MEZZASOMA, Fernando

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MEZZASOMA, Fernando. –

Maddalena Carli

Nacque a Roma, il 3 ag. 1907, da Giuseppe e Attilia Nicolini. Trasferitosi ancora bambino a Perugia, dove il padre era impiegato come custode presso la filiale umbra della Banca d’Italia, vi frequentò le scuole primarie e secondarie. Conseguito il diploma di ragioneria e stenografia, si iscrisse alla facoltà di scienze economiche e commerciali; la prematura scomparsa del genitore (1919) lo obbligò tuttavia ad affiancare all’impegno negli studi lo svolgimento di lavori saltuari per contribuire al mantenimento della famiglia.

Tra le attività esercitate nel periodo della preparazione universitaria – che si concluse con il conseguimento, al principio degli anni Trenta, della laurea in economia e commercio – singolare importanza rivestì l’incarico nella segreteria dell’avvocato A. Fani, deputato e consigliere nazionale del Partito nazionale fascista (PNF).

La stretta collaborazione con uno degli esponenti di rilievo del fascismo perugino rappresentò non soltanto un’occasione di inserimento negli ambienti del potere cittadino, ma anche l’opportunità di entrare in relazione con il mondo politico della capitale, dove il M. seguì Fani quando questi divenne sottosegretario agli Esteri (1929-32) in sostituzione di D. Grandi, promosso ministro.

A Roma il M. mosse i primi passi della carriera che lo avrebbe condotto ai vertici del partito e dello Stato fascista, frequentando le organizzazioni giovanili del regime e non tardando a emergere tra i nuovi dirigenti che al loro interno andavano formandosi.

Particolarmente attivo nel settore studentesco, partecipò con N. Giani e V. Mussolini alla fondazione della Scuola di mistica fascista (Milano 1930), della quale fu vicepresidente e convinto animatore in nome del misticismo «rivoluzionario» e del «ritorno allo spirito delle origini» che ne rappresentarono le principali parole d’ordine.

Rientrato nel 1932 a Perugia, fu segretario del Gruppo universitario fascista (GUF) locale, alla cui guida rimase fino al 1935 ricoprendo – al tempo stesso – le mansioni di membro del direttorio federale di Perugia e di direttore de L’Assalto, organo di stampa della federazione fascista umbra.

Il lavoro svolto in provincia gli fornì le credenziali per l’ingresso sulla scena nazionale, facendone uno dei candidati privilegiati della strategia del «largo ai giovani» attraverso cui si compì, negli anni della costruzione del consenso, parte dell’opera di rinnovamento e di ampliamento delle gerarchie fasciste.

Nel 1935 venne nominato vicesegretario nazionale dei GUF; non ancora trentenne, si trovò così ad affiancare al vertice della struttura universitaria A. Starace che, in quanto segretario del PNF (dicembre 1931-ottobre 1939), aveva anche la carica di segretario dei gruppi studenteschi.

La promozione del M. si verificò in una fase caratterizzata dalla crescita esponenziale degli iscritti e degli ambiti di intervento dei GUF, ai quali il partito staraciano andava assegnando una funzione centrale nella politica di fascistizzazione dei giovani. Per favorire il coordinamento tra le province e monitorare potenziali tendenze centrifughe, la nuova direzione si fece promotrice di un profondo riordinamento dell’organizzazione: la segreteria centrale venne suddivisa in nove uffici – corrispondenti ai principali settori di lavoro (organizzazione, cultura, sport, stampa, assistenza, sezioni femminili, estero, turismo, laureati e diplomati) e a loro volta ripartiti in sezioni – che avrebbero dovuto rappresentare uno strumento di controllo dei gruppi locali, oltre che il punto di riferimento delle tematiche verso cui orientare l’inquadramento e la militanza dei tesserati.

Tra le attività personalmente incoraggiate dal neo vicedirettore, una posizione particolare fu occupata dal giornalismo. Collaboratore di lunga data di molteplici testate di regime – sulle cui pagine era solito firmare i propri contributi con lo pseudonimo Diogene – il M. si impegnò in un vero e proprio rilancio della stampa universitaria, concepita come uno strumento per aumentare la visibilità dei GUF e potenziare il loro contributo alla costruzione dell’«uomo nuovo» fascista: «I GUF» – non esitò a dichiarare in un articolo programmatico del 1936 – «credono nella possibilità di sviluppo e di penetrazione della stampa giovanile, e vogliono quindi un giornalismo giovane, dinamico, disinteressato, che sappia adeguare il proprio passo al ritmo celere della rivoluzione e possa costituire per il fascismo un potente strumento di educazione e formazione» (Stampa universitaria, in Il Lambello, 10 nov. 1936, cfr. Duranti, p. 100).

La carriera politica del M. proseguì sollecitamente negli anni successivi alla proclamazione dell’Impero e in quelli della promulgazione delle leggi razziali. Membro del direttorio nazionale del PNF (gennaio 1937-febbraio 1939) e consigliere nazionale (1939-43), dal 1939 al marzo 1942 fu tra i vicesegretari delle segreterie di Starace, di E. Muti (ottobre 1939-ottobre 1940), di A. Serena (ottobre 1940-dicembre 1941) e, infine, di A. Vidussoni (dicembre 1941-aprile 1943). Allo scoppio del secondo conflitto mondiale partì volontario per il fronte francese, dove rimase alcuni mesi con il 7° reggimento artiglieria della divisione Cremona.

L’impegno in guerra gli valse la medaglia di bronzo al valor militare, anche se un’informativa anonima del 6 ott. 1940 – conservata nei fondi della polizia politica – insinua dubbi sulle reali motivazioni della decorazione, dal momento che «il suo reggimento era rimasto nelle retrovie e il colonnello comandante aveva così motivato l’impossibilità di inoltrare domande per valor militare» (Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direz. gen. della pubblica sicurezza, Divisione di Polizia politica, Fascicoli personali, f. Mezzasoma, Fernando).

Nel marzo 1942 fu nominato direttore generale della stampa italiana presso il ministero della Cultura popolare, carica che tenne fino alla caduta del fascismo (25 luglio 1943). Allontanato dalle responsabilità ministeriali a seguito della proclamazione del primo governo Badoglio (luglio 1943-aprile 1944), si trasferì in provincia di Terni con la moglie Anna Madits e le figlie; nel settembre 1943 tornò quindi alla politica, appoggiando B. Mussolini nella fondazione del Partito fascista repubblicano (PFR) e della Repubblica sociale italiana (RSI).

Della RSI il M. non fu soltanto un sostenitore intransigente, «legato al gruppo (R. Farinacci, G. Preziosi, A. Pavolini, B. Ricci, V. Mussolini) che, nell’esilio tedesco dei “quarantacinque giorni”, aveva respinto ogni stimolo a una riflessione sul passato, alimentando la mitologia del tradimento e della cospirazione, rivendicando sempre una rigorosa continuità con tutto il patrimonio politico del ventennio» (De Luna, p. 24). Del nuovo Stato con capitale a Salò egli fu anche un importante dirigente: designato ministro della Cultura popolare, si trovò al comando di un settore chiave nella conduzione delle operazioni belliche, in quel complesso intreccio tra «mondiale» e «civile» che caratterizzò – dopo l’8 sett. 1943 – l’andamento della guerra sul suolo italiano.

Completato il trasferimento degli uffici del dicastero al Nord, il M. si dedicò a riformarne il funzionamento, attraverso una serie di decreti emanati nel novembre 1943 e improntati alla centralizzazione e allo snellimento della struttura. In virtù dei provvedimenti legislativi, l’Ispettorato per la radiodiffusione venne unificato con le ex Direzioni generali per la stampa, che assunsero la denominazione di Direzione generale della stampa e radio interna e Direzione generale della stampa e radio estera, mentre cinema e teatro furono riuniti in un’unica Direzione generale, quella dello spettacolo. Nel governo del mondo dell’informazione, il nuovo ministro alternò misure ispirate alla «socializzazione» e al corporativismo di Salò con disposizioni improntate alla vigilanza e al controllo totalitario; è sufficiente ricordare come – pur facendosi promotore, nel corso del congresso di Verona del PFR (novembre 1943), dell’abolizione della censura preventiva, peraltro ripristinata da Mussolini nel maggio del 1944 – non esitò ad approfondire la subordinazione delle testate giornalistiche alle autorità centrali, trasferendo le funzioni dei prefetti agli «addetti stampa», rappresentanti del ministero della Cultura popolare (Minculpop) nelle province, e rafforzando il ruolo dei direttori dei quotidiani, che divennero il principale collegamento tra il ministero e le redazioni.

L’attivismo del M. non riuscì ad arginare l’inefficienza e il disfacimento organizzativo che qualificarono sempre più marcatamente la fase conclusiva della Repubblica sociale, né i dissensi tra le diverse correnti che al PFR fecero capo. Ad aggravare la situazione, le difficili relazioni con l’alleato nazista e con l’invasiva presenza dell’ambasciatore plenipotenziario del Reich in Italia, R. von Rahn.

Malgrado la concessione di una formale autonomia logistica, l’operato del fascismo repubblichino venne sottoposto a una capillare supervisione degli apparati nazisti, in particolar modo nel campo delle comunicazioni radiofoniche, ove l’Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR) andò riducendosi, nei fatti, a un duplicato di Radio Monaco. Un ulteriore tentativo di rilanciare il Minculpop venne attuato, nel maggio 1944, attraverso un ingente numero di cambi al vertice – tra i quali la promozione a capogabinetto del giovane G. Almirante – e la costituzione di un comitato consultivo per la propaganda formato da cinque giornalisti di provata fedeltà ed esperienza: U. Guglielmotti (radio e stampa), T. Interlandi (Italia invasa), F. Scardaoni (estero), R. Mazzucconi (editoria libraria, opuscoli e manifesti), E. Camuncoli (propaganda orale).

Anche il ministero del M., tuttavia, venne travolto dagli effetti di una crisi aggravata dall’avanzata delle armate anglo-americane e dall’azione della Resistenza.

Fedele al duce sino alle ultime ore dell’esperienza salotina, il M. fu tra i sedici gerarchi catturati e giustiziati dai partigiani a Dongo (Como) il 28 apr. 1945.

Il suo cadavere venne esposto a piazzale Loreto insieme con quello di Mussolini, Claretta Petacci e degli altri ministri repubblichini il 29 apr. 1945.

Degli scritti del M. si ricordano: Aspetti di vita borghese. Osservatorio dedicato ai giovani, Foligno 1935; Essenza dei GUF, Genova 1937; Per non rinunciare alla vita. 23 marzo 1919 - 23 marzo 1944, s.l. 1944; La nostra intransigenza, Venezia 1944; La politica sociale di Mussolini dal settembre 1943, ibid. 1945.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione di Polizia politica, Fascicoli personali, f. Mezzasoma, Fernando; Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, f. 532.423: Mezzasoma, Fernando, 1939-1942; documentazione sul M. è inoltre presente nei fondi: Ministero della Cultura popolare 1926-1945; Partito nazionale fascista, Direttorio nazionale, Segreteria dei Gruppi universitari fascisti; Servizi vari, Carteggio del Direttorio; Repubblica sociale italiana, Carteggio ordinario. Vedi ancora: E. Amicucci, I 600 giorni di Mussolini. Dal Gran Sasso a Dongo, Roma 1948, ad ind.; R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo. Contributo alla storia di una generazione, Milano 1962, pp. 131-133, 153 s., 493, 500; F.W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino 1962, pp. 757, 779, 936, 1037, 1039; M. Addis Saba, Gioventù italiana del littorio. La stampa dei giovani nella guerra fascista, Milano 1973, pp. 93, 117; Ph.V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Roma-Bari 1975, pp. 324, 326-329, 332, 335 s., 338-345, 348, 350; G. De Luna, I «quarantacinque giorni» e la Repubblica di Salò, in La stampa italiana dalla Resistenza agli anni Sessanta, Roma-Bari 1980, pp. 5-89 e passim; V. Paolucci, La stampa periodica della Repubblica sociale, Urbino 1982, pp. 20, 21 n., 24, 35-37, 54 n., 58, 205; P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma-Bari 1983, p. 210 n.; A. Monticone, Il fascismo al microfono. Radio e politica in Italia (1924-1945), Roma 1984, pp. 196, 200 s., 411-414, 427; I quotidiani della Repubblica sociale italiana (9 settembre 1943 - 25 aprile 1945), a cura di V. Paolucci, Urbino 1987, pp. 10, 14, 38, 72, 107, 116, 144, 193, 195-198, 227, 265, 276-278, 361, 380, 384; R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile 1943-45, Torino 1997, pp. 114, 121, 363, 364 n., 370, 372, 420 s., 423, 484, 521, 542, 552; G. Parlato, La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Bologna 2000, pp. 311, 317; L. Ganapini, La Repubblica delle camicie nere. I combattenti, i politici, gli amministratori, i socializzatori, Milano 2002, pp. 67, 132, 159, 181, 193, 205, 213, 445 s.; L. La Rovere, Storia dei GUF. Organizzazione, politica e miti della gioventù universitaria fascista (1919-1943), Torino 2003, ad ind.; N. Tranfaglia, La stampa del regime, 1932-1943. Le veline del Minculpop per orientare l’informazione, con la collaborazione di B. Maida, Milano 2005, pp. 36 s.; Ministri e giornalisti. La guerra e il Minculpop (1939-1943), a cura di N. Tranfaglia, Torino 2005, pp. 33, 37 s., 233, 248, 254 s., 264; M. Forno, La stampa del Ventennio. Strutture e trasformazioni nello Stato totalitario, Soveria Mannelli 2005, pp. 110, 180 n., 205 n., 216-218 e n., 219 e n.; G. Magi, F. M., gerarca dimenticato, Pavia 2007, ad ind.; S. Duranti, Lo spirito gregario. I gruppi universitari fascisti tra politica e propaganda (1930-1940), Roma 2008, ad ind.; Enc. dell’antifascismo e della Resistenza, III, Milano 1976, p. 448; M. Missori, Gerarchie e statuti del PNF. Gran Consiglio, Direttorio nazionale, Federazioni provinciali: quadri e biografie, Roma 1986, ad indicem.

M. Carli

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Ministero della cultura popolare

Gruppi universitari fascisti

Repubblica sociale italiana

Partito nazionale fascista

Secondo conflitto mondiale