FILIPPO II, duca di Savoia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FILIPPO II, duca di Savoia (detto Filippo Senza Terra)

Renata Crotti Pasi

Nacque il 15 nov. 1443 nel castello di Thonon in Savoia, quintogenito di Ludovico duca di Savoia e di Anna di Lusignano, sorella del re di Cipro, Giovanni II. Nel corso della sua adolescenza fu istruito dal più celebre umanista piemontese del tempo, Andrea Rolandi, dal quale imparò anche il latino.

Dal 1458 al 1460 F. risiedette a Tours presso la corte del re di Francia, Carlo VII; in seguito ritornò in Savoia, dove ebbe, insieme a una pensione sulla Chiesa di Tarantasia, la carica di luogotenente e governatore della città di Vercelli con uno stipendio annuo di 2.000 fiorini. Nel 1460 a Chieri, alla presenza di alti dignitari, fu investito delle terre di Bagé, Valbonne, Revermont che, erette in contea, facevano parte della cosiddetta signoria di Bresse. Tale investitura era già stata concessa quattro anni prima, dal duca Ludovico, al primogenito Amedeo e forse per questo motivo F. ebbe il soprannome di Senza Terra che, sconosciuto ai contemporanei, si diffuse solo a partire dal XVI secolo: nella documentazione ufficiale infatti, prima di diventare duca, F. veniva citato come monsignore di Bresse.

Nel 1461 F. ritornò in Francia dove, in rappresentanza del padre, partecipò a Reims all'incoronazione del nuovo re di Francia Luigi XI (del quale egli era cognato, avendo il re sposato in seconde nozze una sorella di F., Carlotta). Nel corso degli spettacoli per i festeggiamenti si distinse per la sua prestanza fisica, vincendo una giostra cui partecipavano i più forti cavalieri. Intanto il re di Francia, che era riuscito ad imporre una specie di protettorato sul Ducato sabaudo, e nell'intento di controllare più da vicino il Ducato, nominò come governatore il cancelliere Giacomo di Valperga precedentemente allontanato dal governo, che sostituì Antonio di Romagnano; il Valperga divenne virtualmente arbitro della situazione politica all'interno del Ducato.

Nel 1462 F. ebbe dal re di Francia l'incarico molto delicato ed importante di comandare una squadra di 100 lance da condurre ad Asti, dove si stava allestendo una spedizione per la conquista di Genova: per controllare e frenare la sua giovanile esuberanza egli venne posto sotto la protezione di un vecchio gentiluomo, Guglielmo Chenu, fedele cavaliere del re. In occasione della sua permanenza ad Asti F. si accordò con alcuni baroni che volevano impadronirsi del governo eliminando la scomoda presenza del Valperga, ottenendo in questa cospirazione anche l'appoggio dell'ex cancelliere Antonio di Romagnano e del duca di Milano Francesco Sforza, che aspirava a sottrarre il Ducato sabaudo all'influenza francese. Il fine della cospirazione era anche quello di liberare il Ducato sia dallo strapotere del Valperga sia dall'influenza negativa dei cortigiani di origine cipriota che avevano raggiunto i vertici del potere grazie all'appoggio fornito dalla duchessa Anna. Facendo irruzione nel castello di Thonon, F., insieme agli altri congiurati, imprigionò il Valperga e due marescialli, che furono in seguito l'uno ucciso e l'altro liberato. Dopo un processo farsa, durante il quale il Valperga fu costretto ad ammettere di essersi macchiato di gravi delitti tra cui l'aver scritto un libro con il sangue di un bambino e l'aver avuto a suo servizio un diavolo, fu condannato a morte: la sentenza fu subito eseguita, ed il Valperga, caricato su una barca completamente legato, fu lasciato annegare nel lago di Ginevra.

L'atto di grave insubordinazione inimicò a F. sia il re di Francia, tanto più che egli affermava di aver agito con la tacita approvazione dello stesso re, sia lo stesso duca Ludovico, che non poteva approvare tanta violenza nel comportamento del figlio e che temeva serie complicazioni per i rapporti esistenti tra i Savoia e la Corona francese. A Ginevra, durante l'Assemblea dei tre stati, F. tentò di giustificare il suo operato sostenendo di aver agito per il bene dello Stato e di aver punito il Valperga per i delitti commessi, per i quali del resto l'ex cancelliere era reo confesso, come dimostravano gli atti del processo. Dopo un primo rifiuto, il duca, anche per intercessione della moglie che era allora molto malata, accettò di perdonare il figlio ribelle e di allontanare da corte i ciprioti.

Restava però aperto il problema dei rapporti con il re di Francia che, adiratissimo per il perdono concesso dal duca al figlio, tentò con ogni mezzo di isolare F. e di fargli ammettere che le confessioni del Valperga erano state ottenute con la tortura. In un primo momento il tentativo del re non riuscì perché le Leghe svizzere confermarono il loro appoggio a F., ma, in seguito a gravi misure di natura economica ordinate dal re nei riguardi soprattutto della città di Ginevra, le Leghe abbandonarono Filippo. Identico comportamento ebbe in seguito lo Sforza il quale, dopo un suo avvicinamento al re di Francia, ottenne come compenso per aver abbandonato F. le città di Genova e Savona. F., ormai privo dell'appoggio dei suoi alleati, accettò di recarsi alla corte di Luigi XI per trattare direttamente con il sovrano: mentre si dirigeva verso Orléans, però, il 12 apr. 1464 per ordine dello stesso re venne fatto prigioniero a Vierzon ed in seguito rinchiuso nel castello di Loches.

Nel corso del suo soggiorno forzato nel castello di Loches, dal quale tentò senza successo di fuggire, F. compose versi, carichi di una certa vena poetica, sulla sua condizione di prigioniero, nei quali erano anche espressi i suoi ideali politici: attribuire dignità al popolo, del quale veniva sottolineata l'importanza per la fortuna di uno Stato, far regnare la giustizia, guardarsi dalla Francia che vuol diventare "dame de Savoye". F. si raccomandava inoltre alla città di Ginevra, che disperava poter rivedere, agli amici, alle Leghe svizzere e promettendo, nel caso avesse riconquistato la libertà, di muovere guerra al re di Francia e far trionfare il nome dei Savoia tra le mura di Parigi.

Dopo due anni di prigionia, nel marzo 1466, Luigi XI acconsentì alla liberazione di F., ottenuta grazie all'appoggio delle Leghe svizzere e in virtù del suo atteggiamento di pentito che mai si sarebbe vendicato. Recatosi alla corte del re di Francia, F. vi fu accolto con onori grandissimi e ricompensato con l'assegnazione di una cospicua pensione annua ed il comando di una compagnia di lance. F. fu in seguito investito da suo fratello, duca (dal gennaio del 1465) Amedeo IX, della signoria di Bresse, come aveva stabilito il testamento paterno, mentre dal re di Francia fu nominato regio luogotenente di tutto il ducato di Bordeaux, del Limosino, del Périgord, del Quercy, di parte della Turenna e dell'Armagnac, terre che gli assicurarono entrate larghissime.

Intanto, dopo la morte di Francesco Sforza (1466), essendo riprese le ostilità fra Milano e i Savoia, la duchessa Iolanda, dopo un fallito tentativo di conquistare alla propria causa il fratello Luigi XI, si rivolse al duca di Borgogna e strinse con lui un'alleanza sabaudo-borgognona in funzione antifrancese ed antisforzesca. Anche F. approvò questa politica antimilanese e nel settembre 1467, al comando delle milizie sabaude, occupò Romagnano oltre il Sesia, mentre il duca di Milano assaliva il Vercellese. Le ostilità si chiusero però in breve tempo: il 14 nov. 1467 venne firmata la pace di Ghemme che ristabiliva lo status quo. La conclusione delle ostilità contro Milano portò F. a riavvicinarsi al duca di Borgogna Carlo, detto il Temerario, che era da poco tempo succeduto al padre Filippo il Buono. Nella primavera del 1468, a suggello di tale alleanza, F. venne insignito da Carlo il Temerario del titolo di cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro, e fu anche nominato governatore generale di Borgogna. Aderì in tal modo alla composita alleanza creata dal duca di Borgogna fra i più alti feudatari ostili al re di Francia: la sua adesione era motivata dalla speranza di ottenere in tal modo un'espansione territoriale del Ducato di Savoia ai danni di Galeazzo Sforza, stretto alleato di Luigi XI.

Nell'autunno del 1468, in occasione di un convegno svoltosi nel castello di Péronne fra Luigi XI ed il duca di Borgogna al fine di giungere ad un compromesso in merito ai confini fra i due Stati, Carlo il Temerario, aiutato da F. e dal contingente militare di quest'ultimo, imprigionò il re di Francia. Solo successivamente fra Luigi XI e Carlo di Borgogna si giunse ad un nuovo accordo che non interruppe comunque il tradizionale sostegno del re di Francia al duca di Milano. F. fu di nuovo, quindi, deluso nelle sue aspettative e si ritirò per un certo periodo di tempo nella contea di Bresse.

Nel frattempo si fecero più intensi i dissidi fra F. e la cognata Iolanda, che lo aveva completamente allontanato dalla partecipazione al governo del Ducato, e che si era anche riavvicinata al re di Francia, abbandonando in tal modo la precedente alleanza con i duchi di Borgogna. Nel 1470 Iolanda, sulla strada di ritorno da Montmélian a Chambéry, dopo essersi incontrata con F. al fine di giungere ad una riconciliazione, se ne fuggì verso Grenoble, ponendosi sotto la tutela del re di Francia, lasciando nelle mani di F. il duca Amedeo IX sempre più inetto. Si ebbe così un periodo di grave crisi politica nel corso del quale ci furono nel Ducato due governi, uno nelle mani di Iolanda, l'altro nelle mani di Filippo. Questo episodio, di cui si hanno contrastanti versioni, è noto come la seconda ribellione di Filippo. Solo dopo lunghe trattative, alle quali presero parte il re di Francia, il duca di Milano e le Leghe svizzere, F. si riconciliò con la cognata senza peraltro riuscire ad ottenere la tanto desiderata luogotenenza del Ducato. Riconciliatosi anche con il re di Francia, interruppe ogni rapporto di alleanza con il duca di Borgogna: tale svolta politica fu sancita dal matrimonio di F. celebrato nel marzo 1471, con Margherita di Borbone.

Con la morte di Amedeo IX, avvenuta il 30 marzo 1472, data la minore età del suo successore Filiberto, si presentò di nuovo a F. la possibilità di ottenere la nomina di luogotenente, iniziativa sostenuta dallo stesso re di Francia. Ancora una volta però l'occasione propizia sfumò per la ferma opposizione di Iolanda, forte dell'aiuto del duca di Milano.

Con l'appoggio del re di Francia, del resto, F. tentò più volte di spodestare la duchessa ma non ebbe mai successo. Solo nel 1476 F. venne finalmente nominato dal re di Francia suo luogotenente in Piemonte e a Nizza, mentre il fratello Giovanni Ludovico, vescovo di Ginevra, diventò luogotenente in Savoia e in Val d'Aosta. Il successo arrise a F. anche per il temporaneo allontanamento della duchessa Iolanda, fatta prigioniera, per ordine del re di Francia, e rinchiusa nel castello di Rouvres. F. intanto, giunto a Torino, assunse il governo del Ducato e finì per preoccupare, con la sola sua presenza, il duca di Milano, che gli mosse guerra, invadendo il Piemonte e minacciando Vercelli, ma costretto poi a ritirarsi dopo un ultimatum del re di Francia. Alla morte della duchessa Iolanda (28 ag. 1478) F. intravvide di nuovo la possibilità di essere nominato reggente per il duca Filiberto, ma fu ostacolato, questa volta, dal re di Francia, che aveva già nominato reggente Philibert de La Grollée ed era ostile a F. per i molti intrighi da lui messi in atto.

In un successivo momento F. si riavvicinò al re di Francia e, dopo aver fatto arrestare L. de Seyssel, conte di La Chambre, all'epoca governatore generale, fu nominato governatore della Savoia, mentre a suo fratello, Giovanni Ludovico, fu assegnato il Piemonte: era il 17 marzo 1481 e i due fratelli potevano considerarsi padroni dello Stato sabaudo.

Morto il duca Filiberto, il 22 apr. 1482, e succedutogli il fratello Carlo I, F. fu riconfermato nel suo incarico di governatore. Quando morì nel luglio dello stesso anno suo fratello Giovanni Ludovico, governatore del Piemonte, egli si illuse di poter concentrare nelle proprie mani il governo dell'intero Ducato. Ancora una volta però i suoi progetti non si avverarono: il duca Carlo, infatti, gli intimò di lasciare l'incarico di governatore e F. si ritirò nella contea di Bresse, da dove passò in seguito in Svizzera presso i Confederati di Basilea, che lo avevano sempre sostenuto. Chiamato da Carlo I a prestargli omaggio feudale, rifiutò di recarsi personalmente presso il duca ed inviò suoi procuratori: Carlo I, solo per evitare una guerra interna alla sua famiglia, accettò l'omaggio feudale.

Dopo la morte del re di Francia Luigi XI, avvenuta il 30 ag. 1483, F. partecipò ai funerali e alla successiva incoronazione del nuovo re Carlo VIII in rappresentanza del conte di Fiandra, e dalla reggente Anna di Beaujeu, sorella del re di Francia, ricevette una pensione annua di 10.000 lire tornesi diventando così uno dei più alti dignitari di corte. In cambio dell'appoggio offerto al sovrano, F. fu in seguito nominato luogotenente del re con ampi poteri e con uno stipendio mensile di 1.000 lire: ebbe inoltre l'incarico di pacificare il meridione della Francia, che si era nel contempo ribellato, e gli fu infine assegnato l'incarico di governatore del Delfinato, ottenendo anche la signoria della Côte de Saint-André.

Deceduta nel 1483 la sua prima moglie Margherita, F. si unì in matrimonio, nel novembre 1485, con Claudia Brosse, figlia del duca di Bretagna, Giovanni.

La morte di Carlo I, nel marzo 1490, ripropose l'eventualità di un ritorno di F. alla guida del Ducato, ritorno che non si realizzò per l'assunzione da parte della vedova di Carlo, Bianca di Monferrato, della reggenza per il figlio di pochi mesi Carlo Giovanni Amedeo. F. non desistette comunque dai suoi progetti di governo, tentando più volte di entrare in Savoia, ma fu sempre costretto a rinunciare all'impresa. Solo un successivo avvicinamento alla duchessa comportò per F. l'assegnazione di una missione alla corte del re di Francia e l'incarico di luogotenente generale del Ducato. Pare che nei primi anni '90 F. abbia preso parte alla crociata contro i Valdesi predicata da padre Angelo da Chivasso. Nel 1494 accompagnò il re Carlo VIII nella sua spedizione in Italia per la conquista del Regno di Napoli. Nel corso di questa campagna fu inviato a Roma in missione presso papa Alessandro VI, per ottenere il passaggio delle armate francesi nel territorio del Patrimonio, e prese anche parte al fallito assedio di Genova. Rientrato in Francia al seguito del re, F. dimorò per breve tempo presso la sua corte per ritornare subito dopo in Piemonte. Qui apprese la notizia della morte del piccolo Carlo Giovanni Amedeo (16 apr. 1496), erede del Ducato e già minato da cagionevole salute. Il 5 maggio 1496 la duchessa Bianca trasmise finalmente a F. quel potere ducale che egli aveva inseguito per tutta la vita. Il destino lo portava ormai vecchio sul trono.

F. scelse come residenza abituale il castello di Torino, dove aveva sede il Consiglio cismontano e dove si riunivano le Assemblee dei tre stati. Nonostante i suoi trascorsi si mostrò aperto e disponibile verso gli Stati italiani: del resto, il matrimonio convenuto prima ancora che egli giungesse a Torino tra la figlia di Carlo I e Bianca di Monferrato, Iolanda Ludovica, e suo figlio Filiberto, era un chiaro segnale di saggia politica dinastica, ed anche un tentativo di svincolare il Ducato dall'influenza della Corona francese. Nel contempo F. non interruppe comunque i rapporti con il re di Francia e si mantenne estremamente cauto anche con l'imperatore Massimiliano d'Asburgo. In occasione della sua discesa in Italia, nell'estate 1496, F. gli inviò un oratore al fine di ottenere la legittimazione del proprio titolo mediante l'investitura, concessa il 26 luglio di quell'anno.

Dopo il compromesso fra Spagna e Francia concluso a Lione il 25 febbr. 1497, che poneva temporaneamente fine alla presenza francese in Italia, F. cercò di nuovo di ottenere una pace duratura svolgendo un'azione diplomatica e politica in chiara funzione antifrancese. Per riuscire in questo progetto, convinse gli Stati della Lega antifrancese cui aveva aderito a concedergli, al posto del contingente militare come gli era stato offerto, un sussidio in denaro che gli permettesse di resistere alle lusinghe del re di Francia che, con laute offerte di favori e di potere, gli chiedeva di schierarsi dalla sua parte. La nuova politica avviata da F. tendente a svincolare il Ducato sabaudo da ogni ingerenza straniera ebbe la piena approvazione degli Stati generali: ne sono prova i ricchi doni e le somme lodi che F. aveva ricevuto nell'Assemblea dell'8 giugno 1496.

Nel frattempo, però, la sua salute diventò sempre più cagionevole; colpito da violenti attacchi di febbre quartana, cercò ristoro in brevi soggiorni a Rivoli, Avigliana, Susa e Chambéry. Dopo soli diciassette mesi di governo, il 7 nov. 1497, F. morì a Chambéry per una crisi emorragica. Il suo corpo fu trasportato a Le Bourget e poi ad Altacomba e fu qui inumato il 16 novembre.

Dalla prima unione con Margherita di Borbone F. ebbe due figli, Filiberto II, asceso alla sua morte al Ducato sabaudo, e Luisa, madre del re di Francia Francesco I. Dal suo secondo matrimonio con Claudia di Brosse nacquero molti figli fra i quali Carlo II, successore di Filiberto II. Dalle numerose relazioni che gli furono attribuite F. ebbe diversi discendenti fra i quali Renato conte di Villars, ricordato dalla storiografia come il Gran Bastardo, che svolse un ruolo importante nelle vicende del Ducato sabaudo nel corso del governo di Filiberto II.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Sezione I, Lettere principi, mazzo II; Ibid., Tutele e reggenze e luogotenenze generali, mazzo 1, nn. 13, 15; Ibid., Matrimoni, mazzo 16, nn. 1, 2, 14; Ibid., Testamenti, mazzo II, n. 15; Chronica Latina Sabaudiae, a cura di D. C. Promis, in Monumenta historiae patriae, Scriptores, I,Augustae Taurinorum 1840, coll. 629, 631-34, 635 s.; F. E. Bollati di Saint-Pierre, La ribellione di F. Senza Terra, in Miscell. di storia ital., XVI(1877), pp. 446-513 (con l'edizione alle pp. 458-97 della Cronaca francese); La chanson de Philippe de Savoie, a cura di E. Bollati di Saint-Pierre, Milano 1879; Parlamento sabaudo, a cura di A. Tallone, IV, pt.I, Patria cismontana (1458-1472), Bologna 1931, passim;V, pt. I, ... (1472-1490), ibid. 1932, passim;VI,pt. I, ... (1490-1524), ibid. 1932, passim;VIII, pt. II, Patria oltramontana, I (1120 circa-1444), ibid. 1935, passim;IX,pt. II, …, II (1444-1536), ibid. 1937, passim;S.Guichenon, Histoire généal. de la royale maison de Savoie, Lyon 1660, I, pp. 153, 586-607; II, pp. 437-450; L. Cibrario-D. C. Promis, Sigilli de' principi di Savoia, Torino 1834, p. 205; F. Carrone di S. Tommaso, Tavole genealogiche della real casa di Savoia, Torino 1837, pp. 50 s.; L. Cibrario, Storia e descriz. della r. badia d'Altacomba...,Torino 1841, pp. 52 s., 107; Id., Brevi notizie storiche e genealogiche dei reali di Savoia colla serie dei loro acquisti, Torino 1859, p. 32; Id., Origini e progressi delle istituzioni della monarchia di casa Savoia sino alla costituzione del Regno d'Italia, II, Specchio cronologico, Firenze 1869, pp. 233 s.; P. Meyer, La chanson de Philippe de Savoie, in Romania, IX(1880), pp. 472-475; F. Gabotto, Nuovidocumenti sulla ribellione di F. ..., Pinerolo 1898; Id., Lo Stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, Torino-Roma 1892-1895, I (1451-1467), pp. 66-89, 97-109; II (1467-1496), pp.4-4, 25-36, 37-72, 203-208, 280-291, 295-299, 526 s.; III (1426-1504), pp. 1-76; M. Viora, Lepersecuzioni contro i Valdesi nel secolo XV. La crociata di F. II, in Bulletin de la Société d'histoire Vaudoise, XLII (1924), pp. 5-19; M. C. Daviso di Charvensod, La ribellione di F. ...,in Riv. stor. ital., LII (1935), pp. 127-200; Ead., La politica ital. di F. ... duca di Savoia, in Mem. della Acc. delle scienze di Torino, s. 2, LXIX (1939), pp. 146-209; Ead., F. Senza Terra, Torino 1941; F. Cognasso, I Savoia nella politica europea, Varese-Milano 1941, pp. 49 s.; I. Jori, Genealogia sabauda, Bologna 1942, p. 34; F. Cognasso, ISavoia, Varese 1971, pp. 279-303; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s.v. Duchi di Savoia, tav. XII.

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