VITALI, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VITALI, Filippo

Saverio Franchi
Orietta Sartori

– Nacque a Firenze il 2 maggio 1591 dal fiorentino Bastiano di Battista Vitali, magnano (ossia chiavaio) nella parrocchia di S. Lorenzo, e fu battezzato in S. Giovanni Battista l’indomani (O flos colende, 1998, p. XXXII; Hill, 2001, p. 176 n. 5); ebbe per padrino il nobile Buonacorso Uguccioni, che aveva delegato Vincenzo di Biagio Gregi.

Vitali fu attivo a Firenze, con soggiorni a Roma negli anni 1618-20, 1631-32, 1633-38, 1640 e 1642-45. Fu maestro di cappella per un anno nella cattedrale di Torino (genn. 1630-marzo 1631), dal 1645 al 1648 in S. Lorenzo a Firenze, dal 1° dicembre 1648 al 17 dicembre 1649 in S. Maria Maggiore a Bergamo, dal 21 giugno 1651 alla morte (1654) in S. Maria del Fiore a Firenze, successore di Giovanni Battista da Gagliano.

Fin da giovane frequentò le famiglie fiorentine legate ai Medici. Nel 1616 pubblicò in Venezia, con privilegio papale, Il primo libro de madrigali a cinque voci, dedicandolo a Giovan Battista figlio di Filippo Strozzi, al quale si rivolge in termini confidenziali («padron colendissimo» e «devotissimo» servitore; 24 maggio 1616). Vi compaiono tre brani composti dagli «illustri» Giovanni Del Turco, Alberto Del Vivaio e Domenico Visconti. Di nuovo inserì una composizione di Del Turco nel libro primo delle Musiche [...] a due, tre e sei voci (Firenze 1617), dedicato il 15 ottobre a Giovanni Corsi, figlio del nobile musicofilo Jacopo, il cui palazzo era stato sede di uno dei più famosi cenacoli intellettuali di fine Cinquecento; e incluse un altro madrigale di Del Vivaio nel terzo libro dei Madrigali a cinque (Venezia 1629). La presenza di composizioni di membri della Compagnia dell’Arcangelo Raffaello come Del Turco e Del Vivaio (che il 26 maggio 1641 fu poi eletto soprintendente delle musiche nella stessa compagnia) in edizioni dedicate a Giovanni Corsi, che vi era entrato il 10 marzo 1613 (Hill, 1979, p. 121 n. 52), e a Giovan Battista Strozzi, lascia intuire già per quegli anni un coinvolgimento di Vitali in ambienti accademici fiorentini; di sicuro nel 1623 fu «maestro della musica» nell’Accademia dei Rugginosi.

Durante il primo soggiorno sulle sponde del Tevere, Vitali pubblicò un secondo libro di composizioni vocali profane, Musiche a una e due voci (Roma 1618), che rispetto alla raccolta precedente privilegiava i brani a voce sola e a due voci (16 componimenti, per metà assolo e per metà a due), composti su sonetti e ottave rime, mischiati a madrigali e ariette. Sorprende «l’alternanza fra gli alti e meditativi versi di alcuni famosi sonetti di Petrarca e lo spirito giocoso e disimpegnato di ariette brillanti su versi brevi» (Franchi, 2006-2012, p. 291); spiccano le variazioni strofiche su ottave di romanesca. La raccolta fu dedicata al cardinale Odoardo Farnese (15 settembre), al quale l’autore protestava «oblighi infiniti».

L’8 febbraio 1620, in casa di monsignore Ottavio Corsini, su parole dello stesso, fu recitata L’Aretusa, «favola in musica» che Vitali musicò e pubblicò in Roma sotto il patrocinio del cardinale Scipione Borghese («ho pensato esser buon mezzo per dare a Vostra Signoria Illustrissima notizia di me»; 30 maggio 1620). Con quest’opera, composta e preparata per l’esecuzione in soli quarantaquattro giorni, i fiorentini Vitali e Corsini proposero in Roma lo stile e il gusto dei melodrammi coltivati nella corte granducale. Nella partitura, ricca di ritornelli strumentali a tre voci notati con due chiavi acute (di violino o di soprano), Vitali rivolse ogni cura al recitativo, per il quale nella prefazione si dichiarò debitore di Jacopo Peri e soprattutto di Giulio Caccini; del resto il figlio di questi, Pompeo Caccini, non solo fu lo scenografo dello spettacolo ma vi tenne anche la parte del protagonista maschile (il fiume Alfeo). Gregorio Lazzerini (Lazzarini), virtuoso al servizio del cardinale e di Francesco Borghese, impersonò Aretusa e la dea Diana; Francesco Rotondi il pastore Carino; l’adolescente Mario Savioni il fratello d’Aretusa, Dorino; Guidobaldo Bonetti (Boretti), virtuoso del marchese Giovanni Battista Mattei, fu Flora; Lorenzo Sances (Sanci, Sanchez) de’ Banchetti, detto Lorenzino, impersonò Aminta; e Francesco Ravani il padre d’Aretusa, Fileno. L’opera, che aveva avuto un’«anteprima» l’8 febbraio in casa di monsignore Alessandro Cesarini, ebbe un successo notevole, con nove repliche e una ripresa a Bologna (Solerti, 1903, p. 138 s.; Franchi, 2006-2012, pp. 353-356).

In autunno Vitali pubblicò il terzo libro di Musiche [...] a una, due et tre voci per cantare nel cimbalo o in altri stromenti simili, con l’alfabeto per la chitarra in quelle più a proposito per tale stromento (Roma 1620): sono diciannove componimenti profani, stampati in partitura con il basso continuo (otto a voce sola, quattro a due, sette a tre); tranne due madrigali in più sezioni, tutti i brani nella raccolta sono ariette strofiche. Il favore del cardinale Borghese, nipote del papa, apriva ottime prospettive al musicista fiorentino: ma con la morte di Paolo V svanì ogni speranza, talché ai primi del 1621 il musicista tornò a Firenze, dove aveva mantenuto buoni contatti con la nobiltà fiorentina. La circostanza dovette incidere sulla confezione editoriale del terzo libro, che in alcuni esemplari è privo di dedica, mentre nell’esemplare conservato nella Biblioteca Jagellonica di Cracovia sotto la segnatura Mus.ant.pract. C.90(2) ne reca una, invero generica, indirizzata al fiorentino Ferdinando Rucellai (16 ottobre 1620).

Nel 1622 Vitali musicò gli Intermedi per la commedia La finta mora di Iacopo Cicognini recitata dagli accademici Incostanti nel casino del cardinale Carlo de’ Medici, pubblicati l’anno dipoi (Firenze 1623). Nello stesso anno fu ospite a Venezia del nobile fiorentino e dilettante di musica Michelangelo Baglioni, signore di Morcone, viceconsole della Nazione fiorentina a Venezia (Bonechi, 2012-16, p. 110 n. 39). Così risulta dalla dedica (9 luglio 1622) del libro quarto delle Arie a 1-3 voci «da cantarsi nel chitarrone, chitarra spagnuola et altri stromenti» (Venezia 1622), pubblicate, con privilegio, per soddisfare le richieste dell’ambiente veneziano.

Da un contratto d’affitto del 2 gennaio 1623 risulta che Filippo teneva una scuola di musica, cui subentrò poi, il 1° maggio 1624, il contralto Virgilio Grazi (Carter - Goldthwaite, 2013). Ebbe rapporti con il cardinale de’ Medici, cui dedicò nell’aprile 1623 Il secondo libro de madrigali a cinque voci (Firenze 1623), dichiarandosi «maestro della musica» nell’Accademia dei Rugginosi, protetta dal porporato; infatti il libro contiene una seconda dedica al loro principe Roberto Capponi (9 maggio 1623). Le Sacre cantiones sex vocibus cum basso ad organum decantandae [...] liber primus e le Varie musiche a 1-4 voci, libro quinto, apparvero a Venezia nel 1625; queste ultime sono dedicate da Firenze al patrizio fiorentino Vincenzo Capponi (12 agosto 1625). Il 20 agosto 1628 compose la musica per la Cocchiata degli Accademici Rugginosi (Firenze 1628). Nel 1629 pubblicò a Venezia il libro primo del Concerto, contenente «madrigali et altri generi di canti» a 1-6 voci, con dedica da Firenze a Giovanni Romena, del quale elogia gli antenati (1° aprile 1629), e Il terzo libro de madrigali a cinque voci op. XIV, dedicato a Del Vivaio, in cui inserì una composizione di Marco da Gagliano, precettore di Del Turco, all’epoca maestro di cappella granducale, e una dello stesso Del Vivaio (Firenze, 17 agosto 1629).

All’inizio del 1631 tornò a Roma. Partecipò a una cerimonia in S. Agnese (2 febbraio), al seguito del cardinale Antonio Barberini, di cui era entrato al diretto servizio; prima di giugno pubblicò il terzo libro delle Sacrae modulationes quae vulgo motecta dicuntur a 1-5 voci con basso ad organum (Roma 1631), che contiene diciassette mottetti (il libro secondo, anteriore al 1628, è perduto; Franchi, 2006-2012, p. 662). Vitali dedicò quest’edizione al cardinale Francesco Barberini, fratello di Antonio, e di lì a poco ottenne l’assunzione come tenore soprannumerario nella Cappella pontificia (10 giugno 1631; Celani, 1907, p. 784). Il 24 aprile 1632 ringraziò anche il papa, Urbano VIII, offrendo al suo cameriere segreto monsignore Giuseppe Fontanelli le Arie a una, due et tre voci, stampate in Orvieto, 16 arie strofiche a 1-3 voci in partitura con il basso continuo. Il favore del pontefice giustifica il privilegio di stampa e di vendita concesso a questa edizione. Il 22 gennaio 1634 il cardinale Antonio richiese a Giovanni Sacchetti di mandargli da Firenze una cassetta di libri di Vitali in possesso di Giovanni Francesco Figliuzzi; Filippo abitava allora in via Rasella, a due passi da palazzo Barberini, insieme al padre Bastiano, la moglie di lui, Madalena Logi, e una loro figlia, Maria Vitali (ivi risulta dal 1633 al 1638; Kast, 1963). Il 13 maggio 1635 dedicò all’altro fratello del suo patrono, il principe Taddeo Barberini, le Arie a tre voci, apparse in Roma, tutte composte su due strofe di poesia, salvo l’ultima, che è brevissima.

Urbano VIII, che aveva riformato il Breviario romano e l’aveva fatto pubblicare dalla Stamperia camerale con bolla del 20 gennaio 1631, volle che vi fosse adattata la famosa raccolta di inni di Giovanni Pierluigi da Palestrina e ne affidò l’approntamento ai cantori della Cappella pontificia. Il maestro pro tempore Sante Naldini scelse Odoardo Ceccarelli, Stefano Landi e Gregorio Allegri: del che si piccò Vitali, anch’egli cantore del papa. Riuscì a comporre ex novo tutti gli inni e a pubblicarli in sontuosa edizione a spese della Camera apostolica con l’approvazione del papa (Hymni Urbani VIII Pont. Max. iussu editi in musicos modos ad Templorum usum digesti, Roma 1636), al quale, tramite il nipote Antonio, furono offerti e dedicati; in tal modo precedette i colleghi (l’edizione della versione palestriniana uscì ad Anversa nel 1644). Vitali seguì il modello di Palestrina anche nell’apporre sul frontespizio la propria immagine genuflessa al cospetto del pontefice in soglio, nella nota tipologia iconografica cinquecentesca; ridusse però il numero di inni, limitandosi alle principali feste e categorie di feste.

Sempre a Roma apparvero nel 1639 il secondo libro delle Arie a tre voci (senza dedica) e nel 1641 gli Psalmi ad vesperas quinque vocibus cum basso ad organum si placet, dedicati a Luigi XIII re di Francia; fu questa l’ultima opera stampata in Roma da Vitali, che nell’autunno 1645 chiese di ritirarsi al suo paese e fu provvisto dal papa di un canonicato per pensione (Celani, 1907, p. 784). Nell’aprile 1641 un donativo ricevuto dalla corte medicea (Archivio di Stato di Firenze, Guardaroba medicea, 768, c. 642v) conferma i mai interrotti contatti con Firenze; i rapporti a Roma, invece, «si erano logorati a partire dal 1642 e Vitali mal sopportava i nuovi astri emergenti del momento», come Luigi Rossi e soprattutto Marco Marazzoli, assunto al diretto servizio del cardinale Antonio (Franchi, 2006-2012, p. 831). L’«opera drammatica» Narciso et Ecco immortalati, libretto di Orazio Persiani, allestita nel Carnevale 1642 a Venezia nel teatro dei Ss. Giovanni e Paolo, ebbe musica di Vitali ma fu probabilmente ritoccata proprio da Marazzoli, stando a lettere di questi a Cornelio Bentivoglio (Fabris, 1999). Nel 1646 pubblicò in Firenze le Messe, responsori e mottetti de’ morti a quattro voci e nel 1647 il libro quinto delle Musiche a tre voci, dedicato a Camillo Pamphili, nipote di Innocenzo X (28 maggio 1647); pochi giorni prima, il 10 maggio, un’identica edizione dello stesso libro era apparsa con dedica a Luigi Del Turco, confidando probabilmente sulla distanza geografica dei due destinatari, uno romano e l’altro fiorentino.

Oltre alle opere a stampa, del prolifico compositore rimangono molti manoscritti autografi (cantici, inni, mottetti, responsori e salmi) conservati nell’Archivio dell’Opera del duomo di Firenze (elenco in Hill, 2001, pp. 176 s.; O flos colende, 1998, p. XXI n. 29). Nell’Archivio della Cappella musicale antoniana di Padova esiste una partitura manoscritta senza data dei Responsori a quattro.

Morì a Firenze il 10 novembre 1654 (O flos colende, 1998, p. XXXII; Hill, 2001 p. 176).

Assai ampio, lo spettro delle scelte poetiche di Vitali nel campo della lirica volgare testimonia una vasta cultura letteraria. In ordine alfabetico, vi figurano rime di Ludovico Ariosto, Valerio Belli, Orsola Bertolai, Michelangelo Buonarroti il Giovane, Francesco Maria Caccianemici, Gabriello Chiabrera, Livio Celiano alias Angelo Grillo, Battista Guarini, Giovan Battista Marino, Gaspare Murtola, Antonio Ongaro, Francesco Petrarca, Vincenzo Querini, Ottavio Rinuccini, Tommaso Stigliani, Giovan Battista Strozzi il Giovane, Torquato Tasso, Giovanni Villifranchi.

Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, cl.IX.66: G. Cinelli, La Toscana letterata, parte prima, ovvero storia o catalogo degli scrittori fiorentini, c. 265r.

A. Solerti, Le origini del melodramma, Torino 1903, pp. 90-97, 138 s.; E. Celani, I cantori della Cappella Pontificia nei secoli XVI-XVIII, in Rivista musicale italiana, XIV (1907), p. 784; F. Clementi, Il carnevale romano, I, Città di Castello 1939, p. 422; P. Kast, Biographische Notizen zu römischen Musikern des 17. Jahrhunderts, in Studien zur italienisch-deutschen Musikgeschichte. I, Köln-Graz 1963, pp. 68 s.; J.W. Hill, Oratory music in Florence, I, “Recitar cantando”, 1583-1655, in Acta musicologica, LI (1979), pp. 121, 126; M. Padoan, Un modello esemplare di mediazione nell’Italia del nord: S. Maria Maggiore a Bergamo negli anni 1630-1657, in Rivista internazionale di musica sacra, XI (1990), pp. 129-131; F. Hammond, Music and spectacle in baroque Rome. Barberini patronage under Urban VIII, New Haven-London 1994, ad ind.; O flos colende. Musica per Santa Maria del Fiore (1608-1788), a cura di G. Giacomelli - F. Luisi, Roma 1998 (con l’edizione dell’inno e dell’antifona Gaudent in coelis); D. Fabris, Mecenati e musici. Documenti sul patrimonio artistico dei Bentivoglio di Ferrara nell’epoca di Monteverdi (1585-1645), Lucca 1999, pp. 482 s., 486-488; J.W. Hill, The musical chapel of the Florence cathedral in the second half of the seventeenth century: V., Comparini, Sapiti, Cerri, in «Cantate Domino». Musica nei secoli per il Duomo di Firenze, Firenze 2001, pp. 175-194; J.W. Pruett - J. Lionnet, V., F., in The new Grove dictionary of music and musicians, XXVI, London-New York 2001, pp. 799 s.; S. Franchi, Annali della stampa musicale romana dei secoli XVI-XVIII, I, 1-2, Edizioni di musica pratica dal 1601 al 1650, Roma 2006-2012, ad ind.; J.W. Pruett, V., F., in Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XVII, Kassel 2007, coll. 51-52 (con altra bibliografia anteriore); C. Annibaldi, La Cappella musicale pontificia nel Seicento. Da Urbano VII a Urbano VIII (1590-1644), Palestrina 2011, ad ind.; J. Chater, Poetry in the service of music. The case of Giovambattista Strozzi the Younger (1551-1634), in The Journal of musicology, XXIX (2012), pp. 328-384; M. Bonechi, “Nuove musiche” nella Firenze di primo Seicento: luoghi, occasioni, prassi esecutive, musiche e testi, diss., Università di Firenze, 2012-16; T. Carter - R.A. Goldthwaite, Orpheus in the marketplace. Jacopo Peri and the economy of late Renaissance Florence, London 2013, p. 362.

Si ringrazia Francesca Fantappiè per svariate ricerche svolte in Firenze.

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