FIBRE TESSILI

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

FIBRE TESSILI (XV, p. 209; App. I, p. 588; II, 1, p. 932; III, 1, p. 608)

Eugenio Mariani
Ornella Grandis

TESSILI Se negli ultimi 15-20 anni non si è avuta la comparsa di nuove classi di fibre (salvo le elastomeriche) si è però assistito all'affermarsi delle fibre chimiche che hanno assunto importanza notevolmente grande acquistando un posto preminente, tanto che la loro produzione mondiale è passata dalle 702.000 t del 1960 a 7.140.000 t del 1975. Nel giro di 15 anni, mentre la produzione delle fibre chimiche aumentava di circa 10 volte, quella di tutte le altre fibre, sia naturali sia sintetiche, non si è neppure raddoppiata passando da 15 a 24 milioni di tonnellate. La produzione delle fibre cellulosiche dopo il 1965 è rimasta pressoché stazionaria; l'arresto dello sviluppo è stato provocato fondamentalmente dalla graduale diminuzione di prezzo delle fibre sintetiche che ne ha reso sempre più attraente l'impiego, tenuto anche conto delle loro superiori caratteristiche e della loro versatilità, fattori che hanno contribuito in maniera determinante all'espandersi della loro utilizzazione e alla conquista di nuovi settori d'impiego.

Se negli ultimi 15-20 anni non si è assistito alla comparsa di nuove classi di fibre si è però avuto un notevole miglioramento dei prodotti già esistenti e l'introduzione di nuove varietà di prodotti con caratteristiche migliorate e meglio rispondenti alle varie esigenze d'impiego. Tutte le classi di fibre chimiche (e anche molte delle altre), dalle poliammidiche alle acriliche, dalle idrocarburiche alle poliestere hanno segnato sensibili progressi.

Fibre chimiche. - Fibre poliammidiche. - Questa classe che nel 1960 rappresentava il 60% del totale delle fibre sintetiche oggi è scesa al 20% circa, nonostante che la sua produzione sia passata nello stesso periodo da 400.000 t/anno a 2,7 milioni di tonnellate. Le fibre di questa classe sono caratterizzate da un basso peso specifico, da una buona tenacità, da una rilevante ripresa elastica, da buona resistenza alla flessione e all'usura; trovano larga applicazione (come filo) nella preparazione di calze, di maglie, di tessuti per camicie, per impermeabili e sotto forma di fiocco nella preparazione di tappeti. I tipi di nailon 6,6 e 6, che sono stati i primi a essere prodotti, sono quelli che hanno presentato i maggiori incrementi di produzione. Per gli altri tipi, i nailon 11 o 7 o 4, già citati nella precedente Appendice, non si hanno ulteriori notizie circa l'espansione della loro produzione. In questi anni sono stati studiati e applicati su scala sperimentale molti altri tipi sia a due componenti che a un componente solo; fra tutti quelli che meritano di essere citati, anche perché fra quelli usciti dalla fase sperimentale, sono quelli noti con i nomi di 6T e di Nomex. Il 6T è un nailon per metà aromatico, perché ottenuto dalla policondensazione della esametilendiammina (come il nailon 6,6) con l'acido tereftalico (uno dei componenti del terilene); i due composti sono già di larga produzione corrente e disponibili sul mercato in quantità elevata.

Il polimero si può preparare facendo reagire una soluzione in acqua dell'esametilendiammina addizionata di ossido d. magnesio con una soluzione, in xilolo, del cloruro dell'acido e la filatura si può fare a umido usando una soluzione col 15% circa del polimero; il filamento che si ottiene viene poi sottoposto a stiro a caldo o a freddo. Questa fibra 6T presenta, rispetto al nailon 6,6, una maggiore stabilità al calore (le sue caratteristiche non cambiano anche se mantenuta per diverse ore a 185 °C) e una minore tendenza allo scorrimento e a deformazioni sotto carico. Il prodotto denominato "Nomex" studiato dalla Du Pont è di natura completamente aromatica: proviene infatti dalla condensazione della m-fenilendiammina H2N−C6H4−NH2 con l'acido isoftalico (HOOC−C6H4−COOH). Il polimero è solubile in dimetilformammide ed è filabile a secco. La fibra che si ottiene è caratterizzata da un'elevata resistenza al calore (fonde a 371 °C) che si accompagna a un'elevata stabilità agli agenti chimici, alle radiazioni ionizzanti. Si usa per tute spaziali, tute per corridori d'auto, guanti o scarpe di operai di fonderia, filtri per gas caldi, ecc.

Oltre a questi due tipi di poliammidi altre sono allo studio; particolarmente promettenti sono i tipi ottenibili per policondensazione di amminoacidi semplici (glicina o nailon 2, acido glutammico, alanina), o di acrilammide (nailon 3) o di prodotti di sostituzione.

Fibre poliestere. - È il gruppo di prodotti che ha presentato il maggiore incremento produttivo; dal 1965 la sua produzione è superiore a quella delle fibre poliammidiche ed è prevedibile che tali prodotti anche nel futuro avranno un ruolo determinante nel settore delle fibre. Il tipo fondamentale è quello prodotto dalla policondensazione di glicol etilenico e acido tereftalico (terilene, dacron, fig. 1A), che è ottenuto riscaldando l'acido e il glicol in presenza di piccole quantità di catalizzatore (metilato di magnesio, ecc.) e in presenza di una corrente di azoto che facilita l'eliminazione dell'alcole metilico che si forma nella reazione. Il polimero viene filato allo stato fuso sia sotto forma di fibra che di fiocco.

È caratterizzato da un elevato punto di rammollimento (circa 250 °C), da un'elevata resistenza all'umidità, al calore, agli acidi, agli alcali diluiti, alla luce, all'attacco di muffe, tarme, ecc.; a caldo si scioglie nei fenoli, nel nitrobenzene, ecc. È difficile da tingere coi metodi usuali data la bassa capacità dell'acqua a penetrare nella fibra; per la sua tintura si usano coloranti a dispersione a basso peso molecolare. Si usa per tessuti, specie in mischia con cotone, per tessuti d'arredamento (tende, tappeti).

Al prodotto di condensazione del glicol etilenico e dell'acido tereftalico sono state apportate diverse varianti, così:

Dacron 62 è ottenuto aggiungendo ai due componenti nel momento della policondensazione un derivato dell'acido benzensolfonico (nella percentuale di 2 o 3 moli), che entra nella catena polimerica e conferisce al prodotto un'affinità per coloranti basici; inoltre la sezione del filo anziché circolare è triangolare, ciò che ne migliora le proprietà estetiche.

Kodel, ottenuto dalla Eastman Kodak Co., risulta dalla policondensazione dell'acido tereftalico con l'alcol bivalente derivato dal cicloesano, cioè la formula del polimero risulta:

Il prodotto è caratterizzato da un punto di fusione eccezionalmente elevato; l'alcol esiste in due forme stereoisomere, cis e trans; il prodotto di policondensazione se ottenuto dall'isomero trans fonde a 320 °C, se ottenuto dall'isomero cis fonde a 260 °C. In pratica, usando l'alcole costituito da una miscela dei due isomeri si ottiene un prodotto che fonde a circa 290 °C. Il polimero si fila allo stato fuso attraverso filiere con fori da 0,3 mm e il filo subisce poi uno stiramento a caldo del 450% circa.

Le sue proprietà generali sono simili a quelle delle altre fibre poliestere, presenta evidentemente una maggiore resistenza al calore e anche agli agenti chimici. Si produce sia sotto forma di fibra che di fiocco e si usa da solo o si miscela con lana o cotone.

Vycron è un poliestere di composizione diversa; si ritiene infatti che il prodotto sia costituito sostanzialmente da un tereftalato di polietilene modificato. È prodotto come fiocco in SUA e in Giappone; non si ottiene per filatura allo stato fuso ma per filatura da soluzioni. Oltre alle solite caratteristiche dei poliesteri presenta una più facile colorabilità con coloranti dispersi e con azoici a sviluppo. Si usa come fibra o come fiocco in mischia con cotone, rayon, lana.

A Tell è una fibra prodotta in Giappone ed è probabilmente costituita dal prodotto di policondensazione dell'acido p-idrossibenzoico e ossido di etilene per cui il polimero risulterebbe con la struttura:

La fibra è caratterizzata da una particolare somiglianza con la seta sia per aspetto che per diverse proprietà.

Fibre idrocarburiche. - L'etilene per polimerizzazione fornisce un prodotto filabile che è venuto in commercio col nome di politene, e si è dimostrato una fibra di notevole interesse pratico; il propilene, nonostante la stretta somiglianza con l'etilene, una volta polimerizzato non presenta le stesse caratteristiche di filabilità. Ciò è attribuito al fatto che il gruppo metilico in più presente nella molecola del monomero si dispone lateralmente alla catena del polimero a formare catene laterali corte, ma capaci ugualmente d'impedire al polimero di assumere una struttura compatta; l'insieme delle molecole manca di coesione e anziché fornire un solido dà un liquido viscoso o una massa cerosa. Il sistema di polimerizzazione stereospecifica realizzato da G. Natta utilizzando speciali catalizzatori studiati da Ziegler, ha consentito la preparazione di un polimero isotattico, cioè con tutti i gruppi metilici disposti in maniera ordinata rispetto all'asse della catena polimerica.

Questo prodotto preparato dalla Montecatini è stato messo in commercio con il nome di Meraklon (la ICI inglese che lo produce su licenza Montecatini lo ha chiamato Ulatron).

Questa fibra polipropilenica si è dimostrata notevolmente importante sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche che dal punto di vista economico perché utilizza una materia prima di relativamente basso costo. La fibra è caratterizzata da un basso peso specifico, ha un'elevata inerzia chimica, ciò che comporta vantaggi (resistenza agli agenti e allo sporco), ma anche degli svantaggi (difficoltà per la tintura); presenta elevate caratteristiche meccaniche (resistenza a trazione, a flessione anche ripetuta, all'abrasione); presenta una tenacità pari a 6 g/den per il fiocco e di 7 g/den per il filo continuo normale e un allungamento a rottura del 20 ÷ 30%. Ha un punto di fusione compreso fra 170 ÷ 175 °C per cui i tessuti sopportano la stiratura a caldo. La colorazione si esegue aggiungendo pigmenti al momento della filatura o innestando sulla catena polimerica delle catene laterali contenenti gruppi reattivi adatti per alcune classi di coloranti o aggiungendo allo stato fuso sostanze compatibili con la fibra e dotate di affinità per i coloranti. Si prepara sia sotto forma di fiocco che di fibra continua; si usa per capi d'abbigliamento (maglieria, calzetteria da uomo), di arredamento domestico (tappeti, feltri, tappezzeria), per applicazioni industriali (tessuti filtranti, sacchi, corde, reti, ecc.).

Fibre acriliche. - Si distinguono in acriliche (se il prodotto risulta dalla polimerizzazione di almeno 85% di acrilonitrile) e in modacriliche se l'acrilonitrile costituisce dal 35 all'84% del polimero.

La polimerizzazione si fa normalmente in soluzione, ma in alcuni casi anche in emulsione o in blocco. Il polimero lavato è sciolto in dimetilformammide in quantità tale da fornire una soluzione di viscosità adatta alla filatura che si esegue o a secco o a umido con filiere immerse in bagno di glicerina. Il filo è poi stirato a caldo sottoponendolo ad allungamenti anche del 1000%.

Le fibre acriliche presentano proprietà in parte simili a quelle della lana; sono caratterizzate da un elevato carico di rottura, da stabilità al calore, ai solventi, agli acidi e agli alcali diluiti, agli oli, ai grassi, alla luce, all'attacco di muffe, ecc. Data la loro idrofobicità presentano difficoltà di tintura (si usano coloranti a dispersione a caldo).

Si produce sia sotto forma di fiocco che di fibra continua e si usa per tessuti da camicie, bluse, tendaggi, per applicazioni industriali (corde, filtri, reti). Particolare attenzione hanno ricevuto i copolimeri che consentono di modificare alcune delle caratteristiche, rendendo, per es., più facili le proprietà tintoriali; così, per es.:

Zefran, prodotto dalla Dow Chemical, è una fibra risultante da un copolimero graffato dell'acrilonitrile contenente catene laterali formate da N-vinilpirrolidone che conferiscono più facili proprietà tintoriali;

Acrilan, fibra copolimera dell'acrilonitrile (85 ÷ 90%) con 15 ÷ 10% di un monomero basico, forse vinilpiridina (fig. 1B); Courtelle (della Courtaulds Ltd.) molto simile all'acrilan rispetto alla quale però presenta migliori caratteristiche meccaniche ma minore affinità per i coloranti; Creslan (della American Cyanamid) capolimero dell'acrilonitrile con acrilammide (o suoi derivati), che si tinge facile con una vasta gamma di coloranti.

Una fibra di costituzione chimica diversa è la Darvan studiata dalla Goodrich Chemical Co. (prodotta in Germania dalla Hoechst col nome di Travis); è un copolimero del dicianuro di vinilidene e dell'acetato di vinile (in quantità equimolecolari); la sua struttura è perciò:

I due monomeri si sciolgono in benzene e si addizionano di piccole quantità di perossido come catalizzatore; il copolimero si forma a relativamente bassa temperatura (40 ÷ 45 °C); il prodotto si scioglie poi in dimetilformammide, la soluzione si fila a umido e la fibra si stira a caldo. Ha buone caratteristiche, un buon tasto; è adatta per maglieria, tessuti, ecc.

Fibre poliviniliche. - Nonostante il cloruro di polivinile sia stato trasformato in fibra in Germania già negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, la sua affermazione come f. t. è relativamente recente. Ciò perché tale fibra contro alcune caratteristiche positive (soprattutto in infiammabilità) ne presenta alcune negative: limitate caratteristiche meccaniche e termiche.

Le prime fibre di questo tipo furono ottenute dal cloruro di polivinile che veniva, dopo polimerizzazione, ulteriormente clorurato (fino al 69 ÷ 70% di cloro) per aumentare la solubilità in acetone e renderlo così filabile. Le fibre erano deformabili al calore, presentavano un forte ritiro già a 75 ÷ 80 °C.

Le fibre di questo tipo hanno incontrato difficoltà ad affermarsi per le difficoltà connesse alla loro filatura: non si possono filare allo stato fuso perché il prodotto fuso comincia a decomporsi prima di raggiungere la viscosità sufficiente per la filatura; sono difficili da filare in soluzione mancando un solvente adatto. Il problema si è risolto ricorrendo a miscele di solventi contenenti solfuro di carbonio.

Un progresso notevole fu compiuto infatti abbandonando la postclorurazione, utilizzando cioè per la filatura il polimero del cloruro di vinile col 54 ÷ 56% di cloro, che può essere sciolto in acetone o solfuro di carbonio e tetracloroetano e la soluzione è filabile a secco; il filamento subisce poi uno stiramento che porta a un miglioramento delle caratteristiche meccaniche. Un ulteriore sensibile progresso è stato fatto, specie a opera della Montecatini, abbassando la temperatura di polimerizzazione, a −10 °C ÷ 28 °C ottenendo un prodotto sindiotattico, con elevata cristallinità e quindi capace di migliori prestazioni; il prodotto è solubile in cicloesanone a caldo e la filatura della soluzione può essere fatta a umido; il filamento dopo lavaggio viene stirato anche del 700%, e dopo essiccazione fissato e stabilizzato.

Altri miglioramenti delle caratteristiche delle fibre cloroviniliche si sono realizzati utilizzando dei copolimeri (con acetato di vinile o con acrilonitrile) ad alta percentuale di cloruro di vinile (60 ÷ 85%). Questi copolimeri presentano una migliore stabilità al calore, elevate caratteristiche meccaniche, elasticità, stabilità agli agenti chimici, alla luce.

Le fibre policloroviniliche non possiedono affinità verso nessuna classe di coloranti e possono essere tinte solo con coloranti dispersi; a questa deficienza tintoriale si è cercato di sopperire modificando chimicamente il polimero, per es., sostituendo alcuni atomi di cloro della catena polimerica con gruppi −NH2 che conferiscono alla fibra affinità verso coloranti acidi. Data la non infiammabilità delle fibre policloroviniliche, queste sono particolarmente adatte per tendaggi, coperte, tessuti industriali (per tute, ecc.); si usano da sole e in mischia con lana, cotone, per maglieria.

Fibre cellulosiche. - Da alcuni anni la produzione mondiale di fibre cellulosiche è rimasta pressoché stazionaria, ciò però non vuol dire che la loro tecnologia non abbia continuato a evolvere o che in questo campo non ci siano state innovazioni.

Nel campo delle fibre tipo rayon si è avuto un sensibile sviluppo delle fibre polinosiche caratterizzate da un grado più elevato di polimerizzazione della catena cellulosica (circa doppio di quello che si ha nei tipi normali di viscosa) e da una struttura microfibrillare analoga a quella del cotone; queste modificazioni derivano da condizioni più blande di preparazione della viscosa e da rigenerazione della cellulosa all'atto della filatura effettuata prima in ambiente debolmente acido e poi completamente sotto stiro.

Come risultato le fibre polinosiche presentano caratteristiche meccaniche notevolmente superiori a quelle del normale rayon di viscosa (tab. 1) e una notevolmente minore tendenza ad assorbire acqua (poco più della metà).

Analogamente nel campo delle fibre all'acetato ha acquistato sempre maggiore importanza quella al triacetato. La sua produzione tentata agl'inizi di questa industria fu subito abbandonata perché non si riuscì a trovare un solvente che solubilizzandola ne consentisse poi la filatura; si passò così a utilizzare il biacetato che poteva essere sciolto in solventi relativamente economici. Attualmente il prodotto viene sciolto in cloruro di metilene e la soluzione è filata a secco.

Le fibre di triacetato (fig. 1C) hanno caratteristiche meccaniche e di resistenza agli agenti chimici (ossidanti, alcali, solventi) migliori di quelle del biacetato per cui si usano quando si richiedono migliori prestazioni o maggiore durata. Tale fibra resiste a temperatura più alta per cui i tessuti possono essere stirati con ferro da stiro (a temperatura inferiore ai 180 °C circa), si tinge più facilmente senza pericolo di alterazioni.

Fibre elastomeriche. - Come indica il nome, si tratta di fibre dotate di elevata elasticità. Filamenti elastici si possono ottenere filando il lattice di gomma attraverso filiere immerse in un bagno di coagulo acido (acido formico, acetico, ecc.); usando filiere a fori sottili e sottoponendo il filo a stiro si possono ottenere fibre di sezione anche piccola; il filo così preparato per diventare elastico deve subire una vulcanizzazione che si realizza, per es., facendolo passare in tunnel riscaldati.

Durante la seconda guerra mondiale, causa la mancanza di lattice di gomma naturale, si cercò di preparare fili elastici con lattice di gomma sintetica (neoprene, ecc.) che però non hanno dato risultati soddisfacenti; oggi si preparano con buoni risultati filamenti di gomma nitrile che s'impiegano sia tal quali (nudi) che rivestiti di solito con rayon o nailon (si applicano due strati ottenuti con filamenti avvolti sul filo elastico in senso opposto).

Notevole successo nel campo delle fibre elastiche hanno avuto prodotti costituiti dai cosiddetti poliuretani segmentati, dotati di caratteristiche nettamente superiori a quelle di ogni altra fibra elastica nota. Queste fibre elastomeriche s'indicano anche genericamente col nome di Spandex (nome che si attribuisce a tutte le fibre elastomeriche contenenti non meno dell'85% di poliuretano segmentato).

Questo polimero è del tipo a blocchi, costituito da tratti o segmenti flessibili uniti da altri, corti, rigidi. Il procedimento che si segue per la sua formazione passa attraverso diverse fasi:

a) preparazione di un prepolimero costituito da un poliestere a base di un acido bicarbossilico e di un glicol in leggero eccesso in modo da avere la formazione di un polimero lineare di peso molecolare dell'ordine di 2000 avente alle estremità delle catene gruppi terminali −OH:

b) questo prepolimero si fa poi reagire con diisocianato che dà origine a un poliuretano lineare avente alle estremità della catena gruppi isocianici (−NCO):

c) questo prodotto è un liquido viscoso o una massa semisolida che viene fatta reagire con un composto bifunzionale che può essere un glicole, una diammina:

Questa reazione porta a un allungamento della catena e alla formazione di tratti rigidi (gruppo ureico: −NHCONH−). La reazione può anche essere eseguita con acqua la quale idrolizza parte dei gruppi −NCO a gruppi amminici che poi reagiscono coi gruppi −NCO che non si sono idrolizzati per dare gruppi ureici secondo una reazione del tipo più sopra scritta.

d) il polimero così ottenuto per riscaldamento reticola; infatti, i gruppi terminali isocianici di una catena possono reagire con l'idrogeno di un azoto del gruppo tireico di altra catena collegandole fra loro secondo lo schema:

La reticolazione può avvenire al momento della filatura, che può essere a umido o allo stato fuso; si prepara il prepolimero e si estrude attraverso una filiera immersa in un bagno contenente la diammina che reagisce col prepolimero; l'entità della reazione è regolata attraverso il rapporto dei reagenti, la temperatura, il tempo di contatto, l'aggiunta di catalizzatori, di additivi, ecc.

Nella filatura allo stato fuso il polimero viene portato a temperatura alta per avere una sufficiente viscosità del prodotto fuso per potere essere estruso; durante questo riscaldamento si rompono alcuni legami trasversali che però si rigenerano in gran parte.

Nella fibra le molecole sono in uno stato disordinato; sottoponendola a trazione i tratti flessibili, aggrovigliati, si distendono; le singole molecole non possono però scorrere le une rispetto alle altre perché trattenute dai legami covalenti traversali creati nella reticolazione, agenti da ponte fra le catene. Al cessare dell'azione di trazione le molecole riprendono il loro stato primitivo, disordinato.

Queste fibre possono essere prodotte sotto forma di monofilo, di multifilo che però subito dopo la filatura si riuniscono a formare in effetti un monofilo. Resistono meglio di quelle di gomma all'azione degli agenti chimici (eccetto al cloro), si tingono facilmente (con coloranti acidi), si lavano pure facilmente, resistono ai solventi, alla luce.

Le proprietà elastiche sono molte buone come risulta dalla tab. 2. Le fibre elastomeriche s'impiegano, sia nude che rivestite, per tessuti elastici (costumi da bagno, busti, corsetteria), per applicazioni industriali.

Operazioni tecnologiche.

Il grande sviluppo delle fibre chimiche, di composizione e caratteristiche notevolmente diverse da quelle delle fibre cellulosiche, ha comportato modifiche profonde della tecnologia, poiché i sistemi di lavorazione e i trattamenti messi a punto per le fibre cellulosiche non potevano sempre essere idonei e applicabili a quelle chimiche.

La trasformazione del polimero in fibra o in fiocco comporta sempre le fasi di filatura e di finitura.

Per la filatura il metodo in soluzione è limitatamente applicabile perché la maggior parte dei polimeri, specie se di elevato peso molecolare, non presentano solventi nei quali sciogliersi in percentuale sufficientemente elevata da formare soluzioni filabili. Molti polimeri sono però relativamente facili da fondere e il prodotto fuso è abbastanza stabile alla temperatura alla quale assume viscosità sufficiente per essere estruso sotto forma di filo attraverso filiere di diametro anche piccolo; il filamento che esce dalla filiera solidifica per raffreddamento.

Si calcola che attualmente l'80% circa delle fibre chimiche venga ottenuto per filatura allo stato fuso (poliammidi, poliesteri, polipropilene); il sistema ha il vantaggio di consentire una filatura rapida, di non richiedere impiego e ricupero di solventi. La sezione traversale delle fibre risulta diversa a seconda del sistema di filatura seguito: le fibre ottenute per estrusione del polimero fuso hanno sezione di forma uguale a quella della filiera, di solito circolare (si usano anche filiere a sezione diversa, triangolare, ecc., fig. 1E, F, G, per dare alle fibre caratteristiche particolari, specie ottiche). Le fibre ottenute per filatura da soluzione, a umido o a secco, quando escono dalla filiera presentano sezione circolare che però cambia immediatamente quando il solvente si elimina per evaporazione (sistema a secco) o per dissoluzione nel bagno di coagulo (filatura a umido); da circolare la sezione diviene irregolare. Una maggiore regolarità si ottiene con lo stiro.

La forma della fibra influenza diverse proprietà (tintoriali, sofficità, potere ricoprente, ecc.).

Per alcune fibre chimiche (per es. il polipropilene) il filo si ottiene anche a partire da fogli sottilissimi che vengono ritagliati in strisce, pure sottili, che possono poi essere sottoposte a trattamenti di fibrillazione.

Tra le fasi di finitura la prima e più importante è lo stiro che provoca un allineamento delle molecole nella direzione della fibra, ciò che porta a un aumento delle proprietà meccaniche di resistenza e a una riduzione della sezione, cioè a fili più sottili.

Lo stiro può essere tale da portare a un allungamento del filo pari anche a 10 volte la lunghezza iniziale. Nella fig. 2 è riportato, a titolo d'esempio, l'aumento di resistenza a trazione e la diminuzione di allungamento a rottura di una fibra poliammidica sottoposta a stiro pari a 2 ÷ 6 volte la lunghezza iniziale.

Operando la filatura allo stato fuso lo stiro si esegue sul filo già formato a temperatura ambiente o a caldo; in questo secondo caso la temperatura è di solito fra 70 e 120 °C e quindi il filo per essere stirato viene riscaldato passandolo in acqua calda o in ambiente di vapore.

Dopo lo stiro la fibra subisce una ricottura o termofissaggio che serve a fissare e a stabilizzare le caratteristiche realizzate, a fare cioè in modo che l'orientamento acquistato non tenda a scomparire; l'operazione si può compiere con aria calda o portando a contatto il filo con superfici calde piane o circolari (tamburi ruotanti).

Nel caso del fiocco l'operazione di termofissaggio viene preceduta da quella di crettatura o crespatura o arricciatura, che conferisce una serie di ondulazioni più o meno fitte e marcate in modo da rendere il fiocco lavorabile con le macchine tessili proprie della lana e del cotone, fibre che possiedono naturalmente questa crespatura. La crespatura si può eseguire con macchine capaci d'impartire questa forma al fiocco (per es., per passaggio fra rulli scanalati); per le fibre chimiche oggi si ricorre sempre più alla preparazione di fibre bicomponenti o coniugate.

Fibre bicomponenti; da tempo si era constatato che filando la viscosa in bagno di coagulo contenente meno acido solforico del normale il filamento risultava arricciato; ciò era dovuto all'asimmetria della fibra che presentava la pellicola esterna su parte della sezione più ingrossata rispetto alla rimanente, più sottile. Una fibra del genere portata in ambiente umido tende a rigonfiare in maniera diversa assumendo andamento a spirale con la parte della pellicola più ingrossata che tende a disporsi all'interno della spirale.

Questa asimmetria della fibra si può produrre formando filamenti composti o fibre bicomponenti nelle quali una parte è costituita da un polimero e il restante da un altro, di solito non molto diverso dal primo chimicamente, ma capace di reagire in maniera differente, per es., a trattamenti termici (fig. 1D).

Queste fibre bicomponenti si possono ottenere in diversi modi: mandando alla filiera contemporaneamente due polimeri diversi attraverso due condotti differenti in maniera che arrivino separatamente e formino ciascuno una parte del filamento (fig. 3, A e B); adottando filiere (fig. 3C) con due condotti d'arrivo separati, l'uno dentro l'altro, disposti eccentricamente, in maniera che il filamento risulta costituito all'interno da uno dei due polimeri e all'esterno dall'altro (fig. 3D).

L'arricciamento può derivare da differenti proprietà di rilassamento dei due componenti già al momento della filatura oppure da un loro diverso rigonfiamento a contatto dell'umidità ambientale, ma per lo più si produce con un trattamento termico, o idrotermico, successivo del filamento sottoposto a una debole tensione che si esplica con effetti diversi sui due componenti.

Oggi si producono diverse fibre bicomponenti per ottenere scopi diversi dall'arricciatura: sopperire con l'accoppiamento delle due fibre alla deficienza dei singoli componenti; così si accoppiano nailon di diversa natura (omopolimeri e copolimeri), fibre poliammidiche, acriliche di diverso tipo, ecc.

Bibl.: N. F. Mark, S. M. Atlas, E. Cernia, Man-made fibers, science and technology, New York 1967; P. Bertoli, Manuale delle fibre tessili, Milano 1967; R. W. Moncrieff, Man-made fibers, Londra 19705.

Il mercato mondiale delle fibre tessili.

In linea di massima il mercato delle f. t. è caratterizzato da una serie di fenomeni involutivi, già manifestatisi da tempo e in gran parte dovuti alla crescente importanza dei nuovi settori industriali, ma imputabili anche a una progressiva contrazione dei consumi tessili sui consumi pro capite privati nei paesi evoluti. Come valori indicativi, all'inizio del secolo i consumi tessili sui consumi totali pro capite erano il 13 ÷ 14%, oggi si è all'8 ÷ 9%; nonostante ciò l'incremento naturale della popolazione e del reddito hanno compensato questa contrazione con un'espansione del mercato mondiale.

Per un'esatta valutazione delle tendenze in atto nel mercato delle f. t. sarebbe opportuno non trascurare i molteplici problemi collegati alle modificazioni intervenute all'esterno e all'interno del settore tessile: così l'andamento della produzione dovrebbe essere posto a confronto con la crescita del settore stesso e questa con l'espansione complessiva del sistema industriale; la consistenza e la dinamica dei consumi e degli scambi con l'estero, che per alcuni comparti hanno assunto un'importanza rilevante, dovrebbero essere collegate allo sviluppo dei redditi, ai costi di produzione, con particolare riferimento al costo della manodopera.

La produzione. - Dall'esame sintetico dei dati (tab. 3) emerge la rapida crescita delle fibre artificiali e sintetiche sul totale della produzione mondiale di f. t. (dal 21,3% del 1961-65 al 32,9% del 1974); così rispetto a una situazione pressoché stazionaria delle fibre naturali, si rileva una crescita delle fibre chimiche (man-made) in valori assoluti di oltre il doppio rispetto al 1961-65.

Rapportando annualmente la produzione delle f. chimiche a quella delle f. naturali, si può constatare in modo ancor più evidente il declino di queste ultime; nel 1961-65 la quantità di f. chimiche rappresentava un quarto (il 27,0%) di quelle naturali e nel 1974 circa la metà (il 49,1%); questa costante ascesa delle f. chimiche rispetto alle naturali si è particolarmente manifestata negli anni tra il 1967 e 1968 (+ 6,7% rispetto al tasso dell'anno precedente); ha registrato una flessione nei due anni successivi (+ 0,8 tra il 1968-69 e + 0,9 tra il 1969 e il 1970) per riprendere con un certo vigore fino al 1973. Nel 1974 l'indice di crescita rispetto all'anno precedente aumenta solo dello 0,3, il più basso mai registrato; ciò è dovuto, più che all'andamento ciclico della produzione, al rincaro del prezzo del petrolio che ha determinato un rallentamento nella produzione di f. sintetiche.

La produzione di f. t. naturali si mantiene su valori pressoché costanti; il tasso di crescita annuo, inferiore allo 0,5%, è esclusivamente dovuto al cotone, alla seta e alla iuta, in costante declino è la canapa che più di ogni altra f. naturale subisce la concorrenza delle f. chimiche.

Considerando le grandi aree economiche di produzione (tab. 4) si può constatare che nel quindicennio si è manifestato un calo di produzione proprio in quelle aree economicamente più sviluppate. Così l'Australia e la Nuova Zelanda che nel 1961 coprivano oltre il 40% della produzione mondiale di lana, hanno abbassato la loro partecipazione al 38%; questo calo si registra anche in valori assoluti, essendosi mantenuta costante nel tempo (dal 1961) la produzione mondiale di lana. Analoghe considerazioni valgono per gli SUA e l'Europa dove sono localizzate in misura considerevole le industrie di f. chimiche. Qui lo sviluppo impressionante delle f. chimiche ha accelerato la crisi della produzione di f. naturali e favorito il determinarsi di fenomeni d'integrazione verticale tra i vari comparti che costituiscono il ciclo produttivo tessile integrale.

Nell'ambito dei paesi della CEE nel quindicennio si sono registrati in maniera piuttosto pronunciata e con maggior frequenza periodi di crisi; tra il 1969 e il 1971, in particolare nei Paesi Bassi e in Francia, la produzione di lana e cotone ha subìto riduzioni del 20%. La ripresa della produzione negli anni successivi è stata particolamente vivace in Germania.

Parallelamente alla riduzione d'importanza dell'Europa e degli SUA nella produzione mondiale dei tessili, si assiste al grande sviluppo della produzione in Giappone, in India, in Brasile e in altri paesi asiatici minori e sud-americani. La Cina e l'India, che nel 1974 da sole coprono oltre il 25% della produzione mondiale di cotone (nel 1961-65 raggiungevano il 20%), hanno progredito notevolmente nella produzione di f. chimiche, senza che ciò determinasse i fenomeni involutivi verificatisi in Europa e SUA.

Scarsa partecipazione alla produzione di qualsiasi tipo di f. si riscontra per l'Africa che riduce il suo apporto al Sud Africa per quanto concerne la lana e le f. sintetiche e all'Egitto per il cotone e le f. cellulosiche.

Commercio. - Nel quadro mondiale delle importazioni ed esportazioni di f. t. espresso in quantità, non va trascurato il valore che queste cifre rappresentano; ciò assume particolare significato per quanto riguarda la seta che fra tutti i tipi è quella che mantiene un prezzo elevatissimo, fra i 3400 e i 4400 centesimi di dollaro per kg. I prezzi a cui vengono commerciate le altre f. t., soggetti a forti oscillazioni, sono: cents 170 ÷ 270 per la lana sucida, 570 ÷ 760 per quella lavata, 100 ÷ 250 per il cotone, 50 ÷ 100 per l'abaca, 27 ÷ 43 per la iuta, 100 ÷ 200 per le f. cellulosiche; ciò significa che a una t di seta corrispondono circa 18 t di lana sucida, 7 di lana lavata, 22 di cotone, 52 di abaca, 110 di iuta, 26 di f. cellulosiche. Esaminando i dati (tab. 5 e 6) sulla base di questa considerazione, la seta che compare per cifre modeste, viene complessivamente rivalutata. Riferendoci semplicemente alle quantità di f. t. commerciate, il cotone è la f. che dà luogo al maggior interscambio. Mentre si assiste a una costante crescita di importazioni di cotone da parte dell'Europa (Regno Unito, Italia, Rep. Fed. di Germania, Rep. Dem. Tedesca), dell'Asia (Giappone per oltre il 50% delle importazioni, Cina e India) e del Sud-Africa, provenienti dagli SUA, dal Brasile, dal Perù e dall'Egitto, si registra una costante diminuzione nelle importazioni mondiali di lana, sia sucida che lavata. La diminuzione è del 36% rispetto al 1965 per l'Europa (Regno Unito, Francia, Italia, Belgio), del 26% per l'Asia (per il 90% le importazioni asiatiche vanno al Giappone), addirittura del 92% per gli SUA. È abbastanza intuitiva la relazione esistente con il progredire della produzione di f. chimiche, molto pronunciata proprio in questi paesi; dette f. si rivelano infatti buone sostitute della lana piuttosto che del cotone.

Per converso l'Australia, che ha sempre sostenuto per il 50% le esportazioni mondiali di lana sucida e la Nuova Zelanda, per il 30% quelle di lana lavata, vedono ridursi in valori assoluti le loro esportazioni. La stessa diminuzione si può constatare per i paesi dell'America del Sud (Argentina e Uruguai), per il Sud Africa e, in misura veramente impressionante, per il Bangla Desh, dove ai motivi legati al mercato internazionale si sono aggiunti quelli di politica interna. Nel commercio internazionale della seta l'Italia copre il 50% delle esportazioni europee, come il Giappone che, pur esportando, riceve l'80% delle importazioni asiatiche.

Il commercio della iuta è caratterizzato per il 90% dalle esportazioni del Bangla Desh, e per il rimanente dal contributo del Belgio e dei Paesi Bassi. Le importazioni vengono effettuate un po' ovunque: il 50% in Europa (Regno Unito, Belgio, Francia, Germania), in Asia dal Giappone e dall'India; un incremento notevole si registra per l'Egitto che nel decennio ha raddoppiato le proprie importazioni.

Per quanto riguarda il commercio dei filati di fibre artificiali e sintetiche, solo una piccola parte entra nel traffico internazionale; maggior significato acquista invece il commercio dei tessuti.

Per quanto riguarda l'Europa, gli scambi avvengono in gran parte nell'ambito della Comunità e si valuta che solo un quarto della produzione sia destinato all'esportazione. Ciò nonostante l'Europa copre circa il 50% delle esportazioni globali, seguita dal Giappone col 30%. Negli ultimi anni si è verificato un regresso nelle esportazioni francesi e un ristagno di quelle tedesche; lo sviluppo degli scambi intercomunitari e l'aumentata domanda da parte dell'Unione Sovietica sul mercato belga, tedesco e olandese hanno nel complesso favorito le esportazioni dei paesi della CEE. Per l'Italia si è ampliato il mercato dei paesi del Sud Africa, mentre le scarse quantità esportate dagli Stati Uniti raggiungono prevalentemente il Canada, il Messico e i paesi dell'America meridionale.

Va messo ancora in rilievo l'importanza che il commercio con l'estero rappresenta per l'Italia. Allo sviluppo delle esportazioni del settore tessile, nel quindicennio, hanno contribuito in maniera sostanziale, e secondo una progressione costante, le esportazioni di f. artificiali e sintetiche, mentre le industrie tradizionali del cotone e della lana si sono mantenute in limiti più ristretti. Rispetto al processo d'integrazione economica in atto fra i vari paesi della Comunità europea, l'Italia si trova in una posizione piuttosto debole sia per quanto riguarda le importazioni che le esportazioni di f. t.; vanta invece la preminenza assoluta per le esportazioni di tessuti di lana, di manufatti e generi di abbigliamento.

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