FIGALIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi FIGALIA dell'anno: 1960 - 1994

FIGALIA (v. vol. III, p. 661)

P. Broucke

Il Tempio di Apollo (situato 7 km a NE della città) è stato oggetto recentemente di un esauriente studio da parte di F. Cooper e B. Madigan.

La dedica di un cavallo di bronzo del Tardo Geometrico testimonia l'attività religiosa a F. a partire dal 727-700 a.C. Intorno al 650-600 a.C. viene dedicato ad Apollo il primo dei quattro templi che si sarebbero andati susseguendo sul sito. Questo primo tempio, definito Apollo I, è da collegare alle fondazioni rinvenute nel 1970 immediatamente a S del tempio del V secolo. La pianta è quella di un hekatòmpedon con orientamento N-S, con un secondo ambiente o àdyton e accesso a E. Su un basamento di pietre grezze, la maggior parte delle quali in situ, sorgeva un muro in mattoni crudi, rafforzato all'interno da colonnette inserite. Il tetto era costituito da tegole di terracotta laconiche del tipo più antico, ed era decorato con un acroterio a disco. Contemporaneamente al Tempio di Apollo I fu costruito un tempio gemello dedicato ad Artemide, vicino alla cima del monte Cotilio, costituito da un solo ambiente. Le antefisse di terracotta di entrambi i templi sono ricavate dalla stessa matrice, e raffigurano sfingi in posizione araldica, con un pesce in bocca. Apollo I fu distrutto o danneggiato al massimo dopo cinquant’anni, giacché intorno al 575 l'edificio venne completamente modificato; a S i muri laterali vennero allungati fino a costituire un opistodomo. Il tempio rimodellato, Apollo II, aveva anch'esso un tetto di tegole di terracotta con un disco acroteriale paragonabile per livello qualitativo al disco del VI sec. del Tempio di Hera a Olimpia.

Intorno al 500 fu costruito un nuovo tempio, Apollo III, con blocchi di pietra calcarea locale e con tegole di terracotta corinzie; un certo numero di blocchi sono stati riutilizzati nelle fondazioni del tempio ictiniano. La costruzione del tempio più recente, Apollo IV, ebbe inizio subito dopo il 429 a.C. e fu terminata intorno al 400.

Le date della sequenza dei quattro templi di F. ben si adattano a quanto è possibile accertare circa la storia delle rivolte arcadi contro gli Spartani.

Il tempio di Ictino fu costruito in calcare locale di prima scelta e in marmo proveniente dalle cave di Capo Tenaro. Il progetto del tempio comprende elementi tradizionali e altri innovativi. Apollo IV infatti segue l'orientamento N-S e le caratteristiche architettoniche dei precedenti edifici arcaici: lunghezza, larghezza, doppio ambiente e ingresso laterale. Perciò alcune delle «anomalie» che hanno reso perplessi gli studiosi possono essere facilmente spiegate come un voluto tentativo di conservare tradizioni architettoniche, dall'età arcaica a quella classica. Gli aspetti innovativi sono meno visibili, ma non meno importanti, perché frutto di calcoli geotecnici resi necessari dal fatto che il tempio sorge su una piattaforma artificiale. In nessun punto le fondazioni toccano l'irregolarissimo fondo roccioso, e questo rende la struttura immune dagli effetti dei movimenti sismici. Inoltre la possente fondazione aumenta la possibilità di carico del debole letto roccioso sottostante.

L'esterno, nel severo e disadorno ordine dorico, fu costruito in calcare grigio, a eccezione delle guttae (inserite singolarmente nei mutuli del gèison orizzontale), dell'intero tetto e degli acroteri floreali, che erano in marmo. Il lieve contrasto tra il marmo scintillante e il calcare grigio chiaro forniva un anticipo dell'abbagliante combinazione di marmi e calcari all'interno del peristilio. Metope di marmo scolpite decoravano la trabeazione dorica in calcare dei portici dei lati Ν e S del tempio. Secondo il Madigan, le metope del pronao rappresentano il ritorno di Apollo dalla terra degli Iperborei, mentre quelle dell'opistodomo il ratto delle Leucippidi.

La cella era fiancheggiata da due serie di contrafforti desinenti in semicolonne ioniche e separate dall’àdyton da una colonna corinzia libera, il primo esempio conosciuto di questo ordine. Sebbene la colonna corinzia avesse una funzione strutturale, essa venne distinta, sia per collocazione, sia per disegno, dalle semicolonne interne. Tra la base modanata e il fusto scanalato era inserito un cilindro non scanalato, caratteristica che, insieme con altre, condivide con le colonne votive.

I primi quattro contrafforti di ciascun lato avevano semicapitelli ionici di marmo. Questi capitelli erano di forma inusuale e avevano volute sia sulla fronte sia sui lati. Il capitello corinzio di marmo della colonna isolata possedeva una dinamicità determinata dall'alternanza di volute scanalate e non scanalate da un angolo all'altro, dalla forma svasata delle foglie di iris dipinte che correvano intorno alla campana, e dal meandro simmetrico sulle facce dell'abaco.

Le semicolonne sugli speroni diagonali sostenevano tre quarti di capitello ionico di calcare di origine attica. Visivamente questi capitelli ionici più decorati rappresentavano la transizione tra i capitelli ionici degli altri contrafforti e il capitello corinzio. Nello stesso tempo, il materiale in cui erano eseguiti, il calcare, determinava un fine contrasto con il marmo.

Un fregio ionico continuo di marmo decorava l'interno della cella. La sequenza di ventitré lastre, ora al British Museum, era stata ricostruita sulla base dello stile, della composizione e del presunto soggetto. W. B. Dinsmoor fu il primo a basarsi su elementi tecnici per la sua ipotesi della sequenza. Cooper, tentando un approccio analogo, ha identificato dodici nuovi frammenti dell'architrave interno ed elementi di sostegno del fregio che hanno permesso di ricostruire una sequenza definitiva delle lastre.

Vi sono sette diversi disegni per i cassettoni di pietra del soffitto; cinque di essi erano scolpiti nel marmo. L'alternanza di quadrati e rombi di diversa lavorazione determinava un luminoso effetto visivo. Il tempio è privo delle usuali raffinatezze che si incontrano in altri edifici di età classica, quali l’èntasis dei fusti delle colonne, le colonne angolari più grosse, la curvatura verso l'alto delle facciate, l'inclinazione verso l'interno delle colonne e verso l'esterno della trabeazione. Il tempio, tuttavia, presenta varie altre deflessioni dalla verticale, dall'orizzontale e dalla perpendicolare. Cooper documenta ima pendenza dei muri, una piattaforma inclinata, una pianta trapezoidale per la cella, una curvatura verso l'esterno nello stilobate del peristilio e una curvatura verso l'interno nel colonnato del peristilio.

Bibl.: Ch. Hofkes-Brukker, A. Mallwitz, Der Bassai-Fries in der ursprünglich geplanten Anordnung, Monaco 1975; F. Cooper, The Temple of Apollo at Bassai, New York 1978; B. Madigan, The Sculpted Metopes from the Temple of Apollo at Bassai (diss.), Ann Arbor 1980; F. Cooper, The Stones of Bassai, in R. E. Jones, H. Catling (ed.), Science in Archaeology. Proceedings of a Meeting Held at the British School at Athens (Fitch Laboratory Occasional Paper, 2), Atene 1986, pp. 21-34; id., The Temple of Apollo Bassitas, I, The Architecture, Princeton, in corso di stampa; F. Cooper, Β. Madigan, The Temple of Apollo Bassitas, II, The Sculpture, Princeton 1992.