PASSERO, Felice

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2014)

PASSERO, Felice

Pietro Giulio Riga

PASSERO, Felice. – Nacque a Napoli intorno al 1556 da famiglia nobile.

Nel 1576 si fece monaco cassinese mentre era abate Angelo De Fagis detto il Sangrino. La sua formazione culturale avvenne a Montecassino, dove ebbe la possibilità di entrare in contatto con letterati, filosofi e teologi del calibro di Tommaso da Eboli, Placido Petrucci, Onorato dei Medici, Mattia da Venosa, Giovan Battista Mormile a Benedetto Dell’Uva.

Verso il 1587 si trasferì nel monastero di S. Sisto a Piacenza. Nel 1589 pubblicò la sua prima opera a stampa, la Vita di san Placido e suo martirio descritta in ottava rima (Venezia, G. e G.P. Giolito), poema agiografico di stampo epico composto in età giovanile e uscito a stampa con dedica a Fulgenzio de’ Ferrari, abate di S. Sisto.

Il poema, allineandosi parzialmente agli esiti dell’epica sacra di stampo classicista praticata in questi stessi anni da alcuni scrittori meridionali come Benedetto Dell’Uva e Giovan Domenico Montefuscoli, ha un’impostazione didattica ed edificante e presenta una scrittura acuta e ingegnosa, che testimoniano da una parte l’assimilazione in chiave spirituale della lezione della Liberata tassiana e dall’altra una sperimentazione poetica personale, orientata verso la forzatura formale, in direzione artificiosa, di una forma metrica tradizionale come l’ottava (Quondam, 1975, pp. 145 s.).

Nella sede piacentina, incoraggiato dai confratelli e dai membri della nobiltà cittadina, Passero intraprese un’intensa e feconda attività letteraria, che lo condusse a pubblicare in un breve giro di anni componimenti di carattere encomiastico e celebrativo. Nel 1590 pubblicò a Piacenza (tip. G. Bazachi), una Egloga nelle nozze dell’Illustre Signor Giovan Battista Barattieri e Signora Camilla Porta Savella; nel 1593 uscì, presso lo stesso editore, un’opera storico-artistica e agiografica incentrata sul monastero di S. Sisto, Sito, lodi e prerogative del riverendo monasterio di San Sisto di Piacenza, con le vite de’ santi ch’ivi riposano, che gli valse le lodi di Pietro Maria Campi nella Historia ecclesiastica di Piacenza (Piacenza 1651, I, p. 209; II, p. 138) e in un sonetto di Angelo Grillo (Pietosi affetti et lagrime del penitente, Venezia 1601, p. 266). Un anno dopo apparve, ancora a Piacenza per Bazachi, una Canzone… sopra la perdita di Giavarino, fortezza cristiana situata in Ungheria conquistata nel 1593 dall’esercito musulmano.

Al soggiorno piacentino, durante il quale entrò in contatto con letterati locali (tra cui Gregorio Ducchi e Lucillo Martinengo), Passero dovette alternare frequenti soggiorni a Pavia. Qui fu affiliato con il nome di Fisso all’Accademia degli Intenti, sotto i cui auspici furono pubblicati due volumi di rime spirituali, nei quali è riconoscibile la peculiare cifra stilistica e retorica della sua poesia. Le Tre canzoni…, l’una al Sacro Speco, ove il Patriarca S. Benedetto fé penitenza. L’altre due sorelle al Sacro Monte Cassino, ove visse e morio (Pavia, Er. di G. Bartoli, 1597) ripercorrono, attraverso un racconto intervallato da apparizioni ed episodi miracolosi, l’esemplare vita del santo di Norcia, dall’allontanamento da una Roma profana e dissoluta alla fondazione del monastero di Montecassino. Nello stesso anno apparvero le Lacrimose rime nella Passione e morte del Signore (Pavia, A. Viani, 1597), con gli argomenti del letterato piemontese Aurelio Corbellini.

Quest’ultima raccolta, preceduta dai sonetti d’elogio di amici e accademici locali (oltre a Corbellini, Giovanni Giorgi, Muzio Manfredi, Rodobaldo Parini), contiene un canzoniere penitenziale polimetro (canzoni, sonetti, madrigali, stanze e capitoli), nel quale le riflessioni autobiografiche prendono spunto dalle sequenze del sacrificio di Cristo, cui si alternano serie di componimenti incentrate su episodi biblici, come il tradimento di Giuda (pp. 61-74) o le vicende dell’apostolo Pietro (pp. 187-191). Complessivamente, risalta da questi testi la capacità di assimilare in maniera originale un genere letterario allora in voga, quello delle ‘lacrime’, che Passero affronta soprattutto alla luce dei precedenti delle Stanze per le lagrime di Maria Vergine Santissima e di Giesù Nostro Signore di Torquato Tasso e dei Pietosi affetti del confratello benedettino Angelo Grillo.

Non sono giunti documenti che attestano l’anno della partenza di Passero da S. Sisto e del suo definitivo ritorno a Montecassino, sebbene alcuni indizi interni ai paratesti delle sue opere lascino ipotizzare che intorno al 1601, appena rientrato nel monastero benedettino, egli desse inizio al progetto di un poema sacro sulla creazione. I risultati di questa attività giunsero soltanto sette anni più tardi con L’Essamerone overo l’opra dei sei giorni. Poema (Napoli 1608, poi Venezia 1609) che Passero, presentandosi in qualità di accademico Innominato di Parma con il nome di Rinchiuso, dedicò al cardinale Alessandro Peretti di Montalto, pronipote di Sisto V.

L’Essamerone canta le meraviglie della creazione utilizzando, come nel Mondo creato tassiano, l’endecasillabo sciolto, ma realizza una originale partizione della materia esameronica, scandita dalla suddivisione delle sei giornate in tredici libri. Lunghe sequenze descrittive caratterizzano la narrazione del canovaccio biblico, che si interrompe, come nella maggior parte delle fonti patristiche, al primo capitolo del Genesi (Tasso parafrasò anche il secondo). Per la resa degli episodi della creazione, amplificati al punto da prevedere insolite divagazioni sui dettagli più umili e realistici, Passero si serve in maniera massiccia di figure retoriche di tipo sintattico (accumulazioni, isocola, anafore, parallelismi, simmetrie), costruendo un poema che, per le sue originali trame artificiose, si discosta da altre simili operazioni coeve (si pensi alla Creatione del mondo di Gasparo Murtola). L’abilità verbale e metaforica di Passero prelude a certe soluzioni dell’Adone mariniano, come a esempio nel lungo elogio della rosa del libro quinto della terza giornata (pp. 140-142) o nei lunghi elenchi di pesci e uccelli disposti nella giornata quinta (pp. 310-312, 368-370).

Testimonianza importante degli intrecci letterari di Passero sono quattro lettere non datate nell’epistolario di Angelo Grillo (Lettere, Venezia 1608, pp. 44 s., 724, 740, 910). Una di esse, diretta da Roma a Montecassino e databile intorno al 1607, risulta particolarmente interessante perché attesta una lettura dell’Essamerone da parte di Grillo, il quale dichiara di avere segnalato «così gentil compositione» a Marino. Questi dovette accoglierla favorevolmente, se almeno un luogo dell’Adone sembra derivare direttamente dal poema di Passero (Quondam, 1975, pp. 147 s.).

Degna di rilievo è la notizia che vuole una lettura pubblica a Montecassino di una tragedia di Passero, il Davide perseguitato, pubblicata a Napoli nel 1609. Verso l’inizio di questo stesso anno, grazie alla protezione di Peretti, Passero divenne priore della Congregazione cassinese, titolo che campeggia sul Trofeo della Croce. Trattato (Venezia 1610), prosa di carattere didascalico suddivisa in trentatré capitoli e caratterizzata dall’esortazione ai fedeli di emulare la Passione di Cristo simboleggiata dalla Croce. La stampa accoglie una lettera di dedica al giovane aristocratico raguseo Matteo Gradi, datata S. Giacomo di Ragusa 14 febbraio 1610, che documenta il trasferimento di Passero per alcuni mesi nella Repubblica di Ragusa in qualità di delegato pontificio. Nel 1616, corredata da una prefazione di Giulio Cesare Capaccio, fu edita a Napoli L’Urania overo la costante donna, un lungo poema in ottave diviso in quindici libri che, sul modello del romanzo ellenistico e sulla falsariga di un racconto dello Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais, si incentra sul tema della donna perseguitata, narrando le eroiche vicende di un’immaginaria imperatrice romana costretta a un’esistenza avventurosa per difendere onore e virtù cristiane.

Passeri morì nel 1626 nel monastero di Montecassino.

I repertori eruditi segnalano anche un’opera postuma, L’eroe mendico ovvero dei gesti di s. Alessio, edita a Milano nel 1645, di cui non si conoscono copie; era probabilmente un poemetto agiografico analogo a quello dedicato alla vita di s. Placido.

Fonti e Bibl.: N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 82; L. Nicodemi, Addizioni copiose alla Biblioteca napolitana del dottor N. Toppi, Napoli 1683, pp. 75 s.; M. Armellini, Bibliotheca Benedectino-Casinensis, sive scriptorum Casinensis Congregationis, Assisi 1731, p. 168; E. Gattola, Historia abbatiae Cassinensis, Venezia 1733, pp. 769 s.; G.B. Grossi, La scuola e la bibliografia di Montecassino, Napoli 1820, ad ind.; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 260; G. Minozzi, Montecassino nella storia del Rinascimento, Roma 1925, pp. 514-516; F. Lo Parco, Don F. P. poeta cassinese del secolo XVII delegato pontificio a Ragusa nel 1610, in Archivio storico per la Dalmazia, XV (1933), pp. 55-69; A. Quondam, La parola nel labirinto. Società e scrittura del Manierismo a Napoli, Roma-Bari 1975, pp. 144-158; G. Jori, Le forme della creazione. Sulla fortuna del «Mondo creato» (secoli XVII e XVIII), Firenze 1995, ad ind.; L. Denarosi, L’Accademia degli Innominati di Parma: teorie letterarie e progetti di scrittura (1574-1608), Firenze 2003, ad ind.; F. Ferretti, Le Muse del Calvario. Angelo Grillo e la poesia dei benedettini cassinesi, Bologna 2012, ad indicem.

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