Focalizzazioni

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

focalizzazioni

Edoardo Lombardi Vallauri

Definizione

Per focalizzazione si intende l’insieme di fenomeni che consentono di mettere una porzione di enunciato in maggiore evidenza di altre. Gli enunciati infatti non solo trasmettono informazioni, ma spesso indicano quali di queste sono di primo piano (cioè più importanti) e quali di sfondo (meno importanti).

Ad es., i due enunciati seguenti comunicano le stesse informazioni (se vado a Parigi, ti mando una cartolina); ma il primo segnala come più importante il mandare una cartolina, il secondo la condizione dell’andare a Parigi:

(1) se vado a Parigi, ti mando una cartolina

(2) è se vado a Parigi, che ti mando una cartolina

In altri termini, ogni enunciato ha una struttura informativa (➔ dato/nuovo, struttura): in particolare, segnala quale effetto ciascun contenuto deve avere sulle conoscenze che il ricevente ha nella sua memoria a breve termine, dove sono ‘attivate’ le idee su cui il discorso in quel momento verte. Nel caso (1), si assume che l’idea dell’andare a Parigi sia già attivata nel discorso, e l’enunciato aggiunge che in questo caso l’emittente manderà una cartolina. Nel caso (2) invece è già attiva l’idea del mandare una cartolina, e l’enunciato mette in primo piano che la condizione perché questo accada è che l’emittente vada a Parigi.

Secondo il rapporto di un contenuto con il suo stato di attivazione nel discorso, il parlante decide se presentarlo (tecnicamente parlando) come tema o come rema (➔ tematica, struttura). Rema di un enunciato è la parte che ne realizza lo scopo informativo, cioè quella che l’emittente presenta al ricevente come asserita in quel momento. È l’informazione che l’enunciato deve fornirgli, tipicamente perché ritenuta non ancora attiva nel discorso: ad es., nel caso (2), la condizione per inviare una cartolina è che l’emittente vada a Parigi. Il tema è invece un’informazione presentata come già attiva, e che quindi serve solo per offrire al rema un punto di aggancio, collegandolo al contesto e al co-testo (➔ contesto).

Forme marcate e non-marcate

Un enunciato può avere natura marcata o non-marcata (➔ sintassi), cioè può presentarsi in una veste comune e piana, oppure in una veste speciale e meno frequente, motivata da esigenze particolari. Ad es., oggi vado a scuola è un modo sintatticamente non-marcato di esprimere un certo contenuto; mentre in è oggi che vado a scuola, oppure in è a scuola che vado oggi, lo stesso contenuto è espresso in modi marcati. Le strutture marcate hanno la funzione di mettere in evidenza una parte dell’enunciato rispetto al resto, e quindi sono strumenti della focalizzazione.

Quando l’enunciato ha forma non-marcata, il rema può coincidere con l’intero enunciato: in questo caso, cioè, tutto il contenuto dell’enunciato è presentato come informativo per il ricevente (tra parentesi quadre è fornito il possibile contesto precedente):

(3) [Ciao, eccoti: ci domandavamo dove fossi]

Sono andato a casa di un mio vecchio amico

(rema)

In enunciati più lunghi, una struttura non-marcata permette anche che una parte dell’enunciato sia tematica, cioè fornisca solo appoggio semantico alla comprensione del rema. È il caso della subordinata anteposta in (4) a., il cui contenuto può anche essere nuovo per il ricevente, ma dall’emittente è presentato come accessorio:

(4) a. [Ciao, eccoti: ci domandavamo dove fossi]

Appena uscito dalla palestra    sono stato in biblioteca

(tema)                                       (rema)

Solo la parte rematica dell’enunciato è davvero asserita, e quindi riceve piena attivazione. Ciò si vede dal fatto che una eventuale ripresa tende a riferirsi proprio a quella: in (4) b., la domanda sulla presenza di Giancarlo risulta riferita al contenuto del rema (la biblioteca) e non a quello del tema (la palestra):

(4) b. [Ciao, eccoti: ci domandavamo dove fossi]

Appena uscito dalla palestra, sono stato in biblioteca

[Ah, ecco: e c’era Giancarlo?]

La divisione dell’enunciato in tema e rema è più chiara quando il contenuto del tema è già presente all’attenzione del ricevente, che da questo capisce che lo scopo informativo del messaggio non è realizzato:

(5) [Eccoti finalmente: da dove vieni?]

Prima di arrivare qui,     sono stato in biblioteca

(tema)                            (rema)

Nell’italiano parlato, l’unico tratto che segnala sempre il rema è la sua ➔ prosodia, cioè una specifica intonazione. A risultare rematica è la porzione di enunciato che contiene la tonica (➔ intonazione; ➔ tematica, struttura), cioè la prominenza accentuale, che almeno negli enunciati assertivi (e – come si è detto – nei casi non-marcati) coincide con la sillaba tonica (➔ sillaba) dell’ultima parola dell’enunciato. Negli esempi qui sotto, la tonica è in sottolineato:

(6) oggi è una bella giornata

(7) sono soldi spesi bene

Questo significa che normalmente il tema precede il rema. Tale ordinamento risponde a una esigenza economica e funzionale: se c’è una parte dell’enunciato (il tema) che serve a mettere semanticamente in rapporto il rema con il contesto precedente, per la migliore comprensione dell’enunciato conviene che tale parte preceda il rema. Nel caso di (5), ad es., la subordinata rappresenta un raccordo concettuale con il discorso precedente, e lo prosegue introducendo la principale rematica, che arriva quando il terreno è concettualmente preparato per attivare l’informazione nuova di cui è portatrice. La tonica cade dunque su biblioteca.

La parola che porta la tonica è il nucleo del rema: ad essere rematico sarà un costituente che la contiene. L’estensione di tale costituente non è sempre indicata in modo chiaro. Con la prominenza accentuale nella posizione normale e non-marcata, cioè alla destra dell’enunciato, sono possibili diverse estensioni del rema:

(8) ieri    a Bologna    ho visto    un film    di Fellini

rema

tema   rema

tema                       rema

tema                                      rema

tema                                                       rema

In (8) la tonica cade su Fellini, che quindi è il nucleo del rema. L’estensione del rema può variare passando per tutte le estensioni intermedie, che corrispondono ai principali confini fra costituenti sintattici. In ogni caso, la tonica ne farà sempre parte.

Il ricevente sceglierà una di queste interpretazioni contando su diversi indizi, alcuni di natura prosodica (la curva intonativa, il grado della prominenza accentuale: vedi sotto), altri di natura contestuale. Ad es., se al momento dell’enunciazione l’unica informazione contenuta in (8) già attivata dal contesto è ieri, il tema potrebbe estendersi solo a questo costituente, e il resto dell’enunciato sarà tutto rematico:

(8) a. [E ieri, hai fatto qualcosa di divertente?]

Ieri            a Bologna ho visto un film di Fellini

(tema)      (rema)

Se il contesto invece ha attivato più informazioni, l’estensione del rema potrebbe risultare minore:

(8) b. [Ieri eri ancora a Bologna, vero?]

Sì, e     ieri a Bologna      ho visto un film di Fellini

(tema)                             (rema)

In ogni caso, enunciati non-marcati quanto a struttura informativa possono ammettere una certa ambiguità circa l’estensione del rema: lasciano libero il ricevente di interpretare le intenzioni dell’emittente su quanta parte dell’enunciato sia veramente asserita e non solo riportata come raccordo con il contesto, e quindi vada considerata informazione da attivare nella memoria a breve termine. Quel che è indicato dalla tonica, è il nucleo del rema; mentre la sua estensione resta passibile di diverse interpretazioni.

Tipi di focalizzazione

Tuttavia esistono mezzi linguistici per specificare in maniera precisa e univoca l’estensione del rema: si tratta di espedienti marcati, che determinano la focalizzazione di una parte del contenuto rispetto al resto, perché segnalano in modo esplicito che il rema è ristretto a una certa porzione di enunciato.

Per es. ciò può avvenire attraverso un costrutto sintattico di messa in evidenza (in tutti i successivi esempi, il sottolineato rileva la porzione messa in evidenza):

(9) a. è di Fellini, che ieri hanno visto un film

In (9) a. è chiaro che l’emittente presenta solo di Fellini come informazione da attivare, mentre tutto il resto è informazione ritenuta già attiva:

(9) b. è di Fellini,     che ieri hanno visto un film

(rema)            (tema)

Quale sia il rema si può accertare con test, come ad es. quello della negazione e quello dell’interrogazione. Se si sottopone l’enunciato a negazione o interrogazione, risulta oggetto di negazione o interrogazione non l’intero contenuto dell’enunciato, ma solo la parte che in esso era davvero assertiva, cioè il rema. In (9) b. quindi solo di Fellini è sottoposto a domanda, mentre tutto il resto continua a rimanere valido:

(9) c. è di Fellini, che ieri hanno visto un film?

In (9) d. il test è applicato a (9) a. sotto forma di negazione:

(9) d. non è vero che ieri a Bologna ho visto un film di Fellini

Può risultare negato tutto il contenuto dell’enunciato, o una parte corrispondente a qualsiasi delle estensioni del rema mostrate sopra (le frasi tra parentesi quadre, qui sotto, indicano le possibili maniere di continuare l’enunciato):

(9) e. non è vero che ho visto un film di Fellini [... ho fatto una passeggiata]

f. non è vero che era un film di Fellini [... ho visto qualcosa, ma era un’opera di Puccini]

g. non è vero che era di Fellini [... ho visto un film, ma era di Herzog].

Strumenti linguistici della focalizzazione

La focalizzazione di un costituente, oltre che da costrutti sintattici marcati come quello in (9) a., è segnalata con diversi strumenti, che possono prendere vario aspetto nel parlato e nello scritto. Nel parlato il rema porta la prominenza accentuale dell’enunciato. Questa in italiano è rappresentata da particolari curve dell’intonazione, dal ritmo, dall’intensità della voce e dalla durata delle sillabe (Tamburini 2005; ➔ curva melodica; ➔ intonazione). Anche il tema è caratterizzato prosodicamente, sia pure in maniera diversa.

Segnali prosodici

In italiano, almeno negli enunciati assertivi, la posizione della prominenza accentuale è marcata se non è sull’ultima parola dell’enunciato. Quando la tonica è in posizione marcata, il costituente è focalizzato come rema ristretto. Negli esempi qui sotto è riportata in maiuscolo la parola su cui cade la tonica (tutti gli esempi, salvo (10) e (12), sono tratti dal corpus ArCoDip):

(10) a. Carlo      è arrivato

(rema)    (tema)

(11) a. mi sa che l’ho già visto          una volta

(rema)       (tema)

(12) a. hanno bocciato            l’amica di Federica

(rema)                         (tema)

(13) a. anche il loro calendario  aveva delle scadenze diverse

(rema)                            (tema)

(14) a. la mattina era in realtà riservata alle attività più o meno lavorative [non il resto della giornata]

(rema)                                                                                               (tema)

(15) a. io non ho mai      parlato di soldi

(rema)      (tema)

(16) a. ci avevo un goccio,     di benzina

(rema)      (tema)

fig. 1

La rappresentazione della curva intonativa di (11) a. nella fig. 1 mostra l’andamento del tono della voce dell’emittente (cioè la frequenza fondamentale, o F0, dell’onda sonora prodotta dal parlante; ➔ fonetica acustica, nozioni e termini di; ➔ curva melodica). Nella figura, F0 ha un innalzamento iniziale per poi abbassarsi in corrispondenza della sillaba tonica di visto; ciò serve appunto a segnalare che lì finisce il rema, e che il seguito dell’enunciato non va inteso come altrettanto informativo.

figg. 2
3

Lo stesso si osserva per gli enunciati delle figg. 2 e 3, che adoperano uno schematismo più esplicito (da Bocci & Avesani 2006).

L’effetto informativo della tonica che non sta alla destra dell’enunciato consiste nel delimitare con precisione il rema, che risulta qui ristretto a un solo costituente. Se lo stesso materiale linguistico portasse la tonica sull’ultima parola, il rema potrebbe estendersi a tutto l’enunciato:

(10) b. Carlo è arrivato

(11) b. mi sa che l’ho già visto una volta

(12) b. hanno bocciato l’amica di Federica

(13) b. anche il loro calendario aveva delle scadenze diverse

(14) b. la mattina era in realtà riservata alle attività più o meno lavorative

(15) b. io non ho mai parlato di soldi

(16) b. ci avevo un goccio di benzina

Negli enunciati (10) a. a (16) a., - differenza di (10) b. - (16) b., un costituente è esplicitamente focalizzato, e quindi il resto dell’enunciato è presentato come tema. Tale condizione, come si vede qui sotto, li rende adatti a contesti in cui il contenuto della parte di enunciato che non è focalizzata sia già stato direttamente o indirettamente attivato (per gli esempi provenienti da corpora, diamo un frammento del cotesto reale):

(10) c. [Chi è arrivato?]

Carlo è arrivato

(11) c. *BET: no è sempre lo stesso sto ragazzino [...] adesso c’ha dodici anni così

  • SPE: mi sa che l’ho già visto una volta

(12) c. [Allora, hanno promosso l’amica di Federica?]

Hanno bocciato l’amica di Federica

(13) c. in realtà la vita dei romani avveniva sempre durante il giorno [...] per cui anche il loro calendario

aveva delle scadenze diverse

(14) c. nel pomeriggio ci si recava alle terme per cui

la mattina era in realtà riservata alle attività più o meno lavorative

(15) c. *SPE: aveva intenzione di cominciare a farmi pagare [...] lui me l’ha detto

io non ho mai parlato di soldi

l’ha sempre tirato fuori lui il discorso per fortuna

(16) c. ti ricordi tra l’altro dovevo farla

ci avevo un goccio, di benzina

Ogni costituente che porti la tonica in posizione marcata risulta focalizzato. Dunque certi costituenti, per essere focalizzati, vengono spostati dalla loro posizione naturale (non-marcata) ad una speciale (marcata). Questo meccanismo è la dislocazione (vedi sotto, § 4.2.1; ➔ dislocazioni), che si accompagna alla segnalazione prosodica del rema ristretto. In (17) l’oggetto diretto è dislocato all’inizio dell’enunciato in modo che, portando la tonica, costituisca un rema ristretto (il che non avviene quando porta la tonica in posizione non marcata, come in 12 a.).

(17) l’amica di Federica, hanno bocciato

In altri casi il rema può essere ristretto pur trovandosi in posizione non-marcata alla destra dell’enunciato. L’esempio seguente lo illustra; in un contesto neutrale l’enunciato (18 a.) può contenere un rema esteso:

(18) a. Giorgio è sceso al Savoy

(rema)

Ma se il contesto attiva già l’informazione che Giorgio è sceso in un albergo, il rema ristretto è Savoy, su cui cade la tonica:

(18) b. [Allora Giorgio è al Ritz?]

(No,) Giorgio è sceso al       Savoy

(tema)                         (rema)

In tali casi la differenza con un rema esteso non è segnalata da una diversa posizione della tonica, ma da qualcos’altro. Si può trattare di una diversa configurazione dei parametri prosodici della tonica (altezza e andamento della curva, ritmo, intensità, durata delle sillabe), per cui un rema esteso e un rema ristretto collocato in posizione non-marcata ricevono accentazione diversa; altrimenti, l’accentazione dei due tipi di rema può essere la stessa, affidando soltanto alla semantica del contesto di indicare se il rema vada interpretato come più o meno esteso, a seconda di quanta parte del contenuto dell’enunciato sia stata resa attiva dalla comunicazione precedente (come ad es. dalla domanda a cui risponde 18 b.).

Segnali sintattici

Oltre che con segnali prosodici, la focalizzazione di un costituente può essere indicata con mezzi sintattici, cioè con apposite costruzioni o con spostamenti di costituenti (➔ ordine degli elementi). Le principali costruzioni di questo tipo sono le ➔ dislocazioni e le frasi scisse (➔ scisse, frasi).

4.2.1 Dislocazioni. Le dislocazioni sono spostamenti di un costituente dalla sua posizione non-marcata a un’altra marcata, con la funzione di segnalare univocamente il suo statuto informativo.

Come vedremo, attraverso una dislocazione si può ottenere una focalizzazione o una topicalizzazione, cioè la segnalazione di un costituente, rispettivamente, come rema ristretto (cfr. l’es. 17) o come tema (topic). Ciascuna delle possibilità può realizzarsi con uno spostamento sia a destra che a sinistra rispetto alla posizione non-marcata.

A determinare se si tratti di focalizzazione o di topicalizzazione è pur sempre la prosodia, mentre la sintassi fornisce condizioni utili a delimitare tema e rema in modo più preciso che con costrutti non-marcati.

Quando un costituente è spostato a destra, e perciò cade sotto la prominenza accentuale, risulta focalizzato (gli esempi 20-23 sono tratti dal corpus ArCoDip):

(19)  sì sì // me lo rammento    io (da Cresti 2000: 105)

(tema)                               (rema)

(20)  ci attirava             l’idea

(tema)                  (rema)

(21)  me l’ha regalata           Riccardo

(tema)                          (rema)

(22)  ti sembravano sbagliati i     tempi?

(tema)                                  (rema)

(23)  vedremo il da farsi            domani

(tema)                                                          (rema)

Se invece l’elemento dislocato scavalca la prominenza accentuale e si porta dopo di essa, risulta tematico (esempi 24-29 e 30-34). Ma vi è pur sempre focalizzazione, perché è il costituente che porta la tonica a diventare un rema ristretto. Il costituente dislocato costituisce quel particolare tipo di tema che, essendo posposto al rema, viene da alcuni chiamato appendice.

Tale costruzione è chiamata dislocazione a destra. Essa ha due varianti: una in cui il referente del tema posposto è anticipato da un pronome clitico, e una in cui il clitico non c’è. Non hanno il clitico gli esempi da (24) a (29) (gli esempi 25-27 sono tratti dal corpus ArCoDip):

(24)  è rimasta proprio indietro la Chiesa

(rema)    (tema)

(da Bonvino 2005: 120)

(25) secondo me stava sulla sinistra, la Roma-Fiumicino

(rema)                           (tema)

(26) mi pare che so’ tanti                   quelli che si chiamano Paolo

(rema)   (tema)

(27) è una cosa tremenda,  quella donna

(rema)        (tema)

(28) ti sembravano sbagliati,    i tempi?

(rema)       (tema)

(29) vedremo il da farsi,     domani

(tema)                (rema)     (tema)

Hanno invece il clitico cataforico gli esempi da (30) a (34) (gli esempi 32-33 sono tratti dal corpus ArCoDip):

(30) lo vuole    un caffè?

(rema)              (tema)

(31) non li ho    i burattini    (ce li ha mio zio)

(rema)       (tema)

(32) a me piace molto di più applicarle      le cose

(rema)                                                  (tema)

(33) l’ha sempre tirato fuori lui         il discorso per fortuna

(rema)              (tema)

(34) ma io però me la ricordo      la tu’ mamma (da Cresti 2000)

(rema)                        (tema)

Questa situazione si può descrivere nei termini seguenti: a determinare una focalizzazione è il fatto che la prominenza accentuale cade in posizione marcata.

Per posizione marcata della prominenza accentuale si possono intendere due condizioni:

(a) condizione di marcatezza (A): è marcata la posizione della prominenza accentuale in quanto tale; cioè la prominenza non è sull’ultima parola dell’enunciato. Sono i casi di dislocazione (24-29) e (30-34) appena visti, ma anche i casi di tonica a sinistra senza dislocazione (10-16) in § 4.1;

(b) condizione di marcatezza (B): è marcata la posizione del costituente su cui cade la prominenza accentuale; cioè a portare la tonica è un costituente dislocato; non importa se invece la tonica in quanto tale, essendo a destra, è nella sua posizione non-marcata. Sono i casi di dislocazione a destra (19-23).

Le condizioni (A) e (B) valgono come si è visto per i casi di dislocazione a destra, ma anche per quelli di dislocazione a sinistra. Con l’es. (17) si è mostrato che un costituente può essere spostato a sinistra per focalizzarlo: infatti, avendo su di sé la tonica in una posizione che è marcata sia per il costituente (condizione B) che per la tonica stessa (condizione A), si segnala doppiamente come un rema ristretto. Lo stesso accade negli enunciati (35-38):

(35) solo questo     volevo dirti

(rema)             (tema)

(da Berretta 2002b: 187)

(36) adesso anche la scuola     ci portano via

(rema)      (tema)

(da Nuto Revelli, Il mondo dei vinti)

(37) ah, ecco: la banca,     ho dimenticato!

(rema)     (tema)

(da Berretta 2002b: 187)

(38) variegata    insomma la scena    (da ArCoDip)

(rema)         (tema)

Poiché la prominenza accentuale individua il rema sia a destra che a sinistra, e più in generale in ogni posizione dell’enunciato, è ragionevole attribuire ad essa, e non all’una o all’altra posizione sintattica, il ruolo determinante nel fare di un costituente il rema; ma il fatto che il costituente sia dislocato (condizione B) o che sia spostata la tonica (condizione A) sono responsabili della natura ristretta del rema, e quindi della presenza di una focalizzazione.

Quando un costituente è dislocato a sinistra ma la prominenza accentuale rimane a destra, il costituente dislocato è invece topicalizzato. Esso risulta cioè segnalato come tema e precisamente delimitato. In italiano moderno ciò comporta un pronome clitico di ripresa (➔ pronomi di ripresa), dando luogo a un costrutto che è molto più frequente del suo corrispondente senza clitico (Berretta 2002c):

(39) la fodera               gliela forniscono                 (da Cresti 2000)

(tema)                  (rema)

(40) francese               l’ho fatto alle medie            (da ArCoDip)

(tema)                  (rema)

(41) il tovagliato            lo fanno fare a mano        (da Cresti 2000)

(tema)                   (rema)

(42) la banca,               l’ho dimenticata

(tema)                  (rema)

I due fenomeni possono anche coesistere. In (43) e (44) si ha la topicalizzazione dell’oggetto mediante dislocazione a sinistra e insieme la focalizzazione del soggetto o dell’avverbiale mediante dislocazione a destra:

(43) l’esame        l’ha passato       Giovanni

(tema)                                     (rema)

(44) il da farsi       lo vedremo         domani

(tema)                                      (rema)

Benché assenti in latino (che non aveva pronomi clitici), le dislocazioni sono un tratto tipico dell’italiano fin dalle origini (D’Achille 1990). Ne portano traccia i primissimi documenti in volgare, come i placiti campani degli anni 960 e seguenti (➔ italiano antico; ➔ lingue romanze e italiano):

(45) Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti (Placito capuano)

L’italiano moderno diverge dall’italiano antico per quanto riguarda le posizioni che provocano effetti di focalizzazione (Renzi 1988; Suzuki 2001). Nell’italiano del Duecento il soggetto poteva trovarsi più a destra del verbo, senza per questo essere rema ristretto. In enunciati come (46) e (47), i soggetti riportati in sottolineato non sono focalizzati (➔ soggetto):

(46) E dunqua, s’io vegno a la battaglia co llui ed io lo vinco, sie acquisterò io grande pregio (Tristano riccardiano XV)

(47) Dopo il pranzo parlò Socrate a li ambasciadori (Novellino LXI)

In italiano moderno il soggetto può occupare una simile posizione solo se porta la tonica, cioè se costituisce una dislocazione con lo scopo di focalizzare il soggetto stesso (dopo il pranzo parlò Socrate). In italiano antico, invece, la posizione post-verbale sembra in libera variazione con la posizione preverbale.

Qualcosa di somigliante accade per l’oggetto preverbale:

(48) L’uscio mi lascerai aperto stanotte (Novellino XXXVIII)

(49) Allora il re si chiuse in una camera con questo greco e disse: – Maestro mio, grande

prova ho veduto della tua sapienzia (Novellino III)

In italiano moderno un oggetto preverbale deve necessariamente portare la tonica e risultare focalizzato (l’uscio mi lascerai aperto; grande prova ho veduto), a meno di essere topicalizzato con clitico di ripresa (l’uscio, me lo lascerai aperto). In italiano antico, invece, questa è una struttura non-marcata, con la tonica che non cade sul costituente dislocato, proprio perché in realtà dislocato non è, ma si trova semplicemente in una delle posizioni che erano possibili e non-marcate secondo l’ordine più libero del latino (Lombardi Vallauri 2004).

4.2.2 Frasi scisse. Quando una lingua ha libertà nell’ordine dei costituenti o nella posizione della prominenza accentuale, può sfruttare queste risorse per focalizzare porzioni di enunciati (Lambrecht 2001: 488). L’inglese, ad es., avendo ordine sintattico molto rigido ma libertà nella posizione della tonica, focalizza soprattutto mediante la prosodia. In francese sia l’ordine dei costituenti che la posizione dell’accento di frase sono fortemente vincolati, e quindi questa lingua deve ricorrere ad altre strategie di focalizzazione: in particolare, fa un uso molto frequente delle cosiddette costruzioni scisse.

L’italiano è piuttosto libero di spostare sia i costituenti dell’enunciato (➔ ordine degli elementi) sia la prominenza accentuale, e (come mostrano ricerche comparative su corpora) non fa uso frequente di costruzioni scisse nel parlato spontaneo. La frequenza di queste costruzioni però aumenta nelle produzioni linguistiche, in cui sono maggiori l’impegno nella programmazione testuale e il grado di formalità.

I costrutti focalizzanti più frequenti sono le frasi scisse e le pseudo-scisse (Roggia 2009):

(a) frasi scisse (esplicite):

(50) è la nebbia che mi fa paura

(51) sono i ragazzi, che hanno rotto il vetro

(b) frasi scisse (implicite):

(52) è la nebbia a farmi paura

(53) sono i ragazzi ad aver rotto il vetro

(c) frasi pseudo-scisse:

(54) chi ha sbagliato sei tu

(55) ciò che mi fa paura è la nebbia

Nelle frasi scisse, il costituente focalizzato (sottolineato qui sopra) è quello che si trova tra il verbo essere e il che (oppure, per quelle implicite, a), e quindi si trova alla sinistra dell’enunciato. Nelle frasi pseudo-scisse il costituente che segue il verbo essere è parimenti focalizzato, ma viene a trovarsi a destra.

Nelle costruzioni inverse avviene il contrario: le frasi scisse inverse focalizzano il costituente che si trova a destra: a farmi paura è la nebbia; le pseudo-scisse inverse focalizzano il costituente a sinistra: sei tu, quello che ha sbagliato.

La frequenza di questi costrutti li porta anche ad assumere in certi casi funzioni non-marcate rispetto alla struttura informativa: si danno quindi frasi scisse che possono non focalizzare, e in cui il costituente che si trova fra essere e che può anche non portare la prominenza accentuale. Accanto a sono due anni, che non lo vedo è possibile sono due anni che non lo vedo, informativamente equivalente a non lo vedo da due anni.

fig. 4

Il costituente focalizzato è dunque un rema ristretto. Infatti (e non potrebbe essere altrimenti) esso è anche sede della tonica, come si vede in fig. 4 per l’es. (62), mediante la rappresentazione spettrografica del contorno intonativo (da Panunzi 2009):

(56) è la nebbia che mi fa paura

(57) sono i ragazzi che hanno rotto il vetro

(58) è la nebbia a farmi paura

(59) sono i ragazzi ad aver rotto il vetro

(60) chi ha sbagliato sei tu

(61) ciò che mi fa paura è la nebbia

(62) ed è quel codice che ci legittima come appartenenti all’umanità (da C-ORAL-ROM)

(63) è a questo che fanno riferimento Vittorini e Calvino (da C-ORAL ROM)

(64) quello che non accetti è che ti giudichi un deficiente (da C-ORAL ROM)

(65) [per le pensioni di invalidità erogate dall’INPS] sono i medici dello stesso

istituto a verificare i requisiti per aver diritto all’assegno («La Repubblica» 11novembre 1993)

Quando la tonica si sposta da quel costituente, questo non risulta più focalizzato. L’enunciato cambia funzione, talora cambia struttura o diventa inaccettabile. Per es. (66) e (67) diventano inaccettabili se una tale intonazione deve associarsi a una costruzione scissa; oppure non sono più scisse, ma costruzioni con una relativa restrittiva (➔ relative, frasi):

(66) è la nebbia che mi fa paura

(67) sono i ragazzi che hanno rotto il vetro

Gli esempi (68), (69) (70) e (71) diventano inaccettabili a meno che assumano valore meta-discorsivo, cioè che siano riferiti al discorso stesso; ad es. (68) è accettabile solo se concepito come la correzione / integrazione, riferita alla formulazione di un precedente turno di presa di parola come: è la nebbia a preoccuparti?; (69) è accettabile solo come risposta / correzione a qualcosa del tipo di: chi ha osato troppo, sono io.

(68) * è la nebbia a farmi paura

(69) * chi ha sbagliato sei tu

(70) * è a questo che fanno riferimento Vittorini e Calvino

(71) * sono i medici dello stesso istituto a verificare i requisiti per aver diritto all’assegno

Come le dislocazioni, anche le costruzioni scisse si incontrano (almeno quelle che focalizzano il soggetto) già nell’italiano antico (D’Achille, Proietti & Viviani 2005):

(72) Non so s’è per mercé che mi vien meno,

od è ventura o soverchianza d’arti,

che per la donna mia il luni e ’l marti

a ciascun dì ch’om ragiona apieno,

più d’om vivente crudel vita meno

(da OVI: Onesto da Bologna)

(73) Amore è che tacente fa tornare

lo ben parlante, e lo muto parlare

(Jacopo da Lentini, Uno disio d’amore sovente)

(74) Vostro amor è che mi tene in desio

(Pier delle Vigne, Amor in cui desio ed è speranza)

(75) È sì gran tempo che di qua fuggìo

che del contraro son nati li troni

(Cino da Pistoia, Rime)

(76) Gran tempo è ch’io pensava

vederti qui fra noi

(Francesco Petrarca, Triumphus Cupidinis)

4.2.3 Casi ambigui. Le cosiddette frasi scisse presentative (dette anche semplicemente presentative; ➔ anaforiche, espressioni; ➔ che polivalente; ➔ sintassi) non hanno la funzione di focalizzare un costituente, anche se lo presentano come informazione nuova. Ad es. in (77) a. e b. i costrutti che introducono il mio allenatore e il ginocchio segnalano che si tratta di informazione ancora non attiva nel discorso:

(77) a. c’è il mio allenatore che vuole invitarci a cena

b. ho il ginocchio che mi fa male

In enunciati di uguale contenuto semantico ma non presentativi, introducendo lo stesso costituente come tema, l’emittente mostra invece di ritenerlo già attivo per il ricevente:

(78) a. il mio allenatore vuole invitarci a cena

b. il ginocchio mi fa male.

Segnali lessicali

In italiano, come in molte altre lingue, alcune parole tendono ad apparire in concomitanza con la focalizzazione di un costituente. Per lo più si tratta di avverbi o congiunzioni, quali anche, neanche, pure, neppure, solo (soltanto, solamente), proprio, soprattutto, perfino (persino), addirittura. Secondo una definizione (De Cesare 2008b: 340-344), si tratta di avverbi paradigmatizzanti (➔ dato/nuovo, struttura), perché evocano un paradigma, cioè una lista di altre entità della stessa natura di quelle che introducono, e rispetto a cui esprimono inclusione, esclusione, diversa probabilità. Questi connettivi, oltre a esprimere tale relazione semantica, hanno tendenza a occorrere quando il costituente che introducono è focalizzato:

(79)  Anche il loro calendario   aveva delle scadenze diverse

(rema)         (tema)

(da ArCoDip)

(80)  [Queste cellule sono simili ma non identiche: alcune sono più lunghe e altre più larghe]

Anche la forma           varia

(rema)            (tema)

(Ferrari & Zampese 2000)

(81) Neanche gli occhi per piangere         gli lasciavano

(rema)            (tema)

(Giovanni Verga, Mastro don Gesualdo)

Per questo motivo questi connettivi sono più comunemente chiamati focalizzatori. Dotati di grande versatilità sintattica, possono introdurre ogni porzione dell’enunciato. Diamo qui esempi con solo, ma potrebbero figurarvi ugualmente anche, proprio e perfino:

(82) a. solo Carlo ha comprato un gelato a Lucia

b. Carlo ha comprato solo un gelato a Lucia

c. Carlo ha comprato un gelato solo a Lucia

Come si è visto parlando dei fattori sintattici della messa in evidenza, anche i costituenti introdotti da focalizzatori sono segnalati dalla tonica. La funzione per cui è determinante il focalizzatore è dunque segnalare in maniera precisa i confini del rema, e in particolare il suo confine sinistro.

Non mancano, del resto, i casi in cui gli avverbi paradigmatizzanti svolgono la loro funzione semantica senza focalizzare, e quindi introducono un costituente che non porta prominenza accentuale:

(83) in generale le tecnologie elettroniche hanno un’origine militare e anche per i microprocessori pare che sia                    quella la radice (da CORIS)

(84) ma come succede in altre raccolte sanguinetiane, anche qui non mancano le memorabili indicazioni per                       l’uso e le autodefinizioni (da CORIS)

(85) proprio come nel mondo reale, nelle storie di Goscinny la stupidità è pervasiva (da De Cesare 2008b)

(86) in particolare, soprattutto nelle annate nelle quali la stagione è particolarmente

secca, si registrano numerosi  casi di punture (da De Cesare 2008a)

(87) allora ho detto ah forse posso anche da qui ribeccarmi l’Aurelia (da ArCoDip).

Focalizzazione e contrastività

Quando un costituente è focalizzato come rema ristretto, ciò può avere conseguenze sul piano strettamente semantico, e cioè produrre un riferimento contrastivo (Seiler 1960: 22-23): quel referente viene presentato come in contrasto con qualche altra informazione, e la esclude. Nell’es. (88), espresso senza focalizzazioni, si asserisce di essere stati a Londra, e non si prende posizione sul proprio essere stati in altre città:

(88) quest’anno sono stato a Londra

Nell’enunciato (89), invece, Londra risulta focalizzato e la conseguenza può essere che l’emittente escluda di essere stato in qualche altra capitale europea (non a Parigi, non a Vienna, ecc.):

(89) quest’anno a Londra, sono stato

La focalizzazione di un singolo morfema entro una parola ha lo stesso effetto: instaura un riferimento contrastivo con una parola analoga già attivata dal contesto, e che differisca per un morfema. Gli esempi da (90) a (92) non sarebbero accettabili se il contesto precedente non contenesse una parola avente un morfema in comune con la parola focalizzata:

(90) [Quell’errore va rivisto]

No, andava     previsto

(rema)       (tema)

(91) [Io il capo lo detesto]

Io invece lo contesto, che è più utile

(rema)            (tema)

(92) [Dopo un po’ ce ne stufavamo, vero?]

Dopo un po’ ce ne andavamo, vuoi dire

(rema)          (tema)

Tuttavia la contrastività non si instaura sempre e obbligatoriamente con ogni rema ristretto. Nel contesto (93) a. il rema ristretto su Londra determina il contrasto rispetto a Berlino, e in (93) b. rispetto al resto dell’Inghilterra. L’enunciato cioè risulta contrastivo rispetto al luogo che il contesto ha attivato:

(93) a. Sei stato a Berlino, quest’anno?

Quest’anno a Londra, sono stato

b. Sei stato in Inghilterra, quest’anno?

Quest’anno a Londra, sono stato

Ma nel contesto (93) c. l’enunciato, pur avendo rema ristretto a Londra, poiché non vengono menzionati altri luoghi, non determina alcun contrasto:

(93) c. Dove sei stato, quest’anno?

Quest’anno a Londra, sono stato

La focalizzazione non è dunque sufficiente ad attivare il contrasto: non ogni rema ristretto è contrastivo. La condizione per cui sorge il contrasto è che il contesto attivi una referenza alternativa.

La presenza di referenti rispetto a cui possa istituirsi il riferimento esclusivo e contrastivo può essere dovuta a due fattori (Lombardi Vallauri 1998). Il primo, come abbiamo visto, è l’attivazione di tali referenti da parte del contesto. Il secondo è che il materiale linguistico che costituisce il rema appartenga a un paradigma sufficientemente ristretto. Quando a essere focalizzata è una parola che appartiene a un paradigma chiuso, l’instaurarsi di un riferimento contrastivo è molto più probabile. Ciò avviene perché quando i membri di una categoria sono poche unità, è facile che ciascuno evochi gli altri; e allora, esattamente come avviene quando ad attivarli è stato il testo precedente, l’elemento focalizzato si pone in contrasto con essi, e il riferimento li esclude.

Tipicamente, quando verbi ausiliari e modali, preposizioni, articoli, congiunzioni, pronomi personali, pronomi o aggettivi interrogativi e possessivi costituiscono un rema, si istituisce un contrasto rispetto al resto del loro paradigma:

(94)  avete sbagliato strada

[non non l’avete sbagliata, non la sbaglierete, non l’ho sbagliata, ecc.]

(95)   Carla vuole vederti

[non non vuole, oppure non può, ecc.]

(96)   l’ho detto per lui

[non contro di lui]

(97)   è amico di una mia cugina

[non della mia unica cugina, non delle mie cugine]

(98)   devi finire prima di andare a cena

[non dopo o durante la cena]

(99)   è a noi, che dobbiamo pensare

[non a voi, a te, a loro, ecc.]

(100) dovresti chiederti cosa è stato

[non quando o chi è stato]

(101) a perdere sono i vostri tubi

[non i nostri o i loro, ecc.].

La focalizzazione nella lingua scritta

La lingua scritta non può segnalare in maniera esplicita l’andamento prosodico degli enunciati, quindi non può indicare direttamente la posizione della tonica. Di conseguenza un enunciato scritto, in assenza di indicazioni contrarie, viene normalmente interpretato come se avesse la prominenza accentuale in posizione non-marcata.

Non è vero dunque che lo scritto non segnali la posizione della prominenza accentuale: piuttosto, la segnala di norma in posizione non-marcata, cioè sulla sillaba tonica dell’ultima parola dell’enunciato. In base a questa tacita convenzione vengono letti ad es. gli enunciati seguenti:

(102) L’uomo non si potrà mai spogliare dell’amor di se stesso (Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri)

(103) Il barbiere Giangiacomo Mora componeva e spacciava un unguento contro la peste

(Alessandro Manzoni,   Storia della colonna infame)

(104) Con l’autunno, la pace portò un seguito di avvenimenti nuovi (Elsa Morante, La storia)

Dunque è particolarmente difficile rendere nello scritto le focalizzazioni di natura esclusivamente prosodica che sono proprie del parlato. Non sempre sono possibili espedienti come caratteri speciali (maiuscolo, corsivo, neretto) che enfatizzino la parola su cui cade la tonica.

In certi casi l’interpunzione può fungere da mezzo per segnalare indirettamente la struttura informativa, perché suggerisce un’interpretazione della prosodia dell’enunciato. In particolare, la virgola può essere usata per suggerire una tonica a sinistra, perché segnala una discontinuità intonativa:

(105) Carla vuole, vederti [= Carla vuole, vederti]

(106) La coerenza, mi piacerebbe per te [= La coerenza, mi piacerebbe per te]

(Paolo Crepet, Non siamo capaci di   ascoltarli)

(107) Mi vinsi, come dovevo [= mi vinsi, come dovevo] (Luigi Pirandello, L’innesto)

(108) Ci sono due nicchie, là dietro quei quadri. Ci si dovevano collocare due statue,

scolpite secondo lo stile del tempo [Ci sono due nicchie, là dietro quei quadri. Ci si dovevano

collocare due statue, scolpite secondo lo stile del tempo] (Luigi Pirandello, Enrico IV)

Invece i costrutti sintattici di messa in evidenza sono pienamente efficaci per segnalare le focalizzazioni anche nello scritto, come si è già visto sopra in numerosi esempi provenienti anche da testi scritti: i confini del rema in una frase scissa sono tanto chiaramente interpretabili nello scritto quanto nel parlato, perché si tratta di un costrutto che segnala in maniera univoca la posizione della tonica e l’estensione del rema.

Altrettanto efficaci sono le dislocazioni che non ammettono altra lettura che quella focalizzata. In esempi come i seguenti, l’enunciato risulterebbe inaccettabile se letto con la tonica a destra, e quindi riceve senza difficoltà da parte di ogni lettore l’interpretazione focalizzante data sotto:

(109) Dodici mila lire hai guadagnato?

[= Dodici mila lire, hai guadagnato?] (Giuseppe Giacosa, Come le foglie)

(110) Neanche gli occhi per piangere gli lasciavano

[= Neanche gli occhi per piangere, gli lasciavano] (Giovanni Verga, Mastro don Gesualdo)

(111) E anche la sua venuta ho previsto, sa!

[= E anche la sua venuta, ho previsto, sa!] (Pirandello, Ciascuno a suo modo)

(112) Hanno questo di proprio le opere di genio

[= Hanno questo di proprio, le opere di genio] (Leopardi, Zibaldone di pensieri)

(113) Io l’amore volevo salvare! [= Io l’amore, volevo salvare]

(Pirandello, L’innesto)

(114) Tanta suggestione hanno dunque su di te le affabulazioni di un grafomane?

[= Tanta suggestione, hanno dunque su di te le affabulazioni di un grafomane?]

(Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore)

(115) Immagini, sono. Immagini come... ecco, come le potrebbe ridare uno specchio

[= Immagini, sono] (Pirandello, Enrico IV)

In altri casi, pur in assenza di segnali interpuntivi o di vincoli grammaticali, l’informazione contenuta nel contesto può bastare a far riconoscere una focalizzazione. Ad es., diversi lettori darebbero ai seguenti esempi la lettura focalizzante suggerita sotto:

(116) [Cav. Ed essi s’innamorano.

Mir. Guardi che debolezza! Innamorarsi subito di una donna!

Cav. Questa io non l’ho mai potuta capire.

Mir. Bella fortezza! Bella virilità!

Cav. Debolezze! Miserie umane!]

Mir. Questo è il vero pensare degli uomini.

[= Questo è il vero pensare degli uomini] (Carlo Goldoni, La locandiera)

(117) [siamo così, senza nessuno che ci metta su e ci dia da rappresentare qualche scena.

C’è, come vorrei dire? la forma, e ci manca il contenuto! –

Siamo peggio dei veri consiglieri segreti di Enrico IV; perché sì,]

nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare una parte

[nessuno neanche a loro aveva dato da rappresentare una parte] (Pirandello, Enrico IV)

(118) Oh! Badate che io non voglio impazzire qua!

[= Oh! Badate che io non voglio impazzire qua!]

(Pirandello, Enrico IV)

(119) [Sapete per chi lavorate, dal lunedì al sabato, e vi siete ridotto a quel modo che

non vi vorrebbero neanche all’ospedale?]

Per quelli che non fanno nulla, e che hanno denari a palate lavorate!

[= Per quelli che non fanno nulla, e che hanno denari a palate lavorate!] (Verga, I Malavoglia)

(120) Chi te l’ha detto? – domandava ’Ntoni saltando su come un diavolo. – Chi te l’ha detto?

Don Michele me l’ha detto! – rispondeva lei colle lagrime agli occhi

[= Don Michele me l’ha detto!]

(Verga, I Malavoglia).

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