FILIPPO da Verona

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FILIPPO da Verona

Walter Angelelli

Poche sono le notizie biografiche su F.; da un documento dell'Archivio di Stato di Savona, datato 5 ott. 1515 (Attardi, 1980), si ricava il nome del padre Giovanni. Ignote sono invece le date estreme della vita di questo pittore che, sulla base delle opere firmate o a lui attribuibili, possono essere comprese tra il 1480 circa e il secondo decennio del Cinquecento. Lo stesso luogo di nascita, plausibilmente da identificare con Verona o con una località limitrofa, può essere ricavato soltanto dalla sua firma, sempre accompagnata dalla specificazione della provenienza veronese.

La prima opera del pittore documentata e sicuramente datata è l'affresco con l'Apparizione di s. Antonio al b. Luca Belludi, eseguito nel 1510 nella Scuola del Santo a Padova. Già nell'anno precedente, però, doveva lavorare per la basilica padovana, dove la sua mano va riconosciuta con certezza in due affreschì: il primo, datato isog, raffigura la Madonna col Bambino tra i ss. Felice papa, Caterina e il donatore e si trova nella navata destra della chiesa; il secondo, probabilmente eseguito nello stesso anno, è un Matrimonio mistico di s. Caterina, già nel porticato del chiostro del noviziato ed oggi custodito nel Museo Antoniano.

A questa prima fase dell'attività di F. appartengono anche alcune opere firmate, la cui datazione può essere posta sullo scadere del primo decennio del Cinquecento, sulla base inequivocabile del confronto con l'affresco padovano: si tratta di un S. Girolamo, già nella collezione Böhler di Monaco, e di due versioni di una Madonna col Bambino e un santo vescovo, conservate rispettivamente nella Pinacoteca Albertina di Torino e nella Pinacoteca Carrara di Bergamo.

I dati stilistici di queste opere non mostrano tanto le tracce di una formazione avvenuta sui testi della cultura figurativa veronese di fine Quattrocento, quanto l'innegabile contatto coi modi di Cima da Conegliano e di V. Carpaccio, conosciuti forse attraverso la mediazione di qualche seguace o allievo dei due maestri. F. si allinea perciò tra i tanti epigoni di Giovanni Bellini e Alvise Vivarini, con un'attenzione sempre viva nei confronti del contemporaneo panorama artistico lombardo.

Nel 1514, quattro anni dopo l'affresco padovano, la firma di F. ritorna in una pala del Museo civico di Fabriano con la Madonna e il Bambino tra i ss. Nicola e Pietro.

Lo stile del dipinto è completamente differente da quello delle opere precedenti; al punto che, per qualche tempo, è stata legittimamente avanzata l'ipotesi che dietro lo stesso nome potessero convivere due pittori distinti, confusi per un caso di omonimia. A segnare uno stacco netto con la produzione precedente è qui la consapevolezza di un senso costruttivo ed espressivo del colore completamente nuovo, appreso sulle opere di Giorgione e del primo L. Lotto; ma indicativo altresì di una viva partecipazione alla corrente di sperimentalismo anticlassico sorta all'inizio del Cinquecento in Lombardia tra Lodi e Cremona.

Il punto di svolta tra il primo tempo del pittore e questo secondo periodo, più moderno e artisticamente rilevante, va riconosciuto, oltre che in una grande Scena di caccia siglata FV in collezione privata parigina, probabilmente in una Madonna col Bambino e s. Giovannino nello Spencer Museum of art di Lawrence (KS, U.S.A.), in cui si può giungere con metodo morelliano al riconoscimento di un vocabolario disegnativo assai prossimo a quello delle opere anteriori al 1510. Il dipinto consente inoltre di ampliare il catalogo del pittore e di riconoscere come suoi lavori alcuni dipinti da porre cronologicamente in rapida successione fino al termine del 1514 della pala di Fabriano. Tuttavia, anche in questa fase della sua attività, F. rimase fedele alle proprie origini artigianali nella ripetizione frequente di formule iconografiche o di stile sostanzialmente standardizzate, risolte però con un gusto e con modalità d'esecuzione già in tutto cinquecenteschi. Nella Madonna col Bambino in gloria tra i ss. Geminiano e Martino nella chiesa di S. Pietro a Modena, l'impianto iconografico è lo stesso della pala di Fabriano; la Madonna col Bambino e s. Giovannino, già nella galleria Geri di Milano (Angelelli, 1995, fig. 7), è prossima nell'impostazione al dipinto nel Museo di Lawrence; il S. Francesco che riceve le stigmate, nei Musei comunali di Bologna, è ripetuto in modo identico sullo sfondo di un Matrimonio mistico di s. Caterina e s. Anna, già in una collezione privata di Tortona, forse riconducibile alla mano di Filippo (ibid., fig. 6).

Sempre in questo breve arco di anni, compreso tra il 1512 circa e il 1514, vanno scaglionate alcune opere sicuramente di F.: una Madonna del latte già presso Finarte a Milano (ibid., fig. 3) e un Santo (forse s. Benedetto da Norcia) e un devoto nella Pinacoteca civica di Ravenna, la cui provenienza da un complesso smembrato è forse la stessa di un S. Giovanni Battista apparso più volte sul mercato antiquario, e sicuramente attribuibile a F. (Angelelli, 1995, fig. 8).

Nel 1515 lo stesso documento da cui si ricava il nome del padre testimonia la presenza del pittore a Savona, intento all'esecuzione di trentadue ritratti di vescovi e cardinali per il capitolo del duomo della città. Purtroppo nessun dipinto di questa serie è giunto fino a noi. È possibile però che a questo momento terminale della sua attività nota appartenga la Sacra Famiglia e angeli del Musée des beauxarts di Chambéry, in cui la nettezza dei contorni e la consistenza dei volumi danno per acquisita l'esperienza del soggiorno marchigiano e preludono a soluzioni poco dopo riprese da artisti quali P. F. Sacchi e l'anonimo Maestro della Visitazione di Wiesbaden. In questo modo, se da un lato F. si affianca a quegli artisti di difficile classificazione per il loro metamorfismo stilistico, dall'altro mostra di saper fondere le esperienze più moderne della cultura figurativa d'inizio Cinquecento con un anticipo che poté costituire forse un punto di riferimento utile anche per artisti di maggior levatura della sua, quali D. Dossi e M. Piazza.

Fonti e Bibl.: F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al sec. XVI, III, Pittura, Genova 1874, pp. 317-319; J. A. Crowe - G. B. Pavalcaselle, A history of painting in North Italy, a cura di T. Borenius, London 1912, p. 215; L. Grossato, Affreschi del Cinquecento in Padova, Milano 1966, pp. 57-63; B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance. Venetian School, I,New York 1968, p. 76, tavv. 482-484; M. Lucco, Il Cinquecento, in Le pitture del Santo di Padova, a cura di C. Semenzato, Vicenza 1984, pp. 146-148; L. Attardi, F.: un pittore tra "arte" e artigianato, in Arte veneta, XXXIV(1980), pp. 41-51; G. Pasquini, F., in Lorenzo Lotto nelle Marche. Il suo tempo, il suo influsso (catal. della mostra di Ancona), a cura di P. Dal Poggetto-P. Zampetti, Firenze 1981, pp. 153-156; L. Attardi, Una "Circoncisione" di F., in Arte veneta, XLII (1988), pp. 133 s.; M. Ferretti, Ai margini di Dosso (tre altari in S. Pietro a Modena), in Ricerche di storia dell'arte, 1982, n. 17, pp. 60 s.; La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, p. 714 e ad Indicem;M. Natale, Alberto e Martino Piazza: problemi aperti, in I Piazza da Lodi. Una tradizione di pittori nel Cinquecento (catal. della mostra di Lodi), a cura di G. C. Sciolla, Milano 1989, pp. 103-105; D. Benati, Francesco Bianchi Ferrari e la pittura a Modena fra '4 e '500, Modena 1990, pp. 138-141; Id., Presenze forestiere nelle raccolte comunali di Bologna …,2, F.: una personalità (e un ruolo) in via di recupero, in Arte a Bologna. Boll. dei Musei civici d'arte antica, I (1991), pp. 117-120; A. Bacchi, Un appunto su F., in Verona illustrata, VII(1994), pp. 51-56; W. Angelelli, Ipotesi sull'ultimo tempo di F., in Storia dell'arte, 1995, n. 85, pp. 431-444; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI,pp. 564 s.

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