FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Fondo monetario internazionale

Franco Passacantando

Il FMI fu costituito nel 1945, insieme alla Banca mondiale (v.), come risultato della conferenza tenutasi nel 1944 a Bretton Woods negli Stati Uniti. Rispetto ai 44 che parteciparono alla conferenza, il numero dei Paesi membri è salito a 184 alla fine del 2005, soltanto sette in meno rispetto alle Nazioni Unite. La finalità dell'istituzione è quella di assicurare la cooperazione monetaria internazionale, garantire la stabilità finanziaria, facilitare gli scambi e perseguire lo sviluppo economico dei Paesi. Per realizzare questi obiettivi il Fondo svolge anzitutto un'attività di finanziamento diretta a Paesi in temporanea difficoltà di bilancia dei pagamenti.

Per accedervi le autorità statali devono concordare un programma di politica economica con i rappresentanti del Fondo, volto a correggere i fattori all'origine delle difficoltà. Le due più comuni tipologie di finanziamento sono lo Stand-by arrangement e l'Extended fund facility. La prima è una linea di credito dalla quale il Paese può prelevare fondi, per un periodo di 12-18 mesi, da rimborsare entro cinque anni. La seconda ha durata fino a dieci anni e mira a far fronte a problemi di bilancia dei pagamenti di natura strutturale. Entrambe sono concesse a tassi di mercato a breve, maggiorati di uno o due punti percentuali a seconda della dimensione del prestito. Il FMI svolge anche un'attività di sorveglianza delle politiche economiche, soprattutto monetarie e fiscali, e strutturali, prevalentemente in campo finanziario, dei Paesi membri. Essa si esplica attraverso consultazioni, previste dall'articolo iv dello Statuto ed effettuate di norma una volta l'anno, presso i governi, le banche centrali e i rappresentanti delle forze sociali e del settore privato degli Stati membri. La sorveglianza riguarda anche le tendenze dell'economia mondiale e regionale. Al riguardo, due volte l'anno vengono pubblicati il World economic outlook (WEO) e il Global financial stability report, il rapporto sulla stabilità finanziaria globale.

La terza tipologia di attività è costituita dall'assistenza tecnica e dall'addestramento, rivolti soprattutto ai rappresentanti della pubblica amministrazione e delle banche centrali di Paesi in via di sviluppo. Se ne avvalgono soprattutto i Paesi dell'Est europeo, dell'ex Unione Sovietica e quelli africani. Le aree coperte includono il central banking, i meccanismi di raccolta di imposte e tasse, la regolamentazione e la supervisione bancaria, le statistiche.

Per finanziare le sue attività il FMI si avvale di quote che sono messe a disposizione da ogni membro in proporzione alla sua importanza nell'economia mondiale. Agli inizi del 2006 esse ammontavano complessivamente a 305 miliardi di dollari. Fino al 75% del totale le quote sono versate nella valuta nazionale del Paese, mentre il restante 25% è versato o nelle principali valute mondiali, come il dollaro, l'euro o lo yen, o nei Diritti speciali di prelievo (DSP; Special drawing rights, SDRs), una valuta per transazioni ufficiali internazionali introdotta per la prima volta nel 1969 con l'intento di far fronte a carenze di riserve internazionali e il cui valore è fissato in termini di un paniere di valute internazionali. Le quote costituiscono anche il metro per determinare l'ammontare dei finanziamenti cui un Paese può accedere. Esse vengono riviste ogni cinque anni, per aumentare il capitale complessivamente disponibile e ricalcolare le quote dei Paesi membri. L'ultima revisione risale al 1998. Se necessario, il FMI può raccogliere fondi anche mediante il General Arrangements to Borrow (GAB), istituito nel 1962, al quale contribuiscono governi o banche centrali del Gruppo dei Dieci e dell'Arabia Saudita, e il New Arrangements to Borrow (NAB), in vigore dal 1998, a cui partecipano 26 Paesi e istituzioni. I due strumenti rendono disponibili altri 75 miliardi di dollari circa per operazioni di prestito.

I due principali organi di governo del FMI sono il Consiglio dei governatori (184), in cui tutti gli Stati membri sono rappresentati e a cui sono riservate le decisioni di particolare importanza (come gli aumenti di capitale e l'ammissione di nuovi membri), e il Consiglio dei direttori esecutivi (24), in parte costituito da membri eletti e in parte da membri rappresentanti dei principali Paesi, cui è affidata l'amministrazione vera e propria dell'istituzione. Il Consiglio è presieduto dal Direttore generale, nominato per un periodo di cinque anni rinnovabile. I principali indirizzi strategici vengono discussi dal Comitato monetario e finanziario internazionale che riunisce i 24 ministri delle Finanze due volte l'anno. Nel Consiglio dei direttori esecutivi ogni membro ha a disposizione un numero di voti in proporzione alle quote dei Paesi che rappresenta, anche se nella pratica le decisioni vengono quasi sempre prese sulla base di un consenso unanime, senza ricorrere a una votazione formale. Le quote principali sono quelle degli Stati Uniti, seguite dal Giappone e dalla Germania. L'Italia, insieme agli altri Paesi della sua constituency, ha una quota di voto pari al 4,18%.

Il ruolo del FMI si è andato modificando negli anni, soprattutto dopo il venir meno, nel 1971, del sistema di Bretton Woods di cambi fissi delle varie monete con il dollaro e del dollaro con l'oro. Dalla metà degli anni Novanta le crisi finanziarie si sono concentrate in Paesi a reddito medio, come il Messico nel 1994-95, alcuni Paesi dell'Est asiatico nel 1997 e 1998, la Russia nel 1998, il Brasile nel 1999 e l'Argentina nel 2001-02. L'intensità delle crisi è però aumentata rispetto al passato ed è progressivamente venuta meno la capacità dei finanziamenti del Fondo di 'catalizzare' altre forme di finanziamento private. Le crisi sono state infatti amplificate da bruschi ritiri dei crediti precedentemente concessi da intermediari finanziari privati, che si sono tradotti in aggiustamenti radicali nelle partite correnti dei Paesi interessati e forti cadute del reddito e dell'occupazione interna. Per fronteggiare questa situazione il Fondo ha agito sia sul piano della prevenzione sia su quello della gestione delle crisi.

Oltre ad affinare i propri strumenti di early warning delle crisi, il Fondo ha perseguito con maggiore vigore l'osservanza da parte dei Paesi membri di alcuni principi di trasparenza sulla situazione fiscale e sulle condizioni monetarie e finanziarie, al fine di rafforzare la capacità del settore privato di valutare il rischio di credito dei Paesi beneficiari di fondi a prestito. Per gestire meglio le crisi ed evitare forme di contagio finanziario, nel 1997 è stata introdotta la Supplemental reserve facility (SRF), che consente di effettuare finanziamenti ingenti, ma a tassi molto penalizzanti (fino a cinque punti percentuali in più del tasso a breve), con termini di rimborso fino a tre anni, inferiori a quelli di tutte le altre forme di prestito. Uno strumento importante, raramente attivato, che potrebbe essere particolarmente utile per attutire l'impatto dell'aggiustamento durante una crisi, è la pratica del lending into arrears, consistente nel finanziare quei Paesi che hanno sospeso i rimborsi al Fondo o si trovano in ritardo nei pagamenti. È stata anche discussa l'attribuzione al Fondo di poteri di sospensione dei diritti dei creditori (Sovereign debt restructuring mechanism, SDRM) simili a quelli previsti da molti ordinamenti nazionali in materia fallimentare. Sull'argomento non si è però trovato un accordo tra gli azionisti. È stata invece introdotta la pratica di incorporare nei contratti di debito degli emittenti sovrani le Collective action clauses (CACs) in modo da evitare che minoranze di creditori pregiudichino il conseguimento di piani di ristrutturazione. Per rafforzare i sistemi finanziari dei Paesi membri, sono stati anche introdotti, nel 1999, due nuovi strumenti di sorveglianza, i Reports on the observance of standards and codes (ROSCs) e il Financial sector assessment program (FSAP). Il primo fornisce una valutazione sintetica dell'osservanza degli standard da parte del Paese interessato; il secondo, di portata più ampia, mira a identificare i punti di forza, le vulnerabilità e i rischi dei sistemi finanziari, oltre che le risposte di policy più opportune. Si assoggettano a queste revisioni sia Paesi in via di sviluppo sia Paesi 'sviluppati'. Gli standard vengono definiti considerando le migliori pratiche esistenti in campo internazionale.

Il ripetersi di crisi dagli alti costi sociali e il loro concentrarsi nei Paesi in via di sviluppo hanno sollecitato un dibattito sulla equità ed efficacia del processo decisionale nel FMI e sui meccanismi di verifica ex post dell'impatto delle decisioni assunte. Si è pertanto avviato tra gli azionisti un dibattito su come dare più peso all'opinione delle nazioni più povere e adeguare le quote di Paesi come l'India o la Cina al loro accresciuto peso nell'economia mondiale.

Nel frattempo sono stati compiuti notevoli progressi nella politica della trasparenza, con l'obiettivo di rendere disponibile al pubblico una gamma più ampia di documenti contenenti analisi e decisioni del Fondo. È stato poi creato nel 2001 l'Independent Evaluation Office (IEO), che effettua valutazioni indipendenti sulle politiche e attività del Fondo e formula raccomandazioni su come migliorarle. Una delle questioni più controverse rimane quella delle condizioni richieste dal Fondo ai Paesi beneficiari per la concessione di prestiti. Le condizioni infatti sono spesso percepite come un'ingerenza eccessiva negli affari interni di una nazione o come applicazione astratta di principi che non tengono conto delle specifiche realtà locali. Nel 2002 il FMI ha introdotto nuove linee guida sulla condizionalità volte a semplificarla e a focalizzarla al conseguimento di obiettivi macroeconomici finali anziché alla realizzazione di riforme strutturali in campi, come quelli di natura sociale, che esulano dalle sue specifiche responsabilità. Per rafforzare la condivisione delle misure proposte da parte dei Paesi più poveri (ownership) il FMI, insieme alla Banca mondiale, si è poi avvalso dei Poverty reduction strategy papers (PRSP), documenti che impegnano i Paesi in programmi di riforma pluriennali definiti sulla base di ampie consultazioni con forze sociali e rappresentanti del settore privato nazionali.

Sul finire del 20° sec. il FMI ha ampliato i finanziamenti ai Paesi più poveri, creando nel 1999 la Poverty reduction and growth facility (PRGF),concessa a tassi molto ridotti (mezzo punto percentuale) e termini di rimborso fino a dieci anni. Nei confronti dei Paesi più poveri il Fondo ha anche avviato dal 1997, insieme alla Banca mondiale, un programma di cancellazione del debito per i Paesi con situazioni debitorie insostenibili.

Il FMI si troverà a fronteggiare due sfide principali: la prima è come esercitare con efficacia la funzione di sorveglianza in un contesto in cui le maggiori minacce alla stabilità finanziaria internazionale provengono dal continuo peggioramento della posizione debitoria con l'estero degli Stati Uniti, connesso con l'azzerarsi del tasso di risparmio interno, e al parallelo crescente accumulo di riserve in dollari da parte dei Paesi asiatici, in particolar modo della Cina. La seconda è come rinnovare il proprio ruolo in una situazione in cui molti Paesi emergenti hanno sviluppato una capacità autonoma di finanziarsi sul mercato a condizioni progressivamente più favorevoli, tanto da rimborsare anticipatamente i propri debiti con il Fondo. Rispetto al livello massimo raggiunto nel dicembre 2003, pari a 106,8 miliardi di dollari, la consistenza dei prestiti del FMI si è ridotta agli inizi del 2006 a soli 34,7 miliardi di dollari.

bibliografia

C. Giannini, Enemy of none but a common friend of all?: an international perspective on the lender-of-last-resort function, Roma 1998.

G. Schlitzer, Il Fondo monetario internazionale, Bologna 2000.

L. Van Houtven, Governance of the IMF, decision making, institutional oversight, transparency, and a accountability, Washington (D.C.) 2002.

Si veda anche il sito www.imf.org.

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