Roma 1985; L. Baldacci, T. moderno, Torino 1993.

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