DEL TURCO, Flaminio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)

DEL TURCO, Flaminio

Letizia Franchini

Senese, figlio dello scultore Girolamo e della moglie di questo, Catarina, fu attivo come scultore e architetto dal 1581 (Romagnoli, 1836-38, VIII, p. 384). La sua famiglia esercitava l'arte almeno dal secolo precedente (un Bernardino Del Turco scalpellino è ricordato nel 1541: ibid., VII, p. 881).

Il padre, Girolamo, lavorò nel 1582 con Pietro da Prato all'altare della Congregazione di S. Pietro nel duomo senese, poi compiuto da Domenico Cafaggi detto Capo e Anton Maria Mugnaini (ibid., pp. 879 s.; Milanesi, 1856, p. 253). Secondo il Milanesi (note ms. al Romagnoli, 1840) fece nel 1574 con Domenico di Filippo la porta della Compagnia di S. Bernardino. Un documento certifica che eseguì l'altar maggiore della chiesa di S. Francesco, insieme a Bernardino di Girolarno (Borghesi-Banchi, 1898, pp. 615-618). Fu chiamato inoltre a stimare un letto intagliato da Benedetto Arnaroni per Mino Campioni (Milanesi, 1856, p. 246), ad arbitrare la questione fra Teseo di Bartalino e Giovanni della Villa intorno ai lavori eseguiti nel duomo di Pienza (Borghesi-Banchi, 1898, pp.579 ss.) e a stimare i cori fatti da Ansano di Francesco per la Compagnia di S. Giovanni Battista detta della Morte (ibid., pp. 591 s.). La famiglia di Girolamo risiedeva nella contrada di S. Pietro a Ovile. Oltre al D., sono ricordate le figlie Olimpia e Isabella, cresimate nel 1573; Camilla, che il D. morendo lasciò erede di ogni suo avere, e il figlio Alessandro, bravo orefice.. Olimpia morì nel 1585, Alessandro nel 1625, Camilla nel 1650. Furono tumulati a S. Martino, nel sepolcro di famiglia. Girolamo, che era sposato con madonna Catarina, morta nel 1594, morì a Siena nel 1584 (cfr., per le notizie sulla famiglia, Romagnoli, 1836-38, VII, p. 880; VIII, pp. 383-386, 399 s ., 405 ss.).

Il D., oltre che scultore nel senso moderno dei termine, "fu scarpellino ma tanto intendente d'architettura, e di lavoro di marmi, che in Siena ha fatto più di settanta altari ricchissimi di pietre, e vaghissimi di disegno, e di lavoro pulitissimi" (Ugurgieri Azzolini, 1649).

Il Romagnoli (1836-38, VIII) fornisce un nutrito elenco di altari del D., corredato di dettagliate notizie delle quali peraltro non cita quasi mai la fonte. Di conseguenza, fra le attribuzioni elencate dallo studioso, si possono considerare più attendibili solo quelle documentate (Arch. dell'opera di S. Maria di Provenzano) e quelle che si ritrovano nelle memorie coeve o di poco posteriori al D. (Chigi, Piccolomini): in S. Agostino l'altare maggiore (1608) e l'altare Bargagli (1593), cui va aggiunto l'altare Biringucci non citato dal Romagnoli; in S. Francesco la cappella dei Bandinelli e l'altare dei Tolomei; nella collegiata di Provenzano l'altar maggiore (iniziato nel 1622, Archivio di Provenzano), l'altare Borghesi (iniziato nel 1628, Ibid.), l'altare Piccolomini (iniziato nel 1625, Ibid.). Di questi altari, quelli che risvegliarono la maggiore ammirazione dei contemporanei (cfr. Piccolomini, c. 62r) furono senza dubbio gli altari maggiori di S. Agostino e di Provenzano.

M. Butzek (1985) attribuisce al D., per motivi stilistici, i seguenti altari di S. Agostino: Rocchi (1629-30), Piccolomini nella cappella del Sacramento (1596), Piccolomini d'Aragona (1596-1604), Pecci e Lucarini (1620-21). Le guide senesi non citano, ovviamente perché fuori dal loro ambito territoriale, un altro altare documentato: l'altar maggiore della cattedrale di Massa Marittima (contratto del 29 marzo 1623 in Petrocchi, 1905), dove era vescovo Fabio Piccolomini che in seguito (1629) ordinò l'altare nel transetto di Provenzano.

Gli altari dei D. si distinguevano per la scelta felice dei materiali (marmi della montagnola senese, dai colori variamente accostati, alabastri della cava di Castelnuovo dell'Abate, pietre dure) e l'accuratezza delle finiture. La sua opera non si limitò però agli altari.

Oltre alle consuete consulenze (lodo per l'ornamento intagliato alla base della statua di Alessandro III in duomo, fatto da Domenico Cafaggi detto Capo il 18 maggio 1594, cfr. Milanesi, 1856, p. 269; stima del lavoro dell'altare dell'Annunziata, 1631, citato da Romagnoli, VIII, p. 402) e ai lavori decorativi minori, ma di prestigio (1609, ornamento della medesima statua "fatta per essere Alessandro III" [Ibid., p. 3941 poi utilizzata per Paolo V, insieme a Pietro di Benedetto da Prato; 1616, inginocchiatoi in marino, poi demoliti, per la cappella di S. Giovanni in duomo, citati dal Romagnoli, VIII, p. 397) sono ricordati di lui il restauro della torre di S. Domenico (1604, ibid., p. 391), la porta della Compagnia di S. Giovanni Battista sotto il duomo, la loggia sopra l'università dei notari (Milanesi, 1862, p. 160).

Ma indubbiamente l'incarico che lo rese famoso fu quello di maestro degli scalpellini della fabbrica di S. Maria di Provenzano.

La costruzione della chiesa, su progetto di don Damiano Schifardini, iniziò il 20 ag. 1595. Il D. fu incaricato della direzione dei lavori, insieme con i capomaestri Giacomo di Giovannie Pierantonio di Gherardo da Ponte, della Valle di Lugano. Sorte difficoltà per le fondazioni, il D. decise di cambiare l'ubicazioné della chiesa. La sua proposta incontrò l'approvazione sia degli esperti sia del granduca e della città. Il 16 ottobre 1611 la chiesa fu consacrata (documentazione dettagliata in Franchina, 1980).

Che il D. fosse un po' più di un semplice scalpellino si deduce dal fatto che progettò e fece costruire, dopo l'esperienza di Provenzano, almeno altre due chiese: S. Paolo a Siena e S. Lucia a Montepulciano.

Di S. Paolo, oltre a dare "il modello della fabbrica" (Chigi [1625-26], 1939, p. 307), è documentato che intervenne nei lavori almeno nel periodo aprile-novembre 1616, epoca in cui si occupò della decorazione interna, delle colonne e del cornicione (Pallassini, 1982). Per S. Lucia a Montepulciano le notizie sono più scarne. La fabbrica si fa risalire al 1633 (Peruzzi, 1923), ma altri la ritengono del 1653 (cfr. Encicl. univ. dell'arte, VIII, Firenze 1958, col. 153), in tal caso il D. avrebbe dato solo il disegno della fabbrica, essendo morto nel 1634. Si tratta dunque, se non di un'opera postuma, certo di una delle ultime opere del Del Turco. La facciata di S. Lucia, pur mostrando la sua derivazione da Provenzano, è un'opera matura che conferma che il "capo degli scalpellini" era ormai divenuto un architetto di tutto rispetto, "il migliore architetto senese del suo tempo" (E. Carli, L'arte a Massa Marittima, Siena 1976, p. 26).

Morì a Siena nel 1634 (Romagnoli, VIII, pp. 405 s.).

Fonti e Bibl.: Siena, Archivio dell'Opera di S. Maria di Provenzano, ms. F2: Entrata e uscita dell'Opera di Provenzano, cc. 5v (1622), 38v (1625), 90v (1628); Ibid., Bibl. com. degli Intronati, ms. B IV 27: H. Nini Sernini, Trattato delle famiglie nobili et huomini riguardevoli della città di Siena (trascrizione del 1725 di Giulio Donati) c. 132r; Ibid., ms. C II 23: G. Piccolomini, Siena illustre per antichità, cc. 45r, 62r; F. Chigi, Elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena [1625-26], a cura di P. Bacci, in Bull. senese di storia patria, XLVI (1939), pp. 30 s., 317 ss.; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1640, p. 392; G. A. Pecci, Relaz. delle cose più notabili della città di Siena, Siena 1752, pp. 48, 55, 110; G. Faluschi, Breve relazione delle cose notabili della città di Siena, Siena 1784, pp. 80, 159; Id., Breve relazione..., Siena 1815, pp. 11, 19, 69, 71, 137; Nuova guida delle città di Siena per gli amatori delle belle arti, Siena 1832, pp. 12, 25, 28, 37, 72, 81, 126, 132, 142, 144; E. Romagnoli, Biografia cronol. de' bellartisti senesi [1836-38], Firenze 1976, VII, pp.879 ss. (per Girolamo); VIII, pp. 383-408; Id., Cenni storico-artistici di Siena e suoi suburbii [1840], Siena 1861, pp. 44, 47 s., 63, 72 (vedi anche le note mss. di G. Milanesi, Siena, Bibl. comunale degli Intronati, ms. B LXVIII C 19, p. 47); G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, III, Siena 1856, p. 269 (pp. 246, 253 per Girolamo); Id., Discorso sulla storia artistica, in Siena e il suo territorio [1862], Bologna 1978; Id., Sulla storia dell'arte toscana, Siena 1873, pp. 29, 40; S. Borghesi-L. Banchi, Nuovidocumenti per la storia dell'arte senese, Siena 1898, pp. 579 ss. (pp. 591 s., 615-618 per Girolamo); L. Petrocchi, La cattedrale di Massa Marittima, in Arte antica senese, II, Siena 1905, p. 639; A. Peruzzi, Note d'arte e di storia poliziana, S. Lucia, V, in Araldo Poliziano (Montepulciano), 14 ott. 1923, p. 3; A. Barbacci, L'architetto fra Damiano Schifardini e la chiesa di S. Maria in Provenzano in Siena, in Bollettino d'arte, XI (1929), pp. 124, 130, 136, 139; E. Carli, L'arte nella basilica di S. Francesco a Siena, Siena 1971, pp. 38 s.; L. Franchina, La chiesa della Madonna di Provenzano in Siena dalle origini alla traslazione dell'immagine nel tempio (1594-1611), in IMedici e lo Stato senese 1555-1609. Storia e territorio, Roma 1980, pp. 172 ss., 176-182; Id., in Lo Stato senese dopola conquista medicea. La mostra grossetana della XVI Espos. europea d'arte sulla Toscana del XVI secolo, s.l.1980, pp. 51, 53, 55; P. Pallassini, Ilmonastero e la chiesa delle monache di S. Paolo in Siena, Siena 1982, pp. 41, 44-48, 53, 55 ss., 59, 61; Die Kirchen von Siena, I, a cura di M. Butzek-H. Teubner, München 1985, ad Indicem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, p. 487 (sub vocibus Turco, Flaminio de, e Turco, Girolamo del).