FILIPPO II Augusto, re di Francia

Enciclopedia Italiana (1932)

FILIPPO II Augusto, re di Francia

Giuseppe Martini

Nato a Parigi il 21 agosto 1165, morto il 14 luglio 1223. Successo al padre Luigi VII nel 1180, mostrò subito la più grande energia, malgrado la giovanissima età, e cominciò senza esitazioni la lotta contro i grandi feudatarî, la cui forza era una perenne minaccia per la monarchia. Con l'aiuto di Filippo d'Alsazia conte di Fiandra, di cui aveva sposato una nipote, riuscì a menomare la strapotenza della casa di Champagne, che tuttavia era con lui imparentata per parte di madre; l'anno seguente (1181) abbatté lo stesso conte di Fiandra, servendosi della protezione accordatagli da Enrico II di Inghilterra; più tardi ancora (1187) assalì Enrico II il quale, oltre l'Inghilterra, possedeva la più gran parte del territorio francese. F.A. invase i possedimenti continentali di Enrico II cogliendo i primi successi. Riccardo Cuor di Leone, figlio d'Enrico II, gli si alleò: dopo varie campagne, inframmezzate da instabili tregue, il re inglese dovette cedere: poco dopo morì (1190).

Intanto s'era sparsa la notizia della caduta di Gerusalemme. L'opinione pubblica s'era commossa e il papato faceva propaganda per organizzare quella che doveva essere la terza Crociata. Federico Barbarossa partì per la Terra Santa: F. A. e Riccardo Cuor di Leone, nuovo re d'Inghilterra, non poterono esimersi dal fare altrettanto. Erano giunti appena a Messina, che la loro amicizia subì il primo grave colpo a causa di futili motivi; all'assedio di San Giovanni d'Acri i due re divennero addirittura nemici. Caduta la piazzaforte (1191), F. A. s'affrettò a tornare in Francia e abbandonò i crociati: egli voleva approfittare dell'assenza di Riccardo per porre la mano sui feudi che questi possedeva in territorio francese. Un po' più tardi anche Riccardo prese la via del ritorno, ma cadde prigioniero del duca Leopoldo d'Austria, che lo cedette a Enrico VI. Questo fatto costituì un'insperata fortuna per F. A., il quale si affrettò ad aprire trattative con l'imperatore per ottenere la consegna del prigioniero o almeno il prolungamento della sua cattività; e nello stesso tempo si alleò con Giovanni Senzaterra, fratello di Riccardo, promettendogli il suo aiuto per acquistare il trono d'Inghilterra e ricevendone in cambio la promessa d'una buona parte della Normandia. Ma tutte queste manovre furono vane, perché Riccardo fu riscattato dagl'Inglesi. Riccardo, procuratasi l'alleanza dei principali feudatarî francesi, mosse guerra a F. A. e lo ridusse a così mal partito, che la fine della monarchia capetingia sembrò assai vicina; ma il papa Innocenzo III intervenne e fece concludere la tregua di Vernon. Con la morte di Riccardo Cuor di Leone (1199) riprese la fortuna di F. A., il quale si trovò ad avere di fronte un avversario molto meno temibile, cioè Giovanni Senzaterra, coronato re d'Inghilterra nel maggio del 1199. Il nuovo re aveva un rivale nella persona di Arturo conte di Bretagna, figlio di Goffredo fratello maggiore del re, premorto al padre Enrico II. F. A. si proclamò difensore dei diritti di Arturo e la guerra ricominciò. Dopo varie vicende, tra cui la prigionia e l'assassinio di Arturo, Giovanni Senzaterra fu irrimediabilmente perduto; il re di Francia conquistò Rouen e tutta la Normandia, poi ancora la Bretagna, il Poitou e l'Aquitania, diventando così padrone di quasi tutto quel territorio occidentale francese, che per tanti secoli era stato soggetto alla sovranità straniera. Il dominio continentale dei Plantageneti aveva ricevuto il colpo di grazia. L'occasione propizia fu offerta dalla lotta sorta tra il papa e Giovanni Senzaterra a causa delle continue vessazioni che il clero inglese subiva dal parte del re (v. giovanni i, re d'Inghilterra). Innocenzo III lanciò l'interdetto sull'Inghilterra, poi scomunicò il re e sciolse i sudditi dal giuramento di fedeltà; quindi invitò F. A. a invadere l'isola. Il successo dell'impresa era sicuro, poiché F. A. poteva contare sull'alleanza di parecchi principi irlandesi e gallesi e anche di molti baroni inglesi che avevano promesso il loro aiuto. Nell'assemblea di Soissons (aprile 1213) la spedizione fu decisa e il delfino Luigi fu proclamato pretendente al trono d'Inghilterra; ma proprio quando F. A., condotti a termine i preparativi, stava per salpare, giunse improvvisa la notizia che Giovanni Senzaierra aveva fatto atto di completa sottomissione al papa dichiarandosi suo vassallo. Venutogli a mancare l'appoggio del papa e dei baroni inglesi, guadagnati dalle nuove concessioni di re Giovanni, F. A. fu costretto a rinunciare all'impresa.

L'unico a trarre profitto di tutto ciò fu Innocenzo III, il quale, giocando lo spiacevole tiro al re di Francia, veniva in certo modo a rifarsi di tutte le preoccupazioni che aveva provato a causa della questione del divorzio. Infatti, dopo la morte della sua prima moglie, Isabella di Hainaut, F. A. aveva sposato la principessa Ingeborg di Danimarca, sorella del re Canuto VI, con la speranza di potersi servire dell'aiuto danese nella lotta contro gl'Inglesi: ma, subito dopo il matrimonio, non si sa per quale ragione, egli volle divorziare. Un concilio di prelati tenuto a Compiègne, obbedendo alla volontà del re, proclamò la sentenza di divorzio (1193); subito dopo F. A. sposava Agnese di Merano, figlia di un grande barone bavarese. Ingeborg e il re Canuto protestarono a Roma presso Celestino III, il quale tempestò di lettere F. A. perché riparasse al torto commesso: ma tutto fu vano. Appena salito al trono pontificio, Innocenzo III seguì la via tracciata dal suo predecessore, e giunse perfino a lanciare l'interdetto sulla Francia: allora F. A. promise di sottoporre la questione a un concilio presieduto dal cardinale Ottaviano, legato del papa. Il concilio si tenne a Soissons (1201); ma, allorché vide che la causa sua andava male, F. A. si presentò all'assemblea e fingendo di riconciliarsi con Ingeborg, la portò via e la tenne prigioniera. La diplomazia pontificia aveva subito un grave smacco, ma seguitò tuttavia a essere conciliante: dopo la morte di Agnese di Merano, il papa giunse perfino a legittimare i due figli da lei lasciati, ma anche questo fu vano, perché F. A. persistette nella sua ostinazione. Quando proprio sembrava che F. A. non avrebbe mai più ceduto, ecco il colpo di scena: il re annunciò la sua volontà di riunirsi con la moglie e di reintegrarla nella sua dignità (aprile 1213). Siamo giusto all'epoca in cui F. A. stava preparando la spedizione in Inghilterra: evidentemente egli pensava che la riconciliazione con Ingeborg era la condizione prima per procurarsi l'alleanza dei Danesi. La spedizione mancò, ma Ingeborg mantenne il suo rango, rispettata e onorata fino alla morte.

Abbiamo visto come le relazioni tra il re di Francia e il pontefice subissero tensioni talvolta violente; anche nella questione dell'Impero i due sovrani si trovarono divisi. Nel contrasto fra Filippo di Svevia e Ottone di Brunswick, poiché Ottone era amico e parente dei Plantageneti d'Inghilterra, Filippo Augusto divenne subito sostenitore di Filippo di Svevia; il papa, nemico della casa di Hohenstaufen, prendeva posizione per Ottone di Brunswick. Di qui nacquero lunghe querele tra il re di Francia e il papa, i quali si trovarono d'accordo soltanto più tardi, cioè quando Ottone, rimasto solo sul campo, divenne nemico di tutt'e due. A Bouvines, nel 1214, F. A. distrusse per sempre la potenza di Ottone e insieme quella dei due potenti feudatarî ribelli, il conte di Boulogne, Renato di Dammartin, e il conte di Fiandra, Ferrando di Portogallo: questa battaglia è giustamente considerata dai Francesi come una delle date fondamentali nella storia della loro unificazione nazionale. Dopo Bouvines F. A. regnò ancora per nove anni in relativa tranquillità; di notevole in questo periodo di tempo accaddero soltanto due avvenimenti: la crociata contro gli Albigesi e la spedizione del delfino Luigi in Inghilterra. Al primo di questi avvenimenti F. A. partecipò scarsamente (v. albigesi). La spedizione in Inghilterra fu l'ultimo atto della continua lotta tra F. A. e i Plantageneti. Il re di Francia non aveva mai abbandonato l'idea di un'invasione nell'isola, ma questa volta, essendo Giovanni Senzaterra vassallo del papa, l'esecuzione pratica del progetto si presentava d'un'estrema difficoltà. F. A. allora si mise d'accordo col figlio Luigi e sostenne una doppia parte: mentre aiutava il delfino nei suoi preparativi di guerra, dichiarava pubblicamente di disinteressarsi della cosa e ai legati del papa, che lo esortavano a opporsi al progetto di Luigi, rispondeva di non avere il diritto di ostacolare il figlio che difendeva i proprî diritti (il delfino Luigi era marito di Bianca di Castiglia, nipote di Giovanni Senzaterra). Venuto il momento favorevole, a causa della lotta tra il re d'Inghilterra e i suoi baroni, lotta che non fu placata nemmeno dalla concessione della Magna Charta, Luigi di Francia sbarcò nell'isola ed entrò vittoriosamente in Londra (1216). Pochi mesi dopo moriva Giovanni Senzaterra. La sua scomparsa produsse la fine delle discordie fra gl'Inglesi e la solidarietà contro lo straniero: il delfino Luigi, battuto a Lincoln e perduta la flotta a Calais, firmò una pace più che onorevole a Lambeth (1217). Enrico III, figlio di Giovanni Senzaterra, era proclamato re d'Inghilterra.

F. A. fu uomo di carattere energico, impulsivo, spesso duro; fu un politico consumato, e con le arti della diplomazia, più ancora che con le numerose sue guerre, può dirsi che abbia gettato le basi durature della potenza della monarchia e dell'unità nazionale francese.

Bibl.: Fondamentale l'opera di A. Cartellieri, Philipp II. August, König von Frankreich, voll. 4, Lipsia 1899-1921 (il vol. IV contiene un'ottima bibliografia). Cfr. inoltre, R. Davidsohn, Philipp II. August von Frankreich und Ingeborg, Stoccarda 1888; P. Scheffer-Boichorst, Deutschland und Philipp II. von Frankreich in den Jahren 1180 bis 1214, in Forschungen zur deutschen Geschichte, VIII, Gottinga 1868, oppure in Gesemmelte Schriften, II, Berlino 1905 (Historische Studien, n. 43); A. Luchaire, Innocent III. Les royautés vassales du Saint-Siège, Parigi 1908; id., La société française au temps de Philippe Auguste, Parigi 1909; id., Louis VII, Philippe Auguste, Louis VIII, in E. Lavisse, Histoire de France, III, i, Parigi 1901.

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