Fluorescenza

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fig.

Proprietà di molti corpi solidi, liquidi e aeriformi per la quale, allorché sono colpiti da una radiazione, riemettono con un brevissimo ritardo (minore di 10-8 s) altre radiazioni, la cui lunghezza d’onda dipende da quella della radiazione eccitante e dalla natura della sostanza (v. fig.). Il termine (derivato da fluorite, minerale che ha questa proprietà naturale) fu coniato dal fisico irlandese G.G. Stokes nel 1852.

La f. si distingue dalla fosforescenza in quanto quest’ultimo fenomeno prosegue per un tempo più o meno lungo dopo che è venuta meno la radiazione incidente, mentre la f. cessa al cessare della causa eccitatrice. Se le radiazioni di f. cadono nel campo visibile, si parla di f. ottica, che è poi il caso più rilevante per le applicazioni; altrimenti si parla, a seconda dei casi, di f. infrarossa, ultravioletta, X. In relazione poi alla natura della radiazione che eccita il fenomeno, si parla di f. da radiazione se i raggi eccitanti sono di natura elettromagnetica (raggi infrarossi, luminosi, ultravioletti, X, γ) e di elettrofluorescenza (o catodofluorescenza), se si tratta di elettroni.

Il fenomeno si presenta diversamente a seconda che interessi singoli atomi o un intero edificio molecolare. Nel primo caso, che si ha illuminando, per es., un gas rarefatto con radiazione monocromatica, di frequenza n, si ha f. solo quando n coincide con una delle frequenze caratteristiche dello spettro di assorbimento del gas; le radiazioni emesse possono avere frequenza uguale a quella delle radiazioni incidenti (si ha allora f. per risonanza), oppure, come più spesso accade, frequenza minore, talché le righe e le bande di emissione per f. risultano spostate verso lunghezze d’onda maggiori rispetto alle righe e alle bande di assorbimento ( legge di Stokes). Nel secondo caso può accadere, ed è ciò che si ha in alcuni solidi, che l’atomo eccitato interagisca, nell’emettere per f. ritornando allo stato fondamentale, con gli atomi circostanti, e che all’energia del quanto emesso contribuisca anche l’energia di uno o più quanti vibrazionali atomici; la frequenza della radiazione di f. risulta allora maggiore, e la lunghezza d’onda minore, di quella della radiazione assorbita: si ha così un’evidente eccezione alla legge di Stokes (➔ Stokes, sir George Gabriel), e le righe, o le bande, corrispondenti alle frequenze anzidette prendono la qualifica di righe (o bande) anti-Stokes.

Molte sostanze, inorganiche od organiche, sono fluorescenti naturalmente; altre, che di per sé non lo sono, diventano fluorescenti se additivate con adatte sostanze attivatrici; queste ultime sono usate anche per esaltare o modificare in un determinato modo la f. naturale. Le sostanze fluorescenti (platinocianuro di bario, tungstato di calcio ecc.) trovano cospicue applicazioni nelle lampade elettriche appunto dette fluorescenti, nei fluoroscopi per radioscopia, negli schermi dei cinescopi e dei tubi a raggi catodici ecc. In biologia si è sviluppata, a partire dal 1970, la microscopia in luce di f. che permette, con l’uso di coloranti fluorocromi come le acridine, di studiare molte particolarità della sostanza vivente.

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