Fiammifero

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Piccolo stelo o asticella, di legno o di altro materiale combustibile, terminante a un estremo con una capocchia formata di sostanze che determinano l’innesco della combustione, previo sfregamento su una superficie ruvida o spalmata di miscele speciali. I f. si possono classificare in base alla natura dello stelo: di carta impregnata di paraffina ( cerini) e di legno; a seconda della presenza o meno nei componenti la capocchia dell’elemento essenziale all’accensione: f. comuni o a capocchia fosforica, che si accendono per sfregamento su qualunque superficie ruvida, e f. amorfi o di sicurezza, che non contengono fosforo nella capocchia e che si accendono solo se strofinati su una superficie spalmata di miscela in cui è presente il fosforo.

Il f. ha fatto la sua comparsa dopo la scoperta del clorato di potassio. Nel 1805, a Parigi, G. Chancel preparò il primo f.: un’asticella di legno, impregnata di zolfo, con una capocchia composta di clorato di potassio e di zucchero, che si accendeva per immersione in acido solforico ed era quindi di impiego pericoloso. Nel 1827 in Inghilterra J. Walker fabbricò e mise in vendita f. accendibili per sfregamento su carta vetrata. Verso il 1830 iniziò la produzione su scala industriale. L’impiego del fosforo bianco, velenoso, si rivelò pericoloso per gli operai delle fabbriche di f., per cui la scoperta nel 1844 del fosforo rosso o amorfo, privo di emanazioni nocive (dovuta allo svedese G.E. Pasch e applicata dal connazionale J.E. Lundström, onde il nome dei f. detti svedesi), costituì una data importante per l’ulteriore sviluppo dell’industria dei f., che si avviarono a sostituire definitivamente l’acciarino, fino allora lo strumento di accensione comunemente adoperato.

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