VERRUA, Filiberto Gherardo Scaglia di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VERRUA, Filiberto Gherardo Scaglia

Andrea Merlotti

di. – Nacque a Biella nel 1561, figlio di Alessandro (m. dopo il 1583) e di Ginevra Ferrero Fieschi di Masserano (1540-1567).

Nel 1582 sposò Bianca Ludovica Ponte di Scarnafigi, figlia del conte Cesare, governatore di Carmagnola ed esponente di una famiglia della fazione filofrancese. Nel 1592 prese parte alla spedizione del duca Carlo Emanuele I in Provenza. All’inizio del 1593 il duca lo nominò consigliere di Stato e inviato a Venezia. Verrua vi restò tre anni, dando ottima prova di sé. Nel 1596 rientrò a Torino e si fermò a corte sino all’inizio del 1598, perorando l’ipotesi di un matrimonio di Carlo Emanuele I con Margherita di Navarra, sorella di Enrico IV. Per il duca di Savoia i tempi non erano però ancora maturi per nozze francesi. La crisi per il possesso del Marchesato di Saluzzo (formalmente francese, ma occupato dalle truppe del duca nel 1588), infatti, rendeva impossibili buoni rapporti fra i due Paesi. Per evitare un conflitto, il duca accettò l’arbitrato del papa, cercando intanto di garantirsene l’appoggio. Con questo obiettivo, nel maggio del 1598 inviò Verrua come ambasciatore presso papa Clemente VIII Aldobrandini. Verrua si recò prima a Ferrara, per portare i complimenti del duca al pontefice che prendeva possesso del Ducato già estense, poi a Roma.

Era l’inizio di un soggiorno che sarebbe durato circa un decennio e che avrebbe fatto di Verrua uno dei più attenti e ascoltati diplomatici del duca di Savoia. Verrua, peraltro, non poté evitare che il passaggio di Saluzzo ai Savoia avvenisse, nel 1601, dietro compenso di Bresse, Bugey e Gex, alcuni fra i più ricchi pays degli Stati. Cercò comunque di stringere un’alleanza con il papa per ottenere che al duca di Savoia fosse concesso il titolo regio. A questo scopo fu autorizzato a combinare il matrimonio di una delle nipoti del pontefice con Filippo Emanuele di Savoia, figlio ed erede del duca. Il piano, però, non andò in porto. Negli anni romani Verrua maturò la propria avversità alla Spagna (già emersa durante la missione a Venezia), divenendo – soprattutto dopo il 1603 – il principale fautore del passaggio a un’alleanza francese. Si legò allora a letterati e intellettuali soprattutto antispagnoli, come Alessandro Tassoni. Va ricordato, poi, che fu Verrua a convincere Giovanni Botero a tornare in Piemonte e a divenire precettore dei figli del duca.

In questi anni si legò alla famiglia dei conti Biandrate di San Giorgio, da cui proveniva il cardinale Giovan Francesco, che aveva ottenuto anni prima l’aggregazione agli Aldobrandini. Verrua strinse allora una vera e propria alleanza politica con Guido Biandrate di San Giorgio, nipote del cardinale, tanto che nel 1606 combinò le nozze di suo figlio Augusto Manfredo con Margherita, sorella minore di Guido.

Nel 1607 il duca lo incaricò di negoziare il matrimonio tra sua figlia Margherita e Federico Gonzaga, erede del ducato mantovano. Nella scelta giocò il fatto che gli Scaglia possedessero feudi sia negli Stati sabaudi sia in quelli dei Gonzaga e che, di conseguenza, questa doppia fedeltà consentisse loro margini di manovra altrimenti preclusi. Richiamato a Torino, Verrua fu nominato maggiordomo maggiore della corte dei principi (i figli di Carlo Emanuele I). Prendeva il posto del marchese Carlo Filiberto d’Este, uno dei leader della fazione spagnola. Anche Biandrate fu posto nella stessa corte, come grande scudiere. Il 18 marzo 1608 Verrua e Biandrate furono entrambi creati cavalieri dell’Ordine della Santissima Annunziata.

Il 1608 fu, in effetti, l’anno che segnò la pubblica consacrazione di Verrua come uno dei più stretti e ascoltati collaboratori del duca. In una lettera del 20 gennaio 1608 un avvocato vercellese, il conte Giovan Giacomo Raschieri, scriveva che era «molto difficile di poter parlare» con Verrua «per esser» questi «di continuo appresso la persona di Sua Altezza» (Ferrara, 2014, p. 115). Il potere di Verrua era ormai all’apice. Nel 1607 aveva avuto parte nella caduta del potente Pierre Leonard Roncas, primo segretario del duca, fra i capi della fazione spagnola. Nel 1608 riuscì a far nominare al suo posto il canavesano Bernardino Baretti e come segretario il romagnolo Bernardino Almerigi, che erano stati entrambi al suo servizio nei suoi anni romani.

In quello stesso 1608 Carlo Emanuele I inviò Verrua in Spagna per trattare le nozze di suo figlio Vittorio Amedeo, principe di Piemonte, con la principessa Anna (primogenita di Filippo III e futura moglie di Luigi XIII), i quali sarebbero stati nominati duchi delle Fiandre, sostituendo l’arciduca Alberto e l’infanta Isabella. Il progetto era, però, troppo ambizioso per riuscire, così come quello di ottenere il Regno di Sardegna o, ancora, quello di un’alleanza ispano-sabauda per un’impresa in Oriente, che avrebbe dovuto porre il duca sul trono di Macedonia o di Albania. La speranza di un titolo regio che togliesse una volta per tutte i Savoia «dal mazzo degli altri principi italiani» (come il duca scriveva a Verrua) era destinata a restare vana. Solo due anni dopo, nell’ottobre del 1610, Verrua faceva ritorno in Spagna per accompagnare il principe Emanuele Filiberto, inviato a scusarsi a nome del padre per l’alleanza del duca con il re di Francia Enrico IV.

Nel 1612 Verrua e Biandrate furono fra i principali ispiratori del duca nella scelta di portare la guerra in Monferrato, dopo la morte del duca Francesco IV Gonzaga. L’ambasciatore veneto Vincenzo Gussoni, riprendendo un’opinione comune, scriveva che il duca era stato mosso «non solo dalla sua naturale inclinata ambizione di farsi sudditi nuovi popoli [...], ma anco dalle continue suggestioni dei conti di Verrua e San Giorgio [...] con pessimi, ma interessati consigli» (Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, XI, Torino 1983, p. 804). Allo scoppio del conflitto i due furono in prima linea: Verrua guidò l’assalto ad Alba, mentre Biandrate accompagnò il duca in quello a Trino. L’ingresso in guerra della Spagna contro il duca di Savoia segnò la fine di un’alleanza che durava da quasi un secolo. Nel 1614, mentre rimandava in Spagna il Toson d’oro, Carlo Emanuele I nominò Verrua suo nuovo maggiordomo maggiore, ponendolo di fatto ai vertici della corte di Savoia. Terminato il conflitto, nel 1617 Verrua comprò un palazzo a Torino, divenuto il vero centro del potere di casa Scaglia.

Alla fine del 1618 fu inviato in Francia, insieme a Francesco di Sales (poi santo) e ad Antoine Favre, per coadiuvare il cardinale Maurizio nella missione per organizzare le nozze del principe di Piemonte Vittorio Amedeo con Cristina di Francia. Il matrimonio si tenne a Parigi il 10 febbraio 1619.

Verrua morì a Parigi un mese dopo, intorno al 10 marzo 1619 (testò il 7 marzo), mentre stava lavorando a ottenere il cardinalato per il suo secondogenito Alessandro.

Poco dopo la sua morte Giovan Bernardino Porta in una Relazione della città di Biella (Archivio di Stato di Torino, Corte, Provincia di Biella, mz. 1, c. 10) lo definiva «homo sagacissimo, de’ più accorti statisti e maneggiatori d’alti negotii del suo tempo». Un giudizio ripetuto da commentatori e storici sino ai nostri giorni. «Primo e solo ministro di Carlo Emanuele I», come lo definiva Antonio Manno (Patriziato subalpino, ad vocem), il suo ruolo fu determinante nel passaggio del Ducato di Savoia dall’alleanza spagnola a quella francese. Non a caso, la sua famiglia fu uno dei perni della fazione filofrancese, destinata a controllare la politica sabauda sino agli anni di Vittorio Amedeo II.

A Verrua si attribuisce la stesura di alcuni Avvertimenti politici per quelli che vogliono entrare in corte che godettero di una discreta fortuna manoscritta e che furono pubblicati da Domenico Carutti nel 1862.

La paternità dell’opera, tuttavia, resta incerta. L’autore di una recensione apparsa su La civiltà cattolica proponeva come data di stesura dell’opera un periodo compreso fra il 1583 e il 1591. Tale data farebbe dubitare che l’autore sia stato Verrua. In alcuni codici manoscritti (per esempio il ms. Capponi 123 della Biblioteca nazionale di Firenze) gli Avvertimenti vengono attribuiti a un «abate Trittonio di Udine», identificabile nell’abate udinese Ruggero Trittonio (1543-1612) che, dopo esser stato segretario del cardinale Vincenzo Lauro (vescovo di Mondovì dal 1566 e nunzio a Torino fra il 1580 e il 1583), nel 1589 fu nominato abate di S. Maria a Pinerolo. È importante notare che questi visse prevalentemente a Roma, dove difese gli interessi sabaudi collaborando con Verrua.

Fonti e Bibl.: F. Follino, Compendio delle sontuose feste fatte l’anno 1608 nella citta di Mantova per le [...] nozze del [...] principe don Francesco Gonzaga con [...] Margherita di Savoia, Mantova 1608, p. 104; S. Guichenon, Histoire généalogique de la Royale Maison de Savoie, Lyon 1660, II, pp. 765, 767, 791, 796, 801, 804, 806, III, p. 1030; V.A. Cigna Santi, Serie cronologica de’cavalieri de l’Ordine supremo di Savoia, Torino 1786, pp. 109 s., n. CXLV; G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, II, Torino 1820, pp. 194 s.; F.G. Scaglia, Avvertimenti politici per quelli che vogliono entrare in corte del signor conte di Verrua, a cura di D. Carutti, in Miscellanea di storia italiana, Torino 1862, pp. 322-371; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, III-IV, Firenze 1863, passim; Recensione agli Avvertimenti politici, in La civiltà cattolica, s. 5, VIII (1863), pp. 587-592; La nunziatura in Francia del cardinal Guido Bentivoglio. Lettere al cardinal Scipione Borghese, a cura di L. De Stefani, Firenze 1863-1870, I, p. 112, II, p. 163, III, pp. 87, 151, 244 s., 304, 356, 578; G. Claretta, Il principe Emanuele Filiberto di Savoia alla corte di Spagna, Torino 1872, passim; C. Gioda, La vita e le opere di Giovanni Botero, I, Milano 1894, pp. 135, 155, 163, 204 s.; F. Rignon, Carlo Emanuele I e la Macedonia, in Nuova Antologia, XXXIX (1904), 1° dicembre, pp. 468-492; E. Passamonti, Le «instruttioni» di Carlo Emanuele I agli inviati sabaudi a Roma, in Carlo Emanuele I. Miscellanea, I, Casale 1930, pp. 250-261, 263, 269; F. Avogadro di Vigliano, Gli Scaglia e Giovanna Battista d’Albert de Luynes VI contessa di Verrua, in Rivista biellese, VIII (1954), 5, passim; A. Bombín Pérez, La política anti-española de Carlos Manuel I de Saboya (1607-10), in Cuadernos de investigación histórica, II (1978), pp. 153-173 (in partic. pp. 156, 166, 170); A. Biondi, Forme di storia e immagini di corte tra Umanesimo e Barocco, in La corte nella cultura e nella storiografia, a cura di C. Mozzarelli - G. Olmi, Roma 1983, pp. 20-24; P. Merlin, Tra guerre e tornei. La corte sabauda nell’età di Carlo Emanuele I, Torino 1991, pp. 19, 67 s., 114-117, 145; C. Rosso, Una burocrazia d’antico regime: i segretari di Stato del duca di Savoia, I, Torino 1992, pp. 138, 144-146, 148-151; C. Mozzarelli, Introduzione, in G.F. Commendone, Discorso sopra la corte di Roma, Roma 1996, pp. 23, 25; T. Mörschel, Il cardinale Maurizio di Savoia e la presenza sabauda a Roma all’inizio del XVII secolo, in Dimensioni e problemi della ricerca storica, II (2001), pp. 148, 164 s.; T. Osborne, Dynasty and diplomacy in the court of Savoy. Political culture and the thirty years’ war, Cambridge 2002, pp. 38, 50, 60-73, 75 s., 83 s., 186; F. Ambrosini, L’eresia di Isabella: vita di Isabella di Passano, signora della Frattina (1542-1601), Milano 2005, p. 261; R. Lusso, F.G. S. di V., in Studi e ricerche sul Biellese, XXII (2007), pp. 155-162; M. Ferrara, Vercelli e la corte sabauda (1608-1613): aspetti e problemi delle relazioni fra un élite cittadina e i governanti dello Stato, in Bollettino storico vercellese, XLIV (2014), pp. 109, 115; P. Merlin, Il Monferrato. Un territorio strategico per gli equilibri europei del Seicento, in Monferrato 1613. La vigilia di una crisi europea, a cura di P. Merlin - F. Ieva, Roma 2016, pp. 24-28; A. Pennini, Marriage proposal: seventeenth-century Stuart-Savoy matrimonial prospect an politics, in Turin and the British in the age of the Grand Tour, a cura d P. Bianchi - K. Wolfe, Cambridge 2017, p. 41.

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