FINANZA REGIONALE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

FINANZA REGIONALE

Franco Gallo

. La disciplina degli ordinamenti finanziari delle regioni è contenuta nella l. 16 maggio 1970, n. 281, lievemente modificata dalla l. 10 maggio 1976, n. 356 per le regioni a statuto ordinario e nei singoli statuti regionali per le regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Valle d'Aosta e Friuli-Venezia Giulia).

In questa sede ci occuperemo più diffusamente della finanza delle regioni a statuto ordinario mentre ci limiteremo a tratteggiare nelle linee essenziali gli speciali ordinamenti delle altre regioni.

La finanza delle regioni a statuto ordinario. - Nella logica del pluralismo organico caratterizzante la struttura dello stato italiano, l'autonomia finanziaria costituisce uno dei presupposti indispensabili alla vita delle regioni dovendo garantire all'ente esponenziale la sufficienza di mezzi per il perseguimento di un indirizzo politico economico: il tutto, ovviamente, nell'ambito del coordinamento, attuato dalle leggi dello stato, con la finanza erariale e con quella degli altri enti locali (v. sopra, finanza locale). Questo era già il disegno tracciato dal costituente italiano in tema di autonomia regionale: l'art. 119 Cost., sviluppando sotto il profilo finanziario la nozione di autonomia locale accolta dal precedente art. 5, riconosce infatti espressamente alle regioni, nel primo comma, l'autonomia finanziaria nei limiti stabiliti dalle leggi statali e, nel secondo comma, distingue tra tributi propri e quote di tributi erariali per quanto attiene alle fonti di entrata necessarie a soddisfare i bisogni e a far fronte alle spese per le funzioni normali delle regioni. I tributi propri dovrebbero in linea teorica avere dimensioni tali sia da consentire una funzionalizzazione della f. r. sia da ricollegarsi a quell'autonoma espressione di capacità contributiva creata dalle regioni nel proprio territorio nell'esercizio della loro potestà normativa. Le quote di tributi erariali - che, come vedremo, secondo la legge finanziaria regionale n. 281 del 16 maggio 1970, in gran parte vanno ad alimentare un fondo comune - dovrebbero da parte loro svolgere una limitata funzione orientativa della politica economica regionale ed essere utilizzate soprattutto quale strumento di perequazione interregionale da attuare attraverso la ripartizione differenziata del suddetto fondo fra le diverse regioni secondo parametri che tengano presenti le diversità tra esse esistenti in termini di reddito, popolazione e territorio.

La citata legge n. 281 del 1970, nell'attuare parzialmente il ricordato disposto costituzionale, procede a una tripartizione delle entrate tributarie delle regioni nel modo seguente:

a) tributi propri regionali in senso stretto, che la regione ha il potere d'istituire;

b) tributi erariali il cui gettito va devoluto solo parzialmente alle regioni e agli altri enti locali: sono questi i cosiddetti tributi "propri per assimilazione" e cioè i tributi sui redditi immobiliari sostituiti poi, con l'entrata in vigore della riforma tributaria, dall'imposta locale sui redditi istituita con d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599;

c) quote di tributi erariali confluenti nel già ricordato fondo comune avente funzione solo parzialmente perequativa, essendo di fatto divenuto, per la sproporzione esistente tra di esso e i tributi a) e b), l'unica apprezzabile fonte di entrata della f. regionale.

Il primo dei tributi propri della regione è l'imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile e si applica alle concessioni per l'occupazione e l'uso di questi beni che si trovino nel territorio della regione (art. 2 citata l. n. 281 del 1970). Sono escluse dall'applicazione dell'imposta le grandi derivazioni di acque pubbliche. La legge fissa solo la misura massima del tributo - pari al triplo del canone di concessione - lasciando libera la regione di scendere al di sotto di essa nel caso in cui l'elevatezza del canone erariale faccia residuare un esiguo margine di ricchezza da assoggettare all'imposta.

La tassa sulle concessione regionali, che costituisce il secondo tributo proprio della regione, si applica agli atti e provvedimenti adottati dalle regioni nell'esercizio delle loro funzioni corrispondenti a quelli, già di competenza dello stato, assoggettati alle tasse sulle concessioni governative (l. n. 281 art. 3). Per la parte non disciplinata dalla l. n. 281, si applicano le norme statali che regolano le tasse sulle concessioni governative. L'unico spazio di manovra concesso alle regioni nell'istituzione della tassa riguarda la determinazione delle aliquote che potranno oscillare fra l'80% e il 120% del corrispondente tributo erariale. Peraltro, nel periodo successivo alla prima istituzione del tributo, la regione potrà aumentare la tassa regionale, a intervalli non inferiori ai cinque anni, nel limite del 20% della tassa in vigore nel periodo precedente.

Il più importante dei tributi regionali propri è la tassa regionale di circolazione, che si applica ai veicoli e autoscafi soggetti all'omonima tassa erariale e appartenenti a persone residenti nella regione. Tale tassa non si sostituisce a quella erariale, ma viene applicata contestualmente, nei termini e con le modalità stabiliti per la riscossione della tassa statale. Per evitare però che il contribuente subisca un maggior onere in conseguenza dell'entrata in vigore del tributo regionale, la legge dispone, da un lato, che il tributo erariale si riduca al 50% e, dall'altro, che l'aliquota di quello regionale possa oscillare tra il 90 e il 110% della corrispondente tassa erariale ridotta alla metà.

L'ultimo dei tributi regionali propri è costituito dalla tassa che si applica per l'occupazione di spazi e aree pubbliche appartenenti alle regioni e che è disciplinata, per quanto non disposto dalla l. n. 281, dalle norme statali che regolano l'analogo tributo provinciale (art. 5 l. n. 281). L'autonomia regionale è limitata alla dete minazione dell'aliquota che non potrà superare il 150% né essere inferiore al 50% della tassa prevista dalle norme dello stato per le corrispondenti occupazioni degli spazi e delle aree appartenenti alle province.

Accanto ai quattro tributi propri è attribuita alle regioni una quota del gettito dell'imposta locale sui redditi (v. reddito, Imposta locale sui redditi, in questa App.), accertata dagli uffici delle imposte ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e riscossa secondo le disposizioni del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603. L'imposta è applicata in favore delle regioni con un'aliquota che le regioni stesse annualmente stabiliscono, entro il limite minimo dell'1% e massimo del 2%, con deliberazione motivata dei propri consigli regionali. Il gettito dell'imposta è attribuito nella quota suindicata direttamente alle regioni nella cui circoscrizione il reddito è prodotto.

La forma quantitativamente più importante di finanziamento delle regioni è peraltro costituita dalla partecipazione al gettito di alcuni tributi erariali che sono attribuiti a un fondo comune di cui si dirà appresso secondo le seguenti quote:

a) il 15% dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali, loro derivati e prodotti analoghi;

b) il 75% dell'imposta di fabbricazione e dei diritti erariali sugli spiriti;

c) il 75% dell'imposta di fabbricazione sulla birra;

d) il 75% delle imposte di fabbricazione sullo zucchero, sul glucosio, maltosio e analoghe materie zuccherine;

e) il 75% dell'imposta di fabbricazione sui gas incondensabili di prodotti petroliferi e sui gas resi liquidi con la compressione;

f) il 25% dell'imposta erariale sul consumo dei tabacchi.

Tali quote sono commisurate all'ammontare complessivo dei versamenti in conto competenza e residui relativi al territorio delle regioni a statuto ordinario e affluiti alle sezioni di Tesoreria provinciale dello stato nel penultimo anno finanziario antecedente a quello di devoluzione, al netto dei rimborsi per qualsiasi causa effettuati nel medesimo anno (art. 8 l. n. 281).

Con la citata l. n. 356 del 10 maggio 1976 (art.1) si è poi disposto che per gli esercizi finanziari 1977-81 al gettito delle suddette quote di tributi erariali va aggiunta anche una quota del complesso delle entrate tributarie dello stato, al netto dei proventi dei dazi e diritti doganali, delle entrate fiscali dei monopoli, del lotto, delle lotterie e dei canoni RAI-TV. Tale ulteriore quota è determinata in modo da assicurare che in ciascun esercizio la consistenza del fondo non sia comunque inferiore a quella determinata per il 1976 o maggiorata dell'applicazione ad essa della stessa percentuale d'incremento del gettito complessivo delle entrate, sopra indicate, risultante dalle previsioni di entrata del bilancio dello stato di ogni anno finanziario rispetto a quelle dell'anno finanziario 1976, nella base dei progetti di bilancio presentati al Parlamento.

Dette somme, come si è detto, non sono assegnate direttamente alle regioni in rapporto ai presupposti realizzati e alle somme riscosse nel loro territorio, ma affluiscono in un fondo comune con esclusione delle somme riscosse nel territorio delle regioni a statuto speciale. Le somme affluite al fondo sono poi distribuite tra le diverse regioni a statuto ordinario in base ai seguenti criteri:

1) per i sei decimi, in proporzione diretta alla popolazione residente in ciascuna regione, quale risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica relativi al penultimo anno antecedente a quello della devoluzione;

2) per un decimo, in proporzione diretta alla superficie di ciascuna regione, quale risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica relativi al penultimo anno antecedente a quello della devoluzione;

3) per i tre decimi, fra le regioni in base ai seguenti requisiti:

- tasso di emigrazione al di fuori del territorio regionale, relativo al penultimo anno antecedente a quello della devoluzione, quale risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica

- grado di disoccupazione, relativo al penultimo anno antecedente a quello della devoluzione, quale risulta dal numero degl'iscritti nelle liste di collocamento appartenenti alla prima e seconda classe, secondo i dati ufficiali rilevati dal ministero del Lavoro e della Previdenza sociale;

- carico pro capite dell'imposta sul reddito delle persone fisiche posta in riscossione nel penultimo anno antecedente a quello della devoluzione, quale risulta dai dati ufficiali pubblicati dal ministero delle Finanze.

La determinazione delle somme spettanti alle regioni sui tre decimi del fondo è fatta in ragione diretta della popolazione residente, quale risulta dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica relativa al penultimo anno antecedente a quello della ripartizione, nonché in base alla somma dei punteggi assegnati a ciascun requisito in un'apposita tabella.

La l. n. 281 prevede anche, in attuazione sempre dell'art. 119 Cost., altri strumenti per assicurare l'autonomia finanziaria delle regioni. In particolare l'art. 9, nel testo modificato dall'art. 2 della l. n. 356 sopra citata, disciplina l'istituzione a carico del bilancio di previsione del ministero Bilancio e Programmazione economica di un fondo per il finanziamento del programma regionale di sviluppo e l'art. 12 dispone che i contributi speciali assegnati dallo stato alle singole regioni (sia a statuto ordinario che speciale) per valorizzare il Mezzogiorno e le isole devono avere un carattere aggiuntivo rispetto alle spese direttamente o indirettamente effettuate dallo stato con carattere di generalità per tutto il proprio territorio. Questi contributi sono assegnati alle regioni a statuto ordinario con apposite leggi in relazione alle indicazioni del programma economico nazionale e degli eventuali programmi di sviluppo regionali, con particolare riguardo alla valorizzazione del Mezzogiorno.

Altre forme di finanziamento delle regioni sono costituite dai mutui, dalle obbligazioni e dalle anticipazioni disciplinate dall'art. 10 della l. n. 281. In particolare, con tale articolo si consente alle regioni di contrarre mutui ed emettere obbligazioni purché le relative entrate siano destinate a spese d'investimento o ad assumere partecipazioni in società finanziarie regionali cui partecipano altri enti pubblici e il cui oggetto rientri nelle materie di competenza regionale originaria o delegata dallo stato, non invece per coprire disavanzi economici della gestione. Per impedire inoltre che l'onere delle annualità di ammortamento per capitale e interessi incida in modo eccessivo sul bilancio regionale, la legge ha posto un limite a tale incidenza, che non può eccedere il 20% dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie della regione. Ha stabilito inoltre che la legge regionale che autorizza l'accensione del prestito deve specificare l'incidenza dell'operazione sui singoli esercizi finanziari futuri nonché i mezzi necessari per la copertura degli oneri e che inoltre, se il finanziamento si è ottenuto mediante emissione di obbligazioni, le condizioni e modalità dell'operazione devono essere deliberate dalla giunta regionale previo parere conforme del comitato interministeriale per il credito e il risparmio.

Al rimedio eccezionale delle anticipazioni le regioni possono ricorrere soltanto al fine di fronteggiare temporanee deficienze di cassa ed estinguendole nello stesso esercizio finanziario in cui sono state contratte. La cifra complessiva delle anticipazioni erariali spettanti alla regione non può eccedere l'ammontare trimestrale delle quote dei tributi erariali ad esse spettanti: com'è evidente, i criteri di riparto accolti per le quote di tributi erariali esplicano effetti anche indiretti sul finanziamento delle regioni attraverso il limite posto all'ammontare delle anticipazioni.

La finanza delle regioni a statuto speciale. - L'ordinamento finanziario della regione siciliana è delineato negli artt. 36-41 del relativo statuto approvato con d.P.R. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Le norme di attuazione che completano i principi generali enunciati nello statuto e assicurano il coordinamento della finanza regionale con quello dello stato e degli altri enti locali sono contenute nel d.l. 2 aprile 1948, n. 507 e nel d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, alle quali rinviamo per l'elencazione dettagliata delle entrate tributarie spettanti alla regione e di quelle riservate allo stato. È sufficiente in questa sede ricordare che nel sistema delineato dai predetti testi di legge le entrate atte a soddisfare il fabbisogno finanziario della regione siciliana si risolvono:

- in quelle derivanti dai suoi beni demaniali e patrimoniali o connessi all'attività amministrativa di sua competenza (d.P.R. 1° dicembre 1963, n. 1825);

- in quelle tributarie da essa direttamente deliberate;

- in quelle tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate a eccezione di:

a) quelle costituite dalle imposte di produzione, dal monopolio dei tabacchi e dal lotto e dalle lotterie a carattere nazionale;

b) quelle nuove entrate tributarie, il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello stato specificate nelle leggi medesime.

Nelle entrate spettanti alle regioni sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono per esigenze amministrative a uffici finanziari fuori dal territorio delle regioni.

Per le altre regioni a statuto speciale si ricorda che norme generali sui loro ordinamenti finanziari sono contenute nei seguenti statuti speciali e relative norme di attuazione: legge Cost. 31 gennaio 1963, n.1, artt. 48-57, e relativo d.P.R. di attuazione 23 gennaio 1965, n. 114, per il Friuli-Venezia Giulia; legge Cost. 26 febbraio 1948, n. 3, artt. 7-14 e successive modifiche e d.P.R. di attuazione 19 maggio 1949, n. 250, per la Sardegna; legge Cost. 26 febbraio 1948, n. 5, artt. 59-75 e successive modifiche e relative norme di attuazione contenute nei d.P.R. 5 aprile 1949, n. 172,15 agosto 1949, n. 619; 28 giugno 1950, n. 596; 29 gennaio 1951, n. 49; 30 giugno 1951, n. 584 (artt. 55-64) per il Trentino-Alto Adige; legge Cost. 26 febbraio 1948, n. 4, artt. 5-13, e legge 29 novembre 1955, n. 1179, per la Valle d'Aosta.

La legge delega sulla riforma tributaria n. 825 del 1971 fissa a sua volta precisi criteri direttivi che dovranno essere seguiti dal legislatore delegato per il coordinamento della disciplina delle entrate tributarie di tali regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano nel rispetto dei principi e delle procedure stabilite dai suddetti statuti speciali e successive leggi integrative e modificative. È anche prevista l'emanazione di norme ordinarie che:

- modifichino le stesse disposizioni statutarie e le norme di attuazione in materia finanziaria determinando i tributi di competenza delle regioni a statuto speciale il cui gettito, per intero o per quote, va devoluto in relazione ai tributi aboliti, modificati o diversamente attribuiti con la riforma;

- assicurino agli enti autonomi entrate complessivamente non inferiori al gettito o alle compartecipazioni al gettito dei suddetti tributi aboliti, modificati o diversamente attribuiti.

In attesa dell'emanazione delle suddette disposizioni, il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, per il periodo transitorio 1° gennaio 1973-31 dicembre 1977, attribuisce alle suddette regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, delle somme d'importo pari a quelle devolute per l'anno 1972 per tributi regionali e compartecipazione a tributi erariali soppressi dal 1° gennaio 1973, maggiorati annualmente del 10% rispetto all'anno precedente ove le quote dei tributi devoluti siano fisse. Qualora invece tali quote 2iano variabili, la maggiorazione sarà determinata, di anno in anno, sentite le amministrazioni regionali, con decreto del ministero delle Finanze di concerto con quello del Tesoro. Per i tributi soppressi dal 1° gennaio 1974, ferme restando le maggiorazioni e i criteri suddetti, si fa riferimento alle somme devolute per l'anno 1973.

Alla stregua di quanto disposto per i comuni e le province (v. sopra, finanza locale) le regioni a statuto speciale sono escluse per il solo quadriennio 1974-77 dalla devoluzione della quota di gettito dell'ILOR che a loro spetterebbe ai sensi dell'art. 4 della legge delega n. 825 del 1971 e dell'art. 9 del d.P.R. n. 599 del 1973.

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