FILANGIERI DI CANDIDA GONZAGA, Riccardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FILANGIERI DI CANDIDA GONZAGA, Riccardo

Guido Fagioli Vercellone

Nacque a Napoli il 16 apr. 1882, dal conte Berardo e da Maria Masala dei marchesi di Trentola. Compiuti i primi studi nel collegio militare della Nunziatella, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Napoli, ove conseguì la laurea nel 1906. Tuttavia, proprio come il fratello Antonio, manifestò subito interessi estranei alle discipline giuridiche, mettendosi sulle orme del padre, appassionato ed erudito cultore di storia, araldica e genealogia.

Nel 1910 diede alle stampe a Napoli il suo primo lavoro, una Storia di MassaLubrense. Nel 1911 entrò nei ruoli degli archivisti di Stato, tramite il prescritto concorso. Destinato, conformemente ai suoi desideri, all'Archivio di Stato di Napoli, percorse quella carriera fino ai sommi gradi: attraverso successivi concorsi divenne nel 1934 soprintendente all'Archivio di Napoli (ufficio che resse fino al 1956), nel 1939 soprintendente archivistico per la provincia napoletana e nel 1947 ispettore generale per gli archivi italiani. La sua attività si allargò al piano nazionale ed internazionale, tanto che nel 1950 divenne presidente dell'Associazione nazionale archivistica italiana e delegato dell'Italia all'assemblea costituente del Consiglio internazionale degli archivi, nel 1952 presidente del Comitato internazionale per la bibliografia archivistica, nel 1953 presidente del comitato esecutivo del III congresso internazionale degli archivi, che personalmente organizzò e diresse a Firenze in modo esemplare, e infine nel 1956 presidente del Consiglio internazionale degli archivi, pur continuando a seguire con la cura di sempre l'Archivio di Stato di Napoli.

Comunque, per tutta la vita il lavoro scientifico del F. si dividerà armonicamente fra l'archivistica, suo specifico impegno di funzionario statale, e l'autonoma attività di autore e scrittore di paleografia, di diplomatica, di numismatica, ma anche (e non certo marginalmente) di storia dell'arte, vista soprattutto come presidio della conservazione e del restauro dei monumenti. Nel settore archivistico inteso come dottrina, e come tecnica amministrativa, la sua formazione era avvenuta sugli insegnamenti di B. Capasso (morto nel 1900), che tanto aveva ammodernato l'archivio napoletano, e che certo contribuì, col nuovo spirito introdottovi, a fare del F. un esemplare archivista moderno. L'aver lavorato per tanti anni, dall'inizio fino all'ascesa alla soprintendenza, nella Sezione diplomatica, che per l'importanza e l'interesse dei fondi era il cuore dell'istituto, lo portò a vedere nell'archivio non un mero deposito di documenti, ma un organismo vivente, l'unico tramite fra il passato e il presente. Fu nello studio diuturno delle pergamene e delle carte dei secoli XIII-XV, epoca di massimo splendore del Regno di Napoli, che maturò nel F. lo studioso impeccabile, nel quale il paleografo, il diplomatista e l'erudito dai molteplici interessi si fondevano nell'impegno di acquisire elementi sicuri che consentissero il processo ricostruttivo della storia.

Dal 1913 al 1923, anno in cui ottenne la libera docenza in paleografia e diplomatica, ci restano diverse pregevoli monografie, alcune sulla monetazione in Puglia (Notizie sulle monete in uso in Puglia dal sec. X al XII, in Supplemento alle Monete del Reame delle Due Sicilie, III [1913]; Sulla Ramesina pugliese, ibid., IV [1914]),altre sulla cronografia dell'Italia meridionale (Appunti di cronografia..., in Gli Archivi italiani, I[1914]), altre ancora sulla penisola sorrentina (Il Capasso sulla storia di Sorrento, in Sorrento, III [1915]; Sorrento e la sua penisola, nella collana "Italia artistica", Bergamo 1917). Fra i lavori di quel periodo emerge però il Codice diplomatico amalfitano, I, Le pergamene di Amalfi dell'Archivio di Stato di Napoli (907-1200), Napoli 1917, rilevante perché in esso il F. individuò e precisò nei suoi tratti alfabetici e paleografici la scrittura curiale amalfitana, ritenuta fra le più ostiche e complesse scritture medioevali, e contemporaneamente fornì un'importante fonte storica, che in seguito arricchirà con La "Charta amalphitana", Siena 1919, I "Curiales" di Amalfi, Napoli 1921, e Una raccolta di pergamene amalfitane in Scala (in Gli Archivi italiani, VIII [1921]).Non meno importante fu l'edizione del Codice diplomatico barese, X, Le pergamene di Barletta dell'Archivio di Stato di Napoli, Bari 1928, in cui non solo decifrò e curò il testo con la consueta perizia paleografica e metodologica, ma scoprì, fissandone per la prima volta le caratteristiche peculiari, una nuova forma di "minuscola rotonda", arricchendo così considerevolmente la conoscenza dei tipi di scrittura in uso nell'Italia meridionale. Nello stesso anno pubblicò pure Notamenti e repertori delle Cancellerie napoletane compilati da Carlo De Lellis e da altri eruditi dei secc. XVI e XVII, in Atti dell'Accademia Pontaniana, LVIII (1928).

Cominciò ad emergere in quel periodo l'altro fondamentale interesse del F., quello per l'arte ed i monumenti, forse a compensare "con immersioni nella bellezza" le minuzie un po' aride della paleografia e dell'erudizione archivistica. Dal 1928 al 1934 egli insegnò storia dell'arte nell'università napoletana, come incaricato, rivolgendo specialmente la sua attenzione ai monumenti della sua città, ed in modo particolarissimo a Castel Nuovo, di cui divenne uno specialista.

Su quest'argomento venne pubblicando, a partire dal saggio La casa di Federico d'Aragona in Castel Nuovo (in Studi in onore di M. Schipa, Napoli 1926), numerosi saggi, per darne infine una sontuosa sintesi nel volume Castel Nuovo, reggia angioina ed aragonese di Napoli, riccamente illustrato, edito nel 1934 sotto gli auspici del Banco di Napoli.

Attivissima fu inoltre la partecipazione del F. alla preparazione dell'"isolamento" e del successivo restauro di quel monumento, e fondamentale il suo contributo alla commissione tecnica che la realizzò di cui fu per qualche tempo presidente. Un posto a parte merita poi Ibanchi di Napoli dalle origini alla costituzione del Banco delle Due Sicilie (1539-1808), Napoli 1940,primo volume della Storia del Banco di Napoli, pubblicata per il IV centenario di quell'istituto.

Tornando all'attività del F. nell'ambito degli Archivi di Stato, particolare impegno pose nella ristrutturazione e nell'ampliamento della sede dell'Archivio di Stato di Napoli; dal 1934 al '37egli riuscì a fornire all'archivio dodici nuovi locali in cui furono installate strutture metalliche per 9.000 metri lineari, atte a contenere 120.000fasci e volumi, un nuovo salone sopra la "Sala grande", adibito all'Archivio Borbone, altri tre nuovi vani destinati alle carte del ministero borbonico di Grazia e Giustizia ed un altro salone, eretto sopra un'antica terrazza, dove vennero ospitati gli Archivi gentilizi, di nuova acquisizione, ponendo gran cura non solo nella funzionalità ma anche nell'estetica delle strutture e dei giardini. Sull'argomento pubblicò Restauri e riordinamenti nel R. Arch. di Stato di Napoli, (in Archivi, V[1938], pp. 233 ss.).

Come dirigente archivistico, a parte l'ordinaria amministrazione che sotto di lui risultò sempre impeccabile anche nelle difficoltà della guerra, il F. portò a termine alcune realizzazioni degne di memoria. Il 23 sett. 1943 una rappresaglia tedesca aveva distrutto, nella villa Montesano nell'agro di Nola dove si era creduto di porli al sicuro dai bombardamenti, 866 casse di documenti, comprendenti i 375 registri pergamenacei della Cancelleria angioina, gemma dell'Archivio napoletano. In breve il F. e i suoi collaboratori concepirono l'ardito disegno di ricostruire in qualche modo quel prezioso patrimonio: partendo dai repertori manoscritti esistenti (specialmente quelli di C. De Lellis, in tre volumi), dalle innumerovoli copie sparse ab antiquo in altri fondi dell'Archivio, o in archivi di altre istituzioni e di privati, e perfino rivolgendosi agli oltre 350 studiosi che risultarono aver lavorato sui Registri angioini negli ultimi 40 anni, o rastrellando tutti i documenti di quell'origine pubblicati in ogni tempo nelle più svariate opere e repertori, si diede inizio ad un'opera di ricostruzione che a molti apparve discutibile ed impossibile. Nel 1944 il F. costituì un apposito Ufficio della ricostruzione angioina, mentre l'Accademia Pontaniana si assumeva inizialmente l'onere finanziario dell'impresa. Così nel 1950 poteva uscire nella collana "Testi e documenti di storia napoletana" il primo volume de I Registri della Cancelleria angioina ricostruiti da R. F. con la collaborazione degli archivisti napoletani, che riguardava gli anni 1265-69. Seguirono con regolarità nel decennio 1950-59 dodici altri volumi (che porteranno la ricostruzione all'anno 1277, registro 72), l'ultimo dei quali uscito dopo la morte del F., che peraltro ne lasciò altri tre manoscritti, quasi completati.

Altra sua meritoria impresa fu l'esser riuscito a riportare in Italia, grazie a sue personali, lunghe e complesse trattative, l'importante Archivio Borbone, quanto cioè Francesco II aveva portato con sé in esilio, a Monaco di Baviera, in 77 casse per circa 35.000 unità archivistiche, e che Ferdinando di Borbone-Napoli conservava nel castello di Hohenschwangau. Recatosi in Baviera nel 1950, il F. verificò personalmente la consistenza e l'importanza dell'archivio, stilando una relazione talmente minuziosa e completa da persuadere nel 1953 il ministero dell'Interno all'acquisto. Sarà poi egli stesso a curare la sistemazione del fondo a Napoli.

Infine, grande importanza ebbe la realizzazione della sezione Archivi gentilizi, che decollò nel 1935 con l'acquisizione dell'archivio Cellamare, cui seguirono altri numerosi importanti fondi, fra cui quelli Sanseverino di Bisignano, Caracciolo di Brienza, di Santobuono e di Torella, Ruffo di Scilla, Doria d'Angri, Riario Sforza, Maresca di Serracapriola, Pignatelli d'Aragona Cortes, Serra di Gerace, ecc.

Sull'esempio paterno, il F. si occupò volentieri di araldica, di cui era espertissimo, facendo parte della Commissione araldica napoletana (ne fu segretario e poi vicepresidente) e della Giunta araldica del Regno fino alla loro soppressione, e venendo chiamato a "supremo consulente" in intricate questioni dal Gran Magistero del S. M. Ordine di Malta, di cui fu balì d'onore e devozione (fu anche gran collare del Supremo Ordine Costantiniano ed insignito di molte altre decorazioni italiane e straniere). Dell'Accademia, Pontaniana fu segretario generale fino alla morte, figurando fra i promotori del decreto di ricostituzione del 19 febbr. 1944, con B. Croce, A. Omodeo ed altri: ne era stato socio ordinario residente dal 26 genn. 1927, quando era successo nel seggio di G. Aspreno Galante.

Il 15 dic. 1920 aveva sposato Eleonora De Clario di Finocchito, da cui ebbe Angerio Guido, il 31 luglio 1925.

Nel 1956 pubblicò a Napoli la sua ultima opera d'impegno, oltre naturalmente i citati volumi della "ricostruzione angioina": Una cronaca napoletana figurata del Quattrocento, a cura dell'Accademia di architettura, lettere e belle arti, di cui era presidente, tratta da un codice napoletano della Pierpont Morgan Library di New York.

Il F. morì a Napoli il 21 luglio 1959.

Nel 1970, con la presentazione di I. Mazzoleni (a lui successa nella direzione dell'Archivio di Stato di Napoli) e con l'introduzione di E. Pontieri, fu edito in "Pubblicazioni degli Archivi di Stato" Scritti di paleografia e diplomatica, di archivistica e di erudizione di R. Filangieri, Roma 1970.

Fonti e Bibl.: Necrol. di F. Nicolini, Ricordando R. F.,Napoli 1959 (commemorazione letta alla radio la sera del 23 luglio 1959); G. Maresca Donnorso, In memoria del balì d'on. e dev. conte R. F., in Revue de l'Ordre souverain militaire de Malte, XVII(1959), 3, pp. 116 ss.; A. Allocati, R. F., in Rassegna d. Archivi di Stato, XIX(1959), 3, pp. 295-308; I. Mazzoleni. R. F., in Atti dell'Accad. Pontaniana, n.s., IX (1959-1960), pp. 325-344 (alle pp. 341-344 bibliogr. degli scritti), anche per estratto, Napoli 1961; A. Lodolini, R. F., in Archivi d'Italia, s. 2, XXVII (1960), I, pp. 7 ss.; E. Pontieri, in Rass. d. Archivi di Stato, XXI(1961), 1,pp. 5-34, 124 s.; v. inoltre E. Pontieri, Rovine di guerra in Napoli, in Arch. st. napolet., LXIII (1943), p. 13; C. Samaran, Une belle reconstitution d'archives détruites, in Archivum, II(1952), pp. 83 ss.; A. Saladino, Gli archivi privati, in Rassegna degli Arch. di Stato, XV(1955), pp. 280-299; R. Filangieri, Gli archivi privati (relaz. al III Congr. internaz. d. Archivi), Firenze 1956; A. Saladino, L'archivio riservato dei Borboni di Napoli, in Nuova Antologia, maggio 1957, pp. 79 ss.; E. Malato, La ricostruzione dell'Archivio Angioino in Napoli, ibid., maggio 1958, pp. 43 ss.; D. Ambrasi, Gli "Studi in onore di R. F.", in Asprenas, VI (1959), pp. 238-247; J. Longnon, Les registres angevins et leur reconstitution, in Journal des savants, janvier-mars 1959; Studi in onore di R. F., I,Napoli 1959, pp. IX-XV (biografia), e pp. XVI-XXIV (bibliografia cronologica degli scritti); A. Saladino, Fonti di provenienza privata presso l'Arch. di Stato di Napoli, in Arch. stor. per le prov. napolet., n.s., XXXVIII (1959), pp. 215-230; D. Balboni, Studi in onore di R. F., in L'Osservatore romano, 24 genn. 1960.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Banco delle due sicilie

Assemblea costituente

Università di napoli

Italia meridionale

Osservatore romano