FERRUCCI

Enciclopedia Italiana (1932)

FERRUCCI

Luisa BECHERUCCI
Nello TARCHIANI

Famiglia fiesolana d'intagliatori in marmo (secoli XV e XVI). Francesco di Simone, nacque a Fiesole nel 1437, morì dopo il 1492. Forse fu prima allievo di Simone di Nanni (1402-1465), suo padre, seguace e collaboratore del Ghiberti. In seguito si accostò a Desiderio da Settignano di cui si vorrebbe aiuto nel tabernacolo di S. Lorenzo. La sua attività fu ricostruita dalla critica intorno a due opere certe: il tondo col ritratto di Lemmo Balducci in S. Egidio (1472) e il monumento Tartagni (Bologna, S. Domenico) posteriore al 1477. In un primo periodo imita completamente il repertorio decorativo di Desiderio, come si vede nei fregi delle stanze della badia fiesolana (circa 1460-66), nel monumento del Balduccì di cui faceva parte il medaglione ricordato (circa 1471-72), in una Madonna già nella coll. Grabinsky, ora a New York, e in un'altra oggi a Londra (Victoria and Albert Museum). A un periodo di operosità nelle Romagne appartiene il monumento funebre di Barbara Manfredi in S. Biagio a Forlì (circa 1467-80) fedele alle forme del Rossellino e di Desiderio, ma non senza collaborazione, e con accenni nella plastica a un allargarsi e a un tondeggiare che condurrà poi - dopo delicati lavori nel palazzo ducale di Urbino (1474-80: porta della sala del Magnifico, stucchi nelle sale del Barocci e del Seicento) - alle agitate curve verrocchiesche delle figure del monumento Tartagni in S. Domenico a Bologna. In esso su forme architettoniche memori di Desiderio si spiega una fantasiosa ma fine esuberanza decorativa, mentre nella plastica l'autore si mostra decisamente rivolto al Verrocchio come poi nei gonfî angeli del tabernacolo per S. Maria di Monteluce a Perugia (1483), cui seguono, nel 1485-88, le tombe dei coniugi Oliva a Montefiorentino, opere tutte ispirate allo stesso, sia pur aggraziato, eclettismo. Ha la data 1486 un altro tabernacolo già a Ostiglia (oggi Mantova, Palazzo ducale) che sembra di lui soltanto nella parte superiore, prossima a una Madonna del municipio di Solarolo, e a un'altra, oggi al Bargello. Si attribuiscono inoltre al F.: a Bologna, la tomba di Vianesio Albergati (San Francesco, circa 1481-82) e il portale del palazzo Bevilacqua; altre opere ad Ancarano (Norcia), Prato (Duomo), Venezia (S. Giobbe) e in varî musei italiani (Bologna, Firenze, Lugo) ed esteri (Londra, Berlino).

Andrea, detto da Fiesole, perché nato a Fiesole nel 1465, morto nel 1526: uno dei migliori, con Francesco di Simone suo probabile maestro. Al periodo giovanile, cui risale il dossale d'altare nel duomo di Fiesole (1492-93), si può riferire anche quello passato da Fiesole a Londra (Victoria and Albert Museum), come il primo riecheggiante i modi di Benedetto da Maiano e di Andrea Sansovino. Del 1497-99 è il fonte battesimale del duomo di Pistoia. Seguono opere inviate in Ungheria: un altare di marmo per la cappella Bakócz nel duomo di Esztergom (1519), poi mutilato nelle statue, e, probabilmente, un tabernacolo a Cinquechiese. In seguito, questo eclettismo di Quattrocento paludato alla classica si complicò in michelangiolismo e lo prova il S. Andrea (1512-13) nel duomo d5 Firenze, per la cui opera Andrea lavorò dal 1512 in poi. Il F. fu infatti vicino a Michelangelo in lavori architettonici da lui intrapresi (facciata di S. Lorenzo, cappella Medici nella stessa chiesa); ma come in molti contemporanei, il michelangiolismo resta in lui sovrapposizione esteriore a un persistente naturalismo quattrocentesco: il quale riaffiora nel busto di Marsilio Ficino, per il duomo (1521-22: v. ficino, XV, p. 221), sobrio ed energico come quello di Marcello Virgilio Adriani, in S. Salvatore al Monte (1522). L'ultima opera per cui il F. è ricordato, è il sepolcro di Antonio Strozzi in S. Maria Novella (1524), eseguito però dagli scolari Maso Boscoli e Silvio Cosini.

Al ramo della casata Ferrucci, da cui Andrea proviene, appartengono anche altri artisti: un Michelangelo, noto per scarse notizie nel 1570 e 1593, fu padre di un altro Andrea, scultore (morto nel 1626), e di Nicodemo pittore (1574-1650). L'altro ramo della famiglia, discendente da Simone, padre di Franeesco, ebbe invece buoni esponenti in Francesco del Tadda e nei suoi figli e nipoti.

Francesco (di Giovanni di Taddeo) detto del Tadda. - Scultore; nacque a Fiesole o a Firenze nel 1497, morì il 29 maggio 1585. Artefice mediocre, operante anche fuori di patria, come a Loreto (decorazioni della Santa Casa) e a Pisa (tomba di G. F. Vegio in camposanto), deve la sua rinomanza al ritrovato segreto d'intagliare il porfido; nella quale materia eseguì, circa il 1555, la tazza che ancora si vede nel primo cortile di Palazzo Vecchio; quindi la statua della Giustizia (1570-1581), che è sulla colonna di S. Trinita; e numerosi medaglioni a bassorilievo (dieci ritratti medicei del Museo mediceo di Firenze, autoritratto sulla sua tomba nel duomo di Fiesole, Cosimo I al Victoria and Albert Museum di Londra, testa di Cristo al Rudolphinum di Praga). Nell'intaglio della statua della Giustizia l'aiutò il figlio Romolo (nato circa il 1550, morto il 3 marzo 1621) che ha pure squisitamente intagliato i medaglioni porfirei di Ferdinando I e di Cristina di Lorena (al Museo mediceo), e scolpito in pietra figure di animali e gruppi rusticali per il giardino di Boboli.

Bibl.: Schottmüller, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915. V. inoltre, per Francesco di Simone: P. Toesca, in Boll. d'arte, I (1921-1923), pagine 368-69; A Lensi, ibid., IV (1923-24), pp. 496-97; E. de Liphart, Le sculpteur F. F. et Léonard de Vinci, in Gaz. des beaux-arts, 1924, I, pp. 1-11; Cl. Kennedy, The Tabernacle of the Sacrament by Des. da Settignano and Assistants, Northampton 1929; L. Planiscig, in Dedalo, X (1929-30), pagine 472-81; A. Venturi, in L'Arte, n. s., I (1930), p. 191 segg.; C. Gamba, in Boll. d'Arte, 1931, pp. 49-53. Per Andrea, O. H. Giglioli, Il dossale d'altare di A. F., ecc., in L'Osserv. Fior., 1914, p. 52; D. E. Colnaghi, A Dict. of Florent. Painters, Londra 1928; A. Lensi, Palazzo Vecchio, Milano-Roma 1929; C. Gamba, in Dedalo, X (1929-1930), p. 228. Per Francesco del Tadda: A. Zoli, Not. stor. dei lavori di commesso in pietre dure, Firenze 1853, pp. 93-114.

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