FIERA

Enciclopedia Italiana (1932)

FIERA (dal lat. feria "festa"; fr. foire; sp. feria; ted. Messe; ingl. fair)

Vittorio FRANCHINI
Fabio MAJNONI

Le fiere sono convegni abituali di venditori e compratori, d'importanza maggiore dei mercati (dai quali si distinguono per la loro maggior durata e per lo sviluppo che vi ha il commercio all'ingrosso). Le fiere si può dire siano sorte con l'apparire stesso delle prime attività di scambio. Gli scambî infatti hanno sempre avuto bisogno di "appuntamenti", ai quali potessero convenire coloro che volevano disfarsi di merci esuberanti prendendone in loro vece altre di cui avevano bisogno. Le forme di governo, anche le più primordiali, hanno compreso tale necessità e sono intervenute dando a questi convegni commerciali norme determinate e accordando a essi la dovuta protezione. Se in forma larvata questo fenomeno si verificò sin dai primi tempi della storia del commercio, esso ha avuto una grande influenza anche durante tutto il Medioevo e, dopo un periodo di decadenza, è risorto sotto un nuovo aspetto: le attuali fiere campionarie.

Le fiere trassero origine da feste religiose; si tennero dapprima sui sagrati delle chiese e presso i cimiteri; furono poi trasferite, per il loro ingrandirsi, fuori delle mura cittadine. L'epoca delle varie fiere era stabilita in relazione all'opportunità del clima e delle comunicazioni, in modo che, nell'ambito delle diverse zone nazionali, non coincidessero fra di loro. Le fiere duravano generalmente da un minimo di tre giorni a un massimo di cinquanta.

Nel Medioevo la mercatura girovaga, largamente praticata a causa della rarità di forti centri di popolazione, si esercitava in mezzo a gravi pericoli, attraverso vie di comunicazione scarse, maltenute e infestate da ladri; soggiaceva alle angherie e depredazioni dei baroni locali e veniva sottoposta a tributi e limitazioni di vario genere; circostanze queste che costringevano i mercanti a difendersi, riunendosi in compagnie (gildae mercatorum). I grandi principi e i re compresero però i benefici che derivavano da un fiorente commercio e s'indussero a poco a poco a offrire una specie di asilo e di protezione a questa sorgente di ricchezza, conferendo per un certo periodo di tempo a coloro che convenivano in determinate località particolari privilegi e libertà speciali, quali il diritto di asilo e di ospitalità, la tregua per tutta la durata della fiera, l'esenzione o attenuazione di dazi o diritti di scorta, la sospensione e l'attenuazione dei diritti di rappresaglia e di ritorsione, la liberazione da arresti dovuti a obbligazioni precedenti (sempre che non fossero stati cagionati da rapporti sorti nelle fiere), il diritto di battere moneta, di organizzare temporaneamente giuochi proibiti, ecc. Inoltre, per tutto il tempo della fiera, tribunali appositamente eretti, con competenza su tutte le controversie che sorgessero fra i frequentatori, si uniformavano a speciali norme consuetudinarie involgenti una procedura più rapida, con abbreviazione di termini e con esenzione da determinate formalità, e l'immediata esecuzione delle sentenze. Il signore feudale o le magistrature comunali, nel cui territorio si svolgeva la fiera, assicuravano la pace della fiera stessa anche mediante l'esclusione dei singoli mercanti e perfino di tutti gli appartenenti a un comune o a una regione determinata.

Le fiere erano disciplinate internamente da un complesso di norme atte a limitare il numero delle vendite, per non incorrere in un'eccessiva depressione di prezzi. Tale disciplina era affidata ad appositi incaricati detti magistri nundinarum. Speciali agevolazioni potevano venir fissate con reciprocità tra i varî comuni mediante trattati. Una settimana prima dell'apertura della fiera veniva concesso alle merci di entrare e di uscire senza pagamento di dazio. La chiusura della fiera era annunciata, per ordine dei magistri nundinarum, dai sergenti di fiera col grido hare! hare!, voce di origine normanna adoperata in Francia, in un primo tempo, per richiamare l'attenzione della gente e delle autorità sul colpevole colto in fragrante; poi per indicare un termine legale.

Le fiere hanno esercitato anche una influenza capitale sull'origine, sullo sviluppo e sul regolamento dei modi di pagamento, del credito e conseguentemente del commercio del denaro. Basti a questo proposito citare il largo uso fatto fino alla fine dell'800 della cambiale in fiera e ricordare una gloria italiana: i cambiatori che appunto in fiera trovavano una delle loro principali ragioni di attività.

Fra le antiche fiere dei paesi orientali e delle quali si hanno notizie frammentarie, le più importanti sono quelle della Mecca (coincidenti coi pellegrinaggi annuali), di Hardwar (Indostan), Teherān (Persia), di Tanta (Egitto), di Tulcea (Romania), Kiachta (Siberia), alcune delle quali ancor oggi sono fiorenti. In Russia godevano larga fama le fiere di Irbit, di Arcangelo, di Kiev, di Poltava, di Charkov e sp-cialmente quella di Nižni-Novgorod che fu conservata anche per un certo periodo di tempo ai nostri giorni sotto il regime sovietico ed è attualmente in corso di rinnovo avendo il governo dell'U. R. S. S. potuto constatare il danno della sua soppressione nonostante lo speciale regime del commercio di quel paese.

In Francia si hanno ricordi storici che datano sin dal 427 sulle fiere in Champagne. A Parigi la prima fiera (nota nel Medioevo col nome di landit) ebbe luogo nel 629 sotto il re Dagoberto: tale fiera, dedicata a S. Dionigi e che durava quattro settimane, si conservò fino al 1789. Più tardi si ebbero le fiere di Saint-Lazare, Saint-Laurent, Saint-Germain, la Foire des Jambons e quella di Saint-Ovvide. Ma più antiche e di maggiore importanza furono, come si è detto, le fiere di Champagne, e precisamente: di Provins, di Bar, di Lagny, di Bourges, di Troyes, ecc., le quali divennero, specie nel sec. XII, potenti focolari di attrazione economica dove si poteva acquistare di tutto: dai panni ai pellami, dai feltri alle droghe, e dove convenivano, oltre ai Francesi, Italiani, Tedeschi, Olandesi, Fiamminghi, ecc. Una serie di opportuni provvedimenti davano a queste fiere un'organizzazione caratteristica, il cui studio è particolarmente utile per chi voglia esattamente comprendere gli usi e i costumi mercantili del Medioevo. Le fiere di Champagne si susseguivano l'una all'altra in modo da non sovrapporsi e da formare un insieme che rispondesse il più possibile agl'interessi e alle comodità dei frequentatori e che comprendeva quasi l'intera annata. Altre fiere importanti di Francia furono quelle di Nîmes, di Rouen, di Bordeaux, di Tolone, di Besançon, di Noyal-Pontivy e quella celeberrima di Beaucaire. Notevoli pure le fiere fiamminghe e quella cosiddetta dei drappi, di Bruxelles, celebre per la bellezza delle mercanzie e il volume degli affari. In Germania furono molto rinomate le fiere di Francoforte sull'Oder, di Brunswick, di Danzica, di Magonza, di Breslavia e di Francoforte sul Meno, la quale ultima nel 1564 lasciò alla storia il primo catalogo della manifestazione di quell'anno. Le fiere più importanti però, e che attraverso i tempi andarono aumentando di notorietà e di portata, furono quelle sorte a Lipsia.

L'Italia non ebbe nel Medioevo fiere d'importanza pari a quelle francesi, tedesche e russe. Gl'Italiani (in specie i Romani, i Toscani e i Lombardi) si distinsero piuttosto come frequentatori di quei grandi mercati e Verona, ad esempio, era punto di partenza di un considerevole trasporto di merci verso la Champagne. A ogni modo hanno avuto importanza assai notevole nel Medioevo le fiere di Pavia, di Ferrara (a S. Martino e nella domenica delle Palme), di Parma, il complesso delle fiere del territorio tridentino (fiera di mezza quaresima a Bolzano; fiera di Pentecoste a Merano; fiera di S. Genesio a Bolzano in agosto; fiera di S. Gallo a Trento a metà ottobre; fiera di S. Martino a Merano; mercato di S. Tommaso a Bolzano prima di Natale); il ciclo di fiere del basso Po e del basso Adige (fiera di Mantova verso carnevale; fiera della domenica delle Palme a Ferrara; fiera di S. Proculo a Bologna nel maggio; fiera di Badia nel giugno; fiera del Reno a Bologna nell'agosto; fiera di S. Michele a Verona; fiera d'Ognissanti a Mantova; fiera di S. Martino a Ferrara), la famosissima fiera del Santo di Padova; quella di Alessandria in Piemonte; la fiera della Sensa istituita a Venezia nel 998 dal doge Pietro Orseolo II e la fiera di Sinigallia (dalla fine di luglio al principio di agosto) che raccoglieva frequentatori non solo da tutta Italia, ma dalla Francia, dall'Inghilterra, dall'Austria, dalla Svizzera e dalla Grecia.

Negli altri stati europei l'istituto ebbe molto minore sviluppo (meno che nelle regioni già appartenenti alla Turchia con Giannina, Novi Bazar, Varna, Nicopoli, Adrianopoli, ecc.), ma ad ogni modo degne di menzione sono le fiere di Madrid (metà maggio), di Linz in Austria, di Basilea in Svizzera, ecc.

Interessante storicamente può essere il fatto che anche in civiltà molto lontane dalla nostra si hanno ricordi di fiere. Prescott nella sua Storia della conquista del Messico, dà una descrizione della fiera di Messico che rivela usi e costumi del tutto simili a quelli delle nostre fiere medievali.

Durante il Settecento si manifestarono però i primi sintomi di decadenza delle fiere, sintomi che andarono rapidamente accentuandosi nel principio del sec. XIX colpendo particolarmente le fiere generali. Molte fiere addirittura scomparvero o si mantennero quasi al solo scopo di dar vita a un periodo di feste, altre restrinsero la loro influenza sopra un territorio locale o ridussero la loro attività al semplice campo agricolo, altre infine, come quella di Nižnij-Novgorod e quella della Mecca, continuarono una vita fiorente per ragioni dipendenti da particolari condizioni economiche locali o da motivi religiosi.

Il miglioramento e l'estensione dei mezzi di comunicazione, la facilità di diffondere notizie, l'accresciuto spirito d'iniziativa personale, i nuovi metodi di organizzazione industriale e mercantile, ecc. furono le principali ragioni di decadenza delle fiere che vennero persino considerate (Turgot) come indice di un'economia sorpassata. Sorsero invece in quest'epoca le prime esposizioni industriali le quali comunque ebbero e hanno finalità del tutto diverse dalle fiere, mirando oltre che a scopi mercantili, a fini educativi, istruttivi, ecc.

Fiere moderne. - Una sola delle antiche fiere seppe trovare una via che si adattava alle esigenze moderne pur mantenendo intatto il proprio valore commerciale: la fiera di Lipsia. Al principio del 1850, infatti, si verificarono in questa fiera i primi tentativi d'innovazione: da alcuni venditori fu presentata non l'intera partita da commerciare, ma il campionario di essa. I primi a introdurre questo sistema furono i negozianti e i produttori di vetri e ceramiche. Era questa la nuova formula delle fiere che cominciava a entrare in azione. Essa venne seguita da tutte le fiere moderne, che appunto si chiamano fiere campionarie.

Una grande attività in tal senso fu svolta durante la guerra mondiale, provocata da bisogni analoghi a quelli che avevano suggerito lo sviluppo fieristico del Medioevo: la difficoltà dell'intercambio attraverso le chiuse barriere politiche ed economiche. Sorse così, prima, la Fiera di Lione e se ne approntarono molte altre, le quali, cessata la guerra, cercarono di prendere quegli orientamenti, necessariamente nuovi, che lo sconvolgimento della carta geografica di Europa e la mutata potenzialità degli stati imponevano.

I primi tentativi furono piuttosto timidi, ma il successo notevole che tali iniziative incontrarono dappertutto, fu di sprone ad approntare organizzazioni di molta importanza e, bene spesso, d'immensa estensione non paragonabile alle più rinomate fiere antiche. L'Italia non fu seconda nel movimento, anzi essa, con la propria fiera di Milano, non solo seppe creare un mercato grandioso ma, adattando un'idea rinata altrove al temperamento latino, seppe introdurvi quelle modificazioni di libertà, agilità di movimento, buon gusto e varietà così da ottenere un complesso armonico e vivace tale da riuscire in brevissimi anni a prendere una posizione eminente e a creare una tecnica di primo piano che trovò, totalmente o parzialmente, imitatori fortunati.

Le grandi fiere moderne sono generalmente organizzate da enti speciali derivati dagli enti pubblici, ma guidate con stretto criterio commerciale. Godono di esenzioni plurime: sono considerate come porti franchi agli effetti doganali e daziarî. I produttori che vi partecipano, i mercanti e, in alcuni paesi, gli stessi visitatori usufruiscono di grosse riduzioni per il trasporto delle cose e delle persone (dal 25 al 50%), di facilitazioni per il rilascio di documenti, passaporti e altro e sono ricevuti con larga ospitalità dai paesi organizzatori. Durante la loro effimera esistenza (da 6 a 20 giorni) le fiere costituiscono, non solo per la città e la regione ma per l'intero stato, una delle manifestazioni più importanti e più seguite dal pubblico favore e le contrattazioni assumono talvolta il valore di centinaia di milioni e anche di miliardi.

Le fiere campionarie sono tipicamente europee. Da qualche anno però si stanno sviluppando iniziative analoghe nelle colonie, e a Marocco, ad Antananarivo nel Madagascar, a Bandoeng nell'isola di Giava, a Léopoldville nel Congo Belga, a Hanoi nel Tonchino si organizzano fiere importanti tutte superate, però, da quella italiana di Tripoli che ha assunto una fisionomia propria particolarmente interessante. Nell'America latina comincia ora una timida attività in tal senso e a Rio de Janeiro e all'Avana, si registrarono buoni successi. Non così nell'America Settentrionale, dove sono numerose le fiere ma tutte, per quanto grandiose, a carattere di mercato di merci, non di contrattazione di grosse partite su campioni.

Le fiere di carattere internazionale più importanti attualmente organizzate hanno sede nelle città seguenti: Bari, Bordeaux, Bruxelles, Budapest, Francoforte, Colonia, Lipsia, Lilla, Lubiana, Lione, Leopoli, Marsiglia, Milano, Nižnij-Novgorod, Padova, Parigi, Poznań, Praga, Liberec (Reichenberg), Salonicco, Tel-Aviv (Palestina), Tripoli, Utrecht, Valenza, Vienna, Verona, Zagabria. Vi si possono aggiungere alcune altre poche di carattere nazionale come la fiera di Londra e Birmingham, quelle svizzere di Basilea e Losanna, la tedesca di Königsberg, quella di Bratislava in Cecoslovacchia.

Bibl.: A. Schaube, Storia del commercio dei popoli latini nel Mediterraneo, pp. 94 segg., 445 segg. (trad. di Bonfante in Biblioteca dell'Economista, XI, 1915); G. Luzzatto, Storia del commercio, I, Firenze 1915; A. Del Vecchio, Sul significato del grido, "Hare! hare!"), in Archivio storico italiano, XXIV (1899), p. 337, segg.; R. Kotzschke, Allgemeine Wirtschaftsgeschichte des Mittelalters, Jena 1924, pp. 290-416 segg., 480 segg., 596 segg.; L. Zdekauer, Fiera e mercato in Italia sulla fine de M. E., in Annuario della Università di Macerata, 1919-20, pp. 17-37; A. Segre, Storia del commercio, Torino 1923, pp. 157 segg. 231, segg.; J. Kulischer, Allgemeine Wirtschaftsgeschichte des Mittelalters und der Neuzeit, Monaco e Berlino 1928; É. Levasseur, Histoire du commerce de la France, Parigi 1911; W. Cunningham, The growth of English industry and commerce, ecc., Cambridge 1911; G. Schmoller, Lineamenti di economia nazionale generale, I, II, in Bibliot. dell'Economista, s. 5ª, Torino 1911; V. Jaunin, Foires et comptoirs d'échantillons, in Suisse Économique; C. Titta, Fiere antiche e fiere moderne, Venezia 1921.

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