FLUIDODINAMICA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

FLUIDODINAMICA

Carlo FERRARI

(v. Aerodinamica, I, p. 569; App. I, p. 27; App. II, 1, p. 29). -È quella parte della meccanica che studia le leggi del moto di un fluido qualunque in relazione alle cause che lo determinano, e gli effetti che in conseguenza di tale moto si producono e nel fluido che si considera e nei "corpi" (solidi o fluidi) con cui questo è a contatto.

Il rapido progredire delle ricerche nelle varie scienze il cui studio è connesso con quello della f. e le realizzazioni tecniche cui esse hanno portato hanno causato da un lato il sorgere di nuovi rami della f. stessa, dall'altro l'approfondimento delle branche già coltivate nel passato: per un rapido sguardo d'insieme nei varî campi e sui principali risultati ottenuti è opportuno considerare l'argomento diviso nelle seguenti parti:

1) Dinamica dei fluidi perfetti: a) aerodinamica subsonica; b) aerodinamica transonica; c) aerodinamica supersonica; d) aerodinamica ipersonica.

2) Dinamica dei fluidi viscosi: a) moti laminari; b) moti turbolenti; c) dinamica dei gas rarefatti.

Dinamica dei fluidi perfetti.

Aerodinamica subsonica. - L'influenza della compressibilità del fluido sulle leggi del suo moto è tanto più piccola quanto minore è il rapporto M tra la velocità ∣ q ∣ di tale moto e la velocità a con cui si propaga nel fluido stesso un piccolissimo cambiamento di pressione (velocità del suono): tale rapporto è chiamato numero di Mach. Se M è ovunque inferiore all'unità, la corrente è detta subsonica e, qualitativamente, la sua configurazione è analoga a quella che si avrebbe se il fluido fosse incompressibile, mentre le leggi e le proprietà generali del moto sono quelle già indicate in aerodinamica e in idrodinamica (XVIII, p. 735).

Se si considera prima il caso, molto frequente nelle applicazioni, che il moto si possa considerare composto di un movimento traslatorio di velocità q e di un movimento perturbato che produce una velocità q′ di modulo quasi ovunque alquanto minore di quello di q (come avviene ad es. nel flusso di una corrente uniforme attorno a un profilo alare, o a un fuso allungato), ogni corrente compressibile, di velocità asintotica q, attorno ad un dato ostacolo Sc si può dedurre da una corrente incompressibile che ha la stessa velocità q e che investe un ostacolo Si le cui dimensioni nella direzione di q sono identiche a quelle di Sc, mentre le dimensioni in direzione normale sono ridotte nel rapporto da uno a

(se M è il numero di Mach della corrente indisturbata) (regola di Prandtl-Glauert).

Precisamente, con riferimento a un sistema di assi cartesiani ortogonali in cui x è preso nella direzione e nel senso di q, chiamati punti corrispondenti dei due campi compressibile e incompressibile quelli le cui coordinate sono legate dalle

si ha che le superfici di corrente dei due campi si corrispondono tra loro, e in punti corrispondenti tra le componenti della velocità perturbata q′ si hanno le relazioni

mentre i coefficienti di pressione relativi

(se p è la pressione, p il valore di p a distanza infinita dall'ostacolo, e ρ è la densità) sono legati dalla

Così all'ala a freccia Sc raffigurata in fig. iA, in cui il profilo nella sezione di mezzeria (z=0) ha la forma data in fig. 2A ed è posto coll'incidenza ac rispetto alla q nella corrente compressibile, corrisponde l'ala a freccia Si in corrente incompressibile, raffigurata nella fig. iB, il cui profilo in mezzeria è quello della fig. 2B, che ha rispetto alla q l'incidenza

la forza di portanza sulla Sc in grazia delle [1] e [2] risulta uguale a quella sulla Si moltiplicata per

Nel caso di moto piano si può ottenere la corrente di un fluido compressibile attorno ad un dato ostacolo Sc da una corrente incompressibile attorno a un altro ostacolo Si, anche se la perturbazione non è piccola, coll'applicazione del metodo odografico, che consiste nell'assumere come variabili indipendenti la velocità q (o meglio una determinata funzione di q) e l'angolo Θ che essa forma coll'asse x, invece che le coordinate, ad es. cartesiane ortogonali (x, y), sempre essendo le variabili dipendenti costituite dalla funzione potenziale Φ e dalla funzione di corrente ψ.

L'applicazione del procedimento è relativamente semplice se si sostituisce nel piano (p = pressione; 1/ρ = volume specifico) alla isoentropica del gas perfetto (che stabilisce la dipendenza tra p e 1/ρ nell'evoluzione che il fluido compie, quando la sua velocità varia) la sua tangente nel punto che definisce lo stato fisico del gas stesso a distanza infinita dall'ostacolo (metodo di Kármán-Tsien): in tal modo infatti si possono ridurre le equazioni cui Φ e ψ debbono soddisfare ed essere identiche a quelle corrispondenti al fluido incompressibile. Se si fa poi l'ulteriore approssimazione che sul contorno dell'ostacolo la dipendenza di Θ da Φ nei due casi (incompressibile e compressibile) sia la medesima, tra i coefficienti di pressione nei punti corrispondenti dei detti contorni sussiste la relazione (di Kármán-Tsien).

che nella ipotesi di piccole perturbazioni [e quindi piccolo (Cp)i] si riduce alla [1] (per profili "identici"nei due campi).

I diagrammi di fig. 3 in cui sono riportate le leggi di variazione della pressione per il profilo alare NACA 4412 in corrente incompressibile e in corrente compressibile ottenuti sperimentalmente e calcolati colla [3] mostrano il buon accordo tra di essi. L'accordo scompare non appena su un punto del contorno si raggiunge una velocità q uguale alla velocità del suono, per le condizioni di pressione e di densità che si hanno nel punto stesso (velocità critica), nel qual caso (Cp)c raggiunge il valore critico

(dove γ è il rapporto dei calori specifici a pressione costante e a volume costante).

Se la velocità sul contorno supera la velocità critica si producono fenomeni non desiderati che hanno per conseguenza, fra l'altro, il peggioramento delle caratteristiche aerodinamiche del profilo (v. oltre aerodinamica transonica). Si comprende perciò l'opportunità, se il numero di Mach della corrente relativa al profilo può assumere valori elevati, di fare in modo che il valore di M per cui si ha (Cp)c = (Cp*)c sia il più elevato possibile per un dato spessore del profilo stesso, e per un dato valore della portanza (meglio del coefficiente di portanza) su questo: si ottiene detto risultato determinando il contorno in modo che, per un dato valore medio del coefficiente di pressione sulla faccia e sul dorso del profilo il diagramma che dà la legge di variazione di (Cp)i sul profilo sia il più uniforme possibile, perché in tal guisa si riduce il valore di [(Cp)i]max, e quindi di (Cp)c. È interessante osservare che in questo modo la posizione, lungo la corda, del punto, in cui [(Cp)i]max si produce, è spostato notevolmente rispetto ai profili usuali, verso il bordo di fuga, il che ha pure l'importante conseguenza di una notevolissima riduzione della resistenza di attrito dovuta alla viscosità del fluido, per la più grande estensione del contorno su cui il regime di flusso è laminare. Per questa ragione i profili atti alle alte velocità subsoniche sono chiamati profili laminari, o profili a piccola resistenza d'attrito, ed è ovvio che tale proprietà ne rende opportuno l'impiego anche ai piccoli numeri di Mach. Nella fig. 4 è rappresentato uno di tali profili (quello contrassegnato colla sigla NACA 63 A 016), ed è curioso notare come la sezione trasversale di una trota disegnata da Sir George Cayley verso il 1800 ne ricopre quasi esattamente la forma.

Aerodinamica transonica. - Se nel campo di moto si ha una o più superfici in corrispondenza delle quali la velocità è uguale alla velocità critica, e che separano una regione subsonica da un'altra supersonica la corrente è detta transonica, secondo una denominazione introdotta da Th. von Kármán e da H. L. Dryden, e lo studio di dette correnti è compito appunto dell'aerodinamica transonica.

Per rendersi conto delle notevoli alterazioni della configurazione del campo, sia qualitative sia quantitative, che in queste condizioni si producono rispetto a quelle proprie delle correnti subsoniche, è opportuno considerare innanzitutto correnti stazionarie piane, quali quelle determinate da una corrente all'infinito uniforme di velocità q attorno ad un profilo alare. La proprietà essenziale che caratterizza il regime transonico, in questo caso, è la rapida, quasi irregolare, variazione dei coefficienti di forza e di momento, corrispondenti all'azione aerodinamica sul profilo stesso, col crescere del numero di Mach M, e per un intervallo dei valori di detto numero generalmente compreso tra 0,75 e 0,90: si veda ad es. la fig. 5 che rappresenta qualitativamente il diagramma del coefficiente di portanza cp per una data incidenza, in funzione di M. Lo studio teorico e sperimentale del flusso, quale si verifica nell'intervallo critico dei numeri di Mach, ha permesso di riconoscere le cause che producono detto fenomeno, e precisamente: col crescere del numero di Mach della corrente uniforme, a partire da un dato valore limite di questo [(M) crit. 〈 1] si comincia a formare a contatto del dorso, una regione supersonica (in cui cioè la velocità della corrente è superiore a quella del suono), mentre sulla restante parte del campo, e in particolare nei punti della parte inferiore del profilo, o faccia, la velocità continua a rimanere subsonica. Ora le due falde fluide, che lambiscono dorso e faccia, confluendo in corrispondenza del bordo di fuga, devono avere ivi la medesima pressione: la corrente, che si è espansa sul dorso sino a diventare supersonica, dovrà pertanto di nuovo comprimersi per ridiventare subsonica. Questa compressione avviene in modo continuo, così come continua era stata la espansione, se la velocità massima del fluido non supera, o supera di "poco" la velocità del suono; che se invece il massimo numero di Mach locale è superiore a 1, o cresce al di sopra di un certo limite, maggiore, ma in ogni caso molto prossimo a 1, la corrente ha una spiccata preferenza a comprimersi in modo discontinuo, attraverso cioè un'onda di pressione, la cosiddetta onda d'urto. Ma fino a che l'onda si forma solo sul dorso, nulla di particolarmente spiacevole avviene, se si eccettua il fatto che l'incremento brusco di pressione prodotto dall'urto facilita il distacco della vena dal contorno, in conseguenza dell'azione esercitata dalla viscosità, così che la scia, dietro il profilo, risulta più larga. Questo ovviamente produce un incremento del coefficiente di resistenza, che si somma a quello connesso colla dissipazione di energia determinata dall'onda, per causa dell'incremento di entropia, che attraverso ad essa si verifica nel fluido (e che costituisce la cosiddetta resistenza d'onda), ma non ha effetto sul valore del coefficiente di portanza cp, se non per incidenze relativamente elevate (nel qual caso si dice che si ha uno stallo d'urto).

Gli inconvenienti principali nascono quando, crescendo M, anche la corrente sulla faccia diventa supersonica, e una seconda onda d'urto si forma a contatto di essa, e tali inconvenienti sono dovuti al diverso modo con cui onda dorsale e onda facciale si spostano col crescere di M. L'onda facciale, che si genera sempre in un punto prossimo al bordo di fuga, si sposta rapidamente in corrispondenza di detto punto, mentre quella dorsale dapprima rimane come ancorata a un medesimo punto del dorso, poi quasi salta anch'essa sul bordo di fuga. Poiché la parte del contorno compresa tra le due onde dà contributo negativo alla portanza del profilo, si comprende la variazione rapida di cp, dapprima nel senso di diminuire detto coefficiente, poi di aumentarlo, mentre si comprende pure come il cambiamento rapido e notevole della distribuzione del coefficiente di pressione Cp, connesso cogli spostamenti delle onde, debba pure determinare variazioni notevoli e in senso opposto del coefficiente di momento dell'azione aerodinamica sul profilo.

Lo studio teorico del flusso transonico, allo stato attuale delle ricerche, può dare ragione solo in parte dei fenomeni che sopra sono stati descritti, a causa delle difficoltà gravissime che esso presenta, pure nel caso dei moti bidimensionali. Una prima difficoltà deriva da questo fatto: anche se il profilo è molto sottile, così che le perturbazioni della velocità q, che esso produce, sono piccole rispetto alla q, non è lecito linearizzare l'equazione del moto, cui la funzione potenziale Φ o la funzione di corrente ψ del campo, deve soddisfare, in quanto per detta linearizzazione è necessario che ∣ q′ ∣ sia piccolo non soltanto rispetto a ∣ q ∣, ma anche rispetto alla differenza tra la velocità q e la velocità del suono a della corrente asintotica.

Più precisamente, esprimendo il potenziale Φ come somma del potenziale della corrente asintotica, e del potenziale corrispondente alla variazione di questa prodotta dall'ostacolo (potenziale della corrente perturbata), e ponendo Φ = q (x+lΦ′); ξ = x/l; η = τ*yl; Φ′ = εϕ(ξ, η), in cui ε è una costante, mentre τ* è il parametro di spessore del profilo (uguale al rapporto tra lo spessore massimo e la lunghezza della corda l), l'equazione cui la ϕ deve soddisfare nell'ipotesi delle piccole perturbazioni può essere ridotta alla

mentre il coefficiente di pressione Cp è dato da

Ora, se 1 − M² (che per M ≈ 1, è proporzionale alla differenza tra la velocità della corrente e la velocità del suono di questa) è abbastanza grande perché il primo termine sia sempre prevalente rispetto al secondo (proporzionale alla velocità perturbata), il segno della funzione entro la parentesi quadra è sempre quello del primo termine, e quindi costante, il flusso è subsonico, e la [4] può essere scritta

che, assumendo ε2(1 − M²)/τ*2 = 1, dà ϕηη + ϕξξ = 0, ossia l'equazione di Laplace, per corrente asintotica subsonica, mentre la [5] diventa

Poiché la ϕ(ξ, η) per profili geometricamente affini non varia, dalla [5′] risulta che in punti omologhi di detti profili il coefficiente di pressione è proporzionale al rapporto τ*(1 − M²)1/2, che è in sostanza la regola di Prandtl-Glauert già indicata. Se invece i due termini (1 − M²2*2 e (γ + 1)ε3M²*2 hanno lo stesso ordine di grandezza, la funzione entro la parentesi quadra nella [4] può cambiare di segno, ed il flusso è transonico; assumendo (γ + 1)ε3M²*2 = 1 la [4] dà

mentre si ha

Il potenziale perturbato ϕ per profili geometricamente affini rimane invariato solo se il parametro

si conserva costante, ed in tal caso i coefficienti di pressione in punti omologhi sono proporzionali a (τ*/M²)2/3: è questa la legge di similitudine transonica di von Khármán, mentre il parametro K è chiamato parametro di similitudine transonica. È degno di nota che i risultati sperimentali sono in buon accordo con questa legge; come dimostra la fig. 6 in cui sono correlati i valori dei coefficienti di resistenza di una prora a diedro, per diversi valori dell'angolo.

La difficoltà corrispondente alla non-linearità della equazione del moto, anche nell'ipotesi di piccole perturbazioni, può essere superata nei moti piani ricorrendo al metodo odografico, di cui già si è fatto cenno in "aerodinamica subsonica" e che può essere applicato in due modi diversi: l'uno è quello già accennato, e la trasformazione che così si ottiene è chiamata trasformazione di Chaplygin; l'altro opera una sostituzione anche sulle variabili dipendenti, sostituendo al potenziale Φ la funzione ϕ (potenziale trasformato di Legendre) definito dalla

e alla funzione di corrente ψ la funzione χ (funzione di corrente trasformata) data dalla

essendo r = ρv*, s = ρu*. In entrambi i casi, con una trasformazione ausiliaria che sostituisce alla q una opportuna σ (funzione nota di q, diversa nei due casi), l'equazione cui la χ o la ϕ deve soddisfare si riduce alla forma

ove z è la variabile dipendente (ψ nella trasformazione di Chaplygin, ϕ in quella di Legendre), mentre k(σ) è una funzione nota di σ, che si annulla per q = a (cui corrisponde σ = 0), è positiva per σ > 0 (corrente subsonica), negativa per σ 〈 0 (corrente supersonica) e dipende dalla legge di compressibilità del fluido. Viene da ciò la seconda difficoltà connessa allo studio dei moti transonici: una equazione della forma [9] è di tipo ellittico se è ovunque k(σ) > 0, di tipo iperbolico se k(σ) 〈 0 ovunque, mentre se k(σ) cambia di segno, come avviene se la corrente è transonica, la [9] è detta di primo tipo misto. Ora, la base dello studio della [9] è costituita da opportuni teoremi di esistenza e unicità, specificanti certe condizioni "al contorno" atte ad individuare una soluzione "regolare" dell'equazione stessa, analoghi ai classici teoremi per le equazioni lineari di tipo ellittico o iperbolico. È da osservare che le effettive condizioni al contorno, proprie dei problemi che interessano l'aerodinamica transonica non sono generalmente quelle assunte in detti teoremi; tuttavia essi sono fondamentali perché indicano le proprietà tipiche della equazione [9]: in particolare, almeno se i dati al contorno sono quelli in essi considerati, la linea portante tali dati deve essere aperta nel semipiano iperbolico. In effetti, nei problemi fisici, le condizioni al contorno sono assegnate su tutta una linea chiusa, se il flusso è regolare, e per quanto questa linea non sia, in generale, nota "a priori" (e questo costituisce un'altra fondamentale difficoltà dei problemi transonici) è legittimo prevedere che, almeno per M sufficientemente elevato, non sia possibile soddisfàre a dette condizioni senza rinunciare alla "regolarità" del flusso, ossia senza l'intervento di onde d'urto. E questo, se spiega quella che sopra è stata chiamata "spiccata preferenza" delle correnti supersoniche a comprimersi attraverso a un'onda, accresce ovviamente le difficoltà della ricerca teorica. Tuttavia importanti progressi in questo campo sono stati fatti in questi ultimi tempi: così tra i problemi transonici risolti sono quelli relativi alla determinazione dell'ugello per la trasformazione di una corrente subsonica uniforme in una corrente supersonica uniforme, quale è il condotto che deve essere usato nelle gallerie del vento supersoniche (fig. 7), e quello corrispondente alla costruzione del flusso attorno a un profilo a rombo per numeri di Mach M uguali, o prossimi a uno; ed è opportuno notare che i risultati teorici sono bene in accordo con quelli sperimentali.

I fenomeni critici, e il notevole incremento di resistenza connessi coll'apparire delle onde d'urto possono, per un'ala di un aereo, essere evitati, o, meglio, differiti a numeri di Mach della corrente asintotica M alquanto più elevati di quelli prima indicati ricorrendo alla disposizione dell'ala a freccia: si consideri, per un istante, l'ala come un solido cilindrico indefinito, cioè l'ala detta a profilo costante e di apertura infinita, e si dispongano le sue generatrici inclinate di un angolo δ rispetto alla direzione di q. Si può pensare il moto scomposto in una traslazione secondo le generatrici della superficie alare, che (in quanto il fluido è perfetto) non produce alcun disturbo nella corrente fluida, e in una traslazione normale alle generatrici stesse (fig. 8): la configurazione del flusso è determinata solo da questo moto componente, in cui la velocità è uguale alla componente, (q cos δ) di q, normale alle generatrici dell'ala, e corrispondente pertanto a un numero di Mach effettivo minore di 1 se

Ora in un fluido perfetto, per portanza nulla, una registenza può aversi solo se la corrente è supersonica, in quanto è legata all'esistenza di onde d'urto nel campo, e di conseguenza per l'ala in esame il coefficiente di resistenza cr è nullo per tutti i valori di

Nella realtà il fenomeno è alquanto più complesso: nell'aereo, la superficie alare risulta di due semiali simmetriche, e pertanto disponendo una semiala col suo bordo di attacco inclinato rispetto alla velocità di volo, e l'altra in posizione rispecchiata della prima rispetto al piano di simmetria, si ottiene la caratteristica disposizione dell'ala a freccia (fig. 9), analoga a quella già considerata in aerodinamica subsonica" (fig. 1), ma con una funzione ora del tutto diversa, e che richiede valori assai più elevati dell'angolo di freccia δ. È appunto in corrispondenza della intersezione delle due semiali, ossia della punta della freccia, che si hanno le cause essenziali della perturbazione del flusso rispetto a quella relativa all'ala indefinitamente estesa: per effetto di essa il moto non è più bidimensionale, ma tridimensionale, e l'effetto benefico dell'inclinazione δ del bordo di attacco sulla q è, almeno in parte, annullato (v. diagramma di fig. 10, dove è indicata la legge di variazione del coefficiente di resistenza cr per la particolare ala a freccia ivi rappresentata, in funzione del numero di Mach M, quale risulta dalla teoria lineare, di cui sarà fatto cenno nel paragrafo dedicato alla "aerodinamica supersonica").

Lo studio teorico più corretto del flusso nel regime transonico è reso, ovviamente, dalla tridimensionalità del flusso, alquanto più complesso di quello, pur già tanto difficile, dei moti piani. Si hanno tuttavia due risultati che sono stati stabiliti in modo relativamente semplice e che sono di grande aiuto per tale studio.

Il primo si riferisce alla estensione della legge di similitudine transonica già prima enunciata per il flusso bidimensionale. Se

(in cui τ* è ad esempio il parametro di spessore del profilo in mezzeria, l la lunghezza della corda di tale profilo, b la semiapertura alare) è l'equazione di una superficie alare Σ, posta in una corrente uniforme di velocità q corrispondente a un numero di Mach M, in un fluido in cui il rapporto dei calori specifici è γ, e si considera una qualsiasi superficie alare Σ′, i cui punti si ottengono dalla Σ con una qualsiasi trasformazione affine

ove sx e sy sono opportune costanti; se la Σ′ è investita da una corrente uniforme di velocità q′ corrispondente a un numero di Mach M, in un fluido per cui il rapporto dei valori specifici è γ′, si ha che le condizioni necessarie e sufficienti perchè i flussi attorno a Σ e a Σ′ siano simili [nel senso che le funzioni potenziali dei due campi in punti omologhi siano proporzionali: Φ′(x′, y′, z′) = sΦΦ(x, y, z)] sono:

In queste condizioni si ha

ed il rapporto dei coefficienti di pressione in punti corrispondenti è

mentre i coefficienti di resistenza e di portanza di un'ala qualsiasi possono essere espressi con le

se λ è l'allungamento dell'ala, ed in cui le funzioni fp e fr sono le stesse per ali affini.

Il secondo risultato (che può essere stabilito per qualsiasi corpo posto in una corrente uniforme di velocità q uguale o prossima alla velocità del suono, se la sua forma è tale da produrre piccole perturbazioni nella corrente stessa, e le sue dimensioni in direzione normale alla q hanno una rapidità di variazione nella direzione di q sufficientemente limitata, com'è, per es., per il sistema ala - fuso di fig. 11, deriva dalla seguente proprietà: il campo tridimensionale di velocità attorno all'ostacolo, nelle vicinanze dell'ostacolo stesso, può essere approssimato da un campo di velocità che soddisfa, in ogni piano x = cost., normale alla q, alla equazione di Laplace (e pertanto di potenziale Φ2 per cui

e alla condizione di tangenza della velocità corrispondente, grad Φ2, al contorno della sezione del corpo con detto piano (fig. 12), sovrapposto ad un campo longitudinale di potenziale Φ1(x), indipendente dalle coordinate y e z, e che dipende unicamente dalla rapidità con cui varia secondo x l'area della sezione trasversale. La distribuzione della velocità corrispondente a Φ2 determina la forza trasversale (ossia normale a q) che si esercita sopra ogni elemento dx dell'ostacolo mentre quella dovuta a Φ1 produce la forza di resistenza. Pertanto per ali o per aerei, la cui forma soddisfi alle condizioni sopra indicate, nelle condizioni di portanza nulla la resistenza dipende soltanto dalla legge di variazione, lungo l'asse, dell'area della sezione trasversale a detto asse: è questo il teorema di Ward, enunciato dall'autore per ostacoli in correnti supersoniche lineari, e con numero di Mach M tanto prossimo a 1 quanto può essere compatibile con la linearizzazione della equazione del moto.

Oswatitsch poté però dimostrare che, chiamati equivalenti due corpi i quali, ridotti ad avere la stessa corda [ossia la medesima dimensione secondo l'asse x (di portanza nulla)] presentino la stessa legge di variazione con x dell'area della sezione trasversale, nelle vicinanze dei corpi stessi la differenza tra il campo della corrente linearizzata e quello della corrente non linearizzata è, per ostacoli equivalenti, uguale (teorema di "equivalenza" di Oswatitsch). Questo risultato permette di estendere il teorema di Ward alle correnti transoniche e conduce alla seguente regola delle aree: la resistenza d'onda di un qualsiasi corpo (colle limitazioni alla relativa forma più volte enunciate) in corrente transonica, o "debolmente" supersonica, è uguale a quella di un solido di rivoluzione Σr di uguale lunghezza lungo l'asse, che presenta la medesima legge di variazione dell'area delle sezioni trasversali; e detta resistenza sarà di conseguenza minima se il solido di rivoluzione equivalente è, per date condizioni imposte o all'area massima delle sezioni, o al volume di Σr, quello di minima resistenza.

La dimostrazione sperimentale, e la giustificazione fisica della legge delle aree è stata data da Withcomb: come già è stato detto, il rapido aumento che la resistenza di un ostacolo presenta per M S-107??? 1, è dovuto alle onde d'urto che si formano quando esiste una regione supersonica; se pertanto corpi equivalenti hanno uguale resistenza, le onde d'urto cui esse dànno luogo in corrente transonica debbono essere "quasi" identiche. Ora Withcomb fotografando il flusso col metodo "Schlieren attorno a combinazioni di ali a delta o a freccia, e di fusi, e quello attorno a solidi di rivoluzione presentanti la stessa legge di variazione delle aree poté mettere in evidenza la stretta analogia della configurazione delle onde d'urto nei varî casi (fig. 13), e d'altra parte, misurando la resistenza corrispondente, ottenne la conferma dei teoremi di Ward e di Ostwatisch (fig. 14).

Dalla legge delle aree discende un metodo molto semplice per la determinazione della forma di minima resistenza per un velivolo transonico: ottenuta infatti la forma di minima resistenza del fuso di rivoluzione, la forma dell'aereo sï ottiene conservando per esso la medesima legge di variazione delle aree delle sezioni trasversali trovate per il fuso, e perciò diminuendo, in ogni piano normale alla velocità di volo, l'area della sezione della fusoliera di una quantità uguale all'area della sezione, col medesimo piano, dell'ala. È per questo che la fusoliera, generalmente, presenta in corrispondenza della parte interessata dall'ala un restringimento caratteristico: da ciò il nome di fuso a vita di vespa, o a bottiglia di coca-cola ad esso volgarmente dato.

In fig. 15 è mostrata l'applicazione della regola sopraddetta; la dimostrazione sperimentale del benefico effetto sul valore di cr che si può conseguire in tale modo fu data dallo Withcomb, ed è indicata nei diagrammi di fig. 16: la differenza tra i valori di cr per la combinazione ala-fuso, e per il fuso equivalente, quale appare dalla fig. 16 A, è dovuta all'incremento della resistenza d'attrito, corrispondente alla maggiore superficie che il sistema ala-fuso ha, ed in effetti se si considerano i diagrammi di fig. 16 B, in cui le ordinate dànno le sole variazioni del coefficiente di resistenza dovute alla resistenza d'onda, la validità della regola delle aree appare ben chiara. Può ancora essere interessante osservare che è il campo di espansione, che si verifica sul fuso modificato secondo la predetta regola, che propagandosi nel fluido attenua rapidamente l'onda d'urto, cui l'ala dà luogo in corrispondenza del suo attacco al fuso stesso, e di conseguenza sopra ogni semi-ala si vengono ad avere condizioni di flusso non molto diverse da quelle che si avevano per l'ala indefinita disposta obliquamente rispetto alla q. Si deve aggiungere che se si considera l'aereo non con l'assetto di portanza nulla, ma con incidenza, e, allo scopo di elevare il numero di Mach critico per la legge di variazione della forza portante sopra l'ala a un valore quanto più prossimo possibile a quello corrispondente all'ala indefinita obliqua, si ricerca quale deve essere la forma del fuso perché la distribuzione delle pressioni in corrispondenza della sezione di attacco dell'ala alla fusoliera risulti eguale, o quasi, a quella che si ha nel caso dell'ala indefinita obliqua, si perviene a una regola che conduce a dare al fuso una forma in accordo, per quanto si riferisce alla variazione delle aree delle sezioni trasversali, colla legge delle aree, mentre porta ad una modificazione locale della forma della sezione trasversale stessa, che non risulta più circolare, ma si accosta alla ellittica.

Aerodinamica supersonica. - Se la velocità della corrente supera ovunque la velocità del suono, lo studio del campo di moto è compito di quel ramo della dinamica dei fluidi che è detto aerodinamica supersonica: convenzionalmente si considera appartenente alla aerodinamica supersonica anche la determinazione di quei moti nei quali si ha una regione limitata a velocità subsonica, se il numero di Mach massimo locale è superiore ad un dato limite, per esempio Mmax > 1,2), mentre si attribuisce ad un altro ramo della dinamica dei fluidi, la aerodinamica ipersonica, lo studio di quei campi, anche ovunque supersonici, o parzialmente subsonici, se il numero di Mach supera un dato limite, che sarà appresso indicato appunto nel paragrafo dedicatp alla aerodinamica ipersonica (v. pag. 638).

Le proprietà che sono tipiche delle correnti supersoniche si ottengono in modo relativamente facile se si considera il caso semplice di moto piano ovunque supersonico risultante dalla composizione di una corrente uniforme di velocità q [M − 1 = 0 (1)] e di un movimento di velocità q′ per il quale ∣ q′ ∣ ≪ ∣ q ∣: l'equazione cui soddisfa il potenziale Φ del campo in queste condizioni può essere linearizzata e assume la forma

che colle trasformazioni x = ξ, y = (M² − 1)1/2η si riduce alla equazione delle onde (piane)

La [11′] è una equazione completamente lineare di tipo iperbolico, per la quale valgono i noti teoremi di esistenza-unicità stabilenti le condizioni al contorno atte a specificare una soluzione regolare.

Alle proprietà delle equazione [11′] corrispondono proprietà fisiche che bene caratterizzano i campi supersonici rispetto a quelli subsonici: così, chiamando linee di Mach le linee caratteristiche nel piano fisico (x y) [che sono per la (11′) rette inclinate sulla direzione di q dell'angolo di Mach

la proprietà tipica della [11′], relativa al dominio d'influenza della perturbazione prodotta in corrispondenza di un elemento lineare P1 P2, può essere enunciata dicendo che la perturbazione che si produce in un punto P si propaga solo entro l'angolo racchiuso dalle due linee di Mach di opposto sistema uscenti da P (angolo posteriore di Mach), mentre le perturbazioni che si risentono in un punto P sono quelle, e solo quelle, che si producono entro l'angolo racchiuso dalle due linee di Mach che arrivano in P (angolo anteriore di Mach). Ne risulta, che se si considera il campo generato da una corrente all'infinito uniforme di velocità q attorno ad un profilo alare sottile, e a prora e a poppa aguzze, affinché la corrente sia ovunque supersonica, la configurazione della corrente non rimane influenzata dalla presenza dell'ostacolo a monte delle linee di Mach O1Ad∞ e O1Af∞ uscenti dal bordo di attacco (fig. 17); e la perturbazione che si produce nel generico punto P del profilo, costituita dalla variazione (continua) di direzione che la velocità del fluido deve avere in detto punto perché essa continui a rimanere tangente al contorno, si propaga solo a valle della linea di Mach PH per P. Poiché la velocità delle particelle fluide varia soltanto per effetto dell'attraversamento di una di tali linee di Mach, queste sono anche isotachie ed isobare del campo di moto, e la accelerazione conseguente delle particelle stesse non può essere che normale ad esse: appare così che la configurazione del campo è quella indicata in fig. 17: la corrente è uniforme a monte delle O1Ad∞ e O1Af∞, e a valle delle O2Bd∞ e O2Bf∞, mentre la perturbazione prodotta dal profilo si propaga inalterata fino all'infinito lungo le predette linee di Mach nella striscia compresa tra le O1Ad∞ e O2Bd∞ per la falda che lambisce il dorso, e in quella limitata dalle O1Af∞ e O2Bf∞ per quella che lambisce la faccia. La componente della velocità secondo le linee di Mach del sistema a cui appartiene la P H rimane costante in tutto il campo, e pertanto uguale a q cos μ, mentre è la componente normale che varia, entro le strisce sopra indicate, con continuità (ad eccezione che alla frontiera); dalla condizione di tangenza della velocità risultante al contorno del profilo in un punto P generico di questo, si ricava che è in P

se α è l'angolo che la tangente al contorno forma coll'asse x scelto nella direzione di q, e pertanto il coefficiente di pressione risulta dato dalla formula di Ackeret:

Dalla [12] possono facilmente essere ricavati i coefficienti di portanza, di resistenza e di momento per un profilo alare qualsiasi (a prora e a poppa aguzze), e può essere determinata la forma del profilo di minima resistenza, per dato spessore massimo, che risulta essere quella di un rombo. Le proprietà indicate per la corrente "debolmente disuniforme piana" possono essere estese al caso di corrente "debolmente disuniforme tridimensionale": così si ottiene che la perturbazione, che si produce in un punto P, si propaga solo entro il cono di Mach, che ha il suo vertice in P, semiangolo al vertice eguale a μ, e l'asse coincidente colla direzione di q (cono posteriore di Mach), mentre le perturbazioni che si fanno risentire in un punto P sono soltanto quelle che si producono in punti interni al cono anteriore di Mach.

La determinazione del campo di una corrente uniforme attorno ad un ostacolo sottile (ala di allungamento finito, fuso, o combinazione ala-fuso) può essere fatta col metodo delle singolarità in modo concettualmente analogo a quello seguito in "aerodinamica subsonica" (in corrente linearizzata) per problemi similari.

Detto metodo consiste nel determinare la funzione potenziale del campo come somma di quella del campo uniforme e del potenziale di una opportuna distribuzione di singolarità eseguita sul piano alare (se l'ostacolo è un'ala), o sull'asse (se l'ostacolo è un fuso), o sul piano alare e sull'asse (o sulla superficie del corpo) in caso più generale. Le "singolarità" possono essere, a seconda dei problemi, del tipo "sorgente", o "dipolo" o "vortice".

Ci limitiamo qui a segnalare alcuni risultati di notevole interesse generale.

Se (x, y, z) è il sistema di riferimento, in cui x è nella direzione e nel senso di q, mentre il piano (x, z) è il piano di simmetria (dell'ala, o della combinazione ala-fuso), chiamiamo piano di Mach ogni piano la cui normale forma con x l'angolo complementare dell'angolo di Mach; consideriamo in un punto P1(x1, 0,0) un piano di Mach, e sia P un altro punto generico di detto piano, la cui distanza dall'asse x sia r: per r S-107??? ∞ la grandezza del potenziale perturbato ed il suo gradiente sono invarianti rispetto ad una traslazione finita di tutte le singolarità poste nel piano considerato, di guisa che queste, ai fini del calcolo della velocità perturbata nei punti di una superficie cilindrica di asse x e raggio r, possono essere concentrate in P1 (teorema dell'equivalenza di posizione delle singolarità di Hayes). Il teorema di Hayes è importante perché ai fini del calcolo della resistenza d'onda presentata dall'ostacolo è sufficiente calcolare il trasporto della componente della quantità di moto secondo q attraverso alla superficie cilindrica sopra indicata, dovuta alle singolarità, che rappresentano le perturbazioni, e pertanto detto teorema consente di effettuare tale calcolo come se le singolarità stesse fossero concentrate lungo l'asse, ossia come se l'ostacolo fosse un solido di rivoluzione.

L'applicazione del metodo è illustrata nella fig. 18. Si considera la schiera di piani di Mach paralleli corrispondenti a una determinata orientazione θ attorno a x, e la intersezione di detti piani colla superficie del corpo; si calcola la resistenza del solido di rivoluzione equivalente, che ha cioè la stessa legge di variazione dell'area delle sezioni trasversali, e che risulta ovviamente funzione di θ: la resistenza del corpo in oggetto è la media rispetto a θ delle resistenze così ottenute.

Il metodo cui ora si è accennato, permette di esprimere la resistenza dell'ostacolo (ad es. sistema ala-fuso) sotto la forma

in cui C0, C2, C3 non variano con M e dipendono solo dalla geometria del sistema: precisamente, C0 dipende dalla legge di distribuzione delle aree delle sezioni trasversali; C2 da detta legge e da quella di variazione con x dei momenti di inerzia delle sezioni trasversali (di ogni semiala) rispetto alla retta parallela a z in corrispondenza dell'attacco di detta sezione al fuso: C3 dalle due leggi precedenti e da quella dei momenti di quarto ordine, e così via. Per M = 1 è Rr = C0, e la [13] porta quindi alla "legge delle aree" data in "aerodinamica transonica". Col crescere di M acquistano importanza i termini successivi, e pertanto se si vuole, come è certamente desiderabile, per M ≥ 1 rendere minima la resistenza per tutti i valori di M, o almeno per quelli compresi nell'intervallo 1 ≤ M ≤ 1,4 è opportuna la seguente regola: calcolata la variazione dell'area delle sezioni trasversali in modo da rendere minimo C0, in accordo colla legge delle aree, si determina la legge di variazione dei momenti di inerzia delle sezioni stesse che rende minima la C2 per la distribuzione delle aree prima ottenute; si calcola quindi la legge ottima di variazione dei momenti di quarto ordine, rimanendo inalterate le variazioni delle aree e dei momenti di inerzia e così via. È questa la cosiddetta legge dei momenti delle aree.

Per una data legge ottima di variazione dei momenti ad es. di secondo ordine, il coefficiente di resistenza è proporzionale al rapporto (b/l2)6, in cui b è la semiapertura, e l2 la massima dimensione dell'ala nella direzione dell'asse x. Si ha vantaggio di conseguenza a rendere detto rapporto il più piccolo possibile: il che può essere ottenuto o facendo grande la lunghezza della corda della sezione di attacco dell'ala al fuso (ma ciò porta l'inconveniente di aumentare la superficie lambita dal fluido, e quindi la resistenza d'attrito) o disponendo lungo l'apertura dei corpi siluriformi o tubolari di piccola sezione trasversale (così da rendere piccolo l'incremento della superficie lambita) e di notevole estensione nella direzione dell'asse, e che possono simulare o gondole motrici per motori a getto, o gondole-serbatoio, come è indicato in fig. 19. Gli esperimenti confermano i risultati teorici, come risulta dalla fig. 20.

Di notevole aiuto per il calcolo della azione globale esercitata da una corrente supersonica linearizzata, sono pure i cosiddetti teoremi dei flussi inversi che mettono in correlazione il flusso attorno ad un dato corpo Σ1 con quello attorno a un altro corpo Σ2 avente, con riferimento al sistema di assi di fig. 21, la stessa proiezione S di Σ1, sul piano (x, y), e per il quale la velocità all'infinito è uguale in grandezza ma opposta in senso a quella relativa a Σ1: essi si possono riassumere nella unica formula di Ward-Ursell:

dove p e α sono rispettivamente la pressione e l'incidenza locale della corrente nel flusso che si considera diretto, mentre gli stessi simboli soprassegnati indicano le analoghe grandezze per il flusso inverso. Dalla [14] derivano interessanti conseguenze, tra le quali:

a) la resistenza d'onda di una data ala, con incidenza nulla rispetto alla q, è la medesima nel flusso diretto e in quello inverso; b) a parità di incidenza, la portanza di un'ala non varia variando il senso della q; c) la portanza di un'ala, rotante con velocità angolare ωy attorno all'asse y nel moto inverso, è legata al momento My, rispetto all'asse della rotazione, dell'azione aerodinamica sopra la stessa ala, nel flusso diretto corrispondente ad una incidenza α, dalla

Tra le proprietà di carattere generale è ancora opportuno indicare quella che si riferisce alla legge di similitudine supersonica, strettamente legata a quelle già indicate per l'aerodinamica transonica e subsonica.

Precisamente, se si considerano due sistemi geometricamente affini, perché i flussi attorno ad essi siano simili occorre e basta che si abbia

in queste condizioni il rapporto delle funzioni potenziali dei due campi risulta dato dalla

a cui corrisponde un rapporto dei coefficienti di pressione in punti corrispondenti Cp/Cp = 1, mentre è

avendo i simboli i significati già indicati.

I risultati fino a qui segnalati valgono, da un punto di vista quantitativo, nei limiti in cui è lecito linearizzare l'equazione del moto; se, considerando sempre il caso di una corrente all'infinito uniforme che investe un ostacolo, la perturbazione da questo prodotta non è così piccola da consentire tale semplificazione, l'equazione cui soddisfa la funzione potenziale Φ non è lineare, ma è pur sempre di tipo iperbolico, e pertanto le proprietà da essa presentate sono analoghe a quelle indicate per la [11]; così, se il moto è piano, le linee di Mach, che delimitano la regione in cui la perturbazione che si produce in un punto P si propaga, oppure quella che fa risentire in P le perturbazioni che in essa si producono, non sono più due rette, ma due curve caratterizzate dalla condizione che la tangente ad esse in ogni punto P′ forma l'angolo di Mach

con la direzione della velocità in P′, essendo M il numero di Mach locale (ossia in P′). Se la corrente non è piana, i due coni anteriore e posteriore di Mach, di vertice in un punto P, sono sostituiti da due conoidi (caratteristici), in ogni punto dei quali la velocità forma colla normale ad essi l'angolo complementare di quello di Mach (μ′=π/2−μ). Se per tutti i punti P di un arco AB di linea si producono perturbazioni nella corrente, le superfici S1 e S2 che inviluppano i conoidi caratteristici per P (fig. 22) prendono il nome di superfici caratteristiche e separano la regione dello spazio in cui le perturbazioni si propagano da quella in cui esse non si fanno risentire; le S1 e S2 sono tangenti ad ogni conoide lungo due linee, che prendono il nome di bicaratteristiche.

I metodi generalmente seguiti per lo studio del flusso non lineare, se pure svolti con modalità diverse dai varî autori, si basano generalmente sulla sostituzione all'equazione differenziale del moto con equazioni alle differenze finite, che collegano tra loro i valori delle funzioni incognite e delle loro derivate nei vertici di un reticolato i cui lati appartengono alle bicaratteristiche (metodo delle caratteristiche).

È così possibile costruire campi supersonici in molti problemi; purtroppo però una notevole complicazione esiste, oltre a quella già accennata della non-linearità, che rende l'applicazione del procedimento molto più laboriosa, o che limita la approssimazione del metodo stesso. Nel caso del moto piano, per es., le linee di Mach, che propagano compressioni, risultano convergenti nella regione occupata dal fluido in moto, e pertanto se esse si stendono infinitamente, concorrono certamente in un inviluppo. Ora l'analisi della corrente nelle vicinanze di questo inviluppo mostra che la corrente stessa ha in detta regione singolarità inammissibili dal punto di vista fisico (ad es. si ha tutta una zona in cui si verifica sovrapposizione di linee di corrente diverse, così che ad uno stesso punto del piano fisico vengono a corrispondere diverse velocità). Si è perciò necessariamente condotti a concludere che l'esistenza di una soluzione regolare dell'equazione del moto non può essere ammessa, e per ottenere un flusso fisicamente possibile si devono interrompere le linee di Mach di compressione ad una linea Λ che le intersechi prima del loro inviluppo: la corrente è regolare prima di Λ e dopo Λ, ma in corrispondenza di detta linea si ha una variazione brusca (discontinuità di prima specie) delle velocità, e quindi della pressione e di ogni altra caratteristica fisica del fluido. Appunto perché nei punti della Λ le particelle fluide subiscono una variazione brusca di velocità, ossia ricevono un urto, alla Λ si dà il nome di onda d'urto.

Per conseguenza della convergenza delle linee di Mach di compressione, e della formazione di onda d'urto che ne deriva, la configurazione del campo di corrente attorno ad un profilo alare deve essere modificata, rispetto a quella data nella fig. 17, nel modo rappresentato dalla fig. 23, in cui sono segnati con tratto spesso i fronti delle onde d'urto, che si formano nei bordi di attacco e di fuga, e con tratto sottile le linee di Mach, che propagano le perturbazioni che si producono nei varî punti del profilo.

Ma due conseguenze di grande importanza derivano dal prodursi delle onde d'urto in una corrente supersonica. La prima è che attraverso un'onda d'urto si ha un aumento di entropia e, di conseguenza, una perdita della pressione di arresto (della pressione cioè che il fluido può assumere comprimendosi isoentropicamente sino ad annullare la sua velocità), ed una perdita di energia cinetica dell'unità di massa, a parità di pressione prima e dopo l'urto.

A questa perdita di energia cinetica corrisponde una forza esercitata dalla corrente fluida sul corpo, che è chiamata resistenza d'onda, appunto, perché ha la sua causa e la sua origine nella formazione di onde d'urto nel campo. È da osservare a questo proposito che, se la deviazione della velocità prodotta dall'urto è piccola, l'onda d'urto si può confondere con una linea di Mach: è precisamente quello che si ammette nella teoria lineare. Ora col tendere della linea d'urto alla linea di Mach la variazione di entropia tende a zero; poiché però nella teoria lineare tutte le linee di Mach della stessa schiera a cui appartiene quella a cui si riduce l'onda d'urto sono rette parallele, l'urto è costante lungo tutto il suo fronte e mentre la sua intensità tende a zero, la massa del fluido interessata tende a infinito: il che spiega perché anche la teoria lineare dia una resistenza d'onda non nulla. Nella configurazione effettiva del flusso invece (fig. 23) la intensità dell'urto si attenua procedendo dall'ostacolo verso l'infinito, perché alla linea d'urto arrivano linee di espansione, e si può in effetto dimostrare che a distanza grandissima dal corpo la linea d'onda tende a diventare parabolica (nel moto piano) ad asse inclinato dell'angolo di Mach μ rispetto alla corrente asintotica, mentre l'intensità dell'urto diminuisce proporzionalmente a x-1/2 (se la x è misurata dal punto del profilo in cui l'onda si stacca).

La seconda conseguenza è che, producendo l'urto una variazione della entropia S, il flusso dopo l'urto non può essere isoentropico, se la corrente era uniforme prima dell'urto, a meno che la variazione di entropia prodotta dall'onda non sia costante lungo l'onda stessa, il che richiede che anche la variazione di velocità sia costante, e quindi che l'onda sia piana; d'altra parte la non-isoentropia della corrente porta, in generale, ad una rotazionalità della corrente stessa; così ad es. per un flusso stazionario e isoenergetico, rotazione e variazione di entropia sono legate dal teorema di Crocco:

se T è la temperatura assoluta: calcolando la grandezza del gradiente di entropia immediatamente dietro l'onda si ottiene (per i moti piani) la notevole formula di Truesdell:

se 1/R è la curvatura del fronte d'onda Λ.

Appare così che, se si ha formazione di onda di urto curva nel campo, il teorema di Kelvin della costanza della circuitazione (della velocità) per ogni linea fluida chiusa, secondo il quale ogni moto di fluido perfetto soggetto a forze conservative, che si inizi a partire dallo stato di quiete, è irrotazionale, non è più valido. La generazione di vortici, pure nel fluido perfetto, e quindi la non esistenza del potenziale di velocità, complicano ovviamente in misura notevolissima la determinazione del flusso: lo studio in queste condizioni può essere fatto ricorrendo alla funzione di corrente di Crocco per i moti piani o simmetrici attorno ad un asse, o alle funzioni generalizzate di corrente di Possio per i moti tridimensionali. Ci limitiamo a osservare che, se si esprime la variazione di entropia prodotta da un urto "debole" in serie di potenze della variazione δ di direzione della velocità causata dall'urto stesso, serie che converge se il numero di Mach prima dell'urto non è "troppo elevato", il primo termine dello sviluppo è dell'ordine di grandezza di δ3, e pertanto se δ è abbastanza piccolo la variazione di entropia può essere trascurata senza grave errore; questo vuol dire, che se si esprimono anche i coefficienti di pressione Cp nei punti del contorno in serie di potenze della deviazione δ, e ci si limita in detto sviluppo a considerare al massimo i termini in δ2, il calcolo può essere fatto come se la corrente fosse irrotazionale.

Da quanto sopra è stato detto in relazione alle onde d'urto e alle conseguenze che dalla formazione di esse derivano, si possono ricavare alcune importanti applicazioni.

In primo luogo, poiché la resistenza d'onda ha la sua causa nella formazione di un'onda d'urto, è ovvio che se si riesce ad ottenere che nel campo di moto attorno ad un ostacolo non si abbia urto, la resistenza dell'ostacolo stesso dovrà essere nulla: ora, nel moto piano attorno a profili alari, si può conseguire questo risultato se invece di considerare un solo profilo nel campo, se ne considerano due, e la forma di questi è tale che, disposto il sistema con incidenza nulla rispetto alla q, le linee di Mach di compressione che partono dal contorno dell'uno intersechino l'altro prima di arrivare al loro inviluppo (biplano di Busemann). In fig. 24 A è indicata una tale disposizione, nella quale i due profili sono rispecchiati l'uno dell'altro rispetto all'asse di simmetria x: poiché questo è linea di corrente del campo, è chiaro che il profilo superiore del biplano può essere sostituito da uno schermo piano (fig. 24 B), senza che la configurazione della corrente risulti variata, di guisa che la disposizione (B) è equivalente alla (A) per quanto riguarda la resistenza d'onda, mentre dà luogo a una minore resistenza d'attrito (nel fluido reale) per la minore superficie lambita dal fluido.

Nei moti simmetrici rispetto ad un asse, attorno a solidi di rivoluzione, uguale risultato si ottiene disponendo il solido entro un condotto profilato, che ha la stessa funzione del profilo superiore del biplano che è stato prima considerato (ogiva con ala anulare di Ferrari; fig. 25).

Nei moti tridimensionali attorno ad un'ala si può conseguire, almeno parzialmente, un effetto analogo provvedendo l'ala di uno schermo riflettente, come è rappresentato nella fig. 26 per un'ala triangolare (A. Ferri, J. H. Clarke).

Negli esempî precedenti sono state indicate disposizioni atte ad eliminare od attenuare le onde d'urto, per ridurre la resistenza; in altre applicazioni (diffusori, tubicompressori) le onde d'urto sono ad arte prodotte, perché con questo mezzo è possibile ottenere forti rapporti di compressione con condotti relativamente corti: poiché l'urto produce, come si è detto prima, una perdita della pressione di arresto, e quindi una diminuzione della pressione massima ottenibile, per date condizioni iniziali della corrente, è opportuno suddividere la compressione in più stadî, ciascuno prodotto da un'onda. Nella fig. 27 è indicata la disposizione corrispondente a una compressione a tre stadî, di cui i primi due sono dovuti a onde oblique, e il terzo è prodotto da un'onda retta (normale cioè alla velocità prima dell'urto), mentre nella fig. 28 è data in funzione del numero di Mach della corrente indisturbata l'efficienza del diffusore, definita come il rapporto della pressione ottenuta colle varie disposizioni indicate nella figura stessa a quella che si avrebbe per una compressione isoentropica.

Aerodinamica ipersonica. - Con questa denominazione si indica quella parte della aerodinamica che studia fenomeni e problemi che si presentano in correnti fluide agli alti numeri di Mach M, e hanno la loro causa o la loro origine appunto nell'elevato valore della velocità rispetto a quella del suono, sia che essi si producano solo per numeri di Mach superiori ad un dato limite, sia che essi, pure esistendo anche per le correnti a numeri di Mach qualsiasi, purché superiori ad uno, acquistino particolare importanza ed interesse solo o specialmente agli alti valori di M.

Detti fenomeni o problemi possono essere di natura aerodinamica o di natura fisico-chimica: i primi si riferiscono a certe proprietà tipiche delle correnti molto veloci, per effetto delle quali i metodi di studio differiscono in misura notevole da quelli proprî dell'aerodinamica supersonica, perché alcune ipotesi semplificatrici che sono lecite in questa debbono ora essere abbandonate. I secondi sono dovuti essenzialmente alle altissime temperature che si hanno in determinate regioni e sono prodotte dalle onde di urto, se il fluido è perfetto, da dette onde e dall'attrito a contatto di pareti nei fluidi reali (così ad es. se T2 e T1 sono le temperature dopo e prima dell'urto e M* è il numero di Mach corrispondente alla componente della velocità prima dell'urto, normale alla superficie d'onda, si ha per

che per M*2 = 10 e γ = 1,4 dà, con T1=250 °K, T2=5000 °K). Le elevate temperature eccitano i moti vibratorî degli atomi nelle molecole pluriatomiche e producono dissociazione e ionizzazione delle molecole stesse. In questi processi si hanno sempre fenomeni di rilassamento, per effetto dei quali lo stato del sistema in ogni sua parte ed in ogni istante non corrisponde allo stato di equilibrio, mentre d'altra parte l'esistenza di diverse specie di molecole e di ioni, in presenza di forti gradienti di concentrazione, di temperatura e di pressione dà luogo a fenomeni di diffusione che in una trattazione rigorosa del problema non possono essere trascurati.

Tutto questo ovviamente influenza il campo di moto e gli scambî di energia tra fluido e ostacolo lambito dalla corrente: ci limitiamo però qui a considerare solo problemi di natura aerodinamica e tra essi, almeno in questa parte, solo quelli che si riferiscono a fluidi perfetti.

La condizione essenziale, perché un flusso sia ipersonico è, come si è detto, che il numero di Mach sia elevato; ma la grandezza che detto numero deve avere non è definita in generale, in quanto dipende dalla forma dell'ostacolo, dalla parte del campo in cui il fluido è considerato, oltre che dalla natura del fluido.

Prendiamo in esame i due casi, in cui l'ostacolo posto nella corrente è a prora arrotondata oppure a prora aguzza. Alcune proprietà tipiche del flusso sono analoghe nei due casi, come appare dalla fig. 29 e dalla fig. 30. Da esse si riconosce chiaramente che a prora, per una notevole estensione del contorno del corpo, l'onda d'urto, che separa la corrente indisturbata da quella influenzata dalla presenza dell'ostacolo, è molto vicina a questo. La regione compresa tra l'onda e il contorno del corpo è chiamata strato d'urto; entro questa, nella regione di prora, la pressione e la temperatura sono molto più grandi di quelle della corrente indisturbata, e il flusso è fortemente rotazionale.

Un'altra proprietà che presentano i campi attorno a ostacoli, siano questi arrotondati od appuntiti, è che le equazioni del moto per essi non possono essere linearizzate: questo è ovvio, per il primo caso. Ma ci si può rendere ragione che la stessa circostanza si verifica anche per i "corpi allungati" se si considera che per la linearizzazione è necessario siano piccole le variazioni di velocità prodotte dall'ostacolo, non soltanto rispetto alla velocità della corrente indisturbata ma anche rispetto alla differenza tra questa velocità e la velocità del suono (caso del moto transonico), e infine rispetto alla velocità del suono: ora, in una corrente ipersonica per cui

si può avere

Infine, una interessante e importante proprietà che i campi di corrente ipersonica presentano, indipendentemente dalla forma dell'ostacolo, in una regione opportunamente limitata dei campi stessi, è che il flusso attorno ad un corpo e dietro l'onda d'urto per M S-107??? ∞ dipende solo dalla densità ρ e dalla velocità uniforme q della corrente indisturbata, e non dipende dalla pressione p, dalla entalpia h, dalla temperatura T e dalla velocità del suono a di questa (principio di indipendenza delle correnti ipersoniche di Oswatitsch. Questo principio esprime una proprietà limite, valevole per M così grande che se θc è la massima inclinazione del corpo rispetto alla direzione della corrente indisturbata, sia M sen θc ≫ 1, ed equivale ad affermare che in un flusso corrispondente a dati valori costanti di ρ e di q la configurazione del campo rimane invariata (si può anche dire "congelata" in una configurazione limite) quando si faccia tendere a a zero. La giustificazione del principio di indipendenza consiste nel fatto, che per valori di M sufficientemente elevati, l'onda d'urto di prora è molto intensa; e pressione, densità e tutte le altre caratteristiche fisiche del fluido dietro l'onda dipendono soltanto da ρ e da q, oltre che dalla forma dell'onda; d'altra parte le condizioni del gas immediatamente a valle di questa sono, insieme a quelle che devono essere soddisfatte sul corpo, le "condizioni al contorno" del problema, e pertanto, poiché esse non variano al variare di M, invariante rimane pure la soluzione delle equazioni del moto, e quindi la configurazione del campo.

Il principio di indipendenza è sperimentalmente confermato molto bene, e porta, come sarà indicato in seguito, ad un procedimento approssimato semplice per il calcolo ad es. delle pressioni sull'ostacolo, che si ricollega ad un metodo già indicato da Newton, sia pure partendo da un "modello" del fluido del tutto diverso da quello reale, e quindi anche da quello qui considerato.

La configurazione del flusso nei due casi, di prora acuminata e arrotondata, presenta però anche caratteristiche del tutto diverse, nelle due condizioni, onde conviene considerare separatamente i casi stessi.

a) Correnti ipersoniche attorno a solidi sottili allungati. Se l'ostacolo è sottile e allungato l'onda d'urto rimane molto prossima al contorno dell'ostacolo stesso per quasi tutta la sua estensione, mentre l'inclinazione delle linee di Mach rispetto alle q in tutto, o quasi, lo strato d'urto è molto piccola, come appare dalla stessa fig. 30, e la variazione della componente della velocità secondo la q, rispetto alla q stessa è di conseguenza pure molto piccola. Ne derivano due conseguenze di particolare importanza: 1) la componente del gradiente di una qualsiasi grandezza scalare, caratteristica dello stato fisico del fluido, nella direzione della corrente indisturbata è piccola rispetto alla componente normale; 2) poiché la componente della velocità nel piano tangente all'onda d'urto non è cambiata da questa, la componente normale della velocità perturbata è relativamente grande rispetto alla componente di detta velocità nella direzione di q. Per tradurre in relazioni quantitative le proprietà cui ora si è accennato, si pone, assumendo l'asse x nella direzione e nel senso di q

essendo l la lunghezza di riferimento dell'ostacolo, τ* il parametro di spessore, o l'inclinazione massima (βmax) della superficie Σ del corpo sulla q, o l'incidenza α della q su una retta di riferimento del corpo, mentre le equazioni di Σ e della superficie d'onda, nelle variabili trasformate x′, y′, z′, si indicano rispettivamente con

Assumendo come condizione della ipersonicità della corrente la 1/Mτ*=0 (1), colla quale notazione si vuole significare che al tendere di τ* a zero il primo membro rimane limitato, se si scrivono le equazioni del moto tenendo presenti le trasformazioni [17] e le condizioni al contorno sul corpo e sull'onda d'urto, si ottengono equazioni atte a definire in modo univoco la F, e quindi la superficie d'onda, e la u′, v′, w′, p′ e ρ′, che risultano tutte dell'ordine di grandezza di uno, il che giustifica a posteriori le trasformazioni stesse. Ma un'altra interessante proprietà si deduce dal predetto sistema di equazioni: appare difatti che il problema della determinazione della u non è concatenato a quello relativo alle altre variabili, e questo, a sua volta, è equivalente al problema di determinare un moto non permanente in uno spazio con un numero di dimensioni minore di uno rispetto a quello in cui il problema ipersonico è posto (principio di equivalenza di Hayes). Precisamente, il problema non permanente equivalente è quello relativo al moto in un piano (x′ = cost.) di una linea rigida chiusa, sezione con detto piano della superficie dell'ostacolo considerato, supposta mobile con velocità - q (fig. 31); così, per es., il problema del flusso ipersonico attorno a un solido di rivoluzione appuntito è equivalente a quello non stazionario in un piano trasversale all'asse x, di un cilindro circolare il cui raggio varia nel tempo, a partire dal valore zero all'istante t* = x* = 0, colla velocità

se r′ è il raggio (trasformato colle [17]) del parallelo sezione del solido col piano sopra considerato. Questa analogia è simile a quella già indicata in aerodinamica transonica a proposito del teorema di Ward e che, per corpi sottili ed allungati vale anche in aerodinamica supersonica. La differenza sostanziale rispetto ad essa è che, nello studio del moto nel piano trasversale della sezione dell'ostacolo, in aerodinamica transonica o supersonica il fluido è considerato come incompressibile, mentre ora esso deve essere considerato come compressibile.

Il principio di equivalenza è stato esteso anche al caso di moto ipersonico non permanente, e la applicazione (M. J. Lighthill) del metodo corrispondente per il caso in cui il contorno del corpo nel piano x = cost. è "quasi rettilineo" è ora nota col nome di piston theory; altre applicazioni sono state fatte con metodi diversi da quelli di Lighthill, per es. (S. C. Lin, L. I. Sedov) ricercando "soluzioni simili" (per le quali, cioè, con un opportuno cambiamento di scala dalla soluzione corrispondente ad un determinato istante t può essere ricavata la soluzione relativa ad un altro istante qualsiasi), oppure facendo uso del metodo delle caratteristiche.

Un'altra conseguenza deriva dalla considerazione delle equazioni del moto, quando siano fatte le trasformazioni [17], e precisamente che i parametri M e τ* appaiono solo nella combinazione M τ*: si può affermare pertanto che per ostacoli ottenibili l'uno dall'altro colla trasformazione affine definita dalle prime tre delle [17], i campi di flusso sono simili, nel senso che velocità, pressioni e densità in punti omologhi sono proporzionali secondo le [17] stesse, se il parametro M τ*, che è chiamato parametro di similitudine ipersonica, è per essi uguale (legge di similitudine ipersonica di Tsien). Detta legge conduce ad esprimere il coefficiente di pressione con la

confermata sperimentalmente (fig. 32).

b) Correnti ipersoniche attorno a solidi con prora arrotondata. In questo caso l'onda d'urto di prora è vicina al corpo, come si è detto, ma staccata da esso, e una parte dello strato d'urto è a velocità subsonica: il problema è quindi, di nuovo, come in aerodinamica transonica, di tipo misto, e presenta in più la difficoltà che ora il fluido è fortemente rotazionale. D'altra parte l'esistenza di una regione subsonica impedisce l'applicazione di metodi, come quello delle caratteristiche, che sono molto comodi per lo studio di moti a velocità superiore a quella del suono.

I procedimenti seguiti consistono essenzialmente in una ricerca di soluzione numerica delle equazioni del moto, e sono stati applicati a due tipi di problemi:

1) problema diretto: è data la forma dell'ostacolo e la corrente che lo investe, e si vuole determinare l'onda d'urto e la distribuzione delle velocità e delle pressioni;

2) problema inverso: si assume la forma dell'onda d'urto, e si ricerca la forma del corpo che, per data corrente all'infinito, produce dette onde, e la distribuzione delle velocità e delle pressioni.

Per il problema diretto i procedimenti adoperati con maggiore successo sono quelli basati sul metodo di rilassamento di R. V. Southwell, che peraltro è molto laborioso, e non si presta bene all'uso di macchine calcolatrici, o sul metodo integrale di A. A. Dorodnitsyn, che ha sul precedente il vantaggio di permettere una più comoda utilizzazione delle macchine calcolatrici: svariati esempî di applicazione di detto metodo, che va bene per qualunque numero di Mach, sono stati svolti da O. M. Belotsenkovski. Alcuni risultati relativi al cilindro circolare sono dati dalle figg. 33, 34.

Per quanto si riferisce al problema inverso si ha una difficoltà fondamentale, a cui deve essere fatto subito cenno: assumendo la forma dell'onda d'urto e la corrente a valle, si ricavano dalle equazioni dell'urto e da quelle del moto sia i valori delle funzioni incognite sia quelli delle loro derivate sull'onda stessa, di guisa che la determinazione del campo risulta in sostanza un problema di Cauchy. Ora, tale problema è, dal punto di vista matematico, "ben posto" se le equazioni sono di tipo iperbolico, "mal posto" se invece esse sono di tipo ellittico: ma questo è il caso che precisamente si presenta nel problema in esame, data l'esistenza della regione subsonica cui sopra si è accennato. È perciò da attendersi che la continuazione analitica del flusso a partire dal fronte dell'onda d'urto conduca a singolarità nel campo: nel problema ipersonico però lo strato d'urto tra il corpo e l'onda è molto sottile e pertanto può accadere che dette singolarità siano entro il corpo, ossia all'esterno della regione in cui la soluzione deve essere ottenuta.

Speciali artifici sono stati usati per superare la difficoltà, cui ora si è fatto cenno, da K. W. Mangler, M. D. Van Dyke ed altri; particolarmente interessante è il metodo usato da P. R. Garabedian, che consiste nel fare la continuazione analitica dei dati iniziali in un dominio complesso, trasformando una delle variabili indipendenti da reale (y) a complessa (y = y1+iy2) e nel trasformare così il sistema ellittico in un sistema iperbolico per il quale il problema dei valori al contorno è ben posto. In questo modo non è che la instabilità intrinseca nel problema originario sia eliminata; essa viene però trasportata da questo problema, che è retto da un'equazione ellittica molto complessa, al problema della continuazione analitica dei dati iniziali nel dominio complesso della variabile y1+iy2, che è retto dall'equazione di Laplace. Se l'onda d'urto ha una forma semplice così da consentire di risolvere esattamente il problema della continuazione analitica dei dati iniziali nel piano della variabile complessa y1+iy2, la determinazione del flusso risulta del tutto corretta. Sono state fatte da Garabedian e Lieberstein molte applicazioni del metodo accennato, ed in fig. 35 sono risultati ottenuti in una di queste applicazioni.

Una trattazione unica nei due casi, di prora aguzza e prora arrotondata, si può fare se il numero di Mach è così elevato che il principio di indipendenza può essere usato, ed essa porta a determinare una configurazione limite a cui la configurazione effettiva (per un dato M) tanto più rapidamente si accosta quanto più tozzo è il corpo. A questo proposito deve essere innanzi tutto osservato che, col crescere di M, e quindi dell'incremento di temperatura nello strato d'urto, il rapporto limite delle densità prima e dopo l'urto diminuisce sensibilmente rispetto a quello che si ha assumendo le caratteristiche fisiche dopo l'onda, e nello strato d'urto, identiche a quelle della corrente indisturbata: in effetto detto valore limite è dato da (p22)/(h2+e2), in cui h2 ed e2 sono l'entalpia e l'energia interna dell'unità di massa dopo l'onda; ora le grandi energie che sono messe in gioco dai complessi fenomeni di natura fisica e chimica che si producono alle elevate temperature influiscono molto di più nel senso di aumentare h2+e2 che non in quello di incrementare p22 ed è per questo che il valore limite di ρ12 può scendere dal valore

al valore 0,07 ed anche meno per M sufficientemente elevato. Appare pertanto naturale ricercare innanzitutto quale è la configurazione limite per un flusso con M S-107??? ∞, e ρ12 S-107??? 0 (corrispondente a un valore di γ tendente a 1). Il risultato è molto semplice: in queste condizioni si ricava infatti che l'onda d'urto coincide col contorno dell'ostacolo, e la variazione di pressione attraverso l'urto è data dalla

se θ è l'angolo che la q forma colla normale all'elemento della superficie del corpo nel punto in cui la pressione dopo la onda è p2: la [20] coincide esattamente con la formula di Newton per il calcolo dell'azione aerodinamica sopra un ostacolo, e come tale è ricordata, così come il flusso limite in esame è chiamato flusso newtoniano. La p2 non è però la pressione sulla superficie del corpo, a meno che questo sia un ostacolo a diedro o un cono con incidenza nulla: in effetto, la massa fluida compresa tra l'onda e il corpo rimane finita e non nulla per γ S-107??? 1 e M S-107??? ∞, perché se χ è lo spessore dello strato d'urto il rapporto limite χ(ρ12) tende a un valore finito non nullo. Se la curvatura delle traiettorie delle particelle fluide sul corpo non è nulla, ne risulta per esse una forza centrifuga, che determina una differenza di pressione tra superficie d'onda e ostacolo, che si conserva anche quando si fa tendere χ a zero. La formula corretta col termine centrifugo, che dà la pressione sull'ostacolo, è chiamata formula di Newton-Busemann; essa è stata data da Busemann per corpi cilindrici o di rivoluzione, da Hayes per il caso generale.

È opportuno osservare che già la formula di Newton dà risultati che sono in buon accordo con quelli sperimentali, anche per numeri di Mach non molto elevati, specialmente se nel calcolo della pressione alla [20] si sostituisce la

che a meno di termini dell'ordine di M2 dà per θ = 0 la pressione effettivamente esercitata dal fluido sopra una parete normale a q (v. per es. fig. 36).

Le ricerche eseguite coi varî metodi cui sopra si è fatto cenno per i casi a) e b) e per quello limite corrispondente al "flusso congelato", hanno portato a numerosi interessanti risultati, che permettono ad es. di prevedere in ottimo accordo coll'esperienza la distribuzione delle pressioni sulla prora di varie forme di ostacoli.

Il problema della determinazione della "forma ottima" per aerei o "missili" ipersonici, si presenta sotto un aspetto diverso che in aerodinamica transonica o supersonica: in effetto, alle velocità ipersoniche è il problema termico quello dominante, ed ogni ricerca, anche quella della forma ottima, è indirizzata al fine di rendere minimo il riscaldamento aerodinamico. Ora per aerei o missili, il cui raggio di azione è minore di un quarto della circonferenza terrestre, il riscaldamento diminuisce col crescere della "efficienza" dell'aereo, ossia del rapporto portanza-resistenza, e ciò in quanto al crescere di tale rapporto, a parità di peso portato, diminuisce la velocità di volo; per raggio di azione più grande si ha maggior vantaggio invece a rendere tale rapporto piccolo perché la diminuzione di velocità corrispondente a un maggior valore dell'efficienza ha minore effetto, sul riscaldamento, di quello che corrisponde alla minore densità dell'aria alle quote di volo, che sono tanto più alte, per un dato raggio di azione, quanto più piccola è l'efficienza.

Chiameremo aerei o missili ipersonici quelli a raggio di azione inferiore a 1/4 della circonferenza terrestre, subsatelliti quelli a "gittata" maggiore.

Per i primi, al fine di elevarne l'efficienza è opportuno sfruttare gli effetti benefici di interferenza tra ala e fuso: a tale scopo si osservi che se il corpo portante l'ala è situato tutto al disotto dell'ala, nella disposizione indicata in fig. 37, l'onda d'urto che si forma sulla sua prora interessa soltanto la parte facciale dell'ala stessa, e quindi ne incrementa la portanza, mentre la resistenza d'onda complessiva diminuisce. Per utilizzare poi ai fini della portanza la suddetta onda d'urto è opportuno che l'ala abbia forma tale da estendersi soltanto nella regione influenzata dall'urto, di guisa che ne risulta per essa la configurazione rappresentata in fig. 38 a. Infine un ulteriore aumento dell'efficienza può essere ottenuto se le parti estreme dell'ala sono notevolmente piegate verso il basso (fig. 38 b), così che il flusso laterale, conseguente alla diminuzione di pressione sulla faccia, dalla sezione di mezzo alle estremità, produce una variazione di quantità di moto del fluido verso il basso, a cui corrisponde una forza di reazione sul corpo verso l'alto. Ne risulta in definitiva la forma indicata in fig. 39, mentre i valori dell'efficienza che colla disposizione ora indicata si possono raggiungere ai varî numeri di Mach sono dati nei diagrammi della fig. 40, ciascuno dei quali corrisponde al valore del coefficiente di attrito indicato sui diagrammi stessi. Nella stessa figura è pure mostrato come, al crescere di M, l'apertura dell'ala e in definitiva la superficie alare, risultino sempre più ristrette. È da notare come la freccia delle ali, che per le forme ottime a velocità supersoniche è di scarsa importanza (come appare dalla fig. 20), ora riappare in misura sempre più accentuata. L'esperimento conferma i benefici effetti conseguenti alla disposizione ora detta, in rapporto a quella ad ala media, o ad ala alta, come è indicato in fig. 41.

Per i subsatelliti la prora deve essere alquanto più arrotondata di quella corrispondente al caso prima considerato, il che favorendo la diminuzione della quantità di calore trasmessa dal fluido al corpo, diminuisce il riscaldamento di questo, mentre per ottenere una portanza ed avere organi di controllo e di comando è opportuno che il corpo stesso abbia piatta la parte superiore e sia provvisto di alette, o pinne, come è rappresentato in fig. 42.

Dinamica dei fluidi viscosi.

Moto laminare. - L'ipotesi della "perfetta fluidità" è una pura astrazione in quanto ogni fluido reale oppone una "resistenza" a ogni variazione di forma, resistenza che si manifesta con uno sforzo specifico relativo ad ogni elemento di superficie dS immerso nel fluido, che non è, come nel fluido perfetto, normale all'elemento, e dipende inoltre dalla orientazione di questo. Le componenti τij degli sforzi specifici relativi a tre faccette adiacenti di un parallelepipedo elementare, i cui spigoli sono diretti come gli assi (ortogonali) di riferimento (x1, x2, x3), costituiscono un tensore di secondo ordine simmetrico (tensore delle tensioni). D'altra parte l'analisi del moto nell'intorno di un punto generico dimostra che questo si può in ogni istante considerare come composto di un moto rigido e di un moto di deformazione, definito dalla parte simmetrica (Dij/2) del tensore di secondo ordine

in cui ui è la componente della velocità nella direzione dell'asse xi (tensore di deformazione). In un fluido newtoniano si assume una relazione di proporzionalità tra le componenti omonime dei due tensori:

in cui p è la pressione idrostatica, e θ è la velocità di dilatazione cubica

nulla se il fluido è incompressibile. Le grandezze μ e λ sono chiamate rispettivamente primo e secondo coefficiente di viscosità, e, se si ammette che il valor medio delle tensioni normali τii sia uguale a − p, sono legate dalla relazione

La teoria cinetica dà ragione delle tensioni viscose τij, che risultano conseguenza del trasporto di quantità di moto attraverso ad ogni elemento di superficie dS dovuto al moto di agitazione termica molecolare, e ricava le [1] [2] come espressioni di prima approssimazione; una seconda approssimazione introduce a secondo termine delle [1] [2] termini addizionali alquanto complessi, connettenti tra l'altro le tensioni col flusso di calore: nelle condizioni ordinarie di pressione questi termini hanno una influenza trascurabile, mentre possono diventare importanti se il gas è molto rarefatto. La stessa teoria cinetica dà pure la [3], che peraltro risulta sperimentalmente confermata da misure di assorbimento del suono solo per gas monoatomici, e pone pure in relazione il coefficiente di trasporto molecolare delle quantità di moto, ossia μ, col coefficiente di trasporto molecolare dell'energia termica (coefficiente di conducibilità termica) k: detta relazione è

ove cp è il calore specifico dell'unità di massa a pressione costante, Pr, variabile da fluido a fluido, è il numero di Prandtl. Per l'aria è Pr ≅ 0,75.

L'introduzione delle tensioni viscose fa sì che le equazioni del moto (equazioni di Stokes-Navier) risultino di ordine più elevato delle equazione di Eulero relative al fluido perfetto, e all'ordine più elevato corrisponde una condizione al contorno aggiuntiva: nei punti delle superfici delimitanti un qualsiasi solido lambito dalla corrente deve essere nulla non solo la componente normale della velocità relativa al solido stesso, ma anche la componente tangenziale (condizione di aderenza), e questo indipendentemente dal valore del coefficiente di viscosità del fluido, almeno se la pressione di questo è superiore ad un dato limite. Anche l'equazione della energia è, nella temperatura T, di ordine più elevato di quella scritta per il fluido perfetto, in quanto in aggiunta al termine convettivo si ha ora un temune diffusivo corrispondente al trasporto molecolare; si deve poi osservare che si ha pure un termine, che ha il significato di sorgente di calore, corrispondente alla velocità con cui viene dissipata energia per effetto delle tensioni viscose, ed è dato dalla cosiddetta funzione di dissipazione

avendo posto

Ovviamente i teoremi e le proprietà fondamentali ricavati per i fluidi perfetti subiscono ove si voglia riferirli a fluidi reali profonde alterazioni: così il teorema di Kelvin relativo alla costanza della circuitazione per ogni linea fluida chiusa, per un fluido incompressibile, deve essere modificato nel senso che per una linea fluida chiusa L la velocità di variazione della circuitazione ad essa relativa dipende solo dalla viscosità cinematica (ν=μ/ρ) e dalle derivate rispetto alle coordinate xi delle componenti della rotazione ω di q(ω = rot q) nei punti della linea stessa, in modo tale che essa è zero se non vi è vorticità nell'intorno della L, ed è in ogni caso piccola, per piccolo ν, a meno che la vorticità varî rapidamente in detto intorno. Così pure i teoremi di Helmholtz sul trasporto della vorticità sono modificati nel fluido reale, poiché ogni componente della vorticità di un elemento fluido ha, in aggiunta alla variazione che essa avrebbe in assenza di viscosità, una variazione addizionale che segue la legge di conduzione del calore quando al coefficiente di conducibilità termica si sostituisca il coefficiente di viscosità cinematica. Si può anche dire che la vorticità si trasporta col fluido, ma contemporaneamente si diffonde; e ne deriva che la vorticità in un fluido viscoso non può prodursi nell'interno del fluido stesso, ma si deve generare ai limiti del campo. Dalle equazioni di Stokes-Navier e da quelle dell'energia e di continuità si deduce poi che parametri di similitudine (quantità cioè che debbono essere uguali per due fenomeni di moto in campi delimitati da ostacoli geometricamente simili perché si abbia similitudine dinamica) sono: il numero di Reynolds,

in cui q e ν sono i valori di riferimento della velocità e della viscosità cinematica nei due campi, mentre l è una dimensione lineare caratteristica dei campi stessi; il numero di Mach,

il numero di Prandtl

Sono assai pochi i problemi per i quali le equazioni di Stokes-Navier possono essere integrate; essenziali semplificazioni si hanno per valori di Re o molti piccoli, o molto grandi. Limitandoci qui a considerare questo secondo caso osserviamo che se il numero di Reynolds è sufficientemente elevato, per una corrente che lambisce un solido, fisso rispetto al sistema di riferimento, la velocità passa dal valore nullo, a contatto del solido, a un valore uguale, o paragonabile a quello che la corrente avrebbe se la viscosità fosse nulla, entro uno strato tanto più sottile quanto più grande è Re: questo è indicato dagli esperimenti ed è pure confermato dalla determinazione teorica del flusso entro un condotto convergente. In questo strato le

e quindi le velocità di deformazione, hanno valore elevato, e di conseguenza le tensioni viscose non possono essere trascurate rispetto alle forze di inerzia. All'esterno di esso, invece, le velocità di deformazione sono relativamente piccole, e quindi se il coefficiente di viscosità è pure piccolo, le tensioni cui questa dà luogo saranno trascurabili rispetto alle azioni dovute alla variazione di pressione e alle forze d'inerzia; appare pertanto logico dividere il campo di moto in due parti: l'una costituita dallo strato adiacente alla parete entro la quale il fluido deve essere considerato viscoso, ed il moto è retto dalle equazioni di Stokes-Navier; l'altra esterna, in cui il fluido può essere considerato perfetto, e, in generale, la corrente irrotazionale è retta dalle equazioni di Eulero. È quanto fu precisato dal Prandtl nel memorabile congresso di meccanica applicata di Heidelberg (nel 1904), nel quale egli mostrò anche quali sono le semplificazioni che si possono apportare alle equazioni di Stokes-Navier tenendo conto dell'ordine di grandezza dello "spessore" della regione che è occupata dal fluido viscoso.

Questo strato sottile, adiacente alla parete, di fluido viscoso è chiamato strato limite e le equazioni corrispondenti sono dette equazioni dello strato limite. Da esse si deduce: a) se δ è lo spessore dello strato limite, e Re = q l/ν, si ha δ/lRe-1/2; b) la pressione è costante in ogni sezione trasversale dello strato, e pertanto la sua variazione lungo lo strato stesso è determinata dalla corrente esterna a potenziale, essendo data precisamente da dp/dx = −ρeue(due/dx), ove ue è il valore di u al confine esterno dello strato. Ora, se lo spessore δ è realmente molto piccolo, le condizioni a cui la corrente esterna deve soddisfare non differiscono sensibilmente da quelle al contorno del corpo in assenza di viscosità, e perciò essa può essere determinata coi metodi proprî dell'aerodinamica dei fluidi perfetti. La teoria dello strato limite di Prandtl getta così un ponte tra la dinamica dei fluidi perfetti e quella dei fluidi viscosi, e mentre utilizza i risultati della prima riuscendo a soddisfare alle effettive condizioni al contorno nel flusso del fluido reale, consente di ridurre lo schema teorico ad essere molto più aderente alla realtà e a dare risultati non solo qualitativi ma anche quantitativi per problemi, quali quelli corrispondenti alla resistenza d'attrito, e alla trasmissione termica, che ner il fluido perfetto nemmeno potevano essere posti.

A questo riguardo deve ancora essere fatta un'altra osservazione: a contatto della parete, ossia per y = 0, è

e quindi se la pressione diminuisce nel senso del moto il diagramma delle velocità nella sezione trasversale ha curvatura negativa (fig. 43) in vicinanza dell'ostacolo, e poiché al confine esterno dello strato

questo segno della curvatura può conservarsi attraverso tutto lo strato ed il diagramma (u, y) ha la forma indicata nella stessa fig. 43. Se invece la pressione cresce, la curvatura del diagramma (u, y) è positiva per y=0, negativa al confine esterno, e pertanto deve cambiare di segno, e il diagramma deve avere un punto di flesso in un punto intermedio (fig. 44). Crescendo dp/dx diminuisce la (∂u/∂y)0 e può accadere che per un valore opportunamente elevato di dp/dx la (∂u/∂y)0 si annulli: per un ulteriore aumento di dp/dx si ha (∂u/∂y)0 〈 0 ossia, poiché (u)y=0, la corrente adiacente alla parete ha segno contrario a quello della corrente esterna, e la configurazione del campo di moto viene ad essere quella rappresentata in fig. 44. Appare da essa che il fluido che lambisce il contorno dell'ostacolo deve staccarsi dal contorno stesso in un punto P caratterizzato dalla condizione (∂u/∂y)0 = 0, e la vorticità, che prima era confinata nello strato limite a contatto della parete, viene ad essere trasportata via da questo e trascinata nell'interno del fluido: la regione, a valle di P, occupata da questo fluido in modo rotazionale costituisce la scia, mentre si dice che il flusso presenta separazione. Numerosissime sono le ricerche svolte nella teoria dello strato limite di fluido incompressibile, particolarmente per moti piani: quelle più semplici si riferiscono al flusso attorno a una piastra piana con gradiente di pressione nullo (problema di Blasius) oppure (problema di Falkner e Skan) con velocità all'esterno dello strato variabile colla legge

Per ricerche in casi generali sono stati usati metodi varî. Alcuni fanno uso di sviluppi in serie (serie di Blasius, serie di Görtler). Nella prima le variabili indipendenti sono le ordinarie coordinate ortogonali x e y; nella seconda, che dà il metodo più appropriato e corretto per la risoluzione di problemi di strato limite, alle x e y sono sostituite le

ed è degno di nota che il primo termine della serie soddisfa all'equazione di Falkner e Skan, e dia quindi la soluzione corrispondente a questo caso quando la distribuzione della velocità esterna è del tipo ue = cxm.

In altri procedimenti sono adoperate trasformazioni varie, e delle variabili dipendenti e delle variabili indipendenti: così nella trasformazione di von Mises si usano come variabili indipendenti, in luogo della x e della y, la

e la funzione di corrente ψ, e si assume come variabile dipendente la

l'equazione (di von Mises) che definisce la z è formalmente analoga a quella che definisce la conduzione del calore, e pertanto è di tipo parabolico. Infine nel metodo integrale di Kármán-Pohlhausen l'equazione dello strato limite non è soddisfatta in ogni punto dello strato, ma in media, in quanto si sostituiscono alle funzioni incognite funzioni che le approssimano, nel senso che verificano al confine esterno e a quello interno dello strato le condizioni al contorno corrispondenti alla soluzione effettiva, e contengono un parametro arbitrario, funzione della sola x, che si determina imponendo alle funzioni assunte di soddisfare all'equazione che si ottiene integrando rispetto a y l'equazione dello strato limite.

Un'osservazione valida per tutti i procedimenti che non dànno soluzioni esatte delle equazioni dello strato limite in forma finita, è che, se si ha separazione del flusso, questo è singolare nel punto di separazione, e pertanto la convergenza di ogni metodo di soluzione, sia di sviluppo in serie, sia "passo per passo", sia per approssimazioni successive, in detto punto di separazione non esiste.

Per la determinazione della distribuzione della temperatura, si definisce, in completa analogia a quanto è stato fatto per le velocità, lo strato limite termico, strato sottile, entro il quale il termine corrispondente al trasporto molecolare di energia termica è dello stesso ordine di grandezza di quello convettivo, e il cui spessore δT, come si ricava dall'equazione dell'energia, si può ritenere legato a δ dalla δT/δ ≈ 1/Pr1/2. Dalla stessa equazione risulta poi che, per un fluido incompressibile, i due problemi della determinazione del moto nello strato limite cinetico, e della temperatura nello strato limite termico sono separati, perché le equazioni del moto sono indipendenti da quella dell'energia. D'altra parte sembra ovvio che per la identità della causa che produce la diffusione della quantità di moto e del calore, tra gli effetti che detta causa produce deve sussistere una analogia: invero, l'analogia è completa, ossia esiste non soltanto fra le azioni risultanti tra il fluido e la parete lambita (e pertanto tra i coefficienti di scambio), ma fra gli stessi diagrammi che definiscono le distribuzioni della velocità e della temperatura, se le condizioni al contorno nei due problemi sono analoghe, se il numero di Prandtl Pr è uguale a uno, e se grad p = 0 (analogia di Reynolds). Nelle condizioni ora dette si ha infatti, se Tp è la temperatura (costante) alla parete,

poiché la velocità alla parete, up, è nulla, mentre se Qp(x) è la quantità di calore trasmessa dal fluido al corpo per unità di superficie e per unità di tempo e τ(x) è la tensione tangenziale alla parete si ha

di guisa che, se si indica con St il numero di Stanton

si ha

essendo cf il coefficiente di resistenza d'attrito locale

Se il numero di Prandtl non è uguale a uno, l'analogia relativa alle leggi di variazione della temperatura e della velocità non sussiste più, ma se si ha ancora Tp = cost. e grad p = 0 vale sempre l'analogia di Reynolds per quanto si riferisce ai coefficienti, colla differenza che alla [7] deve essere sostituita la

mentre relazioni analoghe alla [7′], ma più complesse valgono se grad p≠0 e la temperatura alla parete varia con legge qualsiasi (M. J. Lighthill).

Se il fluido è compressibile, la complessità dei problemi di strato limite è notevolmente più grande di quella relativa alla corrente incompressibile, innanzitutto perché vi è interdipendenza tra le equazioni del moto e quella dell'energia, in conseguenza delle variazioni della densità, della viscosità e della conducibilità termica colla temperatura. In secondo luogo, se la corrente è supersonica e vi sono onde d'urto che penetrano nello strato limite, l'assunzione che la rapidità di variazione della velocità e della temperatura in direzione normale alla parete sia molto più grande che nella direzione della parete stessa, è ben lontana dall'essere verificata in vicinanza di un fronte d'onda, ove si hanno invece condizioni del tutto opposte. In una regione in cui si abbia interferenza di onda d'urto e strato limite la validità della teoria dello strato limite è perciò alquanto dubbia; d'altra parte, se l'onda è curva, il flusso è rotazionale anche nella corrente esterna, e di conseguenza la separazione tra detta corrente e lo strato limite è più difficile a definirsi. Infine, mentre nella corrente incompressibile l'effetto dello strato limite sul flusso esterno è molto piccolo se non vi è separazione, in un flusso compressibile a velocità superiore a quella del suono le piccole perturbazioni prodotte dallo strato hanno una influenza tanto più grande quanto maggiore è il numero di Mach. In effetti se la corrente è ipersonica esse possono modificare così notevolmente la configurazione del campo da non potere più considerare separatamente le correnti esterna ed interna.

I metodi usati per i problemi di strato limite in fluido compressibile sono concettualmente analoghi a quelli indicati per il flusso incompressibile: una semplificazione essenziale si ha per Pr = 1, grad p = 0, e Tp = cost., indipendentemente dall'essere la trasmissione termica alla parete nulla (caso della parete adiabatica), o qualsiasi; ed anche, per Pr = 1, Tp = cost. e grad p ≠ 0, limitatamente però al caso adiabatico. In queste condizioni infatti vale l'integrale primo dell'energia, che nel caso adiabatico ha la forma

(formula di Busemann), se h è l'entalpia, e Ht è la cosiddetta entalpia totale; per trasmissione termica differente da zero si ha invece

(equazione di Crocco), in cui A e B sono costanti determinate dalla temperatura alla parete e dalla trasmissione termica. In questo secondo caso l'analogia di Reynolds è di nuovo completa in quanto vale sia per i campi, sia per i fattori di scambio, colla sola modifica essenziale, che al posto della temperatura T deve essere sostituita la temperatura totale (corrispondente alla entalpia totale): si ha cioè

se k e μ sono i valori di k e di μ corrispondenti alla corrente esterna, e poiché

in cui Ta è la temperatura di arresto della corrente esterna, si deduce ancora St = cf/2, se per il numero di Stanton si assume

Per Pr = 1, in grazia dell'esistenza degli integrali primi di Busemann o di Crocco, i due problemi della determinazione del moto e della distribuzione della temperatura sono di nuovo separati, e la stessa circostanza si verifica, indipendentemente dal valore di Pr, se si assume

in entrambi i casi opportune trasformazioni delle variabili (indipendenti e dipendenti) (trasformazione di von Mises, di Stewartson, di Howarth e di Dorodnitsyn) permettono di rendere le equazioni dello strato limite identiche a quelle corrispondenti al fluido incompressibile. Se Pr ≠ 1, e si assume quale legge di variazione della viscosità colla temperatura una legge più corrispondente alla reale di quella data dalla [9], il problema è molto complesso; le ricerche più complete, che comportano soluzioni numeriche, si hanno per il caso della piastra piana (grad p = 0) (Crocco, Kármán-Tsien). Queste conducono, tra l'altro, alla interessante estensione dell'analogia di Reynolds per i fattori di scambio: la forma della legge che collega la trasmissione termica e la resistenza di attrito è la stessa per alte velocità (M > 1) e per piccole velocità (M ≪ 1) se si sostituisce alla temperatura T della corrente esterna la temperatura di arresto alla parete Ta,p definita per Pr ≠ 1 dalla

in cui il fattore di ricupero, r, costante, risulta molto prossimo a Pr1/2. Con questa avvertenza, la [7′] continua ad essere valida anche per i fluidi compressibili.

Nel caso di correnti ipersoniche, come già si è detto, la perturbazione che lo strato limite produce nella corrente esterna non può essere trascurata. Questa interferenza tra strato limite e fluido esterno può essere distinta in due parti: l'una, che è chiamata interazione di pressione, si riferisce alla variazione della legge di pressione esterna allo strato rispetto a quella che si avrebbe in fluido perfetto; l'altra, che è indicata come interazione di vorticità, è conseguenza del fatto già detto, che la vorticità nella corrente esterna, conseguente alla formazione di un'onda d'urto curva, può essere dello stesso ordine di grandezza della vorticità media nello strato limite conseguente all'azione delle tensioni viscose, e influisce sulle condizioni che devono essere soddisfatte dal flusso al confine dello strato (precisamente, al confine esterno dello strato la velocità e la vorticità devono essere uguali a quelle corrispondenti al confine interno del flusso non viscoso, collo stesso valore della funzione di corrente).

Per la valutazione degli effetti di dette interazioni la teoria dello strato limite può essere applicata, almeno nella regione per cui (δ/x)2 ≪ ρe, se δ è lo spessore dello strato, sostituendo l'ostacolo con un "corpo equivalente" in fluido non viscoso, il cui contorno è ottenuto da quello del corpo effettivo aumentando lo spessore di questo, in ogni punto, del cosiddetto "spessore di spostamento" δ* definito dalla

Dalla [10], che dà la temperatura alla parete nel caso adiabatico, appare che per i valori di M proprî dei moti ipersonici la Ta,p è elevatissima (già per M = 10 e Pr = 0,75 si ottiene Ta,p = 18,4 T, e pertanto per T = 250 °K, Ta,p = 4600 °K!); la densità dentro lo strato limite è pertanto molto piccola, e questo fa sì che lo spessore di spostamento δ* e lo spessore dello strato limite δ poco differiscano tra loro. Si può così assumere per il "solido equivalente" un contorno che è molto prossimo a quello del confine esterno dello strato limite, a cui corrisponde in ogni punto una deviazione β della corrente (rispetto alla q) data da β = βc + dδ*/dx, se βc è l'inclinazione sulla q, del contorno del corpo reale. In questo modo, per (δ/x)2 ≪ ρe, il problema è ridotto a quello di determinare la soluzione del classico problema di strato limite soggetto ad un campo esterno con gradiente di pressione e vorticità che non sono noti a priori, ma dipendono dalla rapidità con cui aumenta lo spessore dello strato stesso. Secondo le ricerche di L. Lees e R. F. Probstein, per quanto si riferisce all'interazione di pressione, si può dividere il campo in due parti, l'una a "debole", l'altra a "forte" interazione. Nella prima parte, che si ha a distanza dal bordo di attacco, gli effetti prodotti dal gradiente di pressione "autoindotto" dallo strato sono da considerarsi come "perturbazioni", che si sovrappongono al flusso che si avrebbe se il fluido fosse non viscoso: in essa è dδ*/dx 〈 βc, ed il fattore di similitudine locale K = M β è minore di 1. In queste condizioni, assumendo quale legge di variazione della viscosità colla temperatura la μ/μ = c T/T (c = costante), risulta per il flusso ipersonico su una data parete piana

mentre è

Nella seconda parte, che è invece prossima al bordo di attacco, si ha

Appare così che nella "interazione debole" lo spessore dello strato limite è proporzionale a x1/2 come nel flusso supersonico, mentre nella "interazione forte" detto spessore cresce proporzionalmente a x3/4, e l'incremento di pressione autoindotto risulta proporzionale a −χ, parametro di interazione ipersonica.

Quanto siano notevoli gli effetti dell'interazione di pressione è mostrato nella fig. 45, in cui sono riportati risultati sperimentali accanto a quelli teorici. Interessanti sono pure le conseguenze che ne derivano per la legge di variazione del coefficiente di attrito col crescere del numero di Mach: mentre per flussi supersonici cf diminuisce con M, per flussi ipersonici cf può crescere con M.

Quale parametro caratteristico della seconda forma di interazione, quella di "vorticità", può essere assunto il coefficiente

in cui ∣ rot q ∣m è la vorticità media nello strato, e (ue)n.v la velocità che si avrebbe al confine esterno di questo se il fluido fosse non viscoso; Lees ha mostrato che detto parametro si può esprimere nella forma

ed esso è generalmente piccolo.

Moto turbolento. - L'esperimento dimostra che tutti i moti fluidi, col crescere del numero di Reynolds, e a partire da un certo valore di questo, che dipende dal numero di Mach della corrente, dalla legge di variazione della pressione, dalla rugosità delle pareti lambite, dalle perturbazioni che per una causa qualsiasi sono introdotte nel flusso, assumono un carattere di irregolarità tale, che le variazioni delle varie grandezze nel tempo e nello spazio appaiono casuali, di guisa che più che alla conoscenza dei valori istantanei e locali delle grandezze, che d'altra parte appare impossibile a determinare, si è interessati alla determinazione dei loro valori medî. Si dice che il moto è turbolento, mentre in contrapposizione, si dà il nome di laminare al movimento "regolare", che non presenta cioè quel disordine cui sopra si è accennato: quale significato si debba dare alle parole" regolare" e "irregolare" per caratterizzare i due regimi di deflusso può apparire dalla fig. 46, in cui sono rappresentate in (a) le oscillazioni della velocità nel caso turbolento, e in (b) le fluttuazioni analoghe prodotte da vortici nel caso laminare.

Si deve ancora a questo riguardo osservare che l'irregolarità, che si è indicata come la proprietà tipica della turbolenza, non è nei fenomeni fisici una eccezione, piuttosto la regola: lo stesso moto laminare apparirebbe irregolare al più alto grado ad un osservatore che potesse osservare il moto di ogni molecola, invece che del loro insieme. Il moto turbolento si distingue da quello laminare appunto in questo, che il primo è un moto irregolare in scala macroscopica, mentre il secondo lo è in scala microscopica (molecolare). Un'altra circostanza distingue i due casi: mentre nel regime laminare gli elementi (molecole) che sovrapponendo il loro moto proprio disordinato a quello regolare di insieme determinano l'irregolarità microscopica di questo, sono nettamente individuabili ed hanno una esistenza perpetua mentre la loro energia media rimane costante (sistema non dissipativo), nel regime turbolento i gruppi di numerosissime molecole costituenti le masse fluide che si trasportano da un tubo medio di flusso a un altro sono costituiti, ed il loro moto irregolare è determinato, da vortici che non hanno una individuabilità nettamente distinta, e che continuamente creandosi, spezzandosi, in vortici più minuti, e distruggendosi hanno un tempo di esistenza limitato e non chiaramente definito; si ha così una trasformazione dell'energia cinetica dell'agitazione macroscopica, che chiamiamo turbolenza, nell'agitazione molecolare, che chiamiamo calore (sistema dissipativo). E poiché l'effetto principale di questa, sul moto medio di insieme è quello di introdurre una resistenza al moto, che costituisce la resistenza d'attrito, si comprende che un effetto dell'agitazione turbolenta deve essere quello di incrementare la resistenza di attrito. In effetto il problema della turbolenza è nato il giorno in cui si è constatato che per il flusso di un fluido entro un tubo cilindrico si ottenevano dalle equazioni di Navier risultati numerici in completo disaccordo colle misure sperimentali, mentre le esperienze di Poiseuille con tubi capillari erano in perfetto accordo colla teoria.

Se la spiegazione da un punto di vista qualitativo di questo, come di altri fenomeni connessi con la turbolenza, è relativamente facile, la valutazione quantitativa è di una estrema complessità, e certo costituisce il problema più grande non risolto di tutta la meccanica dei fluidi. Ci si può rendere conto della natura delle difficoltà presentate dal problema stesso se si ammette, come generalmente si fa, e con fondate ragioni, che il moto in ogni istante è retto dalle equazioni di Stokes-Navier, e si cerca di ottenere da queste le equazioni del moto medio prendendo i valori medî delle varie grandezze che in esse appaiono.

Considerando un fluido incompressibile, e posto

in cui il soprassegno sta ad indicare il valore medio delle grandezze corrispondenti, e l'apice l'oscillazione rispetto a detto valor medio prodotta dalla turbolenza, si ottiene

in cui

Le πk,i sono le componenti di un tensore doppio simmetrico di cui la parte costituita dalle velocità medie non è altro che il tensore delle tensioni viscose, già precedentemente considerato; mentre le

hanno un significato analogo alle τk,i = μDk,i; esse costituiscono le componenti di un secondo tensore simmetrico, e hanno il nome di tensioni turbolente o tensioni di Reynolds.

Appare perciò dalla [15] che le equazioni del moto medio nel flusso turbolento (equazioni di Reynolds) sono formalmente analoghe a quelle di Stokes-Navier nel flusso laminare, la differenza consistendo nel fatto che il tensore degli sforzi interni, se il flusso è laminare, si riduce a quello delle tensioni viscose, mentre nel flusso turbolento risulta della somma di detto tensore e di quello delle tensioni di Reynolds.

Ed ecco subito la difficoltà fondamentale dei flussi turbolenti: mentre le tensioni viscose si sanno esprimere per mezzo delle derivate della velocità media, le tensioni di Reynolds appaiono come nuove funzioni incognite, la cui dipendenza cioè dal moto medio non è nota. Il rapporto del tensore delle

prende il nome di tensore di correlazione (doppia), così come le

sono chiamate funzioni di correlazione (doppia), queste denominazioni derivando da quelle usate nel calcolo delle probabilità: solo se le probabilità per le ui e uk di assumere l'una un valore qualsiasi nell'intervallo − ∞ ≤ ui ≤ ∞, e l'altra pure un valore qualsiasi nel medesimo intervallo sono indipendenti, il valor medio

è nullo, e il tensore corrispondente un tensore nullo. Risulta così che il numero delle equazioni indefinite, che devono essere soddisfatte nel moto medio, è sempre uguale a quattro (le tre equazioni di Reynolds [15] e l'equazione di continuità), mentre le funzioni incognite sono diventate dieci (le ūi, ä e le 6 funzioni di correlazione).

Si può cercare di determinare le equazioni cui devono soddisfare le funzioni di correlazione (doppia) moltiplicando l'equazione di continuità e ciascuna delle equazioni di Navier per uj′ e prendendo di nuovo il valor medio; ma in questo modo, se è vero che si possono ottenere oltre 6 equazioni, si introducono altre incognite, e precisamente le uiujuk′, che costituiscono le componenti di un tensore triplo simmetrico (che sono le cosiddette funzioni di correlazione tripla), ed il numero delle componenti distinte di detto tensore è dieci. Il procedimento può essere continuato e porta a un numero infinito di equazioni, nelle quali ogni funzione di correlazione di rango n risulta definita per mezzo delle funzioni di correlazione di rango n + 1: per risolvere il problema per questa via è necessario rompere la catena, e questo può essere fatto solo facendo ipotesi sulle funzioni di correlazione di rango maggiore. Una questione peraltro che si presenta ancora prima di quella relativa al modo, con cui si possono utilizzare le equazioni di Reynolds per lo studio della turbolenza, è quella che si riferisce al modo con cui deve essere fatta la media delle varie grandezze perché dalle equazioni di Navier si possano dedurre quelle di Reynolds. In effetti, se il flusso medio è stazionario si può assumere un valor medio rispetto al tempo, definendo å (in cui f è una grandezza qualsiasi scalare o vettoriale) con la

così come, se il flusso medio è in ogni istante uniforme, si può definire un valor medio rispetto alle coordinate spaziali colla

se V è un volume (qualsiasi) del dominio di esistenza della f, e dV un elemento di tale volume. Ma se il moto medio non è né stazionario né uniforme le definizioni sopra indicate perdono significato; in queste condizioni la media ha il significato che di essa si dà in meccanica statistica nella forma data da J. W. Gibbs: si considerano cioè tutte le possibili configurazioni del sistema, ed è sull'insieme Ω di questi stati che si calcola la media. Si dice di conseguenza che si fa un valor medio di insieme. Dal punto di vista dello sperimentatore, questo significa che la media di ogni grandezza è fatta in base ai risultati ottenuti in un gran numero di esperimenti ripetuti nelle identiche condizioni iniziali e ai limiti; ed è anche naturale domandarsi se il valor medio temporale, quando questo esiste, ed il valore medio di insieme, che esiste sempre, coincidono. Tale coincidenza si ha per il principio ergodico di Maxwell, per sistemi conservativi: ma, come si è detto, il fluido in moto turbolento non è un sistema conservativo.

Le considerazioni finora svolte, mettendo in evidenza le formidabili difficoltà che si frappongono allo studio della turbolenza, fanno comprendere la opportunità di incominciare con il restringere lo studio a un modello il più semplice possibile di essa: tale modello è quello della turbolenza omogenea e isotropa, per la quale le proprietà statistiche del campo di velocità turbolente sono supposte invarianti per ogni traslazione degli assi e per qualsiasi rotazione attorno ad un punto.

Per essa, chiamando coefficienti di correlazione (doppia) le S-115???i,j date dalle

in cui P e Q sono due punti qualsiasi del campo di moto, si ha che S-115???i,j (P, P) = 0 per i j (e pertanto le tensioni di Reynolds sono nulle), e ū2 = ū12 + ū22 + ū32 = 3ū2; si deduce inoltre che le 6 funzioni di correlazione S-115???i,j si possono tutte esprimere per mezzo di due sole funzioni S-115???1(r) e S-115???2(r), che dipendono dalla sola distanza r tra i punti P e Q, e sono così definite: la prima è (fig. 47) la correlazione tra le componenti delle velocita in detti punti nella direzione PQ; la seconda è la correlazione tra le componenti delle velocità stesse perpendicolari a PQ (e parallele tra loro). La S-115???1 è chiamata anche correlazione longitudinale, e la R2 correlazione trasversale, ed esse sono legate dalla

la turbolenza omogenea ed isotropa è pertanto definita completamente da un solo coefficiente di correlazione, ad es. la S-115???2. Per mezzo di essa si può determinare lo smorzamento della turbolenza stessa, che risulta data dalla

essendo la derivata seconda calcolata per r = 0. La λ ha le dimensioni fisiche di una lunghezza, ed è chiamata microscala della turbolenza, in quanto il suo valore è un indice delle dimensioni dei piccoli vortici che producono la dissipazione dell'energia cinetica turbolenta, o più precisamente è la misura delle dimensioni che i vortici dovrebbero avere per produrre, a pari intensità, la stessa dissipazione di energia che effettivamente si verifica. È chiamata invece macroscala della turbolenza la lunghezza L definita dalla

101F00112.fr0>

ed essa è un indice delle dimensioni dei grandi vortici presenti nel campo, poiché il suo valore dipende dalla rapidità con cui diminuisce la interdipendenza delle oscillazioni turbolente nei due punti P e Q col crescere della loro distanza.

Il problema della turbolenza omogenea e isotropa è così ridotto a quello di determinare la funzione S-115???2(r). Ed ecco che qui si ripresenta la stessa difficoltà già prima accennata: se dalle equazioni di Navier si determina l'equazione cui la S-115???2 deve soddisfare, si ottiene una equazione che oltre a S-115???2 contiene un'altra funzione incognita h(r) (che è una componente del tensore triplo di correlazione), per mezzo della quale, per il particolare modello di turbolenza che si considera, si possono esprimere tutte le altre componenti dello stesso tensore. Detta equazione, che è chiamata equazione di Kármán-Howarth, non è pertanto sufficiente a risolvere il problema.

Le numerosissime ricerche sull'argomento, se pur non esaurienti, hanno tuttavia permesso di giungere a questa rappresentazione del fenomeno: i vortici, che dànno maggiore contributo alla energia cinetica delle oscillazioni turbolente, contribuiscono alla dissipazione viscosa in misura molto piccola; d'altra parte, per il loro moto diffusivo, prodotto dalla turbolenza stessa, essi dànno luogo alla formazione di vortici più piccoli, e di conseguenza l'energia cinetica del moto turbolento tende a passare a vortici di dimensioni sempre minori; ma è sopra questi che le forze viscose agiscono più intensamente producendo la dissipazione dell'energia stessa. Si ha cioè un passaggio di energia dai vortici più grandi a quelli più piccoli, e contemporaneamente una dissipazione viscosa di questi, che dipende dalla struttura dei vortici grandi soltanto in relazione al flusso di energia che proviene da essi.

Sulla rappresentazione sopra indicata, corretta se la diffusività caratteristica della turbolenza è forte e pertanto se le forze di inerzia sono grandi in rapporto a quelle viscose, ossia se il numero di Reynolds

è sufficientemente elevato, è basata la teoria di Kolmogoroff. Questa postula che tutta la dissipazione di energia avvenga nei vortici di dimensioni più piccole, e che per valori di r abbastanza piccoli le funzioni di correlazione dipendano solo da ε e da ν, mentre al confine esterno dell'intervallo dei valori di r per i quali si ha la dipendenza sopra indicata le stesse funzioni non dipendono che da ε. Queste leggi conducono a una determinazione di dette funzioni nell'intervallo dei valori di r per cui le leggi sono formulate.

Notevoli perfezionamenti alla teoria di cui si è fatto cenno sono stati ottenuti sostituendo al tensore di correlazione il tensore spettrale, che ne è in sostanza la trasformata di Fourier (J. Kampé de Fériet, G. K. Batchelor), e che presenta rispetto al precedente l'importante semplificazione che per esso equazioni alle derivate parziali sono sostituite da condizioni algebriche. Importanti ricerche sono state eseguite su questo argomento da A. M. Obukhoff, W. Z. Heisenberg, Th. von Kármán, L. S. G. Kovasznay.

Se la turbolenza non è omogenea ed isotropa l'applicazione della meccanica statistica allo studio della turbolenza stessa presenta difficoltà molto più grandi, e per quanto una teoria razionale dei moti turbolenti dovrà essere necessariamente una teoria statistica, al momento attuale delle ricerche, nei casi in cui le tensioni di Reynolds non sono nulle, è necessario limitarsi ad una teoria fenomenologica, che basandosi su risultati sperimentali cerca di dare ragione di essi col minimo numero possibile di ipotesi arbitrarie.

Come base di una teoria fenomenologica, nella turbolenza di parete, corrispondente cioè ad una corrente in presenza di una parete solida, può servire la considerazione dei diagrammi (sperimentali), che definiscono il bilancio energetico della energia cinetica dell'agitazione turbolenta e della energia del moto medio nello strato limite su una parete piana. Da essi sia può arguire che nella regione interna dello strato il fenomeno di moto turbolento è essenzialmente regolato da condizioni locali, mentre nella regione esterna il fenomeno stesso dipende da tutta la storia del moto.

Le considerazioni che ne derivano portano alla seguente rappresentazione del flusso turbolento per una parete piana. Deve innanzi tutto essere osservato che adiacente alla parete (poiché è, a contatto di essa, u1′ = u2′ = u3′ = 0), deve esistere un piccolo strato σ in cui le tensioni viscose prevalgono su quelle di Reynolds: a questo piccolo strato σ si dà il nome di sottostrato laminare. Ora, esternamente al sottostrato laminare, ma nelle sue vicinanze, in cui si ha prevalenza sempre più accentuata delle tensioni di Reynolds su quelle viscose, il moto è statisticamente determinato solo dalle condizioni locali, e poiché in detta regione si può assumere che la tensione tangenziale τ sia costante, uguale a quella τp della parete, si può ritenere che le sole grandezze che intervengono a determinare in essa la legge di variazione della velocità ū siano le τp e ν, di guisa che si può scrivere

D'altra parte nella regione in cui la turbolenza è completamente sviluppata, a sufficiente distanza da σ, le tensioni di Reynolds sono molto più grandi di quelle viscose, e pertanto il moto è determinato da esse, e poiché la correlazione tra le oscillazioni u1′ e u2′ è dovuta essenzialmente alle componenti di più bassa frequenza, quelle cioè prodotte dai vortici di maggiore dimensione, sui quali la viscosità ha influenza trascurabile, ne deriva che in questa parte del campo si può porre

quest'ultima indicata come legge universale del difetto di velocità nello strato.

Si ricava allora che, se il numero di Reynolds

è abbastanza grande perché vi sia tutta una regione in cui le [19] [18] valgano contemporaneamente, la forma delle funzioni f e F è completamente determinata, e precisamente si ha

in cui k e A sono costanti. Le [20] esprimono la legge universale di distribuzione della velocità media in vicinanza alla parete nel moto turbolento (legge logaritmica di parete), e alla costante k si dà il nome di costante di Prandtl-Kármán.

I risultati sopra indicati sono stati ottenuti tenendo presente la dipendenza locale del moto turbolento nella parte interna dello strato, e pertanto non è da attendersi che essi valgano per tutto lo strato, e che questo in effetto non sia è dimostrato dalla fig. 48, in cui è indicata l'ottima concordanza tra i valori ottenuti sperimentalmente e quelli dati dalla seconda delle [20] per piccoli valori di y/δ, mentre appare pure la discordanza tra essi per i valori più elevati. Per potere determinare il moto anche nella parte esterna dello strato è opportuno porre le tensioni di Reynolds sotto una forma suggerita dalla analogia della genesi delle tensioni stesse, come trasporto di quantità di moto prodotta dalla agitazione turbolenta, con quella delle tensioni viscose, conseguente all'agitazione molecolare: precisamente si pone

È quanto fecero V. J. Boussinesq, per primo, e, in epoca più recente e in base a concetti diversi da quelli di Boussinesq, L. Prandtl e G. I. Taylor. Al coefficiente η, che ha le dimensioni della viscosità cinematica, si dà il nome di coefficiente di trasporto turbolento (della quantità di moto), ed esso è posto, in analogia colla formula che dà ν nella teoria cinetica dei gas, sotto la forma

in cui Et è l'energia cinetica dell'unità di massa conseguente all'agitazione turbolenta, e L è il cosiddetto percorso di mescolamento secondo la denominazione data da Prandtl e Taylor, che per primi e indipendentemente introdussero questo concetto. La L è corrispondente a quella che nella turbolenza isotropica è stata chiamata macroscala della turbolenza, ed in effetto ha lo stesso significato, in quanto la sua grandezza è un indice delle dimensioni dei grandi vortici, a cui si deve la correlazione tra u1′ e u2′. In grazia dei risultati prima ottenuti nella parte interna dello strato si ricava che è in detta parte

Dall'equazione che stabilisce il bilancio energetico del moto turbolento scritta per la parte interna dello strato e tenendo conto solo dei termini che in essa sono prevalenti, si ottiene la relazione tra la macroscala L e la microscala λ della turbolenza, che ha un significato del tutto analogo a quello già indicato per il caso isotropico, e precisamente si ha L = cost. Et1/2λ2/ν, ossia

da cui anche

Dalla stessa equazione scritta per la parte esterna si ricava che è

se δ* è lo spessore di spostamento dello strato limite, di guisa che adottando per la tensione di Reynolds sempre la [21], ma in cui il coefficiente di trasporto è dato dalla [24], si ottiene l'equazione che definisce il moto medio nello strato.

È degno di nota che questa, con un leggero cambiamento di variabili, risulta identica all'equazione di Blasius che risolve lo stesso problema nel caso laminare. Si ha pertanto: la distribuzione della velocità media nel moto turbolento, nella parte esterna dello strato (ed in effetto questa parte è quasi tutto lo strato) coincide con quella corrispondente al deflusso laminare, per una velocità alla parete non nulla ed in un piano (X, Y) leggermente distorto rispetto al piano fisico.

Lo stesso metodo applicato al problema del deflusso nello strato limite con legge di variazione della velocità esterna corrispondente al caso di Falkuer e Skan, o al problema del deflusso in un condotto, porta a risultati del tutto analoghi, e precisamente alla legge logaritmica alla parete e alla coincidenza della distribuzione delle velocità con quella corrispondente al caso analogo laminare con velocità alla parete non nulla per la parte esterna dello strato. Queste proprietà, che derivano dalla assunzione del coefficiente di trasporto [24] per la parte esterna, e [22] per la parte interna, sono note come legge di parete e legge di scia di Coles e di Clauser: peraltro la separazione dello strato nelle due parti, colle assunzioni [22] [23] [24] per esse fu indicata ed applicata precedentemente da Ferrari.

Dalla determinazione della velocità nel moto medio è possibile dedurre la legge di resistenza: nel caso della parete piana essa è data dalla legge logaritmica

in cui Re,x = uex/ν. Nella fig. 49 sono indicati i diagrammi che dànno il coefficiente di attrito globale Cf per una parete piana di lunghezza l nei due casi, laminare e turbolento.

Si vede chiaramente il notevolissimo incremento della resistenza di attrito dovuto alla turbolenza, incremento tanto maggiore quanto più elevato è il numero di Reynolds: così ad es. per Re = 25•106 il coefficiente Cf che nel regime laminare è 0,00053 sale a 0,0025 nel regime turbolento. Si comprende da questo l'importanza delle ricerche dirette ad ottenere che per la più gran parte possibile del contorno il flusso si conservi laminare: poiché la transizione da questo regime a quello turbolento è ostacolato da un gradiente di pressione negativo, il risultato sopra indicato si ottiene spostando il punto di minima pressione sul contorno (nell'assetto di portanza nulla) il più possibile verso il bordo di fuga, grazie ad una forma opportuna del contorno stesso, ed è appunto in questo modo che sono stati realizzati i profili laminari, di cui già è stato fatto cenno in aerodinamica subsonica.

Ma l'aumento del coefficiente di attrito non è l'unica conseguenza della turbolenza: l'agitazione turbolenta non produce soltanto trasporto di quantità di moto, ma anche di calore, e pertanto è logico attendersi che sussista, per il caso turbolento, una relazione corrispondente all'analogia di Reynolds.

In effetto, se si esprime la quantità di calore Q(t) trasportata nell'unità di tempo attraverso l'unità di superficie, normale all'asse y, con una formula analoga a quella con cui si è espressa la τ(t), ossia si pone

in cui ηT è il coefficiente di trasporto turbolento del calore, e si assume che i coefficienti di trasporto η e ηT siano identici e che Pr = 1, si ha di nuovo che l'analogia di Reynolds è completa per i campi e per i fattori di scambio: ossia le distribuzioni di temperatura e di velocità sono simili e il numero St è proporzionale al coefficiente di attrito

Se è Pr ≠ 1 ma η = ηT la analogia tra i campi e quella tra i coefficienti di scambio si esprimono con legge diversa, e precisamente si ha (Kármán)

in cui

è la cosiddetta velocità di attrito e

In effetto i due coefficienti η e ηT non sono uguali: nell'ipotesi che il loro rapporto ηT/η sia costante, uguale a α (ed esperimenti di Reichardt dànno per α valori prossimi a 1,1) si chiama numero di Prandtl turbolento (o generalizzato) il coefficiente Pr′ = Prα, e si può estendere l'analogia di Reynolds per i fattori di scambio, peraltro con formule alquanto più complesse di quelle sopra date.

Per una corrente compressibile si hanno ulteriori difficoltà, oltre a quelle già segnalate, e perché (come nel caso laminare) le equazioni dell'energia e del moto non sono più indipendenti, e perché l'agitazione turbolenta, oltre alle tensioni di Reynolds già prima indicate, dà luogo a tensioni aggiuntive dovute alle oscillazioni della densità ed espresse da relazioni del tipo

Lo studio della turbolenza isotropa è stato fatto da S. Chandrasekhar assumendo che la evoluzione che il fluido compie nell'agitazione turbolenta sia isoentropica; una ipotesi analoga può pure essere applicata nella teoria fenomenologica per lo studio della turbolenza di parete. Naturalmente la ricerca è molto più laboriosa e pertanto possono essere molto utili in pratica formule empiriche che permettano un facile calcolo, se non del campo di velocità, almeno del coefficiente d'attrito.

Particolarmente comoda è la formula di Monaghan

in cui il primo membro è il rapporto dei coefficienti di attrito per il fluido compressibile e per quello incompressibile, a parità di numero di Reynolds (calcolato in base alle condizioni del moto esterno), mentre β è dato da

Me essendo il numero di Mach della corrente esterna e r un coefficiente che ha lo stesso significato e lo stesso nome (coefficiente di ricupero) indicati per il caso laminare; α è poi l'esponente nella relazione che lega viscosità e temperatura [μ/μe = T/Te)α]. La [25] esprime in sostanza che il valore di Cf per una corrente compressibile può essere calcolato come se il fluido fosse incompressibile pur di assumere come valori della densità e della viscosità quelli corrispondenti alla temperatura media (Te + Tp)/2 del fluido nello strato. La [25] è molto bene confermata dall'esperimento, come indica la fig. 50, almeno nel caso di parete adiabatica. Per quanto si riferisce al coefficiente di trasmissione termica l'analogia di Reynolds è applicabile nel modo indicato per la corrente incompressibile, se Pr = 1 e i coefficienti di trasporto cinetico e termico sono uguali, pur di porre invece di T la temperatura di arresto, mentre se i numeri di Prandtl (molecolare e turbolento) sono diversi da uno l'analogia per i fattori di scambio si esprime con formule più complesse: osserviano qui solo che il fattore di ricupero può, con una buona approssimazione, essere assunto uguale a Pr1/3.

Dinamica dei gas rarefatti. - In tutto quanto prima è stato detto il fluido è stato supposto continuo, e questa ipotesi è accettabile se il "percorso libero medio" delle molecole, λ, ha una grandezza trascurabile rispetto a quella della lunghezza caratteristica, l, per il problema che si considera. Se il gas, di cui si studia il moto, è però a pressione sufficientemente piccola (come avviene ad es. nei problemi di moto a quote molto elevate) il cammino libero medio λ può diventare così grande rispetto a l, che, in vicinanza del corpo, la probabilità per le molecole di collisioni tra loro è molto minore della probabilità, per esse, "di urto" sulla superficie dell'ostacolo: in queste condizioni si dice che si ha il flusso di molecole libere.

Il passaggio dall'una all'altra delle due condizioni estreme ora dette avviene attraverso una successione di regimi, ciascuno dei quali è caratterizzato da un intervallo di variazione del parametro λ/l, che è chiamato numero di Knudsen, e che si possono classificare nel modo qui indicato.

Per flussi con elevato numero di Reynolds (Re = q l ≫ 1) la dimensione caratteristica del campo, che ha importanza nella determinazione degli effetti viscosi, è lo spessore dello strato limite δ, di guisa che il numero di Knudsen è per essi dato da K = λ/δ e poichè per la teoria cinetica dei gas è λ = 1,26 √γ ν/a, mentre se Rδ è il numero di Reynolds calcolato con riferimento allo spessore δ, è Rδ Re-1/2, si ha pure K MRe-1/2. Si ha flusso continuo, di conseguenza, per MRe-1/2 ≪ 1; Re ≫ 1.

D'altra parte, se Re ≪ 1, è la dimensione caratteristica l dell'ostacolo che ha importanza, e pertanto in questo caso la condizione per il flusso continuo è M/Re ≪ 1. Più precisamente si possono assumere come valori limiti del numero di Knudsen per il flusso continuo

Al flusso continuo segue il regime di flusso con strisciamento (slip flow), così detto perché per esso si ha una componente della velocità delle particelle fluide relativa alla parete lambita, nel piano tangente a questa, non nulla, e ad esso corrisponde un intervallo di variazione di K dato da

Il flusso di molecole libere si può ritenere avvenga per

e l'intervallo dei valori di K compresi tra 3 e quelli risultanti dalle limitazioni indicate per lo "slip flow", caratterizza quello che è chiamato regime di transizione.

Per detto regime il percorso libero medio è all'incirca uguale alla dimensione tipica del corpo, e le collisioni "superficiali" e "intermolecolari" hanno una uguale importanza ai fini della determinazione del campo.

Flusso con strisciamento. In questo regime il fluido è ancora da considerarsi come un mezzo continuo; a rigore però, le equazioni indefinite del moto per esso non dovrebbero essere quelle di Stokes-Navier, ma dovrebbero essere ottenute determinando la funzione di distribuzione, che definisce il numero di molecole contenute in un elemento dello spazio delle fasi (dx1, dx2, dx3, dvm1, dvm2, dvm3) nell'intorno di un dato punto (xi; vmi), se vmi è la componente della velocità della molecola nella direzione dell'asse xi, risolvendo la equazione di Maxwell-Boltzmann con una approssimazione maggiore di quella (di prima approssimazione) che porta alle equazioni di Stokes-Navier. Se non che la equazione di Burnett e quella cosiddetta "dei tredici momenti", che utilizzano soluzioni di successive approssimazioni della predetta equazione di Boltzmann, mentre hanno lo svantaggio di essere molto più complesse, nei pochissimi casi in cui sono state risolte hanno dato risultati che sono in minor accordo coi risultati sperimentali di quelli ricavabili dalle equazioni di Navier: la struttura dell'onda d'urto retta in gas rarefatti ne è un tipico esempio.

La determinazione di soluzioni più approssimate dell'equazione di Boltzmann ha invece portato a stabilire in modo più corretto le condizioni alla parete, e precisamente ha portato a riconoscere che si ha una velocità di scorrimento e un salto di temperatura tra corpo e fluido sulla interfaccia fra un solido e un gas a pressione bassa. I risultati dati da E. H. Kennard sono:

in cui σ è il numero delle molecole riemesse dalla superficie in modo diffuso (per le quali in media la velocità tangenziale è nulla) diviso per il numero delle molecole incidenti nell'unità di tempo sulla unità di superficie; α è il cosiddetto coefficiente di accomodamento termico definito dalla

essendo dEi e dEr i flussi di energia incidente e riemessa da un elemento di superficie nell'unità di tempo, mentre dEp è il flusso di energia che si avrebbe se tutte le molecole incidenti fossero riemesse con una distribuzione maxwelliana della velocità corrispondente alla temperatura Tp della parete.

Le ricerche teoriche sono poco numerose, e di esse non facciamo qui cenno: ci limitiamo ad osservare che in correnti ipersoniche, col crescere della rarefazione, lo strato viscoso aumenta dapprima fino ad estendersi a tutto lo strato d'urto, poi è la stessa struttura dell'onda che viene ad essere modificata nel senso che non si ha più una superficie di discontinuità della velocità, ma uno strato in cui si produce una variazione continua della velocità stessa.

Flusso di molecole libere. Si ammette che la distribuzione delle velocità delle molecole incidenti sul corpo sia quella che risulta sovrapponendo alla velocità uniforme macroscopia di insieme la distribuzione maxwelliana corrispondente a quella che definisce la temperatura T della corrente. La giustificazione di questa ipotesi deriva dal fatto che il percorso libero medio è grande in paragone alla dimensione caratteristica del corpo, e pertanto la probabilità che le molecole incidenti su questo urtino quelle riemesse è piccola in vicinanza del corpo stesso, mentre è pure piccola la probabilità che le molecole urtanti la parete non abbiano prima dell'urto riacquistata la distribuzione maxwelliana in seguito all'urto con altre molecole, a distanza dal corpo. Questa ipotesi semplifica molto lo studio perché i flussi delle molecole incidenti e riemesse possono essere considerati separatamente.

D'altra parte le modalità colle quali la riemissione avviene sono in massima parte non ancora note, ed è questo il punto che rende il calcolo dello scamblo di energia e dello scambio di quantità di moto tra ostacolo e corrente di molecole molto incerto: tali scambi derivano infatti dalla differenza tra la energia (o la quantità di moto) delle molecole incidenti, e l'energia (o la quantità di moto) delle molecole riemesse, e questa seconda parte non può essere determinata se non si conosce la funzione di distribuzione delle velocità di dette molecole.

Per superare la difficoltà sono stati introdotti alcuni parametri, che sono un indice del grado con cui l'energia e la quantità di moto delle molecole che "soggiornano" sulla superficie si adattano alle condizioni esistenti sulla superficie stessa. Un primo parametro di tale natura è già stato prima definito, il coefficiente di accomodamento termico: esso dà un indice della possibilità che hanno avuto le molecole di assumere la temperatura del corpo durante il loro tempo di soggiorno. Ora l'energia di una molecola è la somma di varie energie, ciascuna associata con uno dei gradi di libertà delle molecole stesse; per quanto si riferisce alla energia di traslazione e di rotazione, è molto probabile (K. F. Herzfeld) che esse richiedano "tempi di soggiorno" approssimativamente uguali per il loro adattamento ai valori corrispondenti alla temperatura dell'ostacolo. Ma l'energia di vibrazione (per le molecole pluriatomiche), e particolarmente quelle di dissociazione e ionizzazione, richiedono tempi assai più grandi, di guisa che è lecito dubitare che un unico "coefficiente di accomodamento" possa dare una sufficiente "informazione" sullo stato delle molecole riemesse: in effetto, misure di detto coefficiente eseguite a bassa velocità hanno dato valori variabili entro limiti molto estesi, da 0,1 a 1. È probabile poi che il coefficiente di accomodamento termico varî colla natura della superficie e colla orientazione di questa rispetto alla corrente, colla grandezza della velocità di questa, e colla temperatura del gas e della parete stessa.

Altri parametri analoghi ad α sono:

che prende il nome di coefficiente di accomodamento tangenziale, essendo τi,r la componente della quantità di moto delle molecole incidenti, o riemesse, tangente alla superficie, per unità di superficie;

che è il coefficiente di accomodamento normale, mentre pi,r è la componente della quantità di moto normale alla parete per unità di superficie delle molecole rispettivamente incidenti e riemesse, e pc è il valore di detta componente per molecole con distribuzione maxwelliana corrispondente alla temperatura Tp del corpo. Con l'introduzione dei coefficienti sopra indicati, supposti costanti, per tutta la superficie, e assumendo una distribuzione maxwelliana delle velocità delle molecole non solo incidenti, ma anche riemesse, si può determinare l'azione dinamica sul corpo e lo scambio di energia tra questo e la corrente.

Posto

in cui q è la velocità uniforme di insieme e R la costante dei gas, per il caso limite in cui sS-107???∞, e supposto l'ostacolo così fortemente raffreddato che la velocità macroscopica delle molecole riemesse dalla superficie sia trascurabile rispetto a q si ha per la pressione, la tensione tangenziale, e la quantità di calore trasmessa per unità di superficie e nell'unità di tempo, in ogni punto, della superficie, se θ è l'orientazione di questa rispetto alla q,

Per una riflessione speculare delle molecole incidenti è α=σnt=0, e pertanto non si ha scambio di energia tra corrente e fluido, la tensione tangenziale è nulla, e p = 2 ρ q² sen2 θ. Per una riemissione completamente diffusa, per cui σt = σn = α = 1 si ha p q² sen2 θ che coincide colla formula già indicata per il flusso newtoniano in aerodinamica ipersonica. Si ha inoltre

Se la temperatura Tp della parete è invece sufficientemente più grande della temperatura delle molecole incidenti, le [26] devono essere sostituite dalle

da cui risulta che, se la parete è adiabatica, la temperatura di essa risulta data dalla Tp/T = 2 (γ − 1) s2/(γ+1), ed è indipendente dall'angolo θ. D'altra parte, poiché per M elevato, per la temperatura di arresto della corrente è T0/T = (γ − 1)s2/γ, appare che la temperatura della parete adiabatica nel flusso a molecole libere è più grande di quella corrispondente alla temperatura di arresto della corrente esterna, nel rapporto 2γ / (γ + 1) a uno: risultato questo che è in netta contraddizione (per Pr 〈 1) con quello indicato per il flusso continuo, per il quale il fattore di ricupero è minore di uno.

Bibl.: Trattati generali: S. Goldstein, Modern developments in fluid dynamics, 2 voll., Oxford 1938; R. Sauer, Einführung in die theoretische Gasdynamik, Berlino 1943; K. Oswatitsch, Gasdynamik, ivi 1952; E. Carafoli, High-speed aerodynamics, Londra 1956; K. G. Guderly, Theorie schallnaher Strömungen, Berlino 1957; W. D. Hayes e R. F. Probstein, Hypersonic flow theory, New York-Londra 1959; High speed aerodynamics and jet propulsion, 12 voll., Princeton, N. J., 1954-60.

Aerodinamica transonica: J. R. Spreiter, Similitary laws for transonic flow about wings of finite span, NACA T. N. 2273, 1951; K. Oswatitsch, Die theoretische Arbeiten über schallnahe Strömung am Flugtechnischen Institut der königlichen technischen Hochschule Stockholm, in Atti dell'VIII Congr. intern. di mecc. appl., Istanbul 1952; R. T. Whitcomb, A study of the zero-lift drag-rise characteristics of wing-body combinations near the speed of sound, NACA R. M. L 52 H 08, sett. 1952; L. Bers, Mathematical aspects of subsonic and transonic gasdynamics, New York 1958.

Aerodinamica supersonica: F. Ursell e G. N. Ward, On some general theorems in the linearized theory of compressible flow, in Quart. Journ. mech. Appl. Math., III, 1950; L. L. Levy Jr. e R. R. Dikley, External-store drag reduction at transonic and low-supesonic Mach number by application of Baldwin's moment-area rule, NACA R. M. A 55 L 14 a, 1956; A. Ferri e J. H. Clarke, On the use of interfering flow fields for the reduction of drag at supersonic speeds, in Journ. Aerod. Science, XXIV, 1957.

Aerodinamica ipersonica: S. C. Liu, Cylindrical shock waves produced by instantaneous energy release, in Journ. Appl. Phys., XXV, 1954; P. R. Garabedian, Numerical construction of detached shock waves, in Journ. Math. Phys., XXXVI, 1957; A. A. Dorodnitsyn, Method of the integral relations for the numerical solution of partial differential equations, relaz. all'Ist. di mecc. di precisione e tecnica del calcolo dell'Accad. delle scienze dell'URSS, 1958; P. R. Garabedian e H. M. Lieberstein, On the numerical calculation of detached bow weves in hypersonic flow, in Journ. Aerod. Science, XXV, 1958; W. D. Hayes, in Atti del I Congr. intern. di scienze aeronautiche, Madrid sett. 1958; W.D. Hayes, in Atti del I Congr. intern. di scienze aeronautiche, Madrid sett. 1958; K. W. Mangler, The calculation of the flow field between a blunt body and the wave (Hypersonic flow), in Atti dell'XI Simposio della Colston Research Soc., Bristol 1959; M. D. Van Dyke, Some numerical solutions in hypersonic flow, in Atti del X Simposio della Colston Research Soc., ivi 1959; A. J. Eggers Jr., Some considerations of aircraft configurations suitable for long-range hypersonic flight (Hypersonic flow), in Atti dell'XI Simposio della Colston Research Soc., ivi 1959.

Moti laminari: M. J. Lighthill, Contributions to the theory of heat transfer through a laminary boundary layer, in Atti della Royal Soc. (A. 202), Londra 1950; L. Lees e R. F. Probstein, Hypersonic viscous flow over a flat plate, Princeton 1952; H. Görtler, A new series for the calculation of steady laminar boundary layer flow, in Journ. Math. and Mech., VI, 1957, n. 1.

Moti turbolenti: Th. von Kármán, in Atti del IV Congr. intern. di mecc. appl., Cambridge 1934; H. B. Squire, Modern developments in fluid dynamics. High speeds flow, Oxford 1953; S. Chandrasekhar, in Atti della Royal Soc. (A. 233), Londra 1955; F. H. Clauser, in Advances in Appl. Mech., IV, 1956; A. A. Townsend, The structure of turbulent shear flow, Londra 1956; C. Ferrari, Turbolenza di parete, Corso sulla teoria della turbolenza del CIME, Varenna 1957; J. Kampé de Fériet, Problèmes mathématiques de la theorie de la turbulence homogène, ibidem. Dinamica dei gas rarefatti: R. F. Probstein, Aerodynamics of rarefied gases, Londra 1960; id., Continuum theory and rarefied hypersonic aerodynamics, ivi 1960.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Equazioni alle derivate parziali

Distribuzione maxwelliana

Calcolo delle probabilità

Coefficienti di portanza

Equazione di continuità