Folletto

Enciclopedia Dantesca (1970)

folletto

Vincenzo Valente

Appare una sola volta, in If XXX 32 Quel folletto è Gianni Schicchi, / e va rabbioso altrui così conciando.

Il vocabolo, che era già nel francese e nel provenzale folet, col significato di " genio malizioso ", ha preso in D. il senso di " spirito maligno " conforme col carattere demonico del personaggio cui è attribuito. La lingua del Trecento, con Passavanti (Specchio, ediz. Fraticelli, p. 379), ha f. come sinonimo di " demonio ": " il demonio si chiama a rispondere, a manifestare, e fare alcuna cosa occulta o malagevole; alla quale dire o fare quel folletto spesse volte mostra essere costretto ".

Gl'interpreti moderni indulgono talvolta a divagazioni estetiche, suggestionati anche da certi particolari della biografia di Gianni Schicchi: si veda per tutte l'interpretazione in chiave impressionistica del Momigliano. Solo il Pietrobono si accontenta di annotare brevemente " quella furia, quel demonio ". Degli antichi, il Buti accenna a dare al termine valore di aggettivo, spiegando " quel folletto, cioè quel rabbioso ". Il Tommaseo, riprendendo nel Dizionario la chiosa del Buti, riproponeva il valore aggettivale di f. da ‛ folle ', ricordando l'analogia di Rubicante pazzo (If XXI 123). A questa spiegazione si accostano anche il Del Lungo e il Bigi. È da escludere la sfumatura scherzosa avvertita dal Torraca, per l'impronta tragica di tutto l'episodio.

Aggettivo, vero e proprio diminutivo di ‛ folle ' (v.), è folletta, in Fiore CXLVIII 1 I' era bella e giovane e folletta.

Bibl. - E. Bigi, Il c. XXX, in Lect. Scaligera I 1069 n. 1.

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